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Autore: suni    16/03/2011    3 recensioni
Caroline sorrise con malizia.
“Ritrovato un pezzo?” ripeté scherzosa. “Tutto qui? Niente scosse allo stomaco, cuore in gola e mani sudate? Nemmeno un minuscolo brivido?” la schernì affettuosamente, ilare, prima di ridacchiare per poi porgerle la tazza di caffè ormai pronta.
Ma Elena non rispose.
Caroline si era aspettata che sbuffasse esasperata, o che replicasse per le rime, o almeno ridesse un po' anche lei. Invece Elena si limitò ad afferrare il caffè fumante e tuffare gli occhi nella tazza, con calcolata noncuranza. Lei aggrottò la fronte con sospetto, incredula.
“Elena?” mormorò seria.
“Eh?” si riscosse lei, sollevando uno sguardo riluttante. “Che... No. Certo che no,” affermò scuotendo la testa, sbrigativa.

[Basilarmente, la solita vecchia storia del triangolo.]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Misericordia.
Chiedo scusa per questa scemenza, non ha proprio senso. Personalmente non sono una grande fan di questo pairing, ma diciamo che a un certo punto farci un pensiero diventa inevitabile. Perciò, ecco, beccatevela, con tante scuse per la melassa in eccesso.




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Punto a capo


Quando credi di essere arrivato alla fine, probabilmente devi solo guardare la riga sotto.


Prologo (Punto e basta)


Le migliori risposte sono quelle
che si trovano quando non le si cerca.



