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Autore: Cicciolgeiri    16/03/2011    3 recensioni
Dimenticate tutto ciò che sapete sul mondo degli dei dell'Olimpo e calatevi nei panni di Steve Johnson, il figlio del divino Zeus, e di quelli dei suoi amici Grover Underwood, Silfide Black ed Annabeth Chase.
Ade, dopo millenni di umiliazioni e soprusi, decide di vendicarsi degli Dei dell'Olimpo attuando un terribile piano di distruzione insieme ad Eris, dea della discordia: rapire e sacrificare tutte le divinità per aumentare il suo potere.
In un mondo in cui nulla è come sembra, ce la faranno i nostri amici a salvare il mondo dalla furia di Ade?
Ma soprattutto, Steve riuscirà a capire di chi potersi fidare veramente?
Nuove avventure, antichi nemici ed impavidi eroi si intrecciano in una disperata lotta contro il tempo per la salvezza del mondo ... e dell'Olimpo.
(...)- Volete spiegarmi cosa sta succedendo? - sbottai io. Odiavo sentirmi escluso. - Che cosa sarebbero questi calzari nella foresta? -
-
Altari, babbuino! - esclamò Silfide, - sono dei templi eretti nel bosco per i nostri genitori. Una volta ogni tanto tutti noi dobbiamo farci una scampagnata nella foresta per rendere loro grazie - simulò un conato di vomito. - Sai che noia … ecco perché mi porto le tenaglie! - aggiunse perfidamente, ritrovando subito il buon umore.
- Non puoi farlo - disse Grover serio. - Hermes e gli altri dei si arrabbierebbero come ippopotami con l’ernia, lo sai -.
Lei fece schioccare la lingua con strafottenza. - Tzé, sai quanto me ne importa! - ribatté.
Io chiesi: - Cosa vuoi farci, con delle tenaglie? -
- Sopra ogni altare c’è la statua della divinità a cui è stato dedicato - spiegò Silfide. - La statua di Hermes è senza mutande, quindi ha praticamente i gioielli esposti a qualunque tipo di intemperie - ammiccò furbescamente, - e di tenaglie -.
Io la guardai stralunato.
- Mi stai dicendo che vuoi castrare la statua di tuo padre? - dissi.
Lei sghignazzò.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Dopo avere avuto quella strana visione su Ade ed Eris, le mie emozioni al riguardo avevano incominciato ad essere contrastanti: se da una parte avrei voluto vedere che cosa quei due stavano pianificando (e ringraziavo la Pay Tv Olimpica che avevo in testa di avermi fatto assistere ai loro malvagi piani di conquista in diretta satellitare), dall’altra avevo paura di andare a dormire e temevo sempre che potesse succedere qualcosa di brutto.
Sapevo che la visione era stata causata dal fatto che avevo estirpato le erbacce dall’altare di quello psicopatico di mio zio, eppure nel mio petto si era annidata una sgradevole sensazione di precarietà che  proprio non voleva andar via. Era come avere tutti i sensi costantemente all’erta, temendo che un nemico sconosciuto e invisibile potesse sbucare fuori dal nulla da un momento all’altro e fare chissà cosa.
Inoltre, le parole che Chirone aveva pronunciato prima di andare via, continuavano a rimbombarmi nelle orecchie come un’eco fastidiosa: ai ragazzi che vi faranno alcun genere di domanda … voi non dite nulla. Non rispondete. Scappate via a gambe levate, piuttosto di lasciarvi sfuggire qualsiasi cosa riguardo a questa faccenda.
Come sempre, quel centauro liquidava tutto troppo alla svelta.
Mantenere il segreto con Annabeth e Silfide fu un vero incubo, perché le ragazze avevano il brutto vizio di lanciarsi in lunghe congetture su che cosa stesse davvero facendo Chirone sull’Olimpo (visto che, più i giorni passavano, più quella scusa diventava flebile) e chiedevano a noi opinioni sull’argomento, suscitando in me e Grover i bisogni più disparati: tra i quali l’impellente necessità di allenarsi nel tiro con l’arco o di scappare al bagno.
