QUALCHE MESE DOPO: I sommersi e i
salvati
Tutti i fatti che vi ho raccontato sono i ricordi più belli che ho dei giorni
passati alla Solar Blue. In un certo senso però ho anche odiato la Solar,
perché mi ha resa così felice e poi mi ha cacciata via, senza nemmeno darmi la
possibilità di scegliere, perché il mio anno era finito.
Al rientro dalle vacanze
rimaneva più o meno un mese di studio prima degli esami finali, e questo portò
una serie di situazioni drammatiche (Heath non era sicuro di passare gli esami,
né di avere il minimo sufficiente del punteggio per accedere alla finale),
situazioni di incongruenze e causate dallo stress, e
soprattutto pochissimo tempo libero per tutti noi. Quelli che Simmo chiamava i “vostri focosi bollori” si erano via via andati
spegnendo dato il carico di allenamento insopportabile e la situazione pian
piano si era fatta sempre più dura.
Alla fine erano arrivati gli
esami, e tutti (compreso Heath anche se con il minimo indispensabile del
punteggio e grazie ad una monetina) avevamo alla fine passato
anche quell’incombenza.
E dopo tanto attendere, tanto
faticare e impegnarsi era alla fine arrivato anche il
giorno più spaventoso e atteso di tutti i mesi passati insieme: la finale.
Ricordo poco di quel giorno,
so solo che l’ansia mi divorò e che durante tutto il giorno l’agitazione fece
da padrona.
La gara andò piuttosto bene,
e non solo per me, ma per tutti noi… E la sera che ci comunicarono i risultati
finali non sapevo proprio cosa aspettarmi.
Gli ultimi momenti prima
della premiazione furono terribili: sudavo freddo, avevo il cuore a mille, mi
venivano delle crisi mentali e non riuscivo a stare ferma.
Alla fine, con sollievo di
tutti, uno dei direttori della Solar salì sul palco per informare tutti dei
vincitori della Solar Blue di quell’anno.
Quando dissero
i loro nomi da una parte tirai un sospiro di sollievo pensando che comunque era
finalmente finita anche quell’esperienza, ma dall’altra sentì in un attimo
scorrere via speranze e sogni.
“I vincitori di quest’anno
della Solar Blue sono Fly Watson e Dean Edgly!” e così Simmo chiuse un altro
capitolo della mia vita, lo stesso che aveva aperto quando
mi aveva definitivamente chiamato per farmi firmare il contratto con la Solar,
solo un’anno prima.
Già quella sera stessa
sentivo che qualcosa stava per cambiare, che non sarebbe andato più tutto bene,
perché dopotutto ogni cosa a suo tempo terminava portandosi via ricordi ed
eventi, e anche questa volta non si faceva eccezione.
Una settimana dopo Edge partì per il circuito professionale, dove lo
aspettavano una serie di gare in competizioni con cui avrebbe dovuto “farsi le
ossa!” a detta di Simmo, ma che io sapevo essere un biglietto di sola andata
verso una carriera splendente e piena di fama, consensi e vittorie.
Il giorno che partì mi sentì
una vera e propria fallita. Lui era arrivato come un campione, con la fama di
chi ha già un futuro scritto, ancora prima di nascere. Io ero sempre stata lì,
in quel piccolo quartiere di Sidney, c’èro già da prima che lui arrivasse, e lì
sarei rimasta. Quell’ aereo
non era per me.
Ricordo che
piansi, che gli promisi che lo avrei chiamato, che non si sarebbe liberato di
me, e che ci saremmo rivisti presto.
Non sapevo che ci aspettava tutt’altro destino.
Lo lasciai salire su
quell’aereo, ma prima lo baciai e gli dissi che lo amavo, e che volevo vederlo
realizzato e pienamente protagonista del suo sogno di surfista professionista.
Non sapevo che quel giorno
sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto Edge ,
prima di molto molto tempo.
Gli eventi che seguirono
furono rapidi. Edge divenne il centro dell’attenzione dei
media. Riuscì a parlare con lui per i primi 3-4 mesi solo al telefono.
Era in giro per il mondo: Africa, Sud America, Hawaii, addirittura Europa.
Alla fine un giorno mi
rispose la sua coach personale, e fu il giorno
che il mondo per me cambiò per sempre.
“Pronto, Edge! Sono Bec!” dissi.
“Non sono il signor Dean.
