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Autore: Gloom    15/03/2011    4 recensioni
"Poi, non sapeva perché, un giorno era successo: qualcosa dentro di lei si era rivoltato, e di conseguenza aveva rivoltato anche lei.
Si era sentita improvvisamente cosciente del sangue che le scorreva nelle vene, del suo cervello che elaborava pensieri, della lingua con cui parlava, degli avi e degli antenati che le avevano conferito cotanta bellezza".
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una ragazza si fece avanti, timorosa.
C'era confusione lì, ma lei -pur non volendo- spiccava per la sua bellezza: non c'era nessun altro che avesse i suoi tratti. Era talmente bella che molti le si avvicinavano per ammirarla, anche se lei sembrava non rendersene conto. Non si curava di mettere particolarmente in risalto gli occhi, o di salvaguardare il candore della sua pelle o la lucentezza dei suoi lunghi capelli. Non badava a vestirsi in modo da enfatizzare i dettagli, eppure quelli saltavano fuori, fieri e orgogliosi, come se non potessero fare a meno di affascinare tutti coloro che passavano.
Non era così apposta; tutto quello che la rendeva bella lo doveva ai geni che le erano stati trasmessi dai suoi genitori, dai suoi nonni, dai suoi bisnonni, fino a risalire ai suoi avi e ai suoi antenati. Era stato un aggiungere continuo, fino ad arrivare allo spettacolare risultato che era.
I vecchi glie lo dicevano, di curarsi di più, e anche gli amici; quelli che non glie lo dicevano, si limitavano a guardarla da lontano e, tra loro, a sfotterla per la sua ingenuità.
 Ok, ultimamente aveva avuto qualche problema. Non era brava a gestire tutto, e ultimamente aveva avuto un po' troppi ragazzi attorno. Troppi, per un'ingenuotta come lei. . . ora era al centro dei pettegolezzi, maligni ed imbarazzanti. Gli amici attorno a lei la deridevano, e più lei cercava di recuperare il salvabile, più si infossava. Spesso si riprometteva di smetterla, ma ogni volta sentiva sempre più sua quella particolare inclinazione che le guadagnava le sghignazzate e le prese in giro degli altri, come se fosse una buffona o un giullare.
 Un tempo, non era così: tanto tempo prima, quando la sua bellezza stava appena venendo fuori, era una leader.

Per un periodo era talmente potente che tutti facevano capo a lei, si sentiva invincibile. Un tempo la sua gloria si estendeva da un mare all'altro.
Ma, certo, tanto tempo prima non conosceva neanche tutte le persone che pian piano si erano ritagliate anche loro un posto sulla scena. Le stesse persone che, vedendola così gonfia, un giorno riuscirono a farla crollare. Le persone che fino ad allora erano state sotto il suo giogo cominciarono a crearsi una loro identità e, insieme alle altre, la sfaldarono letteralmente: lei si ritrovò dilaniata, divisa, senza più nessun punto di riferimento.
Una parte di lei sapeva solo seguire chi le diceva una cosa, un'altra parte chi le diceva una cosa differente. Ormai non avevano più nessun rispetto per lei: la consideravano solo un'appendice.
 Aveva attraversato brutti momenti, certo. Si era chiusa in se stessa, ma in quel periodo si aggiunsero alcuni dettagli che le avrebbero conferito la sua futura e rinomata bellezza.
 Poi, la primavera. La rinascita. Una mattina si era svegliata, e d'improvviso aveva scoperto che il mondo poteva essere bello. Che, se pure dilaniata da dentro, avrebbe potuto riscattarsi. . . lei era divisa, ma al suo interno i pensieri li formulava sempre in un'unica lingua.