Elena non riusciva a capire come fosse possibile, una cosa del genere. Come da un punto cardinale si potesse trovarsi sbalzati all'opposto senza aver mai mosso un solo passo in quella direzione. Avrebbe potuto passare anche l'eternità ad interrogarsi senza raccapezzarsi, cercando di spiegare quale fosse stata la traiettoria, tentando di tracciare a ritroso il logico percorso di cause ed effetti concatenati che doveva essere sotteso al tutto. Perché doveva esserci, per forza, un percorso spiegabile, una linea razionale e identificabile che potesse motivare la volatilità dei sentimenti più forti e sinceri.
Ma questo, anche questo fa parte dell'essere umani. Un giorno pensare di amare una persona così tanto da immaginare di poter trascorrere soli con lei tutto il tempo del mondo, ogni minuto, ogni secondo. Pensarlo per tanti giorni, settimane, mesi, con tutto il proprio essere. Poi, un altro giorno, d'improvviso, quella cieca sicurezza si infrange, la realtà penetra nella sua ineffabile delicatezza e la sgretola, smantellando l'illusione perfetta dell'amore. Succede semplicemente, senza una vera ragione, che guardando altri occhi si risenta quella stessa, sublime follia, trasferendola su un nuovo oggetto.
Qualche volta accade nella stessa maniera in cui cominciano i temporali, il tempo del un battito di ciglia in cui risuona il tuono e si scatena la pioggia, senza la minima avvisaglia, specchiandosi nel sorriso di un estraneo. Altre volte, invece, è una corrente che sgorga sottopelle, una sorgente infinitesimale e appena frusciante di comprensione ed empatia, che si allarga nelle vene in un rigagnolo sciabordante di sintonia, nel ruscello chiassoso dell'amicizia, nei fiumi sicuri della fiducia, in quelli ampi dell'attaccamento e della stima e poi sfocia nel mare aperto della passione. Lentamente si allarga, un po' alla volta, una goccia dietro l'altra con il passare dei giorni, delle settimane, delle ore condivise, senza che se ne avverta lo scorrere finché ormai non si è lì sulla foce, a fissare l'orizzonte domandandosi come ci si è arrivati, così lontani dal luogo della partenza.
Per lei quel luogo era Stefan. Il punto fermo e inespugnabile nella marea di virgole e interrogativi dell'esistenza, la domanda che era già risposta, la certezza luminosa e roccaforte di felicità. Di Stefan, Elena si era innamorata quasi all'istante. Era stato tutto così giusto e così semplice, nonostante tutti gli ostacoli che si erano frapposti a loro, da convincerla che fosse perfetto. Lo era, ogni giorno, nel modo in cui riuscivano ad avvicinarsi l'uno all'altro con una sconcertante facilità, come se si fossero conosciuti da sempre. Non erano serviti a niente né le mattane sanguinose di Damon, né, la perfidia sottile di Katherine, né i maneggi di John, le angosce di Jenna, nessuna strega e nessun Originale erano bastati a dividerli. Nemmeno Klaus aveva potuto assolutamente nulla per strappare la bella al vampiro, o viceversa.
Quando anche lui era diventato un ostacolo alle loro spalle, quando anche l'Originale più temibile era stato sconfitto contrariamente ad ogni ragionevole pronostico, provocando occasionalmente – con un certo sollievo di lei – la dipartita non troppo prematura di Katherine Pierce, quella era la stata la conferma definitiva, per Elena, che lei e Stefan fossero fatti l'uno per l'altra, e che sarebbe stato sempre così.
A quel punto la loro esistenza aveva potuto ritornare a dipanarsi dentro argini rassicuranti. Le loro vite erano ritornate normali, per quanto potessero avere a che fare con quell'aggettivo, e si erano potuti amare in pace senza più timore di aggressioni, di misteriosi nemici appostati nell'oscurità o di segreti pericolosi. Soltanto due studenti che camminavano mano nella mano, soltanto sospiri, fremiti e sussulti nella penombra della camera da letto, e risate, abbracci, carezze. Stefan ed Elena. Elena e Stefan. Il punto e basta. Magnifico, definitivo.
Insieme alla loro, anche le vite dei loro amici si erano appianate nella serenità. Quella di Bonnie e quella di Jeremy, quella di Caroline e di Matt, quelle di Jenna e Alaric – che ormai era diventato una sorta quarto inquilino fisso di casa Gilbert. John aveva lasciato Mystic Falls senza troppo disturbare, per una volta, come se persino lui avesse intuito che lì non c'era più posto nemmeno per le sue macchinazioni e le sue mezze bugie. Elena l'aveva guardato andare via senza dispiacere, ma anche senza gioia, combattuta tra i sentimenti divergenti che le arrecava quel padre non padre. Ne era stata relativamente toccata, perché comunque ciò che contava era Stefan.
L'altra partenza, invece, era stata un po' più traumatica ma altrettanto inevitabile, a conti fatti.
Damon aveva sceso le scale di camera sua in un tramonto tiepido di mezza estate, con una sola valigia in mano – come la prima volta che se n'era andato pensando di non fare ritorno, più di un secolo e mezzo prima. Li aveva raggiunti davanti al divano, su cui erano stravaccati l'uno nelle braccia dell'altro, mai sazi di loro, e aveva annunciato le proprie intenzioni senza interessarsi dei loro volti sbalorditi.
Non c'è più nessun pericolo qui. Non avete bisogno di me, e io mi annoierei sicuramente. Sapete, adesso che ho messo alla prova le mie capacità voglio andare a fare il supereroe da qualche altra parte. Salvare fanciulle dai draghi, spegnere indomabili incendi e questo genere di cose,” aveva detto col suo sorriso beffardo e la sua posa noncurante. “E poi non ci sono abbastanza donne a Mystic Falls.”
Sorrideva, ma Stefan non aveva sorriso. Lo aveva solo osservato intensamente, e le labbra di Damon erano rimaste arcuate, magistralmente, in quell'allegria artificiosa e convincente, di cui non si capiva mai quanta percentuale fosse sincera – forse tutta, forse nessuna.
Elena non aveva voluto capire. Non poteva capire, anche se in realtà sapeva, che l'unica vera ragione della sua partenza era lei. Lo aveva abbracciato sulla porta, e si era sentita strappare via un pezzo di corpo nel momento esatto in cui lui aveva fatto un passo indietro, verso il crepuscolo. La prima volta che l'aveva visto, l'aveva detestato. Poi si era creata una catena di intesa reciproca tra di loro, poi l'aveva odiato di nuovo e poi era diventata sua amica, e dopo ancora si erano incastrati l'uno della vita dell'altro in maniera obliqua ma radicata. Era difficile l'idea di perderlo, più difficile di quanto si sarebbe aspettata. Sarebbe stato semplice dirgli di rimanere, ma anche troppo egoista. Elena l'aveva lasciato andare pensando che fosse meglio per tutti, che c'era un ruolo per ciascuno e andava rispettato.
Tieni d'occhio mio fratello,” le aveva detto Damon, con uno sbuffo, “che non mi torni a fare il Prozac boy.”
Elena aveva riso forzatamente, la mano poggiata sullo stipite della porta.
E tu non ricominciare con la mania del pulp e degli spargimenti di sangue,” lo aveva rimbeccato con lo stesso tono che si voleva lieve.
Damon aveva annuito.
Sii felice, Elena. Subito, prima che succede di nuovo qualche tragedia.”
Lei aveva sorriso di nuovo della sua aria esasperata, poi Damon si era voltato.
E con la scomparsa dell'ultima nota stonata, era cominciato l'anno più perfetto del mondo, quello che avevano aspettato, quello che Elena pensava meritassero fin da quando si erano incontrati per la prima volta. Così colmi l'uno dell'altro, e completi, da non sentire nemmeno nostalgia. Di niente. Erano solo felici.


Quando Damon tornò, alla fine di marzo, iniziava a malapena la primavera. Lei e Stefan avevano passato il pomeriggio a letto, nella vecchia casa dei Salvatore, e stavano scendendo per prepararsi cena. Erano arrivati quasi in fondo alle scale e si stavano facendo il solletico, abbracciati tra una spinta e un bacio, quando aprì la porta sulla propria figura asciutta, i capelli appena un filo più lunghi, la solita valigia ed il solito sorriso sornione.
Salve. Vi sono mancato?” salutò ironico, senza calcolare il loro stupore immobile.
Elena socchiuse le labbra e lo guardò in faccia, dritto negli occhi, azzurri e sconfinati, e lì c'erano la foce, l'orizzonte, il mare. Le gambe le diventarono leggere e il respiro inconsistente nella sua gola, mentre il suo punto e basta diventava un punto a capo.
   
 
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