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Autore: Puglio    17/03/2011    7 recensioni
Sono passati quasi dieci anni dalla battaglia contro il Kishin. Maka e i suoi amici sono cresciuti e molti di loro sono cambiati. C'è chi ha intrapreso una carriera all'interno della Shibusen, chi si è sposato, chi si è allontanato... ma sarà proprio il ritorno di uno di loro a cambiare la vita di Maka, quando già sembrava segnata in modo irreversibile.
Nota: in alcuni i casi i personaggi potranno apparire ooc. Se è così, è perchè li ho voluti far crescere. Dieci anni passano per tutti, anche per loro...
Non credo di inserire siparietti comici in stile con l'anime. Per farlo, credo, bisogna esser bravi e io non credo di esserlo. Il rischio è di fare qualcosa di ridicolo, più che di divertente.
Per finire... ora che la storia è terminata, posso dire di essermi divertito molto nel realizzarla. Perciò, spero sinceramente che possa piacervi, e che nel leggerla possiate trovare lo stesso divertimento che ho provato io nello scriverla.
Buona lettura! E grazie per essere passati di qua.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Black Star, Death the Kid, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Tsubaki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Con una spallata, Maka riuscì ad aprire il piccolo lucernario, che si spalancò scricchiolando. Tossì. Quando riaprì gli occhi, la polvere che si era sollevata dal vetro era ancora lì, che galleggiava densa nel sole come una piccola nuvola solitaria, in attesa di essere spazzata via dal vento.

Maka infilò la testa nell'apertura, usando una certa circospezione. Aveva sentito degli spari, poco prima. Non poteva essere altri che Kid. Per questo aveva deciso di fermarsi e di dare un'occhiata, visto che Daniel si trovava sicuramente con lui.

«Kid?» esalò. «Sei tu?»

La sua voce rimbalzò contro le pareti avvolte da una fitta cortina di tenebra. Per un attimo, un velo di gelo discese su di lei, facendola rabbrividire e contrastando con la piacevole sensazione di calore che le producevano i raggi di sole sulla schiena.

Non c'era nessuno.

Eppure...

Maka aguzzò gli occhi. Qualcosa, davanti a lei, si stava muovendo. Era ancora presto per dire se si trattasse davvero di Kid, o non fosse piuttosto qualche mostro di tenebra, pronto a sgusciare fuori dall'ombra per aggredirla. Ma era solo questione di attimi. Poi, l'avrebbe scoperto.

Preparando la falce, Maka socchiuse gli occhi. Ancora pochi passi... ancora uno...

«Maka!»

Liz?

Maka strabuzzò gli occhi. Liz era sbucata di corsa fuori dalla tenebra, andando a fermarsi proprio sotto al lucernario. La fissava stupita attraverso quel sottile cono di luce, schermandosi gli occhi con la mano. Quando fu certa che quel profilo scuro appartenesse proprio a Maka, Liz abbassò la pistola, e le sorrise.

«Dio, che bello vederti. E vedere di nuovo il sole».

«Che accidenti ci fai, qui?» chiese Maka. Continuava a guardare nel buio che circondava la ragazza, sperando di veder sopraggiungere Kid. Quando si rese conto che non sarebbe arrivato, spostò gli occhi su Liz, squadrandola torva.

«Non dirmi che...»

Liz impallidì e un'ombra di colpevolezza le discese sugli occhi.

«Io... stavo cercando di raggiungere gli altri». Disse. «Insieme a Patty».

Maka guardò prima lei, poi la pistola che agitava nel pugno.

«E dove diavolo è Kid?»

«L'ho lasciato con gli altri. Da Shinigami».

Maka trasalì. Fissò Liz senza capire, poi scosse la testa.

«Mi stai dicendo che avete lasciato lui e mio figlio da soli?» gridò. «Ma siete impazzite?»

«Maka, mi dispiace» si scusò Liz. «Ma ho avuto paura».

Paura? E chi non ha avuto paura, razza di stupida?

Se avesse potuto averla tra le mani, probabilmente Maka l'avrebbe strozzata. Non è che negli ultimi tempi andasse d'amore e d'accordo con Liz. La relazione che la ragazza aveva avuto con Soul, per quanto breve, aveva turbato Maka profondamente, caricandola di emozioni contraddittorie. Senza contare che da sempre Liz la trascinava inconsapevolmente in una strana forma di competizione, probabilmente dovuta al fatto che, in qualche modo, si erano trovate a dividere gli uomini della loro vita. Prima Kid, poi Soul.

«La paura non è una scusa, Liz» ringhiò Maka, in tutta risposta. Si rese conto di aver parlato in modo esageratamente brusco ma Liz sembrò non farci troppo caso.

«Lo so. Sto solo cercando di rimediare».

«Già...»

Beh, per quanto detestasse ammetterlo, Liz sembrava sincera. Ok, ce l'aveva con lei. Però non poteva negare che in fin dei conti, in passato, per Kid c'era sempre stata.

«Sai qual è la strada?» sospirò Maka. Liz annuì.

«Sì, e so anche come tenere a bada quell'ombra. Almeno per un po'. Ma c'è un problema. Kid ha messo i suoi sigilli alla porta e nessuno può entrare».

«Vuoi dire che da quella porta si può solo uscire e non entrare?» fece Maka, sollevata. «Beh, meno male che c'è Kid. Almeno lui è una garanzia».

«Senti, Maka» mormorò Liz, allargando le braccia. «Io... a proposito di Soul...»

Maka arrossì violentemente. «Non è questo il momento» fece. «Dobbiamo trovare il modo di farti arrivare fin qui. Da qui si può arrivare alla cupola, passando per l'esterno. È più sicuro».

Liz provò a guardarsi intorno. «Non so da dove passare» ammise. «Solo al pensiero di tornare là in mezzo...»

Maka le fece segno di tacere. Liz la fissò, impallidendo all'improvviso.

«Che diavolo è?»

«Cosa?»

«Ho sentito dei passi, e...»

Liz spianò la pistola, puntando decisa verso un punto non precisato nella tenebra. Maka, dall'alto, cercava disperatamente di vedere cosa si stesse muovendo nel buio.

«Guarda che non mi fai paura» gridò Liz, anche se il suo tono risultava poco convincente. «Hai capito?»

«Non ho intenzione di farti paura. Quindi metti giù quell'arma».

Maka sospirò sollevata, vedendo emergere dall'ombra il volto esausto del padre di Soul. L'uomo aveva la faccia ricoperta di graffi e di escoriazioni. Le mani erano avvolte in fasce insanguinate e la camicia sul petto era strappata. Lui sollevò lo sguardo, socchiudendo gli occhi alla luce calda del sole che filtrava dal lucernario. Quando intravide il profilo di Maka stagliarsi netto davanti a lui, tutta la stanchezza sembrò abbandonare il suo volto.

«Ciao» disse, alzando la mano con cui ancora stringeva la catena della sua Kama. «È bello rivederti».

