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Autore: BitterSweetSymphony    15/03/2011    8 recensioni
Sarek e Amada. Il loro rapporto unico e complicato raccontato in due storie che si intrecciano in un continuo viaggio tra passato e presente, tra speranza e delusione, tra amore e dolore, verso un finale dal sapore agrodolce.
Terra, anno 2229
- Credo, signor Sarek, che lei stia sopravvalutando i suoi interlocutori. - Osservò Amanda, facendogli il verso. - Forse una disquisizione sulla teoria della relatività applicata ai concetti fondamentali della meccanica quantistica sarebbe più appropriata. -
- Sta forse facendo del sarcasmo? -
- Non mi permetterei mai, signor ambasciatore. - Rispose la donna, soffocando una risata.

Vulcano, data astrale 2473.1
Amanda sorrise comprensiva e gli sfiorò la guancia con la mano.
- Tu non sei tuo padre, Spock. -
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Amanda, Sarek, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni nuovo capitolo che riesco a postare è solo merito vostro, di voi che leggete, recensite e mi spronate a dare il meglio. Grazie.

Capitolo 3

Pianeta Vulcano, data astrale 2463.6
Amanda appoggiò la fronte al vetro della finestra e sospirò. Era già il tramonto e ancora non si vedevano arrivare.
- Non devi preoccuparti per loro. - Disse l’ambasciatore Sarek, avvicinandosi a lei ma non abbastanza da poterla toccare. - Nostro figlio conosce la zona alla perfezione e i suoi due amici non perfettamente in grado di sopravvivere in condizioni ben peggiori. -
- Non è per loro che sono preoccupata, Sarek. - Sussurrò la donna, senza voltarsi verso il marito.
- E allora cos’è che ti turba, moglie mia? -
Amanda si voltò e i suoi occhi lucidi incontrarono quelli scuri e imperturbabili del vulcaniano. Lo sguardo di lei era determinato, sicuro, rassegnato e il vulcaniano non riuscì a sostenerlo.
- É per noi che sono preoccupata. Non vedi cosa ci sta succedendo? - Sussurrò lei, avvicinandosi di un passo. Sarek inarcò un sopracciglio e la fissò senza capire.
Senza dire niente, la donna allungò la mano a sfiorare le dita del marito, poi si avvicinò a lui e gli posò un leggero bacio sulle labbra. Il vulcaniano non si mosse di un millimetro.
- Io ti amo, Sarek. - Sollevò la mano, ancora unita a quella di lui, e la portò all’altezza dei loro visi. - Riesci ancora a sentirlo? Perché io, da te, non sento più niente. Solo un grande,immenso e freddo nulla. -
- Il legame non è spezzato se è questo che intendi. Non riesci più a percepirlo? - Domandò.
Amanda separò violentemente le loro mani. - Sento ancora i tuoi pensieri, la tua stupida logica. Ma, oltre a quello, solo un freddo abisso. - La sua voce si abbassò fino a diventare un sussurrò. -Un tempo mi amavi, Sarek, e io lo sentivo. Ma ora non c’è più nulla. -
- L’amore è un sentimento illogico e irrazionale. - Commentò il marito, meccanicamente. Forse nemmeno si rese conto di quanto quella frase la ferisse.
Calde lacrime iniziarono a solcare il volto segnato dal tempo di Amanda. Risplendevano come rubini nella luce rossa del tramonto prima di scivolare oltre la linea del suo viso e sparire.
- Io ti ho amato e continuo ad amarti, ma non posso più continuare così. Non posso amare una statua. Non posso vivere con un computer. -
Fu in quel momento, mentre la guardava allontanarsi, il passo sicuro nonostante le lacrime che le rigavano il volto, fu allora che capì di averla persa. Forse per sempre. Si voltò verso la finestra, aspettando che il dolore lo assalisse, ma non arrivò nulla, solo il silenzio e la luce del sole che spariva oltre le colline. E tanto, tanto freddo.
Amanda aveva ragione: che razza di mostro era diventato?

