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Autore: Il Romanticismo Perduto    14/03/2011    4 recensioni
[Musica/Danza]
Artemiya, perfetta studentessa di una prestigiosa scuola di danza incontra, con travolgente passione dipinta di note di un tango, Elisa, sua nuova insegnante italiana.
Genere: Romantico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Shoujo-ai, Slash, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Vie dell'Arte'
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La Forma della Musica

 

Artemiya volava sulla pista, muovendosi sinuosa e veloce, il fisico scolpito che si scorgeva sotto la tuta aderente che portava. Una posa sulle punte e poi una mezza giravolta e concluse il suo provino. L’inchino e la musica finì.

Un lieve applauso nemmeno percepito.

Un “ammessa” tanto desiderato.

 

Artemiya ripensò alla sua ammissione con un sorriso, mentre riscaldava i muscoli della gamba stirandosi verso essa. Snodabile come un pupazzo di gomma. Fisico scolpito come una statua. Per il primo anno fu la donna più ambita all’interno della scuola d’Arte Drammatica più famosa negli Stati Uniti.

Una scuola per pochi, anzi pochissimi.

Solo per figli di attori e popolani dotati di talento. E lei rientrava nella seconda categoria.

Derisa dai figli a cui era stata pagata la tassa d’iscrizione, così tanti soldi che Artemiya non avrebbe fatto su nemmeno sudando 24 ore su 24. Ma quello che amava era che, sul palco o pista che fosse, non vi erano i soldi, né differenze dal punto di vista sociale. L’importante era la bravura. E purtroppo quella non puoi comprarla. Potrai essere super allenato, ma questo non ti porta più in alto.

I primi mesi venne derisa, presa in giro dai biondini “figli di papà”. Ma bastò diventare la protagonista del ballo d’autunno per aprire le acque in corridoio. Perfetta e unica. Con passo sicuro e sguardo concentrato attraversava la navata centrale della scuola, i biondi capelli che svolazzavano e i vestiti aderenti che la rendevano sensuale. Bellissima. Bramata da tutti.

 

«Ehi, bellezza… ti va di uscire con me stasera?» un biondino gli si para davanti mentre ripassava letteratura inglese. Alzò lo sguardo dal libro, guardandolo storto. Adrian, un figlio di un attore che non ricordava gli sorrideva, con quei denti bianchi perfettamente allineati. Sicuramente assicurati. Gli zigomi alti, gli occhi azzurri e lucenti, concentrati in quelli verdi di Mia. Si passò una mano nei capelli biondi corti, vanitoso. Un urletto di una ragazza fece intuire il motivo per cui l’avesse fatto. La bionda si trattenne dal fare una faccia schifata.

«Lasciami stare.» fece Mia, riportando lo sguardo verde natura sulle parole stampate.

“Dovrei scrivere un libro, come liquidare un uomo in poche sillabe. Venderei milioni di copie.” Sorrise al suo pensiero, e l’uomo fraintese.

«Dai, non far la difficile…» fece, prendendole il mento e tentando di avvicinarla per darle un bacio. Sbagliato.

Il libro volò a terra, proprio come la faccia del perfettino. Mia, fiera gli teneva un braccio bloccato, e un piede sulla schiena per mantenere la presa. Il tacco ficcato nella carne fece urlare l’uomo di dolore.

«Toccami ancora, uomo, e la pagherai cara.» fece minacciosa, il silenzio calato nel salone. Lasciò veloce la presa, mentre l’uomo si rialzò dolorante.

Recuperò le sue cose e se ne andò, inforcando gli occhiali da sole comprati da un marocchino.

 

Bramata sì… ma mai si concesse. Che fossero alcune serate di sesso, ma niente di più. Una relazione le avrebbe solo impedito di realizzare il suo sogno, cioè diventare una ballerina famosa.

Finito il riscaldamento si alzò, salutò cordialmente la sua maestra di danza contemporanea e si sedette sul pavimento.