Maka ricambiò il sorriso. Era felice di rivedere quell'uomo.

«Non potete stare qui, è pericoloso» disse lui, riprendendo subito il consueto tono deciso. «Il Kishin sta per arrivare».

«Ne sei certo?» domandò Maka. Liz rabbrividì, stringendo Patty tra le mani.

«L'ombra si sta addensando» fece l'uomo, accennando al buio alle sue spalle. «Tra poco inghiottirà ogni cosa. È questione di attimi, ormai».

«Stiamo cercando di raggiungere la cupola» fece Maka. «Puoi aiutarci?»

L'uomo annuì.

«Proseguite dall'esterno e non percorrete i corridoi. Lì la tenebra è troppo fitta e voi dovete cercare di risparmiare energie. Piuttosto» disse, lanciando a Liz e Patty un'occhiata severa «voi due chi diavolo siete?»

«Siamo le Buki di Deth the Kid» rispose Liz.

«Il figlio di Shinigami?» esclamò il padre di Soul, sorpreso. «E perché non siete con lui?»

«È una storia lunga».

«Non mi interessano le storie lunghe, visto che non c'è il tempo per ascoltarle» tagliò corto il padre di Soul. «Immagino che vogliate raggiungerlo, no?»

Liz annuì. L'uomo si passò una mano tra i capelli grigi.

«Dovrai pensarci tu» disse a Maka. «Io non posso occuparmi anche di loro».

«D'accordo» rispose lei, pronta.

Il padre di Soul tese la mano a Liz, che si trasformò subito. Quando ebbe tra le mani entrambe le pistole, le soppesò per bene; quindi alzò gli occhi su Maka.

«Sei pronta?»

Maka annuì. L'uomo strinse le labbra e lanciò prima una pistola poi l'altra. Maka le afferrò al volo, senza problemi. Quindi, se le infilò alla cintura.

«Prosegui senza fermarti» le disse lui. «Ho provato a tenere a bada quell'ombra, ma credo che farà di tutto per impedirti di proseguire. Se dovessi incontrarla, cerca in tutti i modi di non aprirle il tuo cuore. Se dovesse leggere le tue emozioni e capire cos'hai in mente, per te e per Soul sarebbe la fine».

«Non ti preoccupare» fece Maka, decisa, «se dovessi incontrarla, saprò come fermarla».

«Maka» disse l'uomo. Lei si fermò, voltandosi a guardarlo. «Ricordati una cosa. La vita di mio figlio dipende da te. Ti prego, fai di tutto per salvarlo».

Lei lo fissò in silenzio. Quindi sorrise.

«Rivoglio indietro il mio partner» affermò, decisa. «Non lo lascerò mai in mano a quell'essere».

L'uomo annuì. «Lo so» rispose. «Ma stai attenta».

Maka lo salutò con un cenno, quindi sparì lungo il cornicione. Il padre di Soul restò un istante a guardare il sole che si affacciava caldo dal lucernario. Stava cambiando posizione, e presto i suoi raggi non avrebbero più illuminato il corridoio. Non appena la luce cominciò a indebolirsi e a farsi più opaca, il padre di Soul si riscosse. Senza perdersi d'animo, si rituffò nella tenebra.

 

 

*

 

 

«E adesso, che facciamo?»

Kid strinse le labbra. Continuava a guardare il piccolo Daniel, che sorrideva tra le braccia di Shinigami. Era solo un bambino, ma si era reso perfettamente conto di quanto stava accadendo, e faceva di tutto per non mostrarsi preoccupato. Kid glielo leggeva negli occhi. Conosceva suo figlio. Sapeva che quella sfumatura cupa che si era depositata sul fondo dei suoi profondi occhi verdi, così simili a quelli della madre, tradiva una preoccupazione vera. Tuttavia, quel ragazzino aveva un carattere davvero incredibile e si vedeva dalla forza che riusciva a dimostrare anche in casi come quello. Sentiva l'ansia che lo circondava, forse riusciva a percepirla meglio di chiunque altro lì dentro. Eppure, tutto quello che faceva era sorridere.

«Che facciamo?» mormorò Kid, per rispondere alla domanda che gli aveva appena fatto Black Star. «Niente. Aspettiamo».

«Tutto qui?» commentò acido Black Star. «Vuoi dire che restiamo qui a far niente? Come dei polli?»

«E cosa vorresti fare, attaccare in massa?» lo riprese Spirit. «Ci abbiamo già provato con Azura, ma non è servito a molto. Ricordi?»

«Io ricordo solo che tu e gli altri vecchi non c'eravate, quella volta» masticò Black Star con evidente atteggiamento di sfida. Spirit impallidì.

«Basta, litigare non serve».

Kid lanciò ai due un'occhiata eloquente, quindi si allontanò. Era stanco di quei battibecchi inutili. Tutto ciò che voleva, in quel momento, era tenere suo figlio tra le braccia, prima che forse fosse troppo tardi per farlo.

Aveva fatto male a tenerlo con a sé. Si era dimostrato un pessimo padre. Se non avesse pensato esclusivamente ai suoi desideri egoistici, adesso Daniel sarebbe stato in salvo da qualche parte lontano da lì. Invece, a causa sua e della sua arrogante sicurezza, probabilmente sarebbe morto come tutti.

Era a pochi passi da lui. Daniel aveva già alzato gli occhi verso il padre, sorridendogli, quando Kid vide lo stupore impadronirsi del suo viso. Il bimbo alzò una mano.

«Mamma!»

Kid non capì, non subito. Si voltò. Guardò con gli occhi prima verso gli altri, poi li alzò sulla cupola. Ad una delle finestre c'era qualcuno, che faceva dei gesti per richiamare l'attenzione. Kid socchiuse gli occhi.

Maka?

Lei puntò una pistola contro il vetro, e fece fuoco. Un grido strozzato percorse la stanza e tutti alzarono gli occhi, sorpresi e spaventati, scansando confusamente i frammenti di vetro che piovevano dal soffitto. Maka si affacciò alla finestra, colpendo con i pugni le schegge che ancora non volevano staccarsi dall'infisso.

«Ehi, tutto bene?» gridò. Tsubaki, non appena la vide, si precipitò sotto la finestra.

«Maka! Che bello che tu sia qui!»

Maka rise. Per un istante il suono argentino della sua risata sembrò spazzare via la cupezza che si era impadronita degli animi di tutti.

«Kid, qui c'è qualcuno per te» fece poi, agitando le due pistole. «Sono molto dispiaciute di averti lasciato solo».

Kid, incredulo, si precipitò sotto la finestra, afferrando al volo le due Thompson che Maka gli aveva lanciato. Non appena le ebbe in mano, le strinse forte.

«Razza di stupide» mormorò, ma con il sorriso sulle labbra. «Avreste potuto anche morire».

«Scusaci, Kid» disse Liz, il cui volto sorridente si rifletteva attraverso la canna lucente dell'automatica. «Non accadrà mai più, promesso».

