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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    16/03/2011    1 recensioni
Quando ti ritrovi a dover combattere per la vita degli altri, le domande ti sorgono spontanee e violente.
“NON ESISTONO GLI EROI!”
L’urlo insopportabilmente stridulo di Marc riecheggiò in tutto il campo, tanto che molte persone, che erano faticosamente riuscite a prendere sonno, alzarono di scatto la testa, con gli occhi pieni di spavento e paura che qualcosa stesse succedendo, di nuovo.
Michel lo prese per il bavero della giacca, sbatacchiandolo un poco: “Smettila di urlare come una donnetta isterica.” lo rimproverò, guardandolo torvamente: “Questa gente ha già sofferto abbastanza, vuoi aggiungerti anche tu?” chiese con tono cupo, prendendo in braccio un bambino vestito con vecchi abiti tutti sformati ma sufficientemente caldi; il piccino aveva le lacrime agli occhi ma si sforzava di non piangere e stringeva in pugno un pupazzetto tutto rovinato e sporco.
Dedicata a tutti coloro che hanno sofferto per una calamità naturale, in particolare il mio cuore e il mio pensiero è rivolto al Giappone...
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GLI EROI ESISTONO?

§§§

“NON ESISTONO GLI EROI!”

L’urlo insopportabilmente stridulo di Marc riecheggiò in tutto il campo, tanto che molte persone, che erano faticosamente riuscite a prendere sonno, alzarono di scatto la testa, con gli occhi pieni di spavento e paura che qualcosa stesse succedendo, di nuovo.

Michel lo prese per il bavero della giacca, sbatacchiandolo un poco: “Smettila di urlare come una donnetta isterica.” lo rimproverò, guardandolo torvamente: “Questa gente ha già sofferto abbastanza, vuoi aggiungerti anche tu?” chiese con tono cupo, prendendo in braccio un bambino vestito con vecchi abiti tutti sformati ma sufficientemente caldi; il piccino aveva le lacrime agli occhi ma si sforzava di non piangere e stringeva in pugno un pupazzetto tutto rovinato e sporco.

Ma da come lo teneva e dagli sguardi che gli lanciava, sembrava fosse la cosa più preziosa al mondo.

Michel accarezzò la testa al bambino, poi lo distese su un vecchio materasso e lo coprì con un vecchio lenzuolo tutto stracciato, facendogli cenno di chiudere gli occhi.

Questi eseguì, tenendo il bambolotto vicino alla guancia.

Il giovane volontario trascinò via il compagno, sotto una tettoia che fungeva da sala mensa, data l’ora tarda, non c’era nessuno, solo loro e i fari al neon che ronzavano fastidiosamente nelle loro orecchie, spandendo una luce spettrale alla già disastrata zona.

Lì, lo schiaffeggiò.

“Ma che ti piglia?! Urlare così di fronte ai bambini!” lo sgridò con sguardo allucinato: “Senti,” proseguì poi con tono più gentile, “So che è una situazione difficile, per noi e per tutti, ma non è questo il momento di farsi prendere dall’isterismo. Dobbiamo tenere duro e renderci utili, per quanto possiamo. Il nostro dovere, in questo momento, è tirare questa gente fuori dal fango. Hai capito?”.

La voce di Michel suonava tranquilla, pur se incredibilmente stanca.

Marc scrollò la testa, massaggiandosi la guancia arrossata per il colpo, ma tenne ostinatamente lo sguardo basso: "Michel, guardati attorno…” bofonchiò lui, stretto nella giacca arancione che gli copriva le spalle, “Siamo in mezzo all’inferno, come posso mantenere la calma? Dovunque mi volto, vedo solo dolore e sofferenza. Anche se, in un modo o nell’altro, riuscissimo a risolvere qui, domani sicuramente ricomincerà da un’altra parte, forse ancora in peggio. Non possiamo farcela…” esclamò con voce rotta dal pianto e insolitamente stridula.

Michel fece per avvicinarglisi e poggiargli una mano sulla schiena sussultante, ma Marc si scostò, voltandosi di scatto e guardandolo dritto negli occhi: “Non esistono gli eroi! E nemmeno Dio!” urlò lui, “Se veramente esistesse… sarebbe già intervenuto. Se veramente esistesse… non avrebbe permesso tutto questo.” decretò amaramente, reprimendo a stento un singhiozzo.

“È per questo che hai strillato in quel modo, prima?” domandò l’amico, sorpreso.

Il canadese annuì: “Quel piccolo me lo sventolava sotto il naso, sono esploso. Se veramente, a questo mondo, ci fosse qualcuno simile al suo pupazzetto, lui non sarebbe qui ma avrebbe ancora una casa, una famiglia… e invece non è così.” affermò, piangendo senza più controllo.

“Dimmi, come possono esistere gli eroi?”.

Il tono disperato ed esasperato di Marc fece sobbalzare Michel: da quando lo conosceva, non si era mai mostrato così, e dire che non era passato certo un giorno dal loro primo incontro.

Erano veterani del soccorso, Michel e Marc, cresciuti nella stessa città e nello stesso quartiere alla periferia di Vancouver; due ragazzi normalissimi con un unico grande desiderio.

Portare aiuto a chi ne aveva più bisogno.

