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Autore: Joey Potter    14/03/2011    2 recensioni
[Prima classificata al "Magic creatures' contest" indetto da aGNeSNaPe e foxfeina sul forum di EFP]
“Schnauze!”, ripete un attimo prima di affondare i denti nelle tue labbra.
Dura solo qualche secondo, poi il morso si trasforma in un bacio rabbioso, diventando disperato, per poi assumere una nota di conosciuta, strana dolcezza.
“Schnauze!” sussurra contro le tue labbra, staccandosi leggermente per riprendere fiato.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Albus/Gellert
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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*nome: Joey Potter
*titolo: Lover’s spit
*rating :arancione
*avvertimenti: slash, lime, one-shot
*genere: drammatico
*eventuali NdA: Non so come sia uscito tutto questo. Lo chiamerei trionfo dell’Angst dettato da carenza di cioccolata. Comunque sia, sole due piccole note: la prigione di Nurmengard pare sia nera (ma non mi fido di internet e Zia Row non ha precisato) ma a me piace bianca, ed è così radicata nella mia mente che non riesco ad immaginarla diversamente. Seconda cosa: il dialogo tra i due è ambientato qualche ora dopo il duello del 1945. Spero non disturbi troppo, l’immaginare qualche scenetta lime tra due sessantaquattrenni. La traduzione dei termini in tedesco è in fondo alla storia.
*personaggio: al/gellert (pairing)
*luogo: Nurmengard
*prompts: ricordo, vendetta, speranza
 
 
 

Lover’s spit
 

 
 

“All these people drinking lover's spit
They sit around and clean their face with it
And they listen to teeth to learn how to quit
tied to a night they never met

You know it's time
that we grow old and do some shit
I like it all that way”

 
-Lover’s spit, Broken social scene-

 
 
 
“Ho fatto ciò che era giusto.”
È un sussurro, il tuo, non credevi nemmeno di aver aperto la bocca, ma lui lo sente perfettamente e ti ritrovi di colpo contro la fredda parete della cella, le sue dita strette intorno alla tua gola.
Potresti chiamare le guardie, potresti anche allontanarlo con un incantesimo senza nemmeno bisogno della bacchetta, ma accetti la sua rabbia come giusta punizione.
Il suo braccio, che negli anni si è fatto più muscoloso, trema di rabbia, teso a tenerti immobile per il collo.

“Schnauze!” Non è un urlo rabbioso -non ha mai avuto bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare- ma ha l’effetto di farti indietreggiare, costringendoti ancora più vicino al muro.

Nei suoi occhi, d’innaturale nero, riconosci quella scintilla di follia che prendeva possesso della sua anima, quando parlava dei suoi progetti. Quando parlava di vincere la morte. Quando parlava del potere. Quando parlava del vostro impero.
Ricordi ancòra tutte le sfumature di quegli occhi. Ricordi com’era dolorosamente paradisiaco affogare in quella pece vischiosa mentre facevate l’amore. Lui ti mordicchiava il mento mentre si spingeva in te –a fondo, sempre più a fondo- ed in un attimo l’unica cosa che vedevi era quella precisa tonalità d’ebano.
Il ricordo pulsa nelle tue vene, annebbiandoti la vista.

“Schnauze!”, ripete un attimo prima di affondare i denti nelle tue labbra.
Dura solo qualche secondo, poi il morso si trasforma in un bacio rabbioso, diventando disperato, per poi assumere una nota di conosciuta, strana dolcezza.

“Schnauze!” sussurra contro le tue labbra, staccandosi leggermente per riprendere fiato.
Ricordando di possederle, avvicini le mani ai suoi capelli, affondando le dita in quella coltre di riccioli biondi, scendendo lungo il suo collo, cingendogli le spalle, accarezzandogli le braccia, ora rilassate intorno alla tua vita.

“Ti sei spinto troppo oltre, Gellert.” Sussurri.
“Oltre? Oltre cosa, Albus? Non esiste nessun oltre, per me.” Ghigna.
“Dumm Altermann.” Commenti scuotendo la testa.
Lui ti accarezza le labbra con la lingua, senza staccare gli occhi dai tuoi.
“Non provi nessun rimorso, Gellert?” chiedi serrando le palpebre, spezzando quel doloroso scambio di sguardi.
Una lieve risata -che non ha nessun tono divertito o felice- risuona in quella fredda cella rettangolare.

“Non sarei dovuto andarmene. Non avrei dovuto lasciare che succedesse. Non avrei dovuto uccidere quelle persone. Non avrei dovuto lottare per costruire i miei sogni. Per quelli che una volta erano anche i tuoi, mein Phönix.”
La voce diventa dolce, quando pronuncia quel tuo vecchio soprannome: fenice. Vorresti saper rinascere dalle tue ceneri; vorresti che potesse farlo anche lui, adesso.

Ti convinci a riaprire gli occhi e Gellert accosta la fronte alla tua; sono entrambe dello stesso bianco etereo: la tua è segnata da rughe, la sua da cicatrici.
“È questo, quello che vuoi sentirti dire?” continua. “Metterebbe le cose a posto? Cancellerebbe la morte di tua sorella?” va dritto al punto.
Ti chiedi come abbia fatto ad erigere il suo impero: è sempre stato molto scarso con la diplomazia.
“No. Ma potrebbe provarci. Potresti provarci.”