Lui annuì. Quindi si infilò le pistole alla cinta.

«Maka, devi andartene da qui» disse, alzando gli occhi verso di lei. «Presto arriverà il Kishin».

«C'è Daniel lì?»

«Mamma, sono qui».

Il piccolo Daniel si avvicinò al padre, alzando gli occhi verso la sommità della cupola. Quando Maka incrociò i suoi occhietti, avvertì un improvviso tuffo al cuore.

«Daniel, cerca di fare il bravo, ok?» disse, cercando di mascherare il tono tremolante della sua voce. «Presto la mamma verrà a prenderti. Nel frattempo, fai tutto quello che ti dice papà. Guai se fai di testa tua».

Il bimbo annuì, serio. Maka sorrise. Quindi lanciò a Kid uno sguardo deciso.

«Kid, farò in modo di intercettare il Kishin, ma...»

«No, Maka» gridò lui. «È troppo...»

«È troppo tardi!» gridò Marie. «È qui!»

Maka spostò gli occhi sulle ghigliottine, ancora abbassate. Un suono cupo, simile a una vibrazione profonda, salì improvvisamente dal suolo, propagandosi tutt'attorno e facendo tremare sommessamente le lame. Qualcuno aveva preso a bussare pesantemente contro di esse. Il gelo scese sui presenti.

«Cercate di mantenere la calma» gridò Stein. «Preparatevi per la Catena dell'anima. Quando il Kishin entrerà, dovremo essere pronti e trovarci sulla stessa lunghezza d'onda».

Tutti si strinsero tra loro. Maka si guardò intorno, cercando un modo per scendere e unirsi agli altri. In quel momento, in modo del tutto inaspettato, la prima della lunga serie di ghigliottine scattò. Con uno stridore assordante la lama saettò verso l'alto, spezzando l'infisso che la sorreggeva con uno schianto secco. Quindi ricadde al suolo, dibattendosi come un'anguilla e riecheggiando cupamente per tutto il corridoio.

«Mio dio...» mormorò Marie, cercando di mantenere la calma. Stein, al suo fianco, le strinse la mano.

«Va tutto bene» mormorò. «Cerca solo di concentrarti».

La seconda ghigliottina cedette ancor più facilmente. Il Kishin continuava ad avanzare, senza che nulla potesse apparentemente fermarlo. Maka lanciò a Daniel un ultimo sguardo. Il bambino era come paralizzato e lei non era da meno. Sentiva che doveva muoversi, ma non ci riusciva. Non poteva allontanare gli occhi dal suo bambino.

Lui si voltò a cercare il suo sguardo. Non aver paura gli sussurrò lei, da lontano. Daniel lesse le sue labbra, che ora si erano piegate in un sorriso. E annuì, pallido.

Una dopo l'altra, le ghigliottine scattarono come molle. Davanti all'ultima, bloccata dai sigilli di Kid, il Kishin si arrestò.

«Speriamo che quei dannati sigilli tengano» mormorò Black Star. «Almeno finché non abbiamo instaurato questa maledetta Catena...»

In quel momento, si udì un sommesso scricchiolio, che si fece via via più forte. La lama prese a piegarsi, e a incurvarsi. Quindi, all'improvviso, ogni rumore cessò del tutto. I presenti si guardarono, incerti. Il silenzio era ovunque, e avvolgeva ogni cosa.

«Cosa diavolo è successo?» mormorò Black Star. Poteva sentire il suo respiro affannoso, e il cuore battere furiosamente. Cercava con gli occhi, leggeva nel volto degli altri la stessa incertezza e ansia che lo avvincevano.

«Sono i sigilli» mormorò Sid. «Sembra che abbiano funzionato».

Improvvisamente, la ghigliottina schizzò verso l'alto, mandando in frantumi l'intera struttura. Le porte si aprirono e un conato di tenebra si riversò all'interno come una gigantesca onda nera.

«Catena dell'anima!» gridò Stein. Tutti, nessuno escluso, si concentrarono a cercare una frequenza comune. Daniel venne spinto da Kid dietro allo specchio di Shinigami, dove si accucciò in silenzio. Shinigami, fermo davanti agli altri, fissava senza dire una parola l'ombra che andava via via raggrumandosi.

«Resistete!» mormorò Stein. La catena era quasi raggiunta. Maka assisteva sgomenta.

Fu allora che il Kishin parve accorgersi di lei. Una lingua d'ombra saettò rapida verso la finestra, colpendo Maka dritto al volto. La ragazza lanciò un grido e scomparve oltre il parapetto.

«Maka!»

Al grido di Spirit, Kid si voltò smarrito verso la cupola. La Catena si infranse con uno schianto. Sconvolti, gli altri si guardarono tra loro, del tutto impreparati e inermi. Il Kishin torreggiava sulla soglia, gli occhi accesi da un fuoco che si agitava denso e scuro, animato da una profonda malvagità.

«Eccoli qui, i pupazzetti di Shinigami» mormorò, agitando nell'aria una falce nera dai bagliori di fiamma. Pur nella paura, tutti restarono come meravigliati davanti alla bellezza di quella falce, che si muoveva sinuosa ai loro occhi, in una sorta di danza ipnotica. Sembrava che dalla sua lama colasse il veleno di un serpente, lo stesso serpente che pareva averne posseduto il corpo, tanto quell'arma si muoveva con incredibile elasticità.

«Mi spiace avervi colto di sorpresa» esalò il Kishin. «Ma non si può dire che non vi avessi avvertiti del mio arrivo...»

Il Kishin fece per alzare la lama. Stein fu pronto ad impugnare Marie, ma del tutto inaspettatamente Shinigami si frappose tra il Kishin e gli altri membri della Shibusen. Non aveva armi con sé. Spirit giaceva a terra, abbandonato, e fissava Shinigami con gli occhi sconvolti dalla sorpresa.

«È solo me che vuoi» disse Shinigami. «Loro non c'entrano».

Il Kishin rise, indietreggiando di un passo. Sembrò squadrare Shinigami e soppesare lentamente le sue parole.

«E come combatterai? Non hai un'arma».

«Sì che ce l'ha» esclamò Spirit coraggiosamente, alzandosi in piedi. «Io...»

«No, tu resterai al tuo posto» fece Shinigami duro, senza nemmeno voltarsi. «Questa cosa non ti riguarda. E poi, se io dovessi cadere, gli altri avranno bisogno di te».

«Sommo Shinigami...»

«Fai come ti ho ordinato!»

Spirit tacque. Pallido, si avvicinò lentamente al gruppo, stringendosi accanto agli altri.

«Se sarà necessario» disse Shinigami «combatterò da solo».

Il Kishin ammiccò.

«Eroico da parte tua. Non ti credevo capace di tanto. Di solito lasci che siano gli altri a immolarsi per la tua giusta causa».

