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Autore: Niagara_R    15/03/2011    2 recensioni
Brian Kinney è depresso. Così almeno affermano con convinzione tutti quelli che lo conoscono, preoccupati per lui dopo che Justin se n'è andato lasciandolo solo.
Brian Kinney non si sente affatto depresso, e preferirebbe non sentirsi compatito ogni giorno che passa, quindi gli serve un diversivo, un passatempo, qualcosa, o qualcuno, che riesca a distrarlo dalla monotonia, e magari che lo diverta anche un po'.
Ma non si può mai dire cosa accade quando due caratteri un po' troppo simili si vengono ad incontrare...
Da Livin Derevel e Alty, una storia no-Britin, chi non è interessato può tranquillamente non leggere!XD
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Ethan Gold, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9.

9.

Il Leopardi si deprime

 

- Come?! - sbottò Debbie a bocca aperta.
- Sbattuto fuori. - ripeté Ethan avvilito, chino sul bancone, con Wolf che miagolava a destra e a manca curiosando.

- Ma... Ma perché? -
- Disinfestazione degli scarafaggi. Ergo, non ho un posto dove andare. - Era talmente depresso che neanche si accorse che il gatto stava cominciando a leccare dalla sua tazza di caffè.
- Povero Fiocco... Puoi venire a stare da me. C'è sempre posto per un ragazzo bello e in difficoltà! - gli sorrise con fare materno alzandogli il viso e accarezzandogli la guancia.
- Grazie, ma non vorrei essere un disturbo. Io suono e non ho orari. -

Debbie annuì comprensiva.
- Una bella gatta da pelare, eh? -
- Meow! - protestò Wolf sentendosi messo in mezzo.
Ethan lo accarezzò con lo sguardo perso, non sapendo assolutamente cosa fare.
Quella disinfestazione era arrivata del tutto inaspettata, dopo un periodo stupendo a dir poco, ecco che qualcosa era arrivato a squarciare il suo cielo sereno, mandandolo in frantumi.
Si era trascinato da Debbie con tutte le sue cose, aveva sbattuto le valigie in un angolo, erano l'unico posto in cui sapeva avrebbe ricevuto un minimo di comprensione.

- Beh, Fiocco, se proprio non riesci a fare a meno di suonare, per qualche sera noi siamo anche pronti a tenerci i tappi. E di giorno invece apprezzeremo moltissimo la tua musica. Mi piacciono le persone con talento. -
- Ma c'è anche Wolfram... E’ un gatto, ha bisogno di spazio e di silenzio. Non hai idea di quanto noioso possa diventare se non lo si lascia in pace! -
- E perché non chiedi a Brian? Mi sembra che andiate molto d'accordo ora. O almeno, mi può essere giunta una voce... -

- No, assolutamente no. - mormorò lui scuotendo la testa - Lui è un uomo indaffarato, e la sua casa è sempre in ordine, sempre pulita. Non voglio combinargli qualche guaio, e poi non è fatto per vivere con un'altra persona. Sarei di troppo. -
Debbie fu perplessa da quella spiegazione matura. La lasciò spiazzata.
- Beh... Con Brian ha già vissuto... -
- Ho anche un gatto, e a Brian non credo piacciano. - insistette Ethan prima di sentire nuovamente il nome di Justin, che ultimamente meno lo sentiva e meglio era.

- Non posso stare tranquilla vedendo il mio Fiocco con quell'espressione malinconica! Ok, intanto scaldati e rifocillati. E vale anche per palla di pelo. - disse portando una ciotola con del latte per Wolfram, prima di andare a fare una chiamata prendendo la sua agendina sotto banco.
Nonostante Ethan non volesse chiedere a Brian di ospitarlo, sembrava che dal suo tono nascondesse in realtà il desiderio di farlo. E si era accorta di come per la prima volta non avesse utilizzato un tono ostile nel parlare di lui.

La cosa si stava evolvendo in fretta. Molto bene!
Il telefono squillò qualche volta prima che dall'altro capo si degnassero di rispondere.
- Qui è l'inimitabile e stupendo Brian Kinney, chi è che cerca questa splendida creatura? - rispose una voce a lei molto familiare.
- Smettila di menartelo e vieni subito al locale, signor Modestia è il mio nome! - disse Debbie in tono che non ammetteva repliche.