«Salve a tutti… Visto che siamo in anticipo sul programma di quest’anno, ho deciso di somministrarvi un ballo alquanto… diverso.» fece la maestra austera, sorridendo e assaporando l’aura di tensione che regnava nell’aula. Passò uno sguardo ad ogni ballerino o ballerina del suo corso. Pochi, ma buoni.

«Per questo mese noi ripasseremo e faremo i balli da sala.» spiegò, e ottenne come risposta uno sbuffo.

«Noiosi.» disse qualcuno.

«Pallosi.» affermò qualcun’altra.

«Interessante.» disse Mia, andando controcorrente. Quelli che avevano risposto erano i famosi privilegiati.

La maestra, col suo chignon perfetto, sorrise guardando Mia interessata.

«Sapevo che vi avrebbe interessato, signorina Sokòlova.» lanciò un ultimo sguardo ad Artemiya, prima di parlare di nuovo.

«Oggi ripasseremo i passi base di tutti i balli da sala, dal valzer al foxtrot, ma quello su cui poi ci concentreremo sarà…» minuto di silenzio. Minuto di tensione.

«… Quale?» chiese Artemiya, impaziente. Una speranza brillò.

«… il tango.» e la classe esplose in un boato di felicità.

Tango. Il ballo più sensuale e perfetto a coppie. L’intesa tra i compagni era obbligatoria. Il passo base solo un suggerimento, il resto veniva compensato con la passione e l’improvvisazione.

Per gli alunni della scuola d’Arte Drammatica, preda degli ormoni, era sinonimo di sesso allo stato puro.

Il giorno dopo venne atteso con impazienza. Soprattutto da Artemiya, che attendeva con ansia l’arrivo dell’insegnante di sostegno, arrivato direttamente dall’Italia, ma di origini argentine. La casa del tango.

Nuovo professore significava più possibilità di imparare nuove cose. Ed esclusive, tra l’altro.

Entrando in aula, notò subito la maestra parlare con un uomo di spalle. Smilzo, per essere un uomo. Le forme aggraziate, le spalle forti nascoste dalla camicia bianca. Le gambe, nascoste dai pantaloni neri, sembravano dolci, invece che rozzamente pompate come quelle di certi uomini che aveva frequentato.

Distolse lo sguardo e si concentrò nel riscaldamento. Ma ogni tanto lanciava un occhiata all’uomo coi capelli corti e la pelle abbronzata.

«Bene ragazzi, oggi vi presento una ballerina che vi avevo detto ci seguirà durante il nostro breve percorso.» fece, mostrando quello che Artemiya aveva dedotto come un uomo.

Ci fu un mugugno dispiaciuto da parte della maggior parte della classe, cioè le femmine. La bionda aveva sentito le compagne sperare in un uomo. Sogghignò soddisfatta, adorava sentire le speranze delle oche della sua classe spezzarsi.

«Prima di tutto, formiamo le coppie.» suggerì la donna dai capelli corti, con la voce calda e sensuale, che pareva cantasse, con l’accento italiano.

I pochi uomini vennero subito accalappiati, e le ragazze rimaste si guardarono in giro disperate.

«Non preoccupatevi…» fece la maestra, pronta.

«Avevo già calcolato che mancassero uomini per le coppie, e la signorina Santoro mi ha rassicurato dicendo che tra pochi giorni si giungeranno alcuni suoi alunni a compensare il vuoto.» fece, creando un gridi di esultanza.

«Per oggi vi allenerete tra di voi.» aggiunse l’italiana, masticando un inglese scolastico. E le ragazze si accoppiarono con le loro migliori amiche, lasciando Mia da sola. L’aveva previsto, la bionda. E guardò con disgusto le sue compagne, che ridevano alle sue spalle.

«Visto che tu sei da sola…» la voce calda della donna italiana fece voltare la bionda, trovandosi il suo volto a pochi centimetri.