«E tu, allora?» rispose, Shinigami accennando alla falce che il Kishin teneva tra le mani. «Sei forse diverso da me? Perché non lo lasci andare? Non gli hai procurato già abbastanza dolore?»

«Lui è parte di me» esalò il Kishin, fissando ammirato la sua arma. «Lo è sempre stato. Siamo cresciuti insieme, e lo sai... proprio come con suo fratello, prima di lui. Il suo destino, è anche il mio».

«E allora» disse Shinigami, duro. «Morirete insieme. È davvero questo che vuoi per lui?»

Il Kishin scoppiò a ridere.

«Tu minacci me?» fece. «E come, che non hai neppure un'arma?»

«Ora ce l'ha».

Il Kishin si volse, sorpreso. Dall'ombra, alle sue spalle, emerse il profilo esausto del padre di Soul, che entrò nella stanza zoppicando, andando a posizionarsi accanto al Sommo Shinigami. Non appena lo vide, questi lo salutò con un cenno.

«Gilbert» lo salutò Shinigami.

Il padre di Soul sorrise debolmente, deglutendo a fatica. Il Kishin sbuffò.

«E così, ce l'hai fatta a uscire da quel buco in cui ti eri cacciato» ringhiò. «Stupendo. Vorrà dire che vi ucciderò entrambi in un colpo solo, risparmiandomi la fatica di dovervi venire a stanare uno per uno, come topi in trappola».

Shinigami tese la mano verso Gilbert, che subito si trasformò in una lunga catena d'argento, alle cui estremità brillavano due falcetti sottili. Il Kishin indietreggiò con il volto decomposto in un ghigno sardonico.

«E così ci siamo» esalò, con in volto una maschera di assoluta perfidia. «Alla fine, la nostra vecchia battaglia ha di nuovo inizio. Bene, che vinca il migliore».

 

*

 

Uno, due...

Dannazione. Niente da fare.

Maka continuava a guardarsi le punte dei piedi, che penzolavano nel vuoto. Quando il Kishin l'aveva colpita, aveva abbandonato la presa e si era ritrovata a scivolare lungo la cupola. Se non era precipitata, era stato solo grazie al suo provvidenziale istinto di sopravvivenza, che le aveva fatto sfoderare la falce con cui era riuscita ad aggrapparsi a un sottilissimo quanto precario cornicione. Ora si trovava lì, inerme. La lama a cui stava aggrappata era tutto ciò che la teneva in vita. Ma era una posizione per nulla comoda. Il braccio cominciava già a farle male e non era sicura che avrebbe resistito ancora per molto in quelle condizioni.

In un momento come quello, sarebbe stato normale per chiunque provare paura. Perciò era ancora più strano che le capitasse di trovarsi con la mente completamente vuota. Le era successo anche mentre cadeva lungo la cupola. Tutto ciò a cui aveva pensato, in quegli attimi, era che sarebbe presto morta e che nulla avrebbe avuto più molta importanza. Suo figlio, Soul. Ogni cosa sembrava essersi improvvisamente fatta più lontana, e aver perso quei contorni definiti che fino a un secondo prima rendevano quei pensieri, ora così inconsistenti, delle assolute certezze.

Era come se una parte di sé cercasse di convincerla ad arrendersi.

Ok, davvero vuoi buttarti via così? Sto parlando con te.

Con uno sforzo, Maka chiamò a raccolta tutte le proprie energie e provò a issarsi ancora una volta. Sentì i muscoli delle spalle tendersi fino allo spasimo e il collo irrigidirsi per lo sforzo. Mentre si sollevava, facendo leva sulla falce che le spuntava dal braccio, poteva sentire le energie che le scivolavano lentamente fuori dal corpo.

Avanti, forza...

Bastava poco, solo un altro sforzo. Se non riusciva adesso, non ce l'avrebbe fatta mai più.

Maka tese la mano. Il cornicione era poco più in alto. I muscoli erano così tesi che lanciò un gemito, strizzando gli occhi per la fatica. Era vicina, era a un passo...

Non ce la faccio.

Il corpo ricadde pesantemente, procurandole un violento strappo alla spalla. Maka gemette, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. I muscoli erano a pezzi, le lacrime le offuscavano la vista. Era esausta.

Non si accorse nemmeno della borsetta che, lentamente, stava scivolandole dalla spalla. Maka assistette impotente al disastro, senza nemmeno la forza di lanciare un grido, o di muovere un dito per tentare di fermarla. La borsetta cadde. Lo fece in silenzio, scomparendo nel vuoto.

Era finita. Anche se per un miracolo i frammenti di specchio fossero stati ancora integri, lei non avrebbe mai avuto il tempo di scendere fino a terra e di ripercorrere ancora una volta tutta quella strada. Ammesso che riuscisse in qualche modo a non morire.

Maka alzò gli occhi. Sentiva il braccio intorpidito, segno che la falce cominciava a indebolirsi. Presto il suo braccio avrebbe riacquistato la propria forma umana e per Maka ciò voleva dire la fine. Sarebbe precipitata nel vuoto, senza dubbio. Tirando su con il naso, si sforzò di non guardare in basso. Ogni volta che abbassava lo sguardo, un vago senso di nausea e di vertigini le attanagliava lo stomaco. Sentiva uno strano languore al bacino e la testa farsi sempre più leggera. La paura cresceva e la concentrazione svaniva. Stava per svenire.

Merda.

Ok, aveva fallito in tutto, completamente. Aveva perso l'unica speranza di salvare Soul e ora stava anche per morire. Era un vero disastro. Ma non poteva finire così. Non ancora. Per quanto una parte di sé cercasse di convincerla a rassegnarsi, lei proprio non ce la faceva.

Mossa dalla disperazione, Maka provò a tastare la parete con la punta dei piedi, alla ricerca di qualche sporgenza. Non ne trovò nessuna. In cambio, il piede urtò contro qualcosa che risuonò seccamente, in modo del tutto inaspettato. Maka abbassò gli occhi. La vertigine la colpì subito, costringendola a distogliere lo sguardo e a prendere un profondo respiro. Quando li riaprì, si sentiva leggermente più calma, ma il dolore al braccio si era acuito, facendosi quasi insopportabile. Quella era l'ultima possibilità che aveva. Se non riusciva a sfruttarla, era finita.

Provò a chinare la testa, per guardare meglio. Non si vedeva gran che, ma non poteva essersi ingannata. Doveva esserci una vetrata, lì sotto. Ma siccome non riusciva a vederla, tutto ciò che poteva fare era affidarsi alla fortuna.

Con le ultime energie che le restavano, fece ondeggiare la gamba e colpì il vetro con forza. Non accadde nulla. Maka ondeggiò e la falce si mosse pericolosamente, facendola oscillare su se stessa. Disperata, Maka tentò il tutto per tutto. Raccolse entrambe le gambe e scalciò con tutta la forza che aveva. Il vetro si ruppe, con un gran fragore. Maka esultò, cercando di raggiungere il davanzale con la punta dei piedi. Lo sentiva, sotto di sé. Doveva solo lasciarsi andare.