- Per quale motivo dovrei venire al locale ora? Sto lavorando. - rispose Brian. In realtà non voleva uscire perché nel suo ufficio c'era una temperatura perfetta, e l'idea di uscire per prendere la macchina non lo allettava neanche un po’.
- Porta il tuo culetto qui, mr. Fantastic, o ti strappo l'unico coglione che ti resta. Fiocco è stato sbattuto fuori di casa. -

A quelle parole, una lampadina nella sua testa prese ad accendersi e spegnersi ritmicamente.
- Arrivo. -

 

In un tempo da record, stupendo persino se stesso, Brian raggiunse il locale, parcheggiando senza tanti complimenti sopra le righe.
Quando la porta si aprì, accogliendolo con il suo scampanellio, Ethan si voltò verso di lui e lo guardò con occhi sgranati. Di sicuro non era arrivato per un caffè.
- L'hai chiamato! - protestò contro Debbie.

- Fiocco, non posso lasciarti sul marciapiede al freddo! - replicò lei apprensiva.
- Qualcuno mi spiega cosa succede? - dichiarò Brian, rassicurato dal fatto che Ethan sembrava ancora tutto interno. Gli era venuto un colpo per quella telefonata, aveva pensato a chissà che.
Glielo spiegarono, o meglio, fu Debbie a spiegargli la cosa, condita da esclamazioni ed epiteti di vario genere, finendo per prendersela con gli scarafaggi.

- E così, mi ha messo tra le mani Wolfram e le valigie, sono venuto qui perché non sapevo dove altro andare per il momento. - Accarezzò piano Wolfram che cercava di sfuggire dalle sue gambe per saltare in grembo a Brian.

I primi avventori del mezzogiorno iniziarono ad affluire, e guardavano quel micio peloso con tenerezza, e a Wolf non dispiacque per niente. Brian sospirò sedendosi accanto a Ethan, congiungendo le mani.
- Potresti pagarti un appartamento niente male, con dodicimila dollari. - gli fece notare, e il ragazzo lo guardò spento.
- Dodicimila dollari finiscono in fretta se non hai un lavoro, e io devo pagare anche l'università e i miei strumenti, mantenere il sottoscritto e Wolf. -

- Gli ho proposto due soluzioni ma Fiocco ha la testaccia dura e le ha rifiutate entrambe. - disse Debbie, con le immancabili mani sui fianchi.
- ... Quali? - Brian aveva un pessimo presentimento.
- Di venire da me, o stare da te! -
Ethan non aveva proprio voglia di osservare la sua reazione.

- Da me?! - replicò Brian - Casa mia non è un albergo! -
Debbie gli diede uno stracciò addosso.
- Ma sentilo, te ne porti uno diverso ogni notte, ti scomoda così tanto ospitare un povero ragazzo perché ne ha un disperato bisogno?! -
- No no no, non credo proprio! - interloquì Ethan - Io non posso certo starmene in casa con questo qui! - esclamò indicando Brian.
- Questo qui?! -
- Senza offesa, ma non voglio rischiare di disturbare l'intimità tra te e le migliaia di spermatozoi sconosciuti che girano per il tuo appartamento! -

- Non sembrava ti sembrava dispiacere perdere i tuoi, di spermatozoi nel mio letto, la scorsa notte! -
- Oh andiamo, era una cosa completamente diversa! - esclamò Ethan -

- E questa mattina hai preso su e te nei sei andato allo stesso modo di tutti quelli che insulti che mi porto a casa. Che cazzo di coeren... -
- Ma avevo lasciato Wolf senza cibo, stupido! -

- Eh, un gatto è un gatto! - annuì Debbie convinta.
Brian le lanciò un'occhiata pessima, prima di tornare a Ethan.
- Dato che trovi che stare con me sia anti igienico, te ne puoi benissimo andare a dormire sotto un ponte, basta che vai un po' a sud che ne trovi quanti ne vuoi! - dichiarò, e si alzò andando alla porta.
- Dove pensi di andare?! - lo riprese Debbie.
- Vado lontano da chi non gradisce la mia compagnia. - rispose, e si bloccò prima di mettere un piede fuori, tornando su suoi passi - Questo è il tuo assegno. - Posò sul bancone un lungo foglietto color avorio - Decidi tu che cazzo farne, una buona volta. - E se ne andò.