«… ti va di ballare con me, muchacha?» gli occhi scuri, color cioccolato fondente, la guardavano accesi. E Artemiya percepì un brivido freddo scendere lungo la spina dorsale. E quasi sobbalzò nel percepire le sue mani che la toccavano. I loro bacini che si sovrapponevano, quasi combaciassero. Di nuovo quel brivido. Un calore non compreso. Gli occhi che non avevano il coraggio di incontrare di nuovo i suoi, come scottatasi di quelle braci ardenti.

«Prima che voi iniziate, vi mostrerò cosa dovreste arrivare a fare.» disse, concentrando l’attenzione su di loro. Qualcuno sussurrò. Di nuovo la sua voce calda – il suo respiro caldo ed eccitante – a pochi centimetri dal suo orecchio. Di nuovo i brividi.

«Sei capace di seguirmi e allo stesso tempo improvvisare, vero?» le sussurrò e Mia non seppe come, ma l’italiana colse il suo sguardo perso come un sì.

«Bene, iniziamo.» sorrise, mostrando i bianchi denti. Un colpo mancato al cuore. Un impulso frenato. Con un cenno la maestra fece partire la musica.

Musica sensuale, violini, piano. E sentì il suo corpo seguire quello della donna dai capelli corti. Semplicemente si abbandonò alla musica. Al cuore. Alla sensualità che quel corpo le suggeriva.

Fecero pochi passi, i loro corpi attaccati, la sua presa forte. Un volteggio la fece calciare nell’aria. Poi si sentì liberata dalla presa e la musica la possedette. Iniziò a muoversi senza pensarsi. Le mani che percorrevano il suo corpo, i muscoli che lavoravano, i fianchi che si muovevano sinuosi, seguendo i ritmi della musica o del sesso. Le sue mani, che lente salivano dalle cosce per arrivare al bacino, bloccate sul ventre da quelle della mora. Voltò il viso per incontrare il suo. Gli occhi che prima teneva chiusi, ora erano socchiusi. E guardavano lei. Quegli occhi di brace guardavano lei. Ma non capì se fossero accesi di fatica o di desiderio. Il bacino si spinse verso il suo. Incrociò le sue mani con le proprie, compiendo una giravolta, per poi tornare al posto.

La voce di un uomo cantava in spagnolo, che Artemiya comprendeva solo in parte. Parlava di una notte di sesso con una donna. Una donna che gli aveva rubato il cuore.

Sentì le gambe di lei invadere il suo spazio, facendogli compiere varie giravolte che composero, infine, un otto sul terreno. Le sue scarpe da ballo di sala scivolavano sul terreno frenetici. I tacchi che nemmeno toccavano il pavimento. Sentì la donna bloccarle una gamba all’altezza del bacino, e lentamente sentì il bacino scivolare sulla sua gamba, mentre lei scendeva. La musica stava suonando lentamente. Elisa, rialzatasi, desistette dal lasciare la sua coscia. E le fece fare un caschè in circolo, percorrendo il suo profilo – il suo seno – con la mano. Afferrò di nuovo le sue mani affusolate, nivee. La fece volteggiare di nuovo, per poi guidarla in una camminata complicata. La stoppò a metà della pista, Artemiya si voltò, dandole le spalle. Si chinò e, col profilo della sua schiena, con la mano percorse le sue gambe lentamente, ritornando verso l’alto, rapida dall’abbraccio che la donna impose su di lei. Una nuova giravolta, un caschè veloce e la musica finì quando Artemiya si ritrovò a pochi centimetri dal volto della donna.

Il silenzio regnava nell’aula, e di sottofondo si udiva soltanto il fiato corto di Mia. Ansimava, la sua mano erroneamente sui suoi capelli, invece che sulla spalla. La mano di lei che le reggeva la sua gamba al bacino, bloccata in una presa ferrea. La camicia bianca, raccolta sulle maniche, mostrava i muscoli allenati tesi sotto la pelle abbronzata. La sua mano sul suo fianco bruciava. E nemmeno si accorse che le stava involontariamente sfiorando un seno, con l’altra mano all’altezza del cuore.