Lasciarsi andare. Una parola.

Ok, puoi farcela. Coraggio, andrà bene.

Maka sospirò. Strinse i denti, trattenne il fiato.

Niente.

Non riusciva a lasciarsi andare. La paura era troppa.

Forza! Uno, due...

All'improvviso, la falce si staccò e il braccio riacquistò la sua forma consueta. Maka lanciò un grido, ritrovandosi improvvisamente in bilico sul davanzale della finestra rotta. Con il cuore in gola, si chinò cercando con le mani tremanti qualche sporgenza a cui aggrapparsi. Quando scivolò dentro al corridoio buio, si accasciò a terra in fretta, scossa da una serie di brividi interminabili. Si strinse tra le braccia, agitò le gambe. Ogni cosa andava bene pur di sentirsi ancora vivi.

Asciugandosi le lacrime, si alzò in piedi. Le gambe erano ancora malferme, e sentiva la testa girare vorticosamente. Si appoggiò al muro, portandosi una mano agli occhi. La sensazione di lei che cadeva nel vuoto, un attimo prima di toccare il davanzale, era ancora lì, ben presente nella sua mente. Difficilmente se ne sarebbe dimenticata.

Ma guardati. Sei uno straccio. Davvero ti aspetti di farcela?

Maka alzò gli occhi. Il corridoio era buio, illuminato solo dai tiepidi raggi di sole che filtravano attraverso la vetrata rotta. L'ombra che Maka gettava sul pavimento era immobile. Lunghissima, sembrava tendere le braccia verso le tenebre più fitte, che si affacciavano là dove la luce non riusciva a spingersi. Maka sapeva cosa si agitava, tra quelle tenebre. Per quanto avesse cercato di ignorarla, quella dannata ombra non voleva saperne di lasciarla in pace. Proprio come le aveva predetto il padre di Soul, era lì che la attendeva. Aveva ripreso forza in seguito alla caduta, affacciandosi nuovamente al suo cuore gravido di paura. Per tutto quel tempo, aveva aspettato che lei la raggiungesse, che si spingesse fino al luogo in cui si trovava, nascosta, per tenderle l'ultima trappola. Anche adesso, poteva sentire i suoi occhi vuoti che la fissavano attraverso il vetro opaco degli specchi che ornavano la parete. Quanto avrebbe desiderato sferrarle un pugno e mandarla in frantumi come quelle vecchie vetrate polverose.

So cosa vorresti fare... perché non lo fai? Avanti, sfogati. In fondo, la situazione è piuttosto critica. È normale che tu sia stressata.

Non mi sarebbe di nessun aiuto.

No, non le sarebbe stato di nessun aiuto. Anche se avesse davvero colpito quel vetro, e l'avesse ridotto in mille frammenti minuscoli, quell'ombra non sarebbe svanita. Anzi. Avrebbe approfittato di quel suo improvviso scatto di nervosismo per diventare ancora più forte. In fondo, l'aveva già combattuta due volte, eppure non voleva saperne di lasciarla in pace. Ormai aveva capito che avrebbe dovuto conviverci ancora a lungo.

Vorresti liberarti di me, non è così? Dillo. Abbi la forza di ammetterlo, qui, davanti a me. Tu vuoi fare a meno di me. Ma nessuno può vivere senza la propria ombra.

Maka storse leggermente gli occhi. Il suo volto si rifletté nel gigantesco specchio che aveva di fronte, racchiuso da una cornice di legno scrostato. Ma anche quello che vedeva non era il suo vero volto. Appariva opaco, e spento. E gli occhi erano vuoti, privi di ogni vita.

Lanciò un'occhiata all'ombra che dai suoi piedi andava a confondersi con le tenebre che avvolgevano lo specchio. Per tutta risposta, il suo riflesso oltre il vetro sorrise.

Devi proprio startene lì, a guardarmi come un avvoltoio? pensò Maka. Distolse lo sguardo. Quella cosa la infastidiva. Sapeva che non avrebbe potuto toccarla, non lì e non adesso, non dopo che l'aveva definitivamente sconfitta. Non c'era più posto per lei, nel suo cuore, non finché Maka avesse voluto così. Non aveva potere, se non era lei a volerglielo dare. Forse era per quello che restava a guardarla dietro quel vetro, senza fare nulla. Era semplicemente incapace di lasciarla andare, così come invece Maka aveva fatto con lei.

Beh, puoi startene lì finché ti pare. Non mi riguarda affatto.

Se è così, perché non te ne vai? Io non potrei seguirti. Vattene, forza. Liberati di me, se sei così convinta di poterlo fare.

Convinta... certo, avrebbe potuto farlo benissimo.

Non credere che sia un problema.

Avrebbe solo dovuto muovere un passo, dirigersi verso la porta che conduceva alla stanza di Shinigami e...

Non ce la faceva. Qualcosa la bloccava. Era come se tutto il suo corpo si fosse improvvisamente congelato, impedendole di muovere anche solo un passo.

L'ombra ridacchiò sommessamente. Il sibilo della sua risata si insinuò ovunque e per un istante parve quasi che l'ombra avesse riacquistato maggior vigore.

La verità è che senza la mia forza, non potresti mai farcela. Sei la solita testarda, non vuoi proprio capire. Sono stata io a renderti quello che sei. La paura e la rabbia sono state la tua forza, finora. E il dolore. Senza di loro, non saresti mai arrivata dove sei. Perciò, lascia che ti aiuti. Io e te in fondo vogliamo solo la stessa cosa.

Noi non vogliamo la stessa cosa. Io voglio Soul, mentre tu, tu vuoi solo me.

L'ombra tacque per un istante. Si fece pensierosa, come se stesse soppesando le parole di Maka sul palmo della mano. Quindi la guardò.

E se anche fosse?, disse l'ombra. Non pensare di avere comunque molta scelta. Continui a vedermi come una nemica, mentre io voglio solo il tuo bene. Sei così pronta ad abbandonarmi, ma chi è che ti ha protetto quando eri vulnerabile? Ricordi cos'è successo quando hai provato a lasciarmi da parte? Lui ti ha spezzato il cuore. Proprio come tuo padre.

Maka maledisse quella parte di sé. Sapeva che non era vero quello che stava dicendo, ma non poteva fare a meno di ritornare con la mente a quel passato, quando lei si era fidata di lui, aprendogli il suo cuore, e lui se n'era andato senza una parola, facendola sentire uno straccio.

Non è così, non è così. Lui non mi ha mai abbandonato.

Davvero lo pensi?

Sì.

No.

L'ombra rise.

Scusa, ma non mi sembri molto sicura.

Lui non mi ha mai dimenticato, pensò Maka, stringendo forte la chiave che portava attorno al collo. L'ombra sbuffò, sbadigliando vistosamente.