Ethan prese lentamente l'assegno in mano guardandolo, per poi alzare lo sguardo verso la porta. Sospirò e abbassò il viso, tenendoselo tra le mani. Gli uscì un gemito di frustrazione.
- Dovevo andare a Parigi. Perché faccio sempre le scelte sbagliate?! Non so neanche perché sono rimasto in questo schifo! -

- Parigi? - domandò Debbie, che ne fregò bellamente dei clienti che stava aspettando di ordinare.
Ethan glielo spiegò alla bell'e meglio, raccontandogli di Nadir, anche di quanto fosse figo, e dello stupido, stupidissimo rifiuto che gli aveva imposto.
- Non so cosa cavolo mi sia preso... Sono stato un pazzo! - si lamentò il ragazzo passandosi le mani nei capelli, disperato.

- E subito dopo sei finito nel letto di Brian. Oh santo cielo. Voi due siete più lenti di una trama da telenovela. -
- Non... Io sono andato a letto con Brian perché  in quel momento ero sotto pressione, e poi mi aveva trascinato fino al Babylon... Insomma, lo sai com’è, l’adrenalina, la musica, tutto il resto! - si giustificò sotto lo sguardo sibillino di Debbie.

- Beh, niente da ridire, Brian è un bel bocconcino... - sorrise lei con una certa convinzione.
- No, non si tratta di questo! - Ethan sbuffò - Non è per il suo corpo, figuriamoci, non è quello che mi attrae! E'... E' il suo modo di fare... Il suo modo di essere che mi manda in confusione... -

- Fiocco, è leggermente strano che ti piaccia questo di Brian. Voglio dire... E' come se ti piacesse te stesso. Brian è il tuo gemello malefico. Siete identici. -
- Non siamo così uguali. Io ho molto... Molto... Ecco, Brian è una persona rigida che non sa andare oltre il suo naso e... Non abbiamo niente, niente in comune. -

- Beh, non direi... - Debbie cercò le parole giuste per spiegargli la situazione, e non era affatto facile - Vedi... -
- Lascia stare... Non ho voglia di sentire niente. - Ethan scosse la testa, alzandosi - Posso lasciare qui la mia roba e Wolf? Ho bisogno di fare una passeggiata... - Prese il violino con sé, aveva tutte le intenzioni di staccare la batteria.

- Certo, Fiocco. Puoi pure andare da Brian a parlare e lasciare il tuo grazioso micio qui. -
- Non sto andando da Brian! -
- Copriti bene, tesoro. Fa un freddo la fuori! - cantilenò Debbie cominciando finalmente a servire i clienti, ignorando Ethan di proposito.

Il ragazzo uscì all'aria aperta, era gelida e pungente, e lui non aveva nemmeno i guanti, finiti chissà dove sotto la sua montagna di roba.
Camminò per qualche isolato, fino a raggiungere la zona dei parchi, guardandosi le scarpe mentre camminava.
Poi si fermò sul marciapiede, posò la custodia a terra, ne estrasse il violino, e si mise a suonare.
Senza volere dei soldi, non gli importavano niente in quel momento. Voleva suonare per se stesso, per evadere. Per spaccare quel filo rosso che stava distruggendo la sua vita poco a poco.

La melodia che aveva scritto pensando a Brian, si sarebbe intensificata di più se non fosse avvenuto l'incontro al locale. Sarebbe diventata la cosa più bella, perfetta e sensuale che avesse mai scritto.
Ma in quel momento gli usciva solo un suono incredibilmente lento, che faceva percepire la sua tristezza. Provò gran parte dei pezzi che conosceva, ma il risultato era sempre lo stesso.

