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Autore: chaska    17/03/2011    4 recensioni
Il vento era gelido quella mattina. Sputava in faccia la polvere sporca di sangue che in quel vicolo abbondava come in ogni altro posto, quella mattina.
Se si alzava per un attimo il volto, subito un odore acre e insopportabile di ferro ti inondava le narici. Era l’odore dei fucili arrugginiti e dei pugnali fin troppo usati. Era l’odore del sangue che ricopriva tutto, ad ogni passo.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fratello.

Rating capitolo: Giallo, si tratta pur sempre di guerra.
Personaggi: Feliciano Vargas (Italia del nord) – Romano Vargas (Italia del sud)
Osservazioni personali: A distanza di poche ore, il mio secondo scritto su Hetalia. Mi è venuto abbastanza istintivo, scritto in meno di 20 minuti, voleva dare la mia personale visione del 17 marzo e di ciò che oggi significa per me. Spero che piaccia a qualcuno, e in caso che commentiate xD  Ah, non ho seguito nessun evento storico preciso, infatti è tutto molto generico, non lapidatemi per questo xD


Buon compleanno, piccola Italia.
 

 

Fratello.

Il vento era gelido quella mattina. Sputava in faccia la polvere sporca di sangue che in quel vicolo abbondava come in ogni altro posto, quella mattina.
Se si alzava per un attimo il volto, subito un odore acre e insopportabile di ferro ti inondava le narici. Era l’odore dei fucili arrugginiti e dei pugnali fin troppo usati. Era l’odore del sangue che ricopriva tutto, ad ogni passo.

Tutti si stringevano fra loro, tutti tremavano. Cosa accadeva? Era ormai marzo inoltrato, il freddo cedeva il posto al calore del sole. Eppure il vento era gelido, e il sole appariva spento. Cosa accadeva? Nessuno sentiva freddo, eppure tutti tremavano. Era arrivato il momento, il tanto atteso, ultimo momento.

Un ragazzo dai capelli d’un castano scuro ne guardava un altro davanti a se. Gli strani riccioli ch’entrambi avevano quasi si sfioravano. E lo guardava tremare come una foglia d’autunno, gli occhi stanchi in quel volto sporco di terra e sangue, e gli abiti stracciati. Tutti versavano nelle stesse condizioni, ma lui era il più importante per lui.

-Feli.-

Al richiamo del più grande, l’altro alzò il volto. Era esausto, e questo gli faceva male. Chissà se avrebbero resistito ancora?

-Questa è l’ultima, Feli. Non dobbiamo arrenderci.-

Voleva credere in quelle parole, lui era il fratello più grande dei due, ed anche se solo rimanere in piedi era un sacrificio, era lui che doveva confortare l’altro, era lui che doveva fargli vedere come ci potesse essere sempre un domani, anche se non ci credeva nemmeno lui.

L’altro annuì al sentire quelle parole, poco convinto, eppure certo che da quello scatolone di legno si sarebbe alzato, e avrebbe combattuto.

-Si, Romano.-

Accennò un sorriso, con quell’aria così ingenua e rassicurante. Feliciano era tutto il mondo di Romano. Per lui sarebbe andato contro tutto e tutti, pur di vederlo sorridere, e in effetti l’aveva fatto. Anzi, lo stavano facendo insieme.

Il più grande sentì qualcosa muoverglisi dentro, mentre guardava il volto del fratellino.
Erano esausti, erano dei morti di fame che camminavano coi fucili imbracciati e la loro bandiera alta verso il cielo terso.
E ce l’avrebbero fatto.

Avvicinò dunque il volto a quello dell’altro ancor di più, mentre il braccio destro andava ad avvolgere il collo dell’altro, e poggiava la sua fronte sudata e calda e quella dell’altro, più fredda e delicata.
Chiuse gli occhi e sorrise.

-Loro stanno combattendo per noi, Feli. E noi combatteremo per loro.-

Non aveva nemmeno la forza d’essere volgare, ma non importava.

-E per noi, Romano.-

Rispose il più piccolo, anche lui con gli occhi chiusi e il sorriso sul volto.
E questa volta la loro espressione era sempre stanca, ma decisa. Decisa a prendere ciò che era loro di diritto. Decisa a sopravvivere a quella giornata, e poter vivere in pace.

-Si Feli, anche per noi.-

All’improvviso il mesto brusio del vicolo si spense, tutta la gente s’ammutolì, tutti gli occhi erano volti verso quei due ragazzini, mingherlini e stanchi, che sapevano a mala pena tenere un fucile in braccio.
Tutti gli sguardi erano volti verso i due piccoli Vargas, verso la loro nazione, la loro adorata nazione.
E un grido si elevò chiaro in quella gelida mattina di marzo.

VIVA L’ITALIA!

Ed un coro si alzò, a ripeterlo all’infinito, perché dopo quel giorno tutti sarebbero stati uguali e liberi. Niente nord e sud, niente borboni e longobardi, nessun invasore avrebbe più calpestato la loro terra unita sotto ad un unico tricolore.
E loro sarebbero morti col sorriso sul volto, pur di vedere quei due ragazzi uniti.

E i due continuarono a stare abbracciati, con gli occhi chiusi ed una calda risata che gli si scioglieva in gola.

-Viva l’Italia unita, Romano.-

Quella era l’ultima battaglia, quello era l’ultimo ostacolo alla loro felicità.

-Viva noi, Feli.-

 

____________________________________________________________________

 

Ormai il cielo era tinto di rosso, ed il sole era quasi del tutto calato, ponendo fine a quella fredda giornata di marzo.

Il ragazzo dalla pelle abbronzata e sporca di sangue si ergeva su quella piazza resa lucida dal sangue dei suoi connazionali. Una catasta di morti si innalzava davanti a lui.

Quella giornata era finalmente finita, pensava mentre il fucile gli scivolava dalle mani. Era finalmente tutto finito.
E loro erano morti per lui, lui e suo fratello. Erano morti, ma perché sorridevano?
Avevano perso tutto, eppure erano felici! Impossibile si ripeteva tremante il ragazzo, cazzo, è impossibile!

Una mano gli si posò sulla spalla, piccola e ancor più tremante di lui. Si voltò e vide il volto del fratello più piccolo, che sembrava sul punto di piangere.
Si guardarono entrambi negli occhi per un secondo che parve un’eternità. E poi si abbracciarono, mentre il più piccolo scoppiava in un rumoroso pianto.
Un pianto che riassumeva tutto il loro dolore, i loro sacrifici e la loro felicità.

Erano tutti morti, morti per loro. Ma sorridevano.

E Romano seguì suo fratello nel pianto.
Finalmente ce l’avevano fatta.

Eccola l’Italia unita. Un’Italia che piange i propri morti, un’Italia completamente da ricostruire, ma un’Italia unita e felice. E finalmente libera.

   
 
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