Pianeta Terra, data terrestre: 27/10/2229.
Respira, Amanda. Si disse, spostando per la centesima volta il tovagliolo dal bicchiere al centro del piatto, per poi rimetterlo al suo posto iniziale. Non c’è ragione di essere nervosi, è solo una cena. Ripeté a se stessa, cercando di calmare un po’ i nervi.
La minestra era pronta, cotta al punto giusto, abbastanza scialba da risultare gradita ad un vulcaniano, ma anche abbastanza saporita da essere commestibile per un’umana; il piccolo appartamento era pulito come non mai e tutto era pronto, pulito, perfetto. Eppure Amanda continuava a ricontrollare ogni cosa più e più volte, tutta colpa di quel vulcaniano che sembrava giudicare ogni singola azione che compiva ed ogni singolo dettagli della sua vita con quella sua enigmatica alzata di sopracciglia.
Sarek di Vulcano, ambasciatore. Non riusciva ancora a capirlo completamente. All’inizio le era parso solo un vulcaniano noioso e pieno di sé, uguale a mille altri vulcaniani di cui aveva letto le riflessioni o che aveva conosciuto di sfuggita, devoto alla dea Logica e privo di ogni minimo fascino. Con il tempo, però, aveva visto in lui qualcosa di più, come una piccola scintilla che brillava in fondo ai suoi occhi: curiosità, voglia di conoscere e confrontarsi con esseri diversi, determinazione.
Fu in quel momento che suonò il campanello. Amanda si sistemò rapidamente un ciuffo ribelle dietro all’orecchio e corse ad aprire.
- Benvenuto, ambasciatore. -
Sarek inarcò un sopracciglio in un modo che fece accigliare immediatamente la donna, poi esaminò il piccolo bilocale con lo sguardo, soffermandosi talvolta su un quadro o un soprammobile.
- Interessante il modo in cui la sua casa è arredata. - Commentò, togliendosi il cappotto e consegnandolo alla padrona di casa. - Non riesco a intravedere nessuno schema, ma forse mi sta sfuggendo qualche elemento… - Aggiunse, Amanda sorrise, divertita.
- Temo, ambasciatore Sarek, che non riuscirà mai a trovare uno schema nell’arredamento di questa casa. L’unico criterio che ho seguito è stato il mio gusto personale. -
- Un criterio totalmente privo di logica. - Mormorò il vulcaniano tra se e se. Avrebbe dovuto aspettarsi una cosa del genere da una terrestre.

- Che ne pensa della Terra? - Domandò Amanda per interrompere il silenzio imbarazzante che si era creato a tavola. La minestra di Sarek giaceva praticamente intatta nel suo piatto e il vulcaniano stava osservando con estremo interesse i disegni sul suo bicchiere. Lentamente sollevò gli occhi e rispose:
- Mi affascina. Non riesco a spiegarmi come la vostra società riesca a progredire nonostante l’assurda e totale mancanza di logica, organizzazione e controllo. Guardi questo contenitore, - Aggiunse sollevando il bicchiere. - mi domando quante risorse siano andate sprecate per aggiungere questi decori assolutamente eccessivi ed inutili. -
- Lei vede la cosa da una prospettiva del tutto sbagliata. - Spiegò Amanda, sorridendo. - Dovrebbe considerare il perché quel bicchiere sia stato decorato in quel modo quando avrebbe svolto ugualmente la sua funzione anche senza disegni. -
Sarek aggrottò la fronte. - La prego, mi illumini lei. Perché? -
- Ma è ovvio. Perché così è più bello. -
- Dimenticavo che voi umani avete una vera ossessione per la bellezza. - Commentò. Il tono era neutro, ma si avvertiva nella sua voce una piccola nota di disapprovazione.
- Credevo che anche i vulcaniani apprezzassero la bellezza. -
- I vulcaniani apprezzano ciò che è utile e logico. - Replicò Sarek, risoluto. - Decorare con motivi floreali un contenitore per le bevande lo rende esteticamente più piacevole, ma non è di alcuna utilità. -
Amanda aggrottò le sopracciglia. - Come si può vivere un’intera vita senza bellezza? Senza provare un’emozione? -
- Come si possono sprecare la propria vita e le proprie potenzialità crogiolandosi in illusioni come la felicità o ostacolati da illogiche perturbazioni della mente come la tristezza? Lei, signorina Grayson, crede che io perda parte della bellezza della vita perché le emozioni non ostacolano le mie azioni o i miei pensieri, ma non riesce a capire che dal mio punto di vista è lei quella che non potrà mai sviluppare pienamente le sue potenzialità. -
Amanda lo fissò per un attimo, interdetta. Le ci volle qualche secondo per formulare una risposta.
- Io non credo che le emozioni siano un ostacolo. È in questo che io e lei siamo diversi, è in questo che le nostre culture si distinguono. Lei mi dice che sono intrappolata nelle mie emozioni, io le dico che lei bloccato dalla loro assenza. Forse non riuscirò mai a comprendere la fisica quantistica o i principi di funzionamento del motore a curvatura, ma lei non potrà mai apprezzare nessuna delle piccole cose di cui la vita è composta: sorrisi, amore, bellezza. Non potrà mai comprendere nemmeno la musica stessa, al di là della pura matematica che la compone, perché essa è pura emozione. -
Sarek la fissò con un misto di diffidenza e ammirazione. Quella donna era diversa da qualunque terrestre avesse mai incontrato. Non sembrava schiava di basse emozioni e istinti, sembrava che essi convivessero con lei e fossero i suoi più fidati amici. E poi c’era qualcosa nel modo in cui sorrideva, nel modo in cui i suoi occhi splendevano quando credeva in quello che sosteneva e le sue guance si coloravano di rosso che gli provocava una strana sensazione, come una stretta all’imboccatura dello stomaco.
Per un secondo sui due cadde il silenzio, ma non era il silenzio pesante dell’imbarazzo, era il silenzio leggero e carico di tensione di due predatori che si studiavano attentamente, che si fissavano negli occhi intensamente, cercando di comprendere a fondo l’avversario.
- Lei è venuto sulla Terra per conoscere e comprendere i terrestri, - Disse all’improvviso Amanda, solenne. - io, invece, vorrei comprendere meglio la cultura vulcaniana. - Aggiunse sorridendo. - Come vede i nostri interessi si trovano ad essere perfettamente complementari. -
- Sta suggerendo, signorina Grayson, che potremmo aiutarci a vicenda? -
- Credo sia la soluzione più logica. - Rispose la donna, scimmiottando il suo ospite.
- Per la prima volta, mi trovo a concordare con lei. - Aggiunse il vulcaniano. Il suo volto era impassibile, ma nei suoi profondi occhi scuri si riusciva a scorgere,appena accennata, l’ombra di un sorriso.