Una grande malinconia. Una sensazione devastante, frammentaria, come polvere mossa dal vento e trascinata lontano contro la sua volontà, stava piangendo quelle note con tutto il cuore che gli era rimasto, quello che non gli avevano portato via la sua padrona di casa, Nadir, i suoi genitori, Justin, un po' tutto il suo mondo che si sgretolava portandosi via un dannato pezzo di sé.
Continuò a far scivolare l'archetto sulle corde ad occhi chiusi, non si accorse della folla che si era creata intorno a lui, che sussurrava piano, ammirata.

Quando riaprì le palpebre, sentì la gente attorno applaudirgli. Qualche donna si stava anche asciugando gli occhi . Fino al giorno prima una reazione del genere da un pubblico simile lo avrebbe reso euforico. Ma ora neanche quello bastava. Guardò in basso e vide comunque dei soldi dentro la custodia. Gli raccolse e si guardò in giro. Vide un barbone disteso su una panchina coperto da un giornale.
Si avvicinò a passo spedito e gli mise i soldi dentro al cappello che aveva a terra.

Almeno gli bastano per un pasto caldo. Si disse, allontanandosi.
Dove poteva andare? Richiuse il violino nella custodia mentre la piccola folla tornava per la propria strada. Afferrò la custodia e si infilò la mano libera in tasca. Sentì l'assegno di Brian piegato e una lieve stretta al cuore.

Era stata colpa della fortuna, che con una mano l'aveva aiutato e con l'altra gli aveva tolto tutto?
Beh, era proprio una stronza.
Rabbrividì, non gli andava di tornare al locale, non aveva voglia di parlare con nessuno che lo compatisse, non ne aveva proprio voglia, voleva solo starsene un po' da solo.
Riprese a camminare a testa bassa, senza meta, rimuginando tra sé e sé.
Quei dodicimila dollari potevano salvargli la testa per un bel po', trovandogli un appartamento decente e senza scarafaggi.
Ma poi come avrebbe pagato l'accademia di musica in Italia? Tanti soldi così in un colpo solo non gli sarebbero mai più capitati, però era anche vero che se non finiva l'università non sarebbe mai potuto andare là.
Dio, che cazzo faccio?!

Come poteva prendere da solo una decisione così difficile?
Aveva vent’anni, e nessuno a cui chiedere un consiglio sensato. Una volta avrebbe odiato quei pensieri, lui che era in grado di saper fronteggiare ogni cosa, ma sentiva che in quel momento aveva solo bisogno del suo parere. Perché se lo sentiva. Lui era una delle cause sia della sua angoscia che del benessere in quelli ultimi giorni.
Ma doveva tornare strisciando dopo quella scenata? E sicuramente non l''avrebbe voluto vedere. Figurarsi consigliarlo.
Doveva decidersi.
Prese una moneta dalla tasca. Al fato, almeno quella scelta poteva lasciarla.
Testa, vado da lui. Croce... Cercherò di andare avanti da solo.

La lanciò, e chiuse gli occhi. Entrambe le possibilità lo terrorizzavano.
- Ehi, lo sai che non bisogna sprecare così i soldi? - disse una voce improvvisamente vicinissima.
E scoprì che anche se la moneta non era caduta a terra, il fato aveva scelto per lui.
Testa.

Riaprì gli occhi e si girò verso la voce, guardando l'uomo con i grandi occhi scuri in un'espressione sorpresa.
- Oh... Devo parlarti. Per favore. -

- Per favore? Da quando sei così accomodante? -
Ethan assottigliò le labbra.
- Ci tieni così tanto a farmi incazzare?! -
Brian alzò le mani arrendevole, e si mise a camminare, facendogli un impercettibile cenno di seguirlo. E Ethan lo fece. Anche se il fegato gli rodeva parecchio.

- Stamattina non volevo andare via in quel modo, ero davvero in pensiero per Wolfram. -
Brian continuava a rimanere in silenzio - Mi dispiace per prima, al locale. - Niente, Brian continuava a guardare fisso davanti a sé.
Stava tentando di aggiustare le cose e quello lo ignorava.

Ethan lasciò perdere, tanto sembrava inutile, tentare la via della disperazione con uno come Brian non serviva a niente. Cuore di pietra.