Le sue labbra rosse si mossero, e Mia non riuscì a staccarvi lo sguardo. Un applauso permise che quelle parole venissero udite solo da lei. Si morse le labbra, per bloccarsi e redimere il desiderio di baciarle.

«... vuelve escucha esta cancion... Esta noche...» sussurrò. E gli occhi verdi per un momento tremarono.

...

...

Torna ad ascoltare questa canzone... stanotte.

 

Riprendendo il controllo, Mia si sedette in mezzo al gruppo, mentre la mora, seguendola con lo sguardo, aspettò paziente silenzio.

«Prima che iniziamo, volevo farvi un discorsetto.» il suo tono era serio, come lo fu il volto degli alunni.

«Il tango è un ballo molto difficile, e non mi riferisco ai passi, né all’accordo fra i ballerini, rare combinazioni.» affermò, e con lo sguardo annegò nel verde acceso di Artemiya.

«Mi riferisco alla Musica, con la M maiuscola. Voi sapete dirmi cos’è?» chiese, e dopo poche risposte blande, e stupide fermò il parlare.

«Musica è anima. Musica è la congiunzione di corpo e anima, cuore e mente. Quando ballate, non vi sentite… liberi?» il discorso, seguito a tratti in italiano, stava creando un aura quasi magica.

«Quando ballate voi non diventate Musica? È questo quello che vorrei farvi capire… voi volete essere i migliori ballerini del mondo, farvi ammirare da tutti… ma in realtà un ballerino raggiunge la perfezione solo quando congiungerà perfettamente corpo, anima, cuore e mente. È quasi una droga, la musica… per altri è tutta la loro vita… per altri è la loro madre… ma voi, voi che ballate la Musica, dovete capire che la Musica non dovrete né cantarla, né scriverla, né interpretarla… ma darle forma.» parlando gesticolava, e inconsciamente con il piede batteva col tacco un ritmo.

«Sempre. Anche quando dormite, quando parlate, quando camminate dovete dar forma alla Musica.» affermò, e tacé.

«Ma come possiamo riuscirci? È impossibile…» affermò una donna dai capelli rossi.

Elisa vi portò il suo sguardo quasi infuriata. E la ragazza quasi si vergognò a porre la domanda.

«Non vergognarti, è una domanda più che ovvia.» rispose, e la ragazza sorrise, diventata dello stesso colore dei capelli.

«Come, mi chiedi? Beh, è facile… visto che la maggior parte di voi lo fa… forse ogni giorno…» affermò, con un ghigno disegnato sul volto. Mia perse un altro colpo al cuore. I suoi occhi scuri volarono sulla sua pianura verde.

«Per dar forma alla Musica voi dovete fare l’amore con lei.» rispose.

«Come!?» domandò un ragazzo, non comprendendo.

«L’avete visto prima, quando io ho ballato con quella suadente signorina…?» domandò, porgendo la mano verso Mia, chiedendo allo stesso tempo il nome.

«Artemiya.» e subito si sorprese di aver risposto col nome e non col cognome.

«Artemiya… bel nome.» fece, saggiando con l’accento italiano il suo nome. Altri brividi. Mai apprezzato il suo nome così prima d’ora, con quel pizzico di musica nella voce della donna.

«E allora?» domandò l’uomo, non capendo.

«Dimmi, Artemiya… che sensazioni hai percepito ballando quel tango?» domandò, guardandola intensamente. E, chissà perché, arrossì. E non parlò.

«Forza, parla…» e la sua voce, supplicante, la stregò. Chinando il capo, guardando il pavimento, parlò.

«Gli stessi brividi e lo stesso piacere del sesso.» affermò, con tono basso.

«Ecco… è questo il sentimento che voi dovete percepire, quando ballate.» Artemiya rialzò lo sguardo, il volto imporporato di rosso.