Pianeta Vulcano, data astrale 2464.4
Quella mattina fu il rumore di un piatto rotto a svegliare gli abitanti della villa ai margini di Shi Khar. Risuonò nella casa semi vuota come il rintocco di una campana, risalendo le scale deserte a malapena illuminate dai primi raggi del sole come un sinistro presagio.
Un piatto rotto.
Un singhiozzo.
Un piatto rotto.
Un urlo di donna.
Queste furono le prime cose che udì Spock quella mattina. Si svegliò di soprassalto e spalancò gli occhi. Troppo sconvolto per nascondere la sua paura. Alla fine era successo. Un parte di lui gli urlava di alzarsi e correre, correre più veloce che poteva per vedere cosa stesse succedendo, per impedire l’irreparabile, ma i suoi muscoli erano come paralizzati. Rimase seduto sul letto, in silenzio, ad ascoltare le urla.
- Basta! - Stava urlando sua madre. La voce era alterata e resa stridula dalla rabbia. Non l’aveva mai sentita urlare così.
- Amanda, tutto questo è illogico... - Sussurrava suo padre. Un altro piatto si infranse.
- Logica! Logica! Sempre e solo questa maledetta logica! -
- Amanda... - Si udì distintamente il rumore di uno schiaffo.
- Smettila! - Spock rabbrividì. Quel tono, disperato, arrabbiato, sconfitto non era mai uscito prima dalle labbra di Amanda.
- Smettila, - aveva ripetuto la donna, la voce bassa e minacciosa. - Io non riesco più ad andare avanti così, Sarek. A fingere di essere felice quando mi sento morire dentro. - Un singhiozzo. -Quando sento il tuo cuore indurirsi ogni giorno di più. -
Silenzio.
La porta di casa che si chiudeva.
Passi leggeri sulla sabbia.
Silenzio.
Spock si abbracciò le gambe come un bambino spaventato e chiuse gli occhi. Non doveva lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Lui era più forte. Lui era un Vulcaniano.

Bastarono pochi secondi al capitano per capire la ragione del comportamento di Spock. Pochi secondi, un piatto rotto e il tono di voce di Amanda. Subito uscì dalla stanza e corse verso le scale. Doveva assolutamente fare qualcosa, doveva fermare tutto questo.
Bones lo aspettava all’inizio delle scale. Lo conosceva troppo bene per non capire immediatamente quale sarebbe stata la sua reazione.
- Lasciami passare. - Lo pregò. Il medico scosse la testa. Era una cosa che non potevano risolvere loro due, dovevano solo restare in disparte e aspettare.
Il portone si chiuse e sulla villa cadde nuovamente il silenzio. Jim tentò nuovamente di scendere, ma il suo compagno la trattenne e mormorò una sola parola. - Spock. -  
- Dovremmo andare da lui. - Sussurrò il capitano. Non sapeva nemmeno lui se quella fosse una domanda o un’affermazione. Sapeva solo che pochi secondi dopo, lui e Bones aprivano la porta della stanza del vulcaniano.