- E’ buffo come ogni volta che ti vedo tu sia in crisi o disperato. -
- E' inquietante che ogni volta che mi volto ci sia tu, in queste situazioni. Cosa fi facevi dietro di me?! Non eri tornato a lavoro? E' ancora orario d'ufficio. -

- Io sono il boss, ho gli orari che tirano a me. - replicò con superiorità irritante - E piantala di fare l'arrogante, non sei proprio nelle condizioni. -
- E tu non sei autorizzato a tirartela tanto, neanche avessi il cazzo fatto d'oro! -
Brian si voltò verso di lui nel mezzo della strada, fissandolo accigliato.
- Ma senti chi parla. -

No, così non andava. Se continuava di quel passo Brian si sarebbe rifiutato di parlargli.
- Senti... Per favore. - Ethan congiunse le mani cercando la diplomazia dentro di sé - Per favore. Lo sai quanto è difficile per me chiederti un favore. Lo sai benissimo. Ma non discutiamo ora, SOLO per una volta, non possiamo tornare in sintonia come... Come ieri? Solo per mezz'ora. Poi puoi tornare a insultarmi, detestarmi o tutto quello che vuoi, ma adesso ho bisogno che parliamo normalmente. -

- E per dirmi cosa? - domandò lui guardandolo in tralice.
- Per... - Già. Perché? Che voleva dirgli? Di stare nel suo appartamento non se ne parlava nemmeno, però... Ci teneva a non essere in pessimi rapporti con lui - Per... Ringraziarti dell'offerta ma declinare? -
Brian alzò un sopracciglio, perplesso.
- Tu sei strano. -
- Ma sentilo... -

Si fissarono in silenzio, poi Ethan si sciolse in un sospiro.

- Ho solo molti dubbi, non so cosa fare. Una scelta sbagliata e il mio futuro è segnato. - Si portò nervosamente una ciocca dietro l'orecchio - Mi accompagni da Debbie per prendere Wolf e la borsa? Cambierò l'assegno e prenderò una stanza da qualche parte. -

- E la tua accademia a Stoccolma? -
- Milano! -
- Quello che è. -
- L'accademia... C'è ancora tempo prima di finire l'università, qualche mese. Spero di riuscire a raggranellare qualcosa. -

- Oh ecco il problema. Sempre quello. I soldi. -
- Si, sono un poveraccio, lo so. Ma... -
- Ripeti sempre che vuoi realizzare il tuo sogno, che sei indipendente e ce la farai, però ora sei qui a non sapere dove sbattere la testa. - Brian fece spallucce e si mise le mani in tasca - Lo sai che secondo me l'unica cosa sensata sarebbe dovuta essere la tua partenza per Parigi. Nadir non si sarebbe fatto problemi a farti completare gli studi. -
- E a te avrebbe fatto piacere non vedermi più in giro, vero? -

Brian alzò gli occhi al cielo, senza rispondere.
- Sei strano, sai?! - lo rimbeccò Ethan - Ieri quando hai saputo che non sarei partito mi hai trascinato a ballare e sembravi al settimo cielo, e poi mi hai addirittura scopato, e adesso vorresti spedirmi lontano! - Sbuffò scuotendo la testa, autocommiserandosi - Non ho cambiato proprio idea su di te: sei sempre stato e rimarrai quel meschino che usa la gente e poi la butta via come se non valesse niente. -
Ethan se ne andò frustrato e arrabbiato, deciso a filare in banca, cambiare quell'assegno e cercarsi un appartamento decente. Avrebbe perso i soldi per l'accademia italiana, ma li avrebbe tirati su in un altro modo.

Anche se, ammise amaramente, le uniche offerte di lavoro le aveva ricevute da Brian.
Brian, che nonostante tutto recentemente continuava a essere uno dei suoi pensieri fissi, che compariva sempre quando era nel momento più difficoltoso, e nonostante si fosse ripromesso di andarci con calma e con giudizio, alla fine le cose finivano con loro due che litigavano.
Perché continuo a volergli andare dietro?