Eppure, sei tu che ora stai rischiando la vita. Non ti è mai passato per la mente che in te lui non veda altro che una responsabilità? Forse lui ha scelto di andarsene proprio perché voleva fare come te... lasciarsi alle spalle qualcosa che sentiva come un peso. La verità...

Smettila...

la verità è che tu sei la sua ombra, la sua dannazione. Ciò che gli ricorda ogni momento il suo fallimento. Sei tu la sua paura più grande, il suo dolore, ciò che lo ha spinto a perdersi. Se lo ha fatto, è stato solo per te, perché tu vivessi. Anche adesso, tu hai fallito. La cosa migliore che tu possa fare, è sparire.

Lei era la sua ombra, la sua dannazione. Ciò che gli ricordava ogni momento il suo fallimento. Lei era la sua paura più grande, il suo dolore, ciò che lo aveva spinto a perdersi.

Se lo ha fatto, è stato solo per me, perché io vivessi.

Maka aprì la mano e fissò la chiave. Era piccola e lanciava tenui bagliori dorati.

Ora ti senti debole. È comprensibile. Nessuno si aspetta da te una cosa simile. Nessuno pensa che tu debba sopportare tutto questo. Puoi fermarti, e non fare nulla. Nessuno ti accuserà. Ma se vuoi, io posso renderti forte. Basta solo che tu mi apra il tuo cuore. Posso aiutarti a superare le tue difficoltà e a salvare tuo figlio e Soul, e mettere a tacere quel grido che senti dentro di te.

Un brivido la percorse, mentre tornava con la mente al terrore che l'aveva afferrata mentre stava precipitando, al dolore che aveva provato mentre vedeva la borsetta cadere e le sue speranze infrangersi nel vuoto.

Tu hai avuto paura. Anche adesso hai paura. Continui a cercare di sfuggire la paura, ma non ci riesci. Anche prima, là fuori, mentre cadevi, hai provato paura. Non è così?

No...

Si.

È per questo che continui a fallire. Perché la paura ti impedisce di vedere la realtà. Combatti, ma non sai perché. Credi di volere lui, quando in realtà tutto ciò che hai sempre cercato era un comodo rimpiazzo, qualcuno con cui sostituire tuo padre. Era questo che vedevi in lui, non è vero?

No.

Sì. Anche adesso, è la tua paura a parlare. La paura di ammettere che in realtà non lo ami affatto. Che lui non ti ha mai amato. Che ciò che volevi era credere che lui ti amasse, per poterlo rifiutare, per mostrare a te e agli altri che potevi fare a meno di un sentimento del genere. Tu hai paura di ammettere che il tuo è solo egoismo.

Eppure...

Ora vuoi aiutarlo. Vuoi salvarlo dalla sua paura, e dalla sua disperazione. E come pensi di combattere la sua paura, quando non riesci a battere nemmeno la tua? Hai perso tutto. Hai perso te stessa, e lui. Hai perso i suoi ricordi, che erano tutto ciò che avrebbe potuto salvarlo. E sei stata tu la causa. Vuoi negarlo?

No.

Esatto. Sai benissimo che non ti resta più nulla. Tutto ciò che ti resta, è l'immagine di lui che ancora credi di possedere. Ma anche quella svanirà. L'unica via è che tu ti abbandoni a me. Credimi. La rabbia, il dolore... lascia che questi sentimenti prendano possesso del tuo cuore, e non sentirai più la paura. Perché tu non vuoi provare paura, vero?

No.

Paura. La paura significava impotenza. Incapacità di fare qualsiasi cosa. Ma lei non poteva lasciarsi andare alla paura. Non poteva lasciare che Daniel crescesse senza di lei, e che Soul compisse quel suo maledetto destino...

Stupido. Stupido, stupido Soul.

Forse era vero che lei era la sua ombra, la causa di tutto il suo dolore. Almeno di quello presente. Ma qualcosa le diceva che la rabbia non poteva essere la soluzione, nemmeno quella rabbia che provava da sempre verso se stessa, e che così tante volte l'aveva spinta a odiarsi. Lei era lì per rimediare. Era lì per offrirgli una speranza, e per cambiare la sua anima. Se voleva riuscirci, doveva essere la prima a credere che fosse possibile. E forse doveva essere persino capace di affrontare per prima i suoi demoni.

Lo amava?

Forse quella era l'unica cosa certa di tutta la sua vita.

Davvero vuoi sapere se ho paura?, pensò Maka, alzando lo sguardo sul suo riflesso. Sì, ho paura. Ho avuto paura là fuori, tanto che sarei scoppiata a piangere. Ho paura adesso, perché non so cosa fare, e so che avrò paura quando entrerò là dentro, perché quello che dovrò affrontare è un essere terribile, e io non ho idea di come fare a batterlo. So che avrò paura per Daniel, e per Soul e per tutti i miei amici. Avrò paura per me, e per la mia vita. Tremerò, non riuscirò a muovere un muscolo. Ma non importa. Io non voglio farmi vincere dalla paura. Non voglio lasciare Soul in mano a quell'essere. Sì, io sono una fifona e una gran vigliacca. Ho paura di tutto e il mio coraggio è solo una maledettissima maschera. Ma quando entrerò là dentro, cercherò di indossare quella maschera ancora una volta e nascondere la mia paura, come ho sempre fatto. Mentirò, perché voglio che lui mi veda forte, e che non abbia paura per me. Voglio che mi veda sicura, che sappia prendere fiducia da me. Ecco, quello che voglio. Forse non sono la persona coraggiosa che Soul si merita, ma sono arrivata fin qui per dargli un'anima nuova. E ci riuscirò, usando le forze che ho. Dici che l'unica cosa che mi resta di Soul è l'immagine che ho di lui? Bene, allora vuol dire che partirò da quella.

L'ombra rise.

Davvero pensi di farlo? E come?

Maka sorrise. Si infilò la chiave sotto la camicetta e trasse un respiro profondo.

Ti piacerebbe saperlo, vero? Pensò. Beh, vaffanculo.

Con uno scatto improvviso, Maka compì un passo in avanti. Sentì come se dai suoi piedi si fosse staccata una lunga striscia di fango appiccicoso, che si strappò con uno schiocco sonoro e secco. Quando si voltò, incredula, vide la sua ombra in piedi dietro di lei, ferma, che la fissava in preda a una profonda tristezza. Con un sospiro, Maka si guardò i piedi. La sua ombra era svanita, ma pian piano cominciò ad addensarsi di nuovo intorno a lei, fino a ricostituirsi totalmente.

«Non hai più nulla da dire?» disse Maka, rivolgendosi all'ombra che le sorgeva di fronte, ormai lontana. L'ombra tacque. Maka sospirò. Voltandosi verso lo specchio, vide il suo viso riflettersi vivo, finalmente libero dall'angoscia.

«Questa è l'ultima volta che parlo con te», mormorò Maka, fissando intensamente la sua ombra. «Non riuscirai più a mettere in dubbio le mie certezze. Io e te non abbiamo più nulla da dirci».