Sono la sua personal coach, Sharon! E cercavo proprio di parlare con lei, se non sbaglio
lei è la signorina Rebecca, quella che chiama sempre
per distrarre Dean! Bene, le deve essere chiara una cosa: Edge non vuole più
sentirla, ne avere nulla a che fare con lei! Mi ha
detto di riferirle di no chiamare più questo numero,
anche perché fra un po’ sarà disattivato. Il signorino Dean non deve e non
vuole essere disturbato da nessuno, e ha deciso di mettere al primo posto di ogni cosa il surf, perciò non ha più tempo per lei. Non
lo cerchi più e vedrà che lui non sarà più distratto e avrà una magnifica
carriera! Non è questo che vuole?” disse la voce della donna che così
crudelmente mi tagliò fuori dalla vita dell’unico
ragazzo che io abbia mai amato.
“Ma lei ne
è sicura?” domandai tremante.
“Certo! Per quale motivo
secondo lei lui non risponde più alle sue chiamate, ne ai
messaggi e mi ha fatto rispondere adesso? Logico, è stufo di lei! Pensa che
ormai i vostri flirt da ragazzini siano acqua passata e che sia per lui che per
te sia ora di andare avanti! Mi dispiace, ma Dean deve concentrarsi sul surf!” sentenziò senza scrupoli.
“Allora grazie. Riferisca ala
signor Edge che questa sarà la mia ultima chiamata…
arrivederci” dissi, scossa e con voce rotta, e subito riattaccai.
Era definitivamente tutto
finito.
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Passarono da quella
telefonata quasi 5 mesi. Per il primi 2 rimasi in stato di shock chiedendomi
che cosa avessi fatti di male per meritarmi un simile dolore,
e alla fine decisi di andare avanti. Alleai per il primo mese una banda
di ragazzini rompiscatole e immaturi che erano il nuovo gruppo di Simmo alla
Solar, ma alla fine, 4 mesi dopo mi arrivò la risposta dall’ università
di biologia marina, per comunicarmi che mi avevano presa.
E quello non fù l’unico
evento lieto che mi risollevò man mano la vita.
Una sera Anna e Joe, entrambi
ancora felicemente innamorati, portarono me e il resto della famiglia ad un
ristorante, per comunicarci la più grande notizia che
si possa ricevere, e che ci rese felicissimi.
Anna viveva stabilmente a
Sidney, si era specializzata come istruttrice di Kite-surf, mentre Joe aveva
trovato impiego come vicedirettore di un negozio di articoli
da surf, e così erano andati a vivere insieme, in un piccolo appartamento non
lontano da quello mio e di mamma e papà.
Quella
sera, più felici e sorridenti che mai ci comunicarono la notizia: “Mamma, papà,
Bec, Ben, io e Anna abbiamo preso una decisione: vogliamo sposarci a Maggio
dell’anno prossimo”. Inizialmente
fummo tutti sorpresi da tanta ansia e da tutta quella fretta, ma la spiegazione
ci arrivò subito: “Sappiamo che sembra presto, e che forse è un po’ prematuro, ma Anna vuole vivere qui, io voglio averla sempre
affianco, e voglio che il nostro bambino nasca qui in Australia!” disse Joe
serio.
Rimanemmo stupiti! Joe stava
per diventare padre! Anna aspettava un bambino!
I miei ascoltarono i progetti
di Joe, le decisioni che avevano preso e anche quello che pensavano
i genitori di Anna. Erano entrambi maturi, e si amavano e così non ci furono
impedimenti.
Si sposarono in Germania, per
conoscere la famiglia di Anna, e per un desiderio su
personale. Mi piacque molto visitare l’Europa, e il clima che ci avvolse in
quei giorni era di festa e di felicità.
Alla fine tornammo a Sidney,
e piani piano tornammo alla vita di sempre. La pancia di Anna cresceva, e con la sua creatura anche la nostra
ansia ed emozione diventava sempre più grande.
Io inizia
l’università e così divisi la mia vita fra l’aiuto che potevo dare a mio
fratello e sua moglie, e lo studio. Certi giorni mi sentivo sola. Terribilmente
sola. Alti però mi rendevo conto di avere una vita piena, felice e con le
persone a me care affianco.
Alla fine arrivarono i
risultati dell’ecografia del 5 mesi di Anna, il desiderio segreto che solo a me Anna aveva
svelato era stato esaudito: aspettava una bambina!
Gli ultimi mesi sembravano
non passare più e giorno dopo giorno si faceva più dura fra lo studio e le cose
da fare, ma ero comunque felice: era in arrivo un
angioletto, all’università mi davo parecchio da fare e mi sentivo soddisfatta
dell’andamento delle cose, e da come dicevano i giornali la carriera del super
talentuoso Dean Edgly andava a gonfie vele.