<< Secondo voi che cosa starà tramando davvero, quel ronzino? >> chiese per l’ennesima volta Silfide, un lunedì, all’ora di pranzo.
Io, Grover, lei ed Annabeth avevamo preso l’abitudine di sederci tutti quanti al tavolo di Zeus (<< Per non farti stare da solo >> mi aveva detto bruscamente quest’ultima la prima volta che aveva deciso di prendere posto accanto a me, facendomi strozzare con le mie patatine fritte) e, a quelle parole, a Grover andò di traverso la lattina di Diet Coke che stava sgranocchiando.
Io fui costretto a dargli una poderosa manata fra le scapole per non farcelo rimanere secco, altrimenti penso che, se fosse schiattato, qualcuno avrebbe notato che aveva qualcosa da nascondere.
<< Eh? >> riuscì a dire dopo che ebbe ripreso fiato. << Ma la vuoi smettere con questa storia? Insomma, affari suoi, no? >>
Gli assestai un calcio ad una zampa da sotto al tavolo, per fargli capire di abbassare i toni.
Silfide si accigliò.
<< Be’, scusa tanto >> mormorò, << capra >> aggiunse in un sibilo ben udibile.
Grover le fece la linguaccia.
<< Silfide ha ragione >> disse Annabeth servendosi un’altra porzione di roastbeef. << Ormai è da giorni che Chirone manca. Sono convinta che ci sia sotto qualcosa >>.
<< Già, ma cosa? >> chiese Silfide, addentando famelicamente una cotoletta. << Tu che ne dici, Steve? >>
<< Mhh? >> mugugnai io, facendo finta di non aver prestato attenzione al discorso. << Come, scusa? >>
Annabeth e Silfide si scambiarono uno sguardo da femmine (uno di quelli che, anche se non capisci cosa vuol dire, riesce comunque a farti venire i brividi), poi la figlia di Hermes sbuffò irritata.
<< Ma si può sapere che vi prende a voi due? >> sbottò, brandendo minacciosamente la forchetta all’indirizzo mio e di Grover. << Ogni volta che nominiamo Chirone, voi fate gli scemi! >>
Io e il mio amico satiro ci scambiammo uno sguardo da maschi (uno di quelli che vorresti fosse furtivo e misterioso, carico di significati reconditi … ma che ti riesce solo tipo la faccia di un pesce lesso) e poi iniziammo a farfugliare frasi sconclusionate.
<< Cioè, noi … >>
<< Io, non … >>
<< Voglio dire, non è che … >>
<< Be’, ecco … >>
Silfide alzò un sopracciglio con aria di disgustata sufficienza; Annabeth increspò le labbra in maniera alquanto aggressiva.
<< Dobbiamo andare ad allenarci a scherma! >> farfugliò Grover in fretta e furia, alzandosi velocemente.
<< Eh, già! Dobbiamo proprio! >> rincarai io, impacciato, imitandolo immediatamente.
E ci precipitammo lontano dal padiglione della mensa, lui al galoppo, io al trotto.
Quando raggiungemmo l’Armeria, Grover emise un acuto fischio di sollievo e si asciugò il sudore dalla fronte.
<< Wow >> ansimò, << c’è mancato poco >>.
<< E’ vero >> dissi io, combattendo contro il fiatone, << ma dobbiamo smetterla di sembrare così sospetti, o capiranno che abbiamo qualcosa da nascondere! >>
Grover mi fissò ed inarcò le sopracciglia. << Tzè! >> esclamò amaramente. << Pensi davvero che non l’abbiano capito? >> mi chiese. << Quelle sapevano che avevamo qualcosa da nascondere, ancora prima che ce ne accorgessimo noi, fidati! >> si picchiettò l’indice su una tempia con gli occhi sgranati ed un’aria vagamente folle. << Loro sanno tutto >>.
Rabbrividii.
Poi, dato che avevo regalato il mio gladio a Zeus, decisi che era arrivato il momento di trovarmi un’altra spada.
Grover mi aiutò a cercarne una adatta e, alla fine, scelse per me un’arma lunga e arcuata, con l’impugnatura fatta d’osso.