Che situazione di merda.
Stava cominciando a rimpiangere la sua vita in Virginia, là almeno aveva i suoi che, seppur non condividendo affatto la sua vena artistica, avrebbero potuto aiutarlo in un momento di disperazione.
Ma lì non aveva proprio nessuno su cui potesse realmente contare...
Un'auto gli tagliò la strada, facendolo sobbalzare.
- EHI, chi cazzo t'ha insegnato a gui... - Era Brian.
- Sali. -

- Che? No! -
- Ethan Gold, per la prima volta nella tua vita, chiudi la bocca! E Sali! - ripeté perentorio.
Ethan si morse il labbro inferiore e sbuffò, salendo in macchina mettendo nel sedile posteriore la sua custodia, ormai stava diventando una cosa abituale.

- Dove andiamo? -
- Zitto. -
Andiamo bene. Il ragazzo sbuffò mettendosi la cintura, guardando la città che prese a muoversi velocemente oltre i finestrini.

Il viaggio continuò in silenzio, finché Ethan non riuscì a tenere la bocca chiusa.
- Si può sapere perché non mi dici mai che cosa ti passo nella testa? Non fai che prendermi e portarmi in macchina, prendermi e portarmi in macchina come se ti appartenessi! E non mi spieghi mai il motivo per cui sei sempre nella mia scia! Perch... -
- Non ti ho detto... Cinque minuti fa di stare zitto?! - Il tono era esasperato e lo sguardo puntato sulla strada.

- Non mi piace ricevere ordini! -
- Ti ho chiesto un cazzo di favore! - sbottò irritato.
Ethan sbuffò. Dove stavano andando?

La macchina di Brian si fermò poco dopo, davanti al locale.
- Fermo qui. - Brian scese ed entrò spedito, per tornare dopo tre minuti con la borsa in mano e Wolfram malamente sulla spalla che si agitava eccitato di rivedere il suo pubblicitario preferito.
Era quasi un miracolo che fosse uscito a quel tempo record evitando Debbie.
Riaprì la portiera e buttò il bagaglio nel sedile posteriore e il gatto nelle gambe di Ethan.

- Ehi, ma che ti prende?! - sbottò il ragazzo, ma Brian continuò a non rispondergli, facendo finta di non averlo sentito.
Rimontò in macchina e si mise alla guida, riaccendendo il motore.
- Ti diverti ad ignorarmi?! -

Niente, non riusciva a cavargli fuori una parola.
- Sei odioso! - sbottò accarezzando Wolf. Era agitato. Credeva di sapere dove Brian lo stava portando, anche perché quella strada sembrava così simile a quella presa la sera prima.

E la cosa appariva morbosamente strana.
Rimase zitto per venti minuti, teso, fin quando non riconobbe a prima vista la strada dove viveva Brian.
Non poteva essere.
Si fermò esattamente di fronte al palazzo del suo loft, e lì Brian scese.

- Perché mi hai portato qui? - chiese confuso, non scendendo dalla macchina, nemmeno quando Brian aprì la sua portiera - Non intendo scendere finché non mi rifili una fottuta spiegazione! -

- Veni a stare da me, ok? E adesso, scendi! - ordinò tassativo.
Ethan eseguì non senza qualche remora, portando Wolf con sé, che miagolava piuttosto interessato dal cambio di situazione.
- Con te? ... Ma... Avevi detto che... -
- Per favore... - Brian alzò una mano senza guardarlo, sembrava che gli costasse fatica parlare - Prendi la tua roba e vieni su. -
Ethan continuò a guardarlo un po' dubbioso, ma non se lo fece ripetere. Certe volte Brian Kinney era strano forte.

Brian prese una delle borse e lo precedette, il breve tragitto in ascensore avvenne nel più completo silenzio, solo qualche sporadico scambio di occhiate. Probabilmente al ricordo di cosa avevano fatto l'altra sera, in quell’ascensore.