«E non ti vergognare, Artemiya… tu, per quanto io ne sappia, sei una ballerina che ha già raggiunto la perfezione.» disse, sorridendole. E la bionda annegò in un mondo dolce, vellutato, dove le stelle sapevano di zucchero e la terra di cioccolato. Scuro come i suoi occhi.

Silenzio.

E la lezione, finalmente, incominciò.

 

 

Era notte fonda ormai, e Mia, distesa nel letto nella sua stanza, fissava con sguardo perso la luce della luna che filtrava dalla finestra riflettersi sul muro bianco.

Era indecisa, Artemiya. Ricordava perfettamente la richiesta della mora. Quel piccolo appuntamento chiesto alla fine di un ballo. Eppure, in cuor suo, aveva paura.

Le sensazioni percepite tra le sue braccia – tra i suoi sguardi – erano sconosciute alla bionda. Non le aveva mai sentite sulla propria pelle. Ne aveva sentito parlare.

Decise di affrontare questo problema di petto. Prese le scarpe e uscì, scivolando silenziosa nei corridoi deserti della scuola. era terrificante, alla luce della luna. Una musica flebile le incatenò il cuore. Un italiano cantava.

 

In un mondo che

Non ci vuole più

Il mio canto libero… sei tu.

 

Melodia, pianoforte e una voce di donna faceva da sottofondo. Artemiya spiò dalla fessura della porta. E vide Elisa mentre muoveva i piedi in un lento. Il suo corpo avvolto da pantaloni bianchi e camicia nera, raccolta sulle maniche.

Mormorava, canticchiando la canzone, mentre abbracciava una donna immaginaria. Gli occhi chiusi. Con passo felpato la russa entrò nell’aula, illuminata dalla luce della luna piena, che entrava dalle grandi vetrate, la luce della città filtrava da esse.

«Non ti nascondere, Artemiya. So che ci sei.» disse, voltandosi.

«Non ti conosco, non so chi sei e non capisco che cosa tu mi abbia fatto, ma ti prego…» disse Mia, il cuore intrappolato tra un filo di spine e la voglia di danzare ancora con lei.

«… smettila.» terminò, e una lacrima scese malinconica. Senza un motivo apparente. Nemmeno Artemiya comprese perché cadde.

Elisa la raggiunse, prendendole il volto con una mano. Era vellutata, dolce. Il pollice le asciugò l’ennesima lacrima.

«Dimmi, Artemiya… da quanto tempo non ami?» chiese, dolcemente guardandola. Quegli occhi scuri. Non più brace, ma dolci navi in un oceano di malinconia.

 

Nasce il sentimento

Nasce in mezzo al pianto

E s’innalza altissimo… e va.

 

«C-come…?» domandò, non capendo. Gli occhi verdi intrecciati ai suoi.

Le sue labbra si stesero in un sorriso sghembo. Un bellissimo sorriso. Un sole in una notte stellata.

«Da quanto tempo non ti sei permessa d’innamorarti?» riformulò, pose una mano sul suo fianco. Mia nemmeno s’accorse di ciò.

 

In un mondo che

Prigioniero è

Respiriamo liberi… io e te.

 

«Non me lo ricordo più…» disse sincera, per la prima volta con qualcuno, per la prima volta con se stessa.

Elisa iniziò a dondolarsi, seguendo il ritmo del pianoforte in sottofondo. Un dolce dondolarsi, ma che in realtà era solo un semplice ballo. Artemiya, ancora inconsciamente, la seguì. Poggiò la testa sul suo petto, trovandolo caldo. La sua mano che si pose sui suoi capelli.

 

Nuove sensazioni

Giovani emozioni

Si esprimono purissime… in noi.

 

­«… e allora perché mi chiedi di smetterla?» domandò la mora sussurrandogli la domanda all’orecchio. Sul viso della bionda ancora una lacrima. Un pezzo di cuore che cade.