<< E’ una Makhaira, una spada greca ad un solo taglio ricurvo >> spiegò porgendomela. << E’ fatta apposta per i mancini, dovrebbe piacerti >> mi strizzò l’occhio.
Io me la passai velocemente da una mano all’altra, poi la feci roteare svelto davanti a me; la lama ad artiglio sferzò l’aria con un sibilo serpentino.
<< Forte >> conclusi soddisfatto, appendendomela alla cintola. Poi mi rivolsi a Grover: << Che ne dici se ci alleniamo per davvero? >>
Lui annuì allegramente.
<< Ok >> rispose, << è da secoli che non mi sgranchisco! >>
Ed insieme ci avviammo fuori dall’Armeria, giù nell’arena.
Incredibile, ma vero: Annabeth e Silfide stavano lì ad aspettarci con aria severa, impugnando le loro spade.
<< Se vi battiamo, ci dite cosa sta succedendo >> esclamò Silfide non appena fummo abbastanza vicini, << quanto ci scommetti che ti faccio a pezzi, Capretta? >> fece l’occhiolino a Grover e lui si lasciò sfuggire un belato poco dignitoso.
<< No >> dissi io, deciso.
<< Questo vuol dire che sai cosa sta succedendo, Steve >> constatò Annabeth freddamente.
Io sospirai, giocherellando con l’elsa nodosa della mia nuova Makhaira: avrei tanto voluto dire loro tutto quanto. Non ero mai stato uno molto incline ai segreti, se capite cosa intendo. Ma, ovviamente, essendo il figlio del mitologico dio Zeus, erano qualcosa con cui avevo dovuto per forza imparare a convivere.
Ero combattuto. Da una parte pensavo: perché non dovrei rivelare una cosa del genere alle mie migliori amiche? Cioè: alla mia migliore amica e alla ragazza per cui avevo una cotta tremenda.
Insomma, che cosa poteva esserci di male?
Poi, però, l’altra parte di me (quella che parlava come Chirone) mi diceva: è per il loro bene. E’ una cosa troppo grande per rivelarla, neanche tu avresti dovuto saperla. Se Annabeth e Silfide ne entrassero a conoscenza sarebbero in pericolo almeno quanto te.
E anche la mia parte da centauro responsabile aveva ragione, perciò non sapevo proprio cosa fare.
Scambiai un’occhiata con Grover, che sembrava indeciso sul da farsi almeno quanto me.
<< Allora, ci state? >> ripeté Silfide, giostrandosi abilmente con la sua spada e facendosela ruotare sopra la testa e dietro la schiena, passandosela da una mano all’altra. << O avete troppa paura? >>
Mentre noi stavamo lì impalati in mezzo all’arena, sugli spalti si era incominciata a raccogliere gente: al Campo ogni occasione era buona per malmenarsi e non c’era niente di meglio che assistere ad un bel duello sanguinoso, per rilassarsi dopo pranzo e passare un po’ il tempo.
Io non risposi, ma poggiai una mano sull’elsa della mia spada, pronto a sfoderarla.
<< Il figlio di Zeus >> urlò Annabeth rivolta ai ragazzi sugli spalti, << si rifiuta di duellare! >>
Dalla folla si levarono cori di parolacce e di “buuuuuuh”.
Annabeth si girò verso di me, e chiese a bassa voce: << Vuoi fare la figura del coniglio? >>
So che è da matti, ma … era terribilmente carina persino quando mi metteva con le spalle al muro con qualche sordido trucco da stratega figlia d’Atena.
Mi lasciai sfuggire un sorriso.
<< Mai >> risposi.
Lei parve soddisfatta e ricambiò in un modo che mi fece aggrovigliare lo stomaco, quasi avessi ingoiato una biscia.
<< Bene >> disse, sempre tenendo un tono di voce abbastanza basso, perché solo noi potessimo udirla, << se vi battiamo, voi ci direte che cos’è andato a fare Chirone in realtà e soprattutto perché diavolo voi lo sapete >> ci fulminò con uno gelido sguardo grigio che avrebbe fatto arrossire un iceberg.