Era imbarazzante. Seriamente imbarazzante.
Quando l'abitacolo si fermò, Brian aprì le sbarre e aprì il portone dell'appartamento, lasciando che Ethan entrasse trascinandosi addosso tutte le valigie e robe varie, lasciando finalmente andare Wolf, che iniziò immediatamente a curiosare a destra e a manca.
- Bene. - disse Brian dopo qualche minuto di nervoso silenzio - Tu dormi sul divano-letto. Solo lì, chiaro? - precisò caustico - Puoi rimanere qui, ma ti avverto, non voglio averti tra i piedi, tu puoi suonare quando ti pare quando io non ci sono, ma se ci provi in mia presenza, quel violino finirà all'istante nell'unico posto dove non batte il sole. -

- Non che mi interessi dormire in un altro posto che non sia il divano, a differenza di un'altra persona. -
Si morse la lingua. No, non doveva essere acido, Brian in fondo lo stava ospitando. Poteva pensare meglio al da farsi, e cosa più importante, non sarebbe morto di freddo.
- Grazie. - sussurrò.

Brian rispose con un mugugno, non sembrava affatto di buon'umore. Allora perché stava facendo tutto quello per lui?
- Senti, per il tuo gatto... Trova un posto dove mettere la sua lettiera, e tienilo d'occhio. - precisò enfatizzando le parole - Se sporca, se rompe qualcosa, se morde un qualsiasi oggetto puoi considerarlo cibo da ristorante cinese! -
- Non ti preoccupare, lui non darà problemi. - commentò Ethan guardandosi un po' intorno. La notte prima non aveva avuto molto tempo per dare un'occhiata al loft. Era veramente roba da ricconi.

- Bene. Ora sistema la tua roba e non toccare nulla di mio. - lo avvertì andando verso il letto, buttandovi la giacca e sciogliendosi la cravatta per poi posarla sopra. Cinque minuti dopo era in bagno ad aprire l'acqua per farsi una doccia che sperò essere rilassante.
Perché si era portato Ethan a casa solo il suo cervello lo sapeva.
Ma in quel momento il bastardo, aveva deciso di non fornirgli nessuna risposta.

Che cazzo gli era preso? Non poteva averlo fatto di nuovo. Dio, che cazzo, un altro no.
Forse era stata tutta colpa delle parole di Debbie, forse era stato il suo ordine a scatenare qualcosa nel suo cervello, forse era solo colpa del terrore dell'invadenza di Debbie.
O forse, era stato qualcos'altro, quel maledetto, dannatissimo tarlo dentro il suo corpo che gli martellava le tempie da un po' e che sembrava volergli dire qualcosa ma senza parlare, gli mandava degli impulsi elettrici quando meno se lo aspettava, facendogli fare e dire cose che non avrebbe assolutamente dovuto.

Quando uscì dalla doccia, con solo un asciugamano legato in vita, vide che Ethan stava trafficando in cucina. Un orrendo flashback gli balzò alla mente.
- Non ti avevo detto di non toccare nulla? -
- Non ti decidevi ad uscire e avevo un po’ di fame, ha ho pulito. Ce n'è anche per te. - affermò persino troppo accomodante - Ho pensato alla Jambalaya, avevi tutti gli ingredienti, ma alla fine era una rottura, troppo lunga. Spero ti vadano un paio di spaghetti aglio e oli, cucina italiana. -
Wolfram era nel bel mezzo della stanza e alzò gli occhi dal piattino da dove si stava gustando una scatoletta di tonno. Sembrava anche lui in attesa della risposta di Brian.

Già la parola Jambalaya l'aveva traumatizzato.
- No... No grazie, non ho fame. -
- Sicuro? -
- Sicurissimo. - Aveva lo stomaco contorto. Si nascose dietro i paraventi della camera da letto, esattamente frontali a dove stava Ethan, gli faceva quasi senso farsi vedere da lui.
Perché stava succedendo di nuovo? Che cazzo gli era preso?
Perché se n'era portato un altro in casa?

Ethan si sedette e mangiò in completo silenzio, alzando un'occhiata verso i paraventi. Nulla. Brian sicuramente non sarebbe uscito, e la cosa, notò che gli procurava un lieve dispiacere. In piccole cose almeno, voleva ringraziarlo del favore. Si mise a sistemare tutto e lavare pentola e piatto, mettendo comunque qualcosa da parte per il pubblicitario.
Si mosse verso la camera, ma si fermò prima.