«Perché… ho paura.» di nuovo sincera, di nuovo umana con qualcuno. Con lei.

 

La veste dei fantasmi del passato

Cadendo lascia il quadro immacolato

E si alza un vento tiepido d’amore…

Di vero amore.

 

«Ti va di affrontare la tua paura… con me?» i loro volti a pochi centimetri di distanza. I loro occhi un puzzle che sta per completarsi. La perfezione a portata di mano… ma Artemiya si stacca, dirigendosi verso la vetrata. Ammirando la città addormentata riposare sulla sua schiena grigia. Le auto sfrecciare veloci. La musica che ancora suonava. Si stringe nelle spalle, Artemiya, impaurita da se stessa. Preda di ricordi.

Dolorosi ricordi.

 

«Pensi di essere la mia donna, Mia?! Beh, ti sbagli! Eri solo una puttana per me, solo un corpo da usare nei momenti di bisogno… e se pensavi che io ti amassi, in quelle notti, in quei letti sempre diversi, in quei parcheggi, in quei bagni, beh… allora sei proprio una stupida!»

 

Una lacrima, l’ennesima, che scende. Si è sempre riscaldata da sola, Artemiya, la notte. Stringendosi a sé.

Ma ora, quella sera, qualcosa stava cambiando.

Non erano più le sue braccia a stringerla. Elisa l’aveva avvolta dolcemente, poggiando la sua testa di fianco al suo orecchio. Il suo lento respiro – caldo, bollente – la… calmava. Le sue braccia forti – eppur dolci… eppur dolci – la stringevano, il proprio corpo che aderiva perfettamente al suo.

«Sai, sei un bel quadro, Artemiya… tolto il velo di finta superiorità e freddezza.» affermò Elisa, sussurrandolo piano. Quasi temesse che i colori del dipinto di Mia svanissero, come catturati nell’aria come farfalle di cristallo.

 

E riscopro te

Dolce compagna che

Non sai dove andare ma sai

Che ovunque andrai

Al fianco tuo mi avrai

Se tu lo vuoi.

 

«Se mi vorrai, Artemiya, io son qua… non dovrai nemmeno voltarti per cercarmi. Io ti starò sempre affianco.» l’italiano che, seppur una lingua poco conosciuta all’estero, donava una musicalità e un’anima alle parole, che Mia rimase quasi senza fiato. Gli occhi verdi, illuminati e vivi nel buio della stanza, incrociarono e si mischiarono nel castano scuro. Boschi abbandonati ritrovati.

Artemiya si alzò leggermente sulle punte per apporre un seme di rosa sulle labbra calde di Elisa. Un seme accolto, riscaldato… un bacio ricambiato.

Una veste che scivola lenta, un quadro che si mostra nudo, puro, per la prima volta dopo tanto tempo lasciato solo in uno scantinato, mai ammirato.

Mai il piacere di Artemiya fu così grande nello scorgere negli occhi dell’italiana la stessa emozione nei suoi. Mai aveva percepito mani navigare con sì delicatezza sulla sua pelle.

Mai baci furono sì dolci e delicati.

Mai… Mai… Mai…

 

Nuove sensazioni

Giovani emozioni

Si esprimono purissime… in noi.

 

 La veste dei fantasmi del passato

Cadendo lascia il quadro immacolato

E s’alza un vento tiepido d’amore…

Di vero amore.

E riscopro te.

 

 

E questa one-shot, iniziata con un tango eccitante, finisce con un singolo d’amore di Lucio Battisti (che io personalmente amo e che ho dedicato alla persona che amo) “Il Mio Canto Libero”.

Sperando di avervi ispirato e di avermi, per lo meno, emozionato.

Incuriositi forse. La Musica, quella con la M maiuscola… esiste veramente? Le si può veramente dar forma… così?

Vi lascio ai vostri dubbi

E intanto saluto tutti ^_^

 

Eriok & Adhara

 

Il Romanticismo Perduto

   
 
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