<< Dovrete spiattellare tutto, insomma >> rincarò Silfide gongolando, << perciò preparatevi a cantare come gallinelle, perché vi spenneremo >>.
<< Non ne sarei così sicura, se fossi in te, Silf >> ribatté Grover, improvvisamente molto agguerrito, sfoderando la sua spada con un rumore metallico. << Ok >> sentenziò poi, << io contro PiediPiumati Black; tu, Steve, contro Annabeth. E che vincano i migliori >>.
<< Lo faremo >> sibilò Silfide, ammiccando maliziosamente, e puntò la spada dritta davanti a sé, verso il satiro.
Io e Annabeth ci scambiammo uno sguardo a metà tra il divertito e il bellicoso, dopodiché anche noi ci puntammo le armi addosso.
Un brivido di eccitazione pre-duello mi corse giù lungo la spina dorsale; la Folgore, che tenevo gelosamente custodita nella tasca anteriore dei miei jeans, emise un suono gorgogliante simile ad un ruggito d’avvertimento.
E poi partimmo.
Fu Annabeth a colpire per prima, avventandosi su di me facendo mulinare la spada ad un soffio dal mio naso. Io la schivai appena in tempo, balzando indietro, poi parai una sua stoccata e le nostre lame si incrociarono sotto la luce del sole, producendo un riflesso abbagliante.
Accanto a noi, Silfide stava bersagliando di colpi Grover, attaccandolo con una serie di stoccate e affondi dai lati; era talmente svelta che Grover doveva indietreggiare per riuscire a pararli tutti, oppure contorcersi come uno che balla la danza del ventre, mentre lei rimaneva dritta al suo posto, roteando la spada alla velocità della luce.
Annabeth fece una mezza piroetta su sé stessa, facendo mulinare i lunghi capelli castani, e mi attaccò lateralmente colpendomi ad un braccio.
Grugnendo dal dolore, mi spostai appena in tempo per schivare un altro poderoso colpo, poi tentai un affondo che lei riuscì a deviare, ma che andò comunque a segno, ferendola lievemente ad una spalla.
<< Sei migliorato dall’ultima volta >> mi urlò Annabeth, mentre fraseggiavamo con le lame a ritmo serrato, producendo un continuo clangore metallico.
<< Tu invece sei ancora troppo brava! >> esclamai, parando un suo colpo.
Il piatto della sua spada cozzò contro la parte ricurva della mia Makhaira ed io ne approfittai per cercare di disarmarla, facendo scorrere il filo della lama della mia arma fino all’elsa della sua (generando lo stesso insopportabile rumore delle unghie sulla lavagna) e torcendo repentinamente il polso.
Annabeth non mollò la sua spada, ma per non farsela sfuggire di mano fu costretta a ruotare su sé stessa e mi finì tra le braccia, la sua schiena contro il mio petto. Fui investito dal profumo dei suoi capelli e, completamente rincitrullito, persi secondi preziosi: esattamente gli istanti che le bastarono per assestarmi una sonora gomitata alla bocca dello stomaco e farmi barcollare all’indietro, il respiro mozzato.
Mi puntò di nuovo la spada alla gola, più agguerrita che mai.
Io la deviai con un colpo della mia arma e riprendemmo a duellare eseguendo una serie di parate e affondi a velocità vertiginosa: pareva impossibile persino a me che riuscissi a sostenere quel ritmo!
Ma, ogni volta che combattevo, era come se il mio corpo venisse invaso da una strana energia, una forza che prescindeva da me e che mi rendeva più abile.
Era mio padre.
Nel frattempo, Grover e Siflide si erano lanciati in una specie di balletto per schivare i rispettivi colpi e lei stava canticchiando come se niente fosse: “Telephone” di Lady Gaga. 
<< Sorry, I cannot hear you, I’m kinda busy. K-kinda busy, K-kinda busy. Sorry, I cannot hear you, I’m kinda busy>>.
<< Silfide, ma sei scema? >> le urlò Grover allargando le braccia sconcertato e smettendo di duellare per un attimo.