- Brian, se stasera esci e vai al Babylon e ti porti qualcuno... Beh, immagino non ti importi se sono sul divano. - la voce gli usciva strano - O in tal caso come ci sistemiamo? -
Brian NON doveva andare al Babylon e portarsi qualcuno da scopare sotto i suoi occhi. Non avrebbe sopportato a una vista così disgustosa.
Era così strano dal non trovare eccitante vedere due fare sesso dal vivo? Se poi uno dei due era Brian con uno sconosciuto, non riusciva proprio a trovarlo tale.

Stava succedendo qualcosa di singolare entro le mura di quel loft, e nessuno dei due lo stava capendo bene, c'era un sottile imbarazzo, e una sottile paura.
Andrà avanti così per molto? Si chiese Ethan. In quel caso non avrebbe resistito a lungo. Lui odiava essere stressato, detestava vivere con qualcuno proprio per non dover rispettare regole o parametri, anche se quell'aiuto era come caduto dal cielo... Dannazione agli scarafaggi.

- No, stasera non vado da nessuna parte. Ho da sistemare alcune cose al computer. - Brian uscì rivestito, andando in cucina servendosi un bicchiere di scotch.
- Non dovresti bere una cosa del genere a stomaco vuoto. - puntualizzò Ethan.
Brian se lo scolò di un fiato.

- Sei peggio di una suocera. -
Il ragazzo dischiuse la bocca in una piccola e perfetta "O" perché non riusciva a dire niente. Finalmente, qualcosa prevalse.

- Questa era davvero brutta. -

- No, sei tu che sei un maledetto scocciatore. - replicò acido, con l'alcol che entrava già in azione facendogli provare quella classica sensazione di vertigine imminente.
- Allora non avresti dovuto portarmi in casa tua! - sbottò lui.
- Vuoi continuare a rinfacciarmi in eterno la mia generosità?! -
Ethan si morse la lingua, per quello non aveva scuse. Brian aveva ragione, se l'era portato in casa nonostante non fossero affatto due anime che andassero esattamente d'accordo.

- No. Non posso negare che in questo periodo sto sopravvivendo solo grazie a te. Ma... mi piacerebbe sapere perché. -
- Non ti starai facendo strane idee in testa, vero ? - No no, cazzo. La situazione non doveva ripetersi. Non ancora.
- Mi credi davvero così deficiente? Non intendo insinuare che ci sia quel tipo di rapporto che si sognava Justin dopo che te lo sei fatto la prima volta! Oppure pensi a compararmi sempre con lui credendo o temendo che mi comporterò come lui? -

Ecco, quella era una cosa su cui riflettere.
Nonono, non se ne parlava nemmeno di ripetere le stesse cose, di vivere di nuovo quell'esperienza. Non poteva permetterselo, non poteva davvero.
- Non dire stronzate. - rispose abbandonando il bicchiere sul bancone, andando a infilarsi la giacca - Io esco, quindi sei autorizzato a suonare il cazzo che ti pare. -

- Ma non avevi detto che dovevi lavor... -
- Ho cambiato idea. - concluse Brian uscendo e chiudendo la porta facendo un certo rumore.
- Sei... Un... - Non riusciva a trovare un insulto che riuscisse a farlo sfogare. Si lasciò cadere sul divano, guardando fisso il pavimento, tenendosi le mani in grembo.

La sua vita stava prendendo una bella piega, ma nella sua testa andava tutto male.
Che cazzo stava succedendo?!
Wolf arrivò accanto a lui, pronto a consolarlo con qualche fusa. Ethan lo accarezzò sprofondando tra i cuscini, lasciando vagare lo sguardo lungo il soffitto.
In quello stesso appartamento ci aveva vissuto Justin, che era innamorato di Brian. E Brian era innamorato di Justin.
Quindi lui, lì dentro, che parte si stava accingendo a fare?
Sempre più un casino.

 

 

.Continua.

 

 

 

 

 

 

Ringraziamo gentilmente tutte le donzelle che hanno messo questa storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, ve ne siamo molto riconoscenti!XD

Grazie anche a chi commenta, a chi legge, a chi si ricorda sempre di noi!U_U

Un bacio, alla prossima!

   
 
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