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Autore: Thiliol    14/03/2011    4 recensioni
Improvvisamente la neve iniziò a cadere, fitta e dai fiocchi grandi, posandosi leggera su Bucarest e sulla figura antica e polverosa del vampiro, scuotendolo.
Doveva pur iniziare la sua danza, si disse, e quale miglior inizio se non quello che si poteva avere nel candore della neve?
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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transilvania

Questa storia l'avevo scritta per partecipare al contest Vampires ain't gentle II (ancora in corso) indetto da Writers Arena, ma non raggiungeva il minimo di 2500 parole e, poichè davvero non riesco ad allungarla, non parteciperà, ma la voglio comunque postare qui. Buona lettura e, mi raccomando, recensire non vi procurerà malattie mortali!


L'Angelo della Morte



Il vampiro era come una macchia indistinta nell'ombra, si confondeva con l'oscurità delle vecchie strade di Bucarest. Si spostava rimanendo sempre nascosto negli angoli bui, muovendosi talmente rapido da sembrare che si materializzasse, veloce e letale, il predatore perfetto.

Quella notte era particolarmente affamato: era stato costretto a nutrirsi esclusivamente di ratti ed ora tutto il suo corpo urlava la sua sete di sangue umano, ne pregustava il sapore metallico, l'odore acre e meraviglioso.

Si passò la lingua sulle labbra.

Guardò la massa frenetica degli abitanti di quella strana città, guardò i turisti che ne affollavano le vie, tutti così allegri e chiassosi, uomini e donne che non sapevano di essere solo ad un passo dalla morte, ad un passo da lui. Quasi rise pensando a quando anche lui faceva parte di quell'ignara umanità... anche se per lui era stato diverso, profondamente diverso.

Era nato sulle montagne: ricordava la neve, gli alberi spogli e secchi, ricordava i lupi e i loro ululati che gli avevano fatto gelare il sangue nelle vene; ricordava che si era vestito delle loro pellicce, così calde e soffici, ricordava di aver scuoiato personalmente la carcassa di quelle bestie magnifiche per poter avere le loro pelli, ricordava persino la sensazione di gioia selvaggia quando la sua lancia trapassava quei lupi da parte a parte.

Ricordava così tanti dettagli, eppure la maggior parte della sua vita mortale era confusa e sbiadita, sostituita dall'immagine vivida del volto del suo creatore, colui che lo aveva strappato via da quella vita.

Aveva lunghi capelli nerissimi e l'aspetto di una divinità, bellissima e terribile. Lo aveva amato con quella passione disperata che poteva dare solo l'unione del sangue, quel sangue che lui aveva preso dal suo corpo e che gli era stato restituito restituito nero e potente. Oh, quel sangue!

Eppure il suo creatore non era rimasto con lui a lungo e, stranamente, non ne sentiva affatto la mancanza, nonostante a volte desiderasse ancora potersi nutrire di lui.

Si ritrasse ancora di più nell'ombra.

Non avrebbe dovuto pensare a queste cose, non facevano che accrescere in lui la sete e ora gli sembrava di bruciare. Non voleva il sangue del creatore, voleva sangue umano, caldo e puro... vitale.

Si guardò attorno ed i suoi occhi rifletterono la luce con tenui bagliori, risplendendo nell'ombra. Poi, infine, la vide: lei, la sua preda.

Era esattamente il tipo di umano che preferiva: bello e giovane, quasi efebico, con l'aria sognante di chi vorrebbe cambiare il mondo, quella luce negli occhi che denotava assoluta innocenza. Adorava prendere quelle vite, proprio come era stata presa la sua, quando ancora avrebbe potuto viverne una; era una sorta di crudele vendetta contro Dio, una gara tra di loro in cui opponeva il male al bene... amava essere il male in quel frangente, tutto sembrava molto più giusto.

Il ragazzo si era allontanato dai suoi amici, salutandoli con la mano, per poi avviarsi dalla parte opposta e uscire dal centro affollato.