Lei scoppiò a ridere e gli assestò un calcio in pieno petto che lo mandò zampe all’aria; Grover cercò di rialzarsi, ma Silfide lo schiacciò a terra piazzandogli un piede sul collo. Il satiro emise un belato strozzato e menò un fendente alla cieca, ma Silfide lo deviò con un poderoso colpo di spada e lo disarmò, facendo volare lontana la sua arma.
Grover alzò le mani in segno di resa e lei si lanciò in un moonwalk sfrenato, suscitando il ruggito entusiasta della folla sugli spalti, e riprese a cantare:
<< Stop duellin’, stop duellin’, I don’t wanna hurt you anymore! I left my sword and my heart on the dance floor. Eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh… Stop duelin’ with me! Eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh… I’m busy! >>
Era uno spettacolo talmente sorprendente che anche io mi distrassi dal mio duello con Annabeth, col risultato che, senza neppure accorgermene, mi ritrovai steso nella polvere come Grover, senza spada e con la lama di Annabeth puntata ad un millimetro dalla fronte.
Fissai gli occhi grigi della figlia di Atena, ansimante e confuso. Mi aveva stracciato!
<< Non vale! >> urlò Grover, rimettendosi sugli zoccoli. << Lei mi ha distratto! >> additò Silfide con un indice accusatore.
Quella, per tutta risposta, fece schioccare le dita ad un soffio dal suo volto. << Perdente! >> sentenziò in modo molto teatrale; poi si voltò di scatto per ricevere gli applausi degli spettatori sulle gradinate e si premurò di sbattere la lunga coda di cavallo in faccia a Grover, che sputacchiò irritato.
Annabeth, invece, mi porse la mano e mi aiutò ad alzarmi.
<< Tutto ok? >> mi chiese divertita.
<< Adesso siamo due a uno >> le feci notare io un po’ impacciato.
<< Già >> acconsentì lei scrollando le spalle. << Ti rifarai la prossima volta, figlio di Zeus. Forse >> aggiunse, ammiccando lievemente.
Ridacchiai, dandole una lieve spinta.
Dopo che la folla ebbe finito di acclamare le vincitrici (e dopo che qualcuno ebbe urlato a squarciagola a Silfide di andare a fare i provini per America’s got talent), io e Grover fummo costretti a tenere fede alla nostra promessa; così, con la coda fra le gambe, (io metaforicamente, lui proprio nel vero senso della parola) ci dirigemmo all’alloggio di Silfide, che era il più vicino.
Le capanne dei figli di Hermes si trovavano al limitare del bosco; la più grande, al centro, doveva essere per forza quella di Luke, che era il capogruppo, mentre quella di Silfide era un po’ più isolata rispetto alle altre, in una posizione strategicamente discreta.
<< Tecnicamente io avrei dovuto dividere l’alloggio con qualcun altro >> ci spiegò mentre faceva strada, << ma Luke mi ha concesso un po’ più di privacy >> ammiccò furbescamente, << sapete, per la mia attività >>.
<< Molto carino da parte sua >> constatò Grover acidamente, senza nemmeno preoccuparsi di camuffare il suo tono sarcastico.
Lì per lì mi chiesi cosa Silfide intendesse con “attività”. Poi, quando aprì la porta della sua capanna e ci fece accomodare dentro, capii ciò che voleva dire.
Avete presente una sala giochi? Ecco, aggiungeteci un negozio di elettronica, uno di cd, un’armeria, qualche cassa di Coca-Cola accatastata sul pavimento ed otterrete l’alloggio di Silfide.
Rimasi di stucco, ma ovviamente fui l’unico, perché Grover ed Annabeth sapevano bene che Silfide gestisse il più importante nodo di smercio di tutto il Campo.
Mi guardai attorno affascinato, osservando il flipper anni Cinquanta che stava in un angolo, i dischi in vinile meticolosamente impilati sugli scaffali, i videogiochi sparatutto che avevo sempre sognato di possedere che sembravano invitarmi a giocare con loro dalla loro postazione nella vetrinetta da negozio …
<< Wow! >> commentai alla fine. << Questo posto è … fico >> non c’era altro modo per descriverlo.