L'ombra annuì gravemente.

Sembra che tu ce l'abbia fatta, mormorò in tutta risposta. Complimenti.

Maka restò a guardare la sua ombra che svaniva nel buio. Aveva già distolto lo sguardo quando qualcosa richiamò la sua attenzione. Con gli occhi socchiusi, fece un passo avanti, cercando di vedere al di là del buio. Ma la sua ombra era già svanita.

C'era stato un attimo, in cui le era sembrato di scorgere un sorriso sul suo volto.

 

*

 

«E così, Sommo Shinigami, è tutto qui quello che sai fare?»

Il Kishin sferrò il suo colpo definitivo. Shinigami tentò di pararlo, ma la forza del Kishin era spaventosa. Con un rantolo, Shinigami ruzzolò contro il muro, sbattendo violentemente la testa.

«Padre!»

Kid fece per soccorrerlo, ma Stein gli si parò davanti, impedendogli di uscire dal cerchio.

«Mantenete la concentrazione» fece. «O sarà tutto inutile».

«Fate come vi dice, o vi spazzerò via in un attimo. E allora addio divertimento» ragliò il Kishin, mentre si avvicinava gongolante a Shinigami, che giaceva ancora al suolo, inerme. Il Dio della Morte alzò lo sguardo verso il mostro, fissandolo esausto.

«Allora» fece il Kishin, scansando con un gesto annoiato la Buki che il Dio della Morte aveva sollevato per difendersi e posandogli una delle sue enormi mani nere sulla maschera. «Dimmi. Cosa si prova a rivivere tutti i propri incubi, Sommo Shinigami?»

Shinigami si aggrappò alla mano del Kishin, cercando inutilmente di strapparsela dal volto.

«Vuoi conoscermi?» sibilò il Kishin. «Vuoi sapere qual è la mia natura? Sarò magnanimo. Voglio accontentarti... anche se non so quanto tu sia preparato a conoscere la mia verità».

Shinigami cominciò a tremare, e a lanciare urla terrificanti. Kid si scagliò contro Stein, rompendo la Catena, che continuò a reggersi solo grazie alla profonda concentrazione degli altri.

«Non essere stupido» gli sibilò Stein trattenendolo per un braccio. «È quello che vuole... trascinarci fuori dal gruppo».

«Quale gruppo!» gridò Kid, disperato. «Stiamo qui a lasciare che lui venga massacrato?»

«Non siamo ancora pronti!»

«Non mi interessa!» fece Kid. «Spostati, o giuro...»

«No!»

Kid spostò gli occhi sul padre, che tendeva supplichevole una mano verso di lui.

«Kid, non uscire da lì» gridò Shinigami, la voce rotta dalla disperazione. Il Kishin rise, abbattendolo al suolo.

«Sei più tenero di quanto mi aspettassi. Basta così poco a ferirti?» disse, agitando la falce. «Eppure, dovresti sapere che tutto ciò che ti ho mostrato, non è che la conseguenza dei tuoi ordini, Dio della Morte...»

«Tu... tu non puoi capire» mormorò Shinigami, sfinito. Il Kishin lo fissò e un lampo di crudeltà attraversò i suoi occhi.

«Forse no, ma capire non mi interessa affatto. Ciò che voglio, è solo annientarti una volta per tutte. Tu e quell'inetto di Gilbert... e mettere fine alla tua assurda regola».

«Fermo!»

Il Kishin si volse. Maka, era comparsa all'improvviso e se ne stava ferma all'ingresso, ansante. Lo fissava duramente.

«Sono qui. Dicevi che avevamo un conto in sospeso io e te, non è vero?»

Il Kishin rivolse a Shinigami un'occhiata veloce. Quindi lo abbandonò del tutto, volgendosi interessato verso di lei.

«Maka» disse. «Ma che piacere. Bello da parte tua che ti sia unita alla festa».

«Perché non li lasci andare, e resti a vedertela con me?»

«Oh, credi davvero di avere tanta importanza? È cosa ti dà tutta questa sicurezza, se posso saperlo?»

«Sappiamo entrambi che ho qualcosa che ti interessa. Non è così?»

Il Kishin si avvicinò al volto di Maka, chinandosi su di lei ad annusarla. Lei aspirò il suo alito fetido, cercando di mantenersi calma e di non lasciarsi prendere dal disgusto. Riuscì persino a sfoggiare un sorriso di sfida, mentre lui le leccava avidamente la pelle del collo e del volto.

«Già, già» mormorò lui, girandole alle spalle e accarezzandole i capelli. «Avevo cominciato un bel discorsetto con te... eravamo buoni amici, mi sembra, no?»

«Lasciali andare, e io verrò con te» disse lei. Il Kishin rise.

«E io dovrei crederti?»

«Tu fallo. E poi vedremo».

«Vedremo...»

Il Kishin la squadrò a lungo, quindi scattò verso il gruppo racchiuso all'interno della Catena.

«Guarda questi poveri stupidi» esclamò, girando divertito attorno a loro. «Se ne stanno qui cercando di trovare le energie per combattermi, mentre tu te ne stai lì tutta da sola. Non ti fanno pena?»

Maka socchiuse gli occhi. Non presagiva nulla di buono.

«Sento tanta paura, qui» sibilò il Kishin, aspirando l'aria attraverso la voragine che aveva al posto delle labbra. «Tanta, tanta paura... va bene, adesso non posso passare» disse, picchiettando con la punta della falce sulla cupola di energia che racchiudeva il gruppo «ma chissà...»

Il mostro continuava a girare attorno al gruppo raccolto, cercando di cogliere uno sguardo di terrore a cui potersi aggrappare. Quando giunse davanti a Marie si fermò, fissandola a lungo. Lei strizzò gli occhi, stringendo la mano a Stein. Il Kishin rise, quindi passò oltre.

«Non la senti anche tu, Maka? La paura» rise il mostro. «Io la sento, proprio qui. È così tanta che potrei...»

In un lampo, il Kishin piantò la sua falce nella cappa di energia che sorreggeva la Catena dell'Anima. Marie lanciò un grido. Con uno schianto, la Catena si infranse, lasciando gli Shokunin e le Buki completamente esposti alla furia del Kishin, che lacerò ciò che restava dell'Onda dell'Anima senza fatica.

«Cucù!»

«Disperdetevi» gridò Stein, impugnando Marie. Il Kishin lo falciò subito con il manico della sua Buki, mandandolo a sbattere contro la parete. Stein si accasciò su se stesso, esanime.

«Pezzenti» gridò il Kishin. «E voi sareste maestri d'armi? Non siete degni di portare quel nome».

«Se tu lo sei, affronta me» disse Maka, alzando la voce. «Io e te, nessun altro. Se vinco io, lasci libero Soul e te ne vai all'inferno».

«E se vinco io?» ghignò il Kishin. Maka sorrise.