Spock sentì la porta aprirsi lentamente e sollevò la testa, assumendo all’istante un espressione impassibile che però non riuscì a mascherare i suoi occhi lucidi. Sulla porta c’erano i suoi due migliori amici che sorridevano debolmente.  
Dopo quello che aveva fatto passare ai due, non riusciva a credere di vederli lì, fermi sulla porta della sua stanza, pronti a correre da lui come avevano sempre fatto.
Rimasero per qualche secondo immobili a fissarsi negli occhi, poi il capitano si avvicinò lentamente e si sedette sul letto accanto al suo primo ufficiale. Con un gesto delicato gli sfiorò l’avambraccio e gli sorrise. In piedi, appoggiato alla porta, McCoy li osservava, in silenzio. Solo dopo qualche secondo trovò la forza di avvicinarsi e sedersi dalla’altro lato del vulcaniano. Le loro spalle che si toccavano a malapena.
Spock desiderava ardentemente di poter rimanere in quella posizione per sempre, dimenticare il mondo esterno, i suoi problemi, tutto. Solo lui, Jim, Bones, i loro respiri e i loro battiti che si fondevo.
Si concesse qualche attimo per riacquistare il controllo, poi scese al piano di sotto, i suoi due compagni sempre al suo fianco.
In cucina, seduto accanto al tavolo, Sarek fissava i frammenti di ceramica che giacevano sul pavimento, il volto sembrava una maschera e il suo respiro era a malapena udibile. Di Amanda nessuna traccia.
- Padre… - Sussurrò Spock, quasi pregandolo.
Il vulcaniano sollevò la testa. Gli occhi due pozzi senza fondo, due piccoli buchi neri che non lasciavano uscire nemmeno un filo di luce.
- È andata. - Due parole, due semplici parole e il mondo di Spock, già in equilibrio precario, gli crollò addosso. Se non avesse avuto la mano di Jim sul braccio, sarebbe probabilmente crollato anche lui, ma si aggrappò a quel contatto con tutto se stesso e riuscì a non perdere il controllo.
- Dove? -
Sarek non rispose. Teneva in mano un piccolo aspiratore e aveva iniziato a fissarlo come se non ne avesse mai visto uno. Gentilmente, McCoy si avvicinò e glielo tolse dalle mani, iniziando a risucchiare i frammenti da terra.
Spock si avvicinò al padre e gli sfiorò leggermente la spalla. - Padre, dov’è andata? -

Amanda lanciò un’altra occhiata alla casa, poi strinse la valigia e iniziò a camminare. Camminava senza una vera meta, seguendo solo l’istinto. Camminava per non piangere, per fuggire il più lontano possibile da quella voce che aveva in testa.
Il Legame era ancora lì e lei sapeva perfettamente cosa stesse provando Sarek. Non voleva ascoltarlo, ma quel Legame era parte di lei, come un braccio o una gamba e l’avrebbe accompagnata tutta la vita se Sarek non avesse deciso di spezzarlo. Eppure quel sottile filo che la univa a lui non faceva che confermare la sua scelta: ogni minuto, ogni secondo, da quel piccolo spazio nella sua mente che aveva cessato di appartenerle il giorno in cui aveva accettato l’ambasciatore come marito, arrivava solo freddo. Non una goccia di dolore, non pentimento, rabbia, tristezza. Niente. Da mesi, ormai, aveva cessato di guardare dentro quel buco per paura di perdersi in un nulla arido e spoglio. Come aveva fatto il cuore di Sarek a seccarsi in quel modo? Come aveva potuto la sua mente, così curiosa e attiva, diventare sterile come il più freddo dei calcolatori?
Certo era stato un processo graduale, come un fiore che appassisce. E lei, Amanda, dov’era quando lui aveva più bisogno di lei? Perché non era riuscita a salvarlo? 
Dopo tanto camminare, Amanda si sedette sul ciglio della strada e pianse. Per se stessa, per Sarek, per Spock.

Note:
Io e la puntualità non siamo molto amici… Anche questa volta l’aggiornamento è arrivato in  ritardo.  Colpa dei ripensamenti dell’ultimo secondo, dei ritocchi finali, delle parti scritte e riscritte in mille modi diversi senza trovare mai quello giusto… Insomma colpa mia che sono perfezionista senza riuscire comunque ad essere perfetta.
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, non so proprio quando arriverà perché, in pratica, lo sto rifacendo da capo, cercando di fonderlo con il famoso seguito che ho in mente in cui quello che è successo in questo capitolo, più o meno, torna a posto.
Devo fare i conti con la mia incapacità di scrivere qualcosa che abbia un lieto fine e con un infinità di impegni (tra cui una gita di una settimana a Londra), quindi se non riesco a postarlo per domenica, l’aggiornamento arriverà alla fine della prossima settimana.

Concludo con una piccola riflessione su questo capitolo. Sembra quasi di avere davanti due Sarek diversi, lo so. Per come la vedo io il Sarek del presente non è un mostro e non è nemmeno un’altra persona rispetto al se stesso del passato, semplicemente in lui si è spenta quella luce che Amanda aveva visto, come spesso capita per molti motivi. Gli amori nascono e, a volte, forse fin troppo spesso, muoiono e non sempre c’è una ragione.
Però, a volte, i fuochi che sembrano spenti stanno in realtà nascosti sotto la cenere, in attesa che qualcuno riesca a risvegliare la fiamma.
  
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