Erano stati ovunque: con le forze di pace in Kosovo, avevano girato gran parte dell’America Latina e dell’Africa, si erano spezzati le braccia per soccorrere chi era rimasto sotto le macerie e le rovine di Katrina, sempre assieme e mossi solo dalla loro bruciante volontà, incuranti dei pericoli per loro stessi ma totalmente concentrati sulle sofferenze degli altri, sempre pronti a donare un sorriso e un incoraggiamento.

E ora si trovavano lì, in mezzo al fango portato fin lì dal mare dopo lo tsunami.

Marc era sempre stato, tra i due, quello che maggiormente era in grado di comunicare e calmare gli animi più disperati, e la sua reazione, così inaspettata e incredibile, spiazzava Michel, che gli cinse le spalle con un braccio, nel tentativo di tranquillizzarlo, ma neppure quello sembrava sortire l’effetto sperato: sapeva che non poteva essere così semplice perché le parole dell’amico erano giuste, erano vere, purtroppo.

La sua era la tremenda reazione di insofferenza e profonda prostrazione di chi si trova a stretto contatto col dolore e totalmente immerso nella merda, combattendo contro il desiderio di lasciarsi sopraffare dalla disperazione e stringendo i denti per tutti quelli che si poggiavano a lui per andare avanti e uscire dalla melma che tiene impantanate le gambe e la volontà.

“Anche io urlerei, credimi, ma stringo i denti e vado avanti, anche per questa gente che non ne può più, dopo giorni e giorni di disgrazie. Ricordi ad Haiti? Lì, forse, la situazione era anche peggio ma non abbiamo mai perso la speranza. Ricordi quando quel cane ha fiutato quel bambino sotto le macerie? Chi è stato a tirarlo fuori?” gli chiese con voce supplichevole.

Marc abbassò lo sguardo: “Ho scavato a mani nude mentre Chako correva a chiamare qualcuno… L’ho tirato fuori che piangeva e urlava come un aquilotto e l’ho portato al campo di soccorso…” ricordò il ragazzo con un filo di voce, “Per fortuna, i suoi genitori si erano salvati entrambi.”.

Michel annuì incoraggiante: “Visto? Per quel bambino, per tutti gli altri e per quelli che sono qui, siamo noi gli eroi. Anche se non siamo svitati in calzamaglia che sparano ragnatele da tutte le parti.” ridacchiò, cercando di stemperare la tensione, “Ascoltami, e ricordalo sempre. Le disgrazie accadono sempre, non possiamo farci nulla. Ma possiamo, e dobbiamo, continuare a lottare per chi non ce la fa.” gli disse con un filo di voce.

L’amico sembrò rifletterci su per un momento, poi Michel lo vide annuire e sciogliere la stretta: “Grazie… e scusami.” borbottò Marc, asciugandosi furtivamente gli occhi arrossati; l’altro scoppiò a ridere, dandogli una manata sulla schiena, “No pro. Ma vedi di non fare più scenate del genere davanti ai bambini, ok?” propose lui.

“Credo di aver esagerato…” biascicò lui, massaggiandosi il collo; “Forse un pochino.” notò l’amico con un vago sorriso, “Ma l’importante è che tu ti sia ripreso. Andiamo a dormire qualche ora? Il turno di Gustaf e di Henri è cominciato da un pezzo.” dichiarò Marc con un sonoro sbadiglio.

A sorpresa, Marc scosse la testa: “Vai tu, io ho ancora qualcosa da fare. Non mi metterò nei guai, sta tranquillo.” lo rassicurò subito.

L’altro lo guardò dubbioso, ma non fiatò.

Si limitò ad augurargli la buona notte.

§§§

Quando, il mattino dopo, i più piccoli si svegliarono dal loro sonno popolato di incubi e brutti ricordi, furono accolti da un grazioso aquilone poggiato al loro fianco.

Allegri e, per la prima volta dal dramma, sorridenti, i piccini si riunirono al centro del campo, parlottando tra loro, increduli per quell’inaspettato regalo e ignari dell’identità del misterioso donatore; qualcuno dei più grandicelli propose di giocarci, il vento soffiava leggero, l’ideale per un’attività del genere.

In pochi minuti, il campo fu allietato dalle grida e dalle risate dei più piccoli, che svegliarono tutti coloro che ancora dormivano, soccorritori del turno di notte compresi.

Increduli come tutti, fecero capannello attorno al gruppo di bambini che correva nella polvere, giocando con quei volatili di carta sottile e leggera, che vagavano per il cielo in un tripudio di colori.

“Che succede?” chiese Michel, facendosi largo tra la folla; la risata di Gustaf, il suo caposquadra, lo accolse: “Che il Signore mi fulmini se lo so. Qualche angelo ha lasciato un regalo per i nostri teppistelli mentre dormivano.” dichiarò con una gran risata l’uomo, accendendosi un sigaro, “Vai a dire all’angelo in questione che il suo dono è stato più che apprezzato dai bambini.” gli sussurrò all’orecchio, di modo che nessun’altro sentisse le sue parole.

Michel sorrise: “Non preoccuparti, credo lo sappia già.” dichiarò lui, indicando un punto in mezzo alla torma vociante di bimbi.

Marc correva con un filo in mano, con in spalla il proprietario del pupazzetto della notte prima, che rideva e strillava come un matto.

Si, forse gli eroi dei fumetti, dei libri e dei film erano solo un’invenzione ma, in quel momento, Marc era l’eroe del giorno.

   
 
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