Alla fine, dopo nove lunghi
mesi di attesa per Anna, Joe e per tutti noi,
finalmente arrivò da noi quel piccolo batuffolino bianco, che fu una gioia immensa.
“Ciao Nivose, ben arrivata,
la tua mamma e il tuo papà sono qui con te!” disse
Anna appena la vide.
E così arrivò la piccola
Nivose, un nome che le stava a pennello dato che era
nata mentre nevicava ed era bianca come la neve.
Due anni più tardi arrivò
anche il giorno della mia laurea, e con essa
finalmente l’inizio del mio lavoro come biologa marina, nella barriera
corallina.
Certo, avevo una nipotina
splendida, un bel lavoro, un sacco di persone che amavo attorno, e tanti
impegni che mi tenevano occupata, ma mi mancava sempre qualcosa. Qualcosa che
non poteva essere sostituito ne cambiato in nessun modo: volevo riavere Edge.
Tenei il ciondolo a forma di
cuore e spesso andai alla capannina di legno, dove anni prima si era
dichiarato, magari sperando di trovarlo lì per dirmi che mi amava ancora e che
non mi avrebbe lasciato mai più, ma ogni volta alla capannina c’èro solo io in
compagnia di qualche gabbiano, e c’èra sempre solo un mare di lacrime a
caratterizzare le mie visite sempre più saltuarie in quel luogo tanto bello
quanto inevitabilmente doloroso.
Un giorno ci andai, decisa ad
abbandonare al mare il ciondolo che tanto mi aveva tenuta legata a lui, e che
tanto spesso avevo guardato e stretto sperando in una qualche risposta o
consolazione.
Avevo tenuto quel ciondolo
anche durante il tempo in cui avevo avuto altre
relazioni, nel periodo dell’università e anche successivamente, e ognuna di
loro era lentamente naufragata. Il confronto con Edge era troppo forte, e ogni
uomo che frequentavo ne usciva sconfitto.
Il giorno che andai a gettare
definitivamente via quell’ultimo ricordo che mi teneva legata a lui, come se in
un certo senso qualcuno lo avesse saputo e voleva impedirlo, arrivò la
chiamata.
Lo ricordo
ancora bene: ero sugli scogli, ancora una volta guardavo il ciondolo e quello
che c’èra intagliato dentro: “Rebecca” e “Dean”.
Volevo gettare quel maledetto pendente fra le onde, così
finalmente avrei chiuso col passato, ma le mie braccia non avevano il coraggio
di farlo.
Squillò il telefono. Mi rimisi in fretta la collana al collo, e
afferrai il cellulare.
Il display diceva “Perry”. Era almeno dall’anno
prima che non la sentivo.
“Pronto?” dissi.
“Bec!! Sono Perry!” rispose.
“Tesoro! Come stai??” domandai, felice di
sentirla.
“Tutto bene!! Anzi
benissimo! Tu invece?” mi chiese.
“Bene, bene… al lavoro la solita noia, a casa
tutti bene, e Nivose sta diventando grande… al solito! Tu? A cosa devo al telefonata?” chiesi.
“Bhè, volevo che tu fossi la prima a
saperlo! Bec… oddio, che emozione! Ok…” disse elettrica.
“Ok Perry, respira! Respira e dimmi tutto!” feci io.
“Fiuuuu…. Ok, arriva il notizione: Bec, io e Matt ci sposiamo!!” disse tutto d’un fiato.
Rimasi accigliata! La mia migliore amica si sposava! Ma era una notizia meravigliosa! E
la sentivo così felice!
“Bec! Ti rendi conto!! Dimmi qualcosa!!!” disse lei.
“Perry! Questo è semplicemente magnifico!!
Io sono felicissima per voi due! Raccontami come te lo
ha chiesto, che ti ha detto! Dimmi tutto!” quasi stavo strillando.
Per Perry le mie domande furono quasi un
intervista: mi raccontò per filo e per segno di come Matt l’aveva
portata a cena su un lussuosissimo yatch, che avevano cenato insieme, e che
alla fine lui alla luce della luna le aveva fatto la proposta.
Rimasi intontita da tutto quel romanticismo, e da tutta la felicità di Perry. Alla fine del racconto le dissi
che era tutto fantastico, e che volevo essere la sue
testimone, se era d’accordo.
“Certo scema! Te lo avrei detto ora io!” disse,
allegra.
“Wow! Allora benissimo! E dimmi, a quando
è fissata la data?” domandai.