Lo seguì silenziosamente, scrutando la sua mente, sondandola, attirandolo inesorabilmente verso di sè.

Pensò che ci fosse un non so chè di erotico in ciò, nella caccia, nel preparare la sua vittima, nel far sì che essa desiderasse essere presa, che gli si donasse completamente. Sentiva l'eccitazione crescere e ottundergli la mente.

Il ragazzo svoltò l'angolo e si addentrò in una piccola strada laterale, fiocamente illuminata. I suoi passi risuonavano sui ciottoli che costituivano il pavimento, antico e per nulla in accordo con le costruzioni moderne che vi si affacciavano.

Il vampiro si fermò all'imbocco della strada, un sorriso sardonico a increspargli le labbra: era quello il momento che più lo deliziava, quando gli bastava chiamare il nome della sua vittima in un sussurro perchè si arrestasse, perchè corresse di sua spontanea volontà a rifugiarsi tra le sue braccia. Cercava di prolungare quel momento il più a lungo possibile, trattenendolo lì, sull'orlo della morte, come quando era vivo e si trovava fermo al limite del piacere sensuale e sarebbe bastata solo un'altra spinta.

Il giovane era immobile e attendeva, privo di volontà, mentre il vampiro continuava ad esitare.

Improvvisamente la neve iniziò a cadere, fitta e dai fiocchi grandi, posandosi leggera su Bucarest e sulla figura antica e polverosa del vampiro, scuotendolo.

Doveva pur iniziare la sua danza, si disse, e quale miglior inizio se non quello che si poteva avere nel candore della neve?

"Viña la mine [vieni da me]" sussurrò e il ragazzo fu scosso da un brivido. Si voltò con insopportabile lentezza e tornò indietro, camminando quasi privo di peso sulla neve, fino a fermarsi a pochi centimetri da lui.

Era davvero splendido, con i capelli biondi e tagliati appena sopra le spalle, gli occhi di un colore indefinito alla luce debole del lampione, i lineamenti spigolosi e androgini. Oh, sarebbe stato meraviglioso prenderlo, entrare in lui e toglierli la vita.

Lo avrebbe fatto lentamente, per assaporare a fondo quel momento e ogni gesto, per non sprecare nemmeno una goccia di sangue. La sete si stava facendo insopportabile.

Lo afferrò e lo attrasse a sè con tale forza che sentì la schiena del ragazzo spezzarsi, ma quello rimase docile e silenzioso, incatenato ormai completamente alla volontà del vampiro.

Con un morso trovò la vena giugulare e il sangue zampillò copioso, denso e squisito. Beveva con lunghe e lente sorsate, mentre il corpo caldo del ragazzo si faceva pesante e lui lo sorreggeva con ambe le mani. Sentiva il sangue colargli lungo la gola e poi nelle arterie e nelle vene, sentiva il cuore pulsare, ravvivato dal sangue, così come la pelle farsi rovente. Lo strinse ancora e le fragili ossa mortali scricchiolarono e si ruppero... ah, sì, quei suoni erano come musica, stridente e armonica, lo avvolgeva... e il sangue continuava a essere pompato dentro di lui e non ne era mai sazio. 

Si sarebbe perso in quelle immagini vivide... il ragazzo dai capelli biondi che rideva, il ragazzo che baciava una donna minuta, la sensazione della pelle di lei al tatto, del corpo caldo che gli si stringeva contro... oh, era così reale, così corporeo! Era il sangue del ragazzo, era la vita che scivolava via e che si aggrappava con le unghie e con i denti, era l'istinto di sopravvivenza a essere così meravigliosamente erotico! 

Il cuore del giovane accellerò, minacciando quasi di scoppiare, pompando il poco sangue che ancora gli rimaneva, cercando disperatamente di farlo arrivare al cervello. 

Si staccò da lui e lo osservò. Osservò il sangue che zampillava lentamente dalla ferita ancora aperta, osservò il sangue che macchiava copiosamente il collo diafano del ragazzo, che era colato lungo le sue mani scarne e morte, le mani di un cadavere che si muoveva. 