Fu in quel momento che si abbellì più che mai: sembrava sempre più un'opera d'arte. Sempre contesa, ovviamente; pochi avevano cercato di difenderla. Ma lei rimaneva la solita, dalle solite caratteristiche: con la scissione nel DNA e l'orgoglio sotto le scarpe.
Tuttavia, mentre lei diventava sempre più bella, le altre persone attorno a lei andavano sempre più avanti. Guarda, era appena venuta su un'altra concorrente: avevano provato a fare un'appendice anche di lei, ma questa si era ribellata. Erano bastate tredici carte sulla tavola per mettere in chiaro chi comandasse.
 E lei invece le sue carte dove ce le aveva? Mentre le cercava, il tempo passava e lei diventava sempre più pericolosamente bella. 
 Poi, non sapeva perché, un giorno era successo: qualcosa dentro di lei si era rivoltato, e di conseguenza aveva rivoltato anche lei.
Si era sentita improvvisamente cosciente del sangue che le scorreva nelle vene, del suo cervello che elaborava pensieri, della lingua con cui parlava, degli avi e degli antenati che le avevano conferito cotanta bellezza. . . bellezza sua e di nessun altro.
 Pensò che da troppo tempo era dilaniata, spezzata, divisa, in un contrasto perenne. Pensò che lei era una, e una doveva restare: perché si sarebbe dovuta spartire tra tutte quelle persone? Loro non erano lei, non c'era niente in loro che avesse a che fare con lei.
 Sentì qualcosa ribellarsi dentro di lei, da capo a piedi; si sentì un cuore grande, infiammato da una passione che nessuno dei suoi padroni era mai riuscito a infonderle. Ricordò il suo passato glorioso, e si scoprì non disposta a farsi mettere di nuovo i piedi in testa.
 Ce la fece, dopo un difficile calvario.
 Ed ora, era tra tutta quella gente che però continuava a considerarla una buffona.

 Di fianco a lei, ultimamente una collega stava avendo parecchi problemi: si era imposta per troppo tempo un regime duro all'inverosimile per lei, ed ora stava facendo i conti con le sue ripercussioni.
 All'altro lato della stanza, ancora peggio: pochi giorni prima, un altro era caduto rovinosamente facendosi un male cane, ma era così grande ed influente che tutti temevano di poter essere investiti dal disastro che si stava portando dietro.
Anche lei aveva paura, ma tanto ancora non era riuscita a capire se osava spingersi ai livelli a cui si era spinto il ferito. E ce ne sarebbe voluto, per capirlo... Se c'era una cosa in cui non era mai cambiata, anche dopo tutto il calvario che aveva passato, era proprio in quella: non riusciva ancora a mettere d'accordo tutte le parti di se stessa. Era stata divisa per troppo tempo.
 Figuriamoci, aveva avuto parecchie perplessità anche sul festeggiare o meno il suo compleanno. . . eppure, era arrivata infine ad una soluzione. 
Con un po' di riserve -quelle sarebbero rimaste sempre, come sempre sarebbe rimasta la Fede che aveva dentro e a cui non sapeva ancora se affidarsi o meno-, ma ci era arrivata.
 Dopotutto, era un traguardo importante il suo: centocinquant'anni e sentirsene migliaia di più. Roba da lei.
 
La ragazza ghignò tra sé e sé quando le vennero in mente alcuni versi che una volta le aveva dedicato un poeta; li aveva scritti proprio per lei. Anche se non erano certo una lusinga, lei ci teneva perché rappresentavano un memento. Per il passato, per il presente, per il futuro.

 "Ahi serva Italia, di dolore ostello
nave sanza nocchiere in gran tempesta
non donna di provincie, ma bordello"

 
Sorrire al pensiero, mentre dentro di sé un coro le cantava buon compleanno intonando l'Inno che avevano scritto per lei.


Ok, se dovete riempirmi di patate questo è il momento giusto.
Ma questa storia dei centocinquant'anni del nostro Paese mi ha preso il cuore, forse perché questo è un anno importante anche per me. Perché, nel caso non si fosse capito (e se è così non tardate a patatarmi), la Lei di cui parlo è la nostra Lei: quella cosa che tutti chiamano Italia, spesso senza cognizione di causa.
 Mi piace il mio Paese; mi sento italiana in ogni fibra del mio corpo. Non vuol dire che me ne vanti (negli ultimi tempi non c'è molto di cui essere orgogliosi, ahinoi), ma che forse ritrovare un punto da cui partire è possibile.
 Siamo una bella nazione, gente. Lasciate da parte quei vecchiacci che si spacciano per politi, lasciate tutto il casino che stanno facendo all'interno e all'esterno: loro prima o poi se ne andranno (meglio prima che poi, lo dico anch'io!)
Ma considerate cosa rimane: tanti cervelli (all'estero, ma sono comunque nostri), tanti scrittori, tanti artisti.
 Lasciatemi sognare. . . anzi, già che ci siete, lasciatemi pure una piccola recensioncina
xD
 E . . . tanti auguri, Italia.


  
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