«Farai quello che vuoi».

«Sei sicura di te» disse il mostro. «Mi piace».

«Sei pronto allora?»

Il Kishin annuì.

«Solo un attimo» fece, alzando un dito. Sghignazzando, indietreggiò lento fino a raggiungere lo specchio infranto di Shinigami. Quindi, con un ghigno, tese la mano e agguantò il piccolo Daniel, che ancora si nascondeva là dietro. Maka impallidì, sentendosi gelare il sangue. Con lo sguardo cercò Kid, che dopo un attimo di stordimento si accorse di quanto stava accadendo.

«Come sai, io non amo seguire le regole» sibilò il Kishin. «Sono un tipo arrogante. Perciò, vediamo come te la cavi adesso. Puoi scegliere. La vita di tuo figlio in cambio della tua. Cosa ne dici?»

Maka lanciò al Kishin uno sguardo di fuoco. Lui scoppiò a ridere.

«Sai, sei ancora più carina quando ti arrabbi».

«Va bene, facciamo a modo tuo» acconsentì lei. Mentre parlava, cercava in tutti i modi di non fissare Kid che, muovendosi lentamente alle spalle del Kishin, aveva appena sfoderato le sue armi puntandole dritte contro il mostro.

«Crepa!» gridò Kid all'improvviso, aprendo il fuoco. Il Kishin non si voltò neppure. Sopportò tutti i colpi senza sottrarsi. Quando anche l'ultimo colpo fu esploso, il corpo ormai senza forma del Kishin si dissolse in una fanghiglia puzzolente, che ricoprì il suolo ai loro piedi. Kid si avvicinò, cauto. Daniel era immobile, tremante, gli occhi fissi sulla madre. Aveva i piedi immersi nel fango.

«Mamma» mugolò, muovendo un passo verso di lei. Maka trasalì.

«Non muoverti!» gridò. Daniel si fermò, giusto un attimo prima che il Kishin, riplasmandosi in un lampo, lo cingesse di tenebra, puntandogli al collo la lama della propria falce.

«A-ah! No, no, no piccino. Obbedisci alla mamma» sibilò il mostro. «E tu sparisci, lurida cornacchia» fece, lanciando a Kid uno sguardo minaccioso. «O giuro che gli spacco il cuore in due».

Kid lanciò a Maka un'occhiata. Lei annuì, calma. A quel punto, lui alzò le mani, allontanandosi. Il Kishin ridacchiò divertito.

«Allora, Maka» disse, tornando a rivolgersi a lei. «Sto aspettando. Ma ti avverto. Al prossimo scherzo dei tuoi amici, a tuo figlio salterà la testolina».

«No!»

Maka alzò le mani, fissando terrorizzata il Kishin. Daniel la guardava atterrito, senza saper cosa fare. Lei gli sorrise, pallida.

Tranquillo gli mormorò. Lui annuì, ma aveva paura. In quel momento, Spirit fece un passo avanti.

«Maka...»

«Non fate niente» scattò lei, rivolgendosi a lui e agli altri del gruppo, che nel frattempo si erano disposti in cerchio attorno a lei e al Kishin. Guardò Tsubaki e Black Star, intensamente. «Non fate nulla, finché non ve lo dico io».

Loro annuirono, seguiti dal resto del gruppo.

«Ascoltami» disse, spostando gli occhi sul mostro. «Siamo io e te, adesso. Lascia andare mio figlio, ok? Posso darti questo, in cambio».

Il Kishin fissò curioso Maka, che si sfilò una catenella dal collo.

«Che diavolo è?»

«Racchiude l'anima di Soul» fece lei. «Se la vuoi, è tua».

Il Kishin rise. «L'anima di Soul?» fece. «Avanti, puoi fare di meglio. Sai già che lui è mio».

«No, non lo è».

«Non lo è?»

Senza preavviso, il Kishin si scagliò dritto contro Maka, aggredendola con l'intento di falciarle l'anima in due. Un grido si levò dai presenti, ma Maka sembrava assolutamente tranquilla. Non mosse un muscolo. Il Kishin sollevò la falce, la abbassò veloce. Fece per colpirla, ma lei non si spostò. Non chiuse nemmeno gli occhi. All'ultimo istante, la lama deviò la traiettoria e le passò accanto al volto, procurandole solo un graffio superficiale alla guancia. La lama tranciò uno dei codini, che si sciolse. I capelli, ormai liberi, le ricaddero morbidamente sul volto, in ciocche disordinate. Il Kishin la fissò sconvolto.

«Come vedi» fece lei, con un ghigno, «lui non sarà mai tuo».

«Voglio quella chiave» gridò il Kishin. «Dammela!»

«La vuoi? Prendila».

Maka lanciò la chiave lontano. Il Kishin non ci pensò un secondo e abbandonò a se stessa la sua falce, che subito riacquistò la sua forma umana. Soul, sconvolto e smarrito, si materializzò proprio davanti agli occhi di Maka. Traballò leggermente, voltandosi confuso verso di lei, quindi abbassò gli occhi su Daniel, che si trovava ancora fermo accanto a lui, in mezzo alla stanza. In un lampo, Maka trasse a sé Daniel, spostandolo vigorosamente di lato. Quando vide che era al sicuro dietro di lei, si volse dura verso Soul.

«Maka...»

«È vuota!» gridò il Kishin, la cui ombra si stava ancora contorcendo come impazzita sopra la chiave. «Maledetta sgualdrina, cosa significa...»

Lei rivolse al Kishin un ghigno di sfida, prima di torcere gli occhi sul volto di Soul. Lui la fissava confuso, sembrava quasi non capire. E a quel punto, lei sfoderò la falce.

«Mi dispiace, Soul» mormorò, mentre una lacrima le solcava la guancia. E con un colpo preciso, lo trapassò da parte a parte.

«No!»

Il Kishin restò a guardarla impietrito. Nessuno dei presenti riuscì a credere a ciò che vedeva, ma Maka non si fermò. Con uno scatto deciso, affondò ancora di più la sua falce nel petto di Soul, finché non sentì la sua anima dibattersi spaventata. A quel punto, torse la lama e la estrasse con un movimento fulmineo. Ci fu un rumore sordo, seguito da un sibilo. E l'anima di Soul si squarciò, cessando di pulsare.

«Sono qui» mormorò lei, ansiosa, affrettandosi a sorreggere il corpo esanime di Soul che le crollò tra le braccia.

«Soul» gli sussurrò, tra le lacrime «perdonami, ma non c'era altra scelta».

Lui le strinse la mano, fissandola dolcemente attraverso le palpebre socchiuse. Tossì. Sentiva che le forze lo stavano abbandonando.

«Ben fatto, Maka» fece in tempo a dire. Sorrise. Cercò di imprimersi a fondo il suo volto nella memoria, quel volto che non avrebbe mai dimenticato. Poi gli occhi gli si chiusero e intorno a lui discese il buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



  
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