“Fra un mese e mezzo. Vogliamo fare in fretta, perché appena la
casa dove volevamo andare
convivere sarà pronta vorremmo andarci ad abitare, e sinceramente
sono convinta al 100% di questa decisione, quindi non voglio indugiare oltre.
Va bene per te no?” disse.
“Certo! Benissimo!” dissi, sapendo che ero libera per quel
periodo.
“Ti farò sapere di preciso la data! Appena la saprò anche io”
disse felice.
“Perry, scusami, ma chi è il testimone di Matt?” domandai
incuriosita.
“Eh eh… già il
testimone di Matt!” disse Perry cambiando voce.
“E poi scusa, chi ci sarà oltre me?”
domandai ancora più incuriosita.
“Emhhh… bhè, logico, Anna e Joe, Heath e
Fly, e poi Simmo, Jilly, Deb… emh, bhè, i miei nonni, i parenti, Edge…. E tane
altre persone…!” disse un po’ imbarazzata.
Ebbi un tuffo al cuore. Edge. Già, Edge.
“Bec, ci sei?” domandò.
“Ah, si, sono qui… tutto bene. E chi è il
testimone di Matt? Perché non me lo dici?” domandai
insistente.
“Bec… non te la prendere, non dipende da me ma da Matt, e lo sai
che lui non sta a farsi i problemi circa certe cose…
ha voluto a tutti i costi Edge come testimone, e lui ha accettato. Sarà anche
lui al matrimonio Bec” disse alla fine arresasi al
fatto di non poter nascondere le cose per quelle che erano.
“Va bene Perry, tranquilla và bene.
Scusami ma ora devo lasciarti perché la batteria del cellulare si sta per
scaricare e devo andare a casa che si sta facendo notte, e sono ancora sugli
scogli in spiaggia. Ci sentiamo presto però e cerca di farmi sapere la data appena
puoi così mi organizzo con il lavoro, e per il resto degli impegni!” dissi, scossa ma con voce ferma.
“Va bene tesoro, va bene! Allora, bhè, mi
ha fatto piacere risentirti, e spero che per te tutto ciò non sia un problema!”
disse seria.
“Stai tranquilla Perry, và tutto bene,
giuro, và tutto bene. Nulla rovinerà il tuo matrimonio, e io ci sarò perché
voglio vedere la mia migliore amica che si sposa, e nulla si fermerà!” dissi.
“Grazie Bec! Sapevo che avresti capito! Ti adoro!”
disse serena.
“Ma è logico tesoro! Fammi sapere al più
presto allora eh!” risposi.
“Certo certo. A prestissimo! Un bacione Bec!!
Ti voglio bene!”.
“ Anche io Perry. Aspetterò tue notizie.
Un bacio” e riattaccai.
Rimasi un po’ a fissare il cellulare,
riflettendo sulle parole di Perry, e alla fine lo infilai di fretta in
tasca.
Stava succedendo
tutto troppo in fretta. Stavo per rivedere Edge. Dopo quasi 5 anni dall’ultima
volta che l’avevo sentito, dall’ultima volta che gli
avevo detto che lo amavo… Sembrava un’eternità, e invece mi ritornò tutto in
mente troppo in fretta.
A
quanto pare quel
ciondolo aveva stretto un legame troppo forte tra noi due, impossibile da
spezzare. Respirai a fondo. Insomma le emozioni mi travolsero. Ero in balia dei
ricordi. Tirai fuori dalla mente ogni segreta
emozione, e ogni ricordo.
Non c’èrano più
ricordi sommersi, e ricordi salvati. C’èra solo il
fatto che lo avrei rivisto, e sapevo che per me sarebbe stata una prova dura,
ma che in qualche modo mi avrebbe aiutata a
dimenticare per sempre o a capire che era ora di dire basta ai ricordi
dell’adolescenza che ormai erano solo frammenti di una vita che non sarebbe
tornata più.
L’avrei rivisto e
affrontato: non era più tempo di piangersi addosso. Lui era un atleta famoso e
stimato. Io una donna in carriera e nel suo piccolo felice.
Saremmo
stati solo noi, anche
5 anni dopo. E quello che ci aspettava sarebbe stato
tutto da vedere. Ma se quella era la mia seconda
chance me la sarei giocata tutta fino alla fine.
Non ero più una
vinta e lui un vincitore, non era più un salvato e io una sommersa. Eravamo
solo noi due, e questa volta sarebbe stato diverso: avrei ripreso
definitivamente il mano il mio sogno oppure lo avrei
abbandonato per sempre.