Il petto del ragazzo si alzava e si abbassava impercettibilmente, eppure ai suoi occhi quel movimento era talmente invitante da essere irresistibile. Si leccò le labbra e gustò di nuovo il sangue, gli occhi chiusi. Mmmm era squisito!

Ma il suono di quel cuore, di quel respiro lento e affannoso, era un suono che lo faceva impazzire. Lo voleva, voleva quel ragazzo, aveva desiderato il suo sangue e la sua anima, desiderava il suo cuore. Avrebbe voluto avere quel cuore tra le mani e dentro di sè, avrebbe voluto poter scambiare il suo cuore silenzioso con quello, poter avere quel battito nelle orecchie.

Ma non poteva farlo e il disappunto, la rabbia, la frustrazione, erano insopportabili. Lo rendevano orrendo e terribile, un essere spaventoso e soprannaturale, un diavolo uscito dall'inferno per prendere quel cuore con la forza. Non sapeva perchè, ma quell'immagine di sè lo riempiva di orgoglio. Era come l'Angelo della Morte.

Abbracciò il ragazzo e quello gli si aggrappò debolmente addosso, cercando di liberarsi, ma ottenendo unicamente di far assomigliare quel gesto all'abbraccio di un amante.

Lo adagiò sulle pietre della strada e ne osservò il volto cinereo alla luce pallida della luna, quella luna oltremodo luminosa che si poteva osservare solo per le trade di Bucarest o sui monti dove aveva incontrato la morte quando era giovane. Gli aprì delicatamente la giacca e la camicia e gli accarezzò il petto nudo, posando le sue lunghe dita gelide al centro.

Sembravano artigli di un rapace mostruoso.

E infine affondò le unghia nella carne del giovane che si inarcò in uno spasmo di agonia, incapace di gridare o di muoversi, troppo debole dalla mancanza di sangue, dalla morte che inesorabile si era insinuata nelle sue membra.

Le strinse a pugno e poi le estrasse, stringendo nel palmo l'organo pulsante del giovane, il cuore che aveva desiderato avere. Leccò il sangue che colava, morse la carne e succhiò, assaporando anche quello contenuto all'interno, corposo e inebriante. Poteva sentire la vita stessa dentro quel sangue, poteva immergervisi completamente, così, come se fosse acqua.

Il liquido vitale gli scorreva per la gola, striava il suo mento di rosso, colava sulla strada mentre lui continuava a leccarre e succhiare e il ragazzo giaceva con gli occhi chiari spalancati. 

Dopo mille e mille anni di vita, ancora si stupiva di quanto quel singolo gesto, quel suggere la vita stessa di un uomo, lo trasportasse in un luogo aldilà dell'estasi, un luogo dove non esisteva il bene e il male, un luogo dove lui era solo pura sensazione. Avrrebbe voluto rimanere lì per l'eternità, la sua interminabile e preziona eternità, ma le cose belle finiscono sempre troppo presto.

Il cuore si era fatto raggrinzito, vuoto, privo di battito. Il sangue del giovane si era mischiato con il suo e ne era stato assorbito, già non riusciva più a sentirne il dolce calore nelle vene, nè udiva più il battito potente nelle orecchie.

Il ragazzo non era più bellissimo, ora era semplicemente morto, un cadavere che presto sarebbe diventato cibo per i vermi.

Il vampiro si chinò con lentezza, osservando ogni sfumatura di quella pelle, un tempo lattea, farsi cinerea, mentre la sua era tornata rosea, appena un barlume di ciò che era stata durante la vita mortale e che era destinato a svanire.

Sorrise, rimettendo il cuore spento nel petto aperto del giovane, guardandolo come si guarda un amante perduto. Ma non era lui che guardava, non il pallido ragazzo morto sulla strada illuminata dal lampione, non il suo bel viso d'angelo.

Stava guardando la morte e l'amava.

   
 
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