Silfide scrollò le spalle con fare compiaciuto e accese un impianto HI FI di ultima generazione con un telecomando: le note di “Somebody to love” dei Queen riempirono la stanza.
<< Ma dove l’hai presa tutta questa roba? >> chiesi, prendendo in mano una barretta dietetica con delle scritte in Greco antico: Snack Olimpico, c’era stampato sopra, un morso e avrai le ali ai piedi.
Poi mi resi conto che la risposta era piuttosto ovvia.
<< In giro … >> rispose Silfide con un gesto vago della mano, stravaccandosi su una poltroncina gonfiabile. << Sai, Hermes non è solo il dio dei viaggi. E’ anche il protettore delle spie … e dei ladri >>. Poi prese da un tavolinetto lì accanto delle patatine e me le porse come se nulla fosse: << Vuoi? >>
<< Mi stai dicendo >>iniziai io spalancando gli occhi (mentre Grover si serviva a piene mani al posto mio), << che le hai rubate? Ogni cosa che c’è qua dentro >> allusi con i pollici a tutto ciò che ci circondava, << l’hai rubata? >>
Ero sconvolto.
Silfide sorrise sorniona e si strinse nelle spalle. << Rubate >> ripeté sprezzante. << Rubare è una parola grossa, non ti pare? Io direi piuttosto … prese in prestito all’insaputa del proprietario >>.
Grover, che stava giocando a lanciare in aria le patatine e a mangiarle al volo, scoppiò a ridere; Annabeth alzò gli occhi al cielo e a me mancò poco che mi cascassero le braccia.
<< Insomma, dai! >> sbottò Silfide notando la mia faccia. << Una ragazza dovrà pur arrabattarsi un po’, per campare! Io sfrutto solo le mie doti naturali >>.
<< … e con questo vuole dire che si diverte a derubare chiunque sia abbastanza sprovveduto da starle troppo vicino >> disse Annabeth con aria vagamente severa.
Silfide non trovò nulla da ribattere su quell’affermazione, invece mi indicò una sedia a forma di uovo e fece segno cha potevo accomodarmi.
<< Allora >> annunciò quando mi fui seduto, << dato che avete perso la scommessa … Grover, piantala di lanciare in giro quelle patatine o giuro che uso le tue chiappe come straccio e ti faccio lustrare il pavimento da cima a fondo! >> Grover smise immediatamente di giocare con le patatine e crollò a sedere sul divanetto accanto ad Annabeth. << Molto bene >> proseguì Silfide, << come stavo dicendo, dal momento che avete perso la scommessa, adesso dovete dirci tutto ciò che sapete sul segreto di Chirone >>.
<< E non cercate di andare al gabinetto, stavolta! >> ci ammonì Annabeth. << Sputate il rospo! >>
Io e Grover ci scambiammo uno sguardo rassegnato, poi io presi a raccontare. Parlai a lungo, spiegando alle ragazze della mia visione, del terribile piano di Ade ed Eris, di come Chirone fosse partito alla volta dell’Olimpo per cercare di risolvere la situazione con Zeus in persona …
Alla fine del mio monologo, ci fu un attimo di silenzio carico di tensione.
Poi Silfide esclamò: << E perché cavolo non ce l’avete detto subito? Noi siamo amici! Se non possiamo fidarci l’uno dell’altro, allora chi … >> ma Grover la interruppe.
<< Non è che non ve l’abbiamo detto perché non ci fidiamo di voi! >> sbottò. << E’ solo che è pericoloso, capite? Essere a conoscenza una cosa del genere ci potrebbe mettere tutti quanti in guai seri! >>
<< Più seri di restare nell’ignoranza? >> gli fece notare Annabeth freddamente.
Lui non rispose.
<< Non dovete dirlo a nessuno, comunque, sono stato chiaro? >> sillabai concitato.
<< Ma certo! >> rispose Silfide. << Per chi ci hai prese, scusa? >>
<< Tuo padre è il dio delle spie >> la rimbrottò Grover.