Uno schiaffo ti colpisce all’improvviso.
“Nein. Tu vuoi solo umiliarmi.”
“Umiliarti? Perché dovrei volerti umiliare?” hai parlato con quel tono sereno che riservi ai tuoi studenti e Gellert lo sa, perché improvvisamente il suo volto si contrae in una buffa smorfia disgustata.
“Vuoi sentirti dire che mi dispiace. Che avevi ragione. Che ho sbagliato.” Sottolinea l’ultima frase tirando un forte pugno alla parete bianca di quel cubicolo.

Istintivamente - prima che il buon senso ti fermi - la tua mano scatta ad avvolgere la sua, arrossata.
Massaggi quel pezzo di carne, meravigliandoti per quanto sia ricoperto di rughe.
I vostri occhi si scontrano e per qualche secondo ti sembra quasi di vedere quella conosciuta sfumatura di caldo marrone, nella pece delle sue iridi.
Una sfumatura d’amore.

Gellert ritrae la mano con rabbia, mormorando qualche insulto in tedesco.
“Sta fermo. Non mi toccare.”
“Gellert…” mormori soffocando il tumulto del cuore; non puoi lasciarlo vincere, non di nuovo.
“Tutto questo non ti basta?” ringhia, indicando la cella.

Nurmengard è una strana prigione, così sua.
Fredda, impersonale, straziante.
Una torre bianca, che svetta fino al cielo: come sognava quando eravate giovani.

“Non è una vendetta. L’hai scelto tu, Gellert.”
“No. Sei stato tu a sceglierlo per me, mein Phönix.”  Soffia quel vecchio soprannome come se fosse una parola sacra, il nome di qualche Dio, un santo protettore, una reliquia, un ricordo amato.

Vorresti fargli del male, giusto per restituirgli un po’ di quel dolore che senti spaccarti il petto, ma non ne sei capace.
Così ti limiti ad assecondare il tuo corpo: affondi nelle sue labbra, vagando con le mani tra i suoi capelli e lo avvicini -sempre di più, sempre di più- al tuo corpo.
In un attimo –come se non fosse passato tutto quel tempo- mescolate saliva, gocce di sangue, interi universi e le vostre lingue sembrano fare pace, ritrovandosi.

“Non potevo… non potevo, mein Sonne.” La tua voce suona infantile, adesso.
Ha distrutto ogni tuo residuo controllo, ancòra.
“Lo so.” Accarezza il tuo collo, lentamente. “Nemmeno io.”  Aggiunge socchiudendo le palpebre e baciando la tua pelle bianca.
“Lo so.” Sbottoni i polsini della sua camicia, meravigliandoti del tuo gesto.
Lui sorride contro il tuo petto che sta lentamente liberando dai tuoi vestiti: se lo aspettava.

Sollevi le braccia, per aiutarlo a sfilarti la tunica, e per un attimo –ma è solo uno, piccolo e veloce- comprendi quanto sia assurda e stupida la situazione. Quanto sia sbagliato ciò che stai per lasciargli fare.
Un ringhio esce dalle sue labbra, quando gli sfiori i fianchi nudi –non hai registrato nemmeno di averlo spogliato- ed abbandona la testa sulla tua clavicola.
“Mi sei mancato, mein Phönix.”
Un singhiozzo esce dalle tue labbra e lo baci con furia.

“Sono passati solo quarantasette anni, tre mesi e venti giorni.” Affermi cercando di sorridere.
Sono sembrati molti di più.

“Neunzehn. Oggi non conta.”

È una flebile speranza a scaldarti il petto.
 




 
 



N.d.A.:
Traduzione termini in tedesco:

  • Schnauze: “Zitto!”
  • Dumm Altermann: “Vecchio sciocco”
  • mein Phönix: “mia fenice”
  • mien Sonne: “mio sole”
  • Neunzehn: “diciannove”


L'angolino dell'autrice:
Questa, questa..."cosa" si è classificata prima al Magical Creatures' contest indetto da aGNeSNaPe e foxfeina sul forum di EFP.
Qua il giudizio delle (folli) giudiciE:


Prima classificata

 

Lover's Spit” di Joey Potter.

 

 

Ortografia e grammatica 10/10

Stile: 9,75/10

Originalità: 5/5

IC: 10/10

Primo Prompt: 2/2

Secondo Prompt: 1/2

Terzo Prompt: 1,5/2

Gradimento personale: 4/4

Totale: 43,25/45

 

+ 4 punti bonus per l'inserimento della Fenice

 

47,75 PUNTI

Ce l'abbiamo messa tutta e siamo riuscite a strapparti quei punticini dal totale, ma per farlo abbiamo dovuto sudare sette camicie.

E' tutto perfetto, preciso fino al limite.

La rabbia, il disperato amore, la verità che viene a galla: è tutto così palpabile, così netto e ben delineato!

Albus e Gellert sono perfettamente IC, lo stile scorre veloce ed elegante (fatta eccezione per qualche inciampo iniziale). La grammatica non ha un neo. La creatura è inserita in modo convincente e commovente.

L'unica cosa che abbiamo scovato che non ci va è il secondo prompt, vendetta, un po' troppo lasciato in secondo piano.

(Una delle giudicie, poi, ha qualcosa da ridire sulla fattibilità fisica dell'amplesso dei due giovanotti, ma questo è altro discorso. L'altra giudicia ci tiene a precisare che SI DISSOCIA da tali perplessità).

C'è altro da aggiungere? No. Sei noiosamente fantastica.

Vergognati e goditi il tuo podio dorato.




Beh, io me ne vergogno davvero ù.ù
E che nessun altro osi mettere in dubbio la prestanza fisica dei due vecchietti, sono Albus e Gellert, per Merlino! ;P

   
 
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