<< … ed il tuo didietro somiglia allo scovolino di un water >> ribatté lei, << ma solo perché hai le chiappe da capra, io non ti ho mai discriminato! >>
<< Piantatela >> tagliò corto Annabeth, così categorica che i due si zittirono all’istante, fissandola allibiti. Poi si rivolse a me: << Cos’hai intenzione di fare, Steve? >>
<< In che senso? >> chiesi io, confuso.
<< Non vorrai per caso restartene qui con le mani in mano, vero? >> esclamò con ovvietà. << Non dopo aver sentito che quei due vogliono distruggere l’Olimpo e i suoi abitanti! >>
<< Be’, io veramente … >> mormorai.
In effetti odiavo essere bloccato dentro al Campo, anche perché mia madre era ancora tenuta prigioniera da Ade, ma d’altro canto non ero per niente un esperto di imprese e non avevo in mente nessun piano specifico; a parte quello di fare una capatina negli inferi e di malmenare il padrone di casa, ovviamente, ma mi rendevo perfettamente conto che quello non poteva essere definito “piano”.
<< … non ci ho ancora pensato, ecco >> conclusi in fretta.
<< Io sì, invece >> disse Annabeth amaramente.
Grover e Silfide la guardarono con apprensione, come se avessero paura che potesse fare qualcosa di sconsiderato.
<< Cosa vuoi dire? >> le domandai.
La figlia di Atena emise un sospiro profondo.
<< E’ da anni che vivo in questo Campo, Steve >> spiegò, << è da anni che ci allenano e continuano a ripeterci che un giorno saremo costretti ad usare le nostre abilità per qualcosa di davvero importante. Io sono cresciuta impugnando una spada. Non è stato facile, ma non me ne lamento, perché so che è così che deve essere >> non capivo dove volesse andare a parare. << Mi sono allenata sin da quando ero poco più di una bambina, in vista del giorno in cui avrei dovuto affrontare la mia impresa. Ma l’unica impresa che avrei dovuto compiere, quella più importante di tutte, non sono riuscita a portarla a termine >> quella strana ombra tornò ad oscurarle il viso, simile ad una nuvola che passa davanti al sole in un giorno d’estate; e poi scomparve, veloce com’era venuta, lasciando il posto ad uno sguardo duro e freddo.
Silfide si morse il labbro e Grover si agitò sul divanetto con uno scalpiccio di zoccoli.
Io rimasi in silenzio, aspettando che Annabeth continuasse.
<< Non permetterò che accada di nuovo >> disse stringendo i pugni, decisa. << Voglio uscire nel mondo, Steve. Noi dobbiamo farlo, perché non possiamo permettere che i nostri genitori vengano uccisi >>.
Aveva ragione.
Io, Silfide e Grover ci scambiammo uno sguardo e fui sicuro che lo stessimo pensando tutti.
<< Cosa facciamo? >> chiese allora la figlia di Hermes. << Non credevo sarebbe mai arrivato il giorno in cui tu >> indicò Annabeth, << avresti tentato di convincere me >> si posò una mano sul petto << ad infrangere le regole >>.
La figlia di Atena alzò lo sguardo e sorrise lievemente, ma i suoi occhi dardeggiavano in un modo che mi fece venire un groppo in gola, proprio come quando ti rimane qualcosa di traverso.
<< Io dico >> iniziò lentamente << che è arrivato il momento, per noi, di fare vedere di che pasta siamo fatti >> mi lanciò uno sguardo.
<< Ci sto >> esclamai senza pensarci due volte. << Insieme salveremo l’Olimpo … >>
<< … e prenderemo a schiaffi qualche dio megalomane! >> completò Grover allegramente.
Tutti e quattro allungammo una mano davanti a noi, mettendola una sopra quella dell’altro.
Quello era il nostro patto; e, in quel momento, circondato dai migliori amici che avessi mai avuto, mi sentii davvero invincibile come un eroe, pronto a fare tutto, e mi dissi che avrei salvato mia madre, mio padre e persino l’Olimpo.
Ma, come di solito uno impara a sue spese: tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare.

  
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