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Autore: Cicciolgeiri    17/03/2011    4 recensioni
Dimenticate tutto ciò che sapete sul mondo degli dei dell'Olimpo e calatevi nei panni di Steve Johnson, il figlio del divino Zeus, e di quelli dei suoi amici Grover Underwood, Silfide Black ed Annabeth Chase.
Ade, dopo millenni di umiliazioni e soprusi, decide di vendicarsi degli Dei dell'Olimpo attuando un terribile piano di distruzione insieme ad Eris, dea della discordia: rapire e sacrificare tutte le divinità per aumentare il suo potere.
In un mondo in cui nulla è come sembra, ce la faranno i nostri amici a salvare il mondo dalla furia di Ade?
Ma soprattutto, Steve riuscirà a capire di chi potersi fidare veramente?
Nuove avventure, antichi nemici ed impavidi eroi si intrecciano in una disperata lotta contro il tempo per la salvezza del mondo ... e dell'Olimpo.
(...)- Volete spiegarmi cosa sta succedendo? - sbottai io. Odiavo sentirmi escluso. - Che cosa sarebbero questi calzari nella foresta? -
-
Altari, babbuino! - esclamò Silfide, - sono dei templi eretti nel bosco per i nostri genitori. Una volta ogni tanto tutti noi dobbiamo farci una scampagnata nella foresta per rendere loro grazie - simulò un conato di vomito. - Sai che noia … ecco perché mi porto le tenaglie! - aggiunse perfidamente, ritrovando subito il buon umore.
- Non puoi farlo - disse Grover serio. - Hermes e gli altri dei si arrabbierebbero come ippopotami con l’ernia, lo sai -.
Lei fece schioccare la lingua con strafottenza. - Tzé, sai quanto me ne importa! - ribatté.
Io chiesi: - Cosa vuoi farci, con delle tenaglie? -
- Sopra ogni altare c’è la statua della divinità a cui è stato dedicato - spiegò Silfide. - La statua di Hermes è senza mutande, quindi ha praticamente i gioielli esposti a qualunque tipo di intemperie - ammiccò furbescamente, - e di tenaglie -.
Io la guardai stralunato.
- Mi stai dicendo che vuoi castrare la statua di tuo padre? - dissi.
Lei sghignazzò.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Chirone aveva detto che il signor D avrebbe gestito il Campo in sua assenza, non avevo poi dato tanto peso a quell’affermazione.
Insomma, certo: “Signor D” era un nome strano perfino per qualcuno che dirigeva un campo estivo per semidei; e non era neppure tanto autoritario, dato che ricordava il soprannome di un dj, però … ehi!
Avevo appena visto Ade ed Eris sbaciucchiarsi appassionatamente dopo aver giurato di ammazzare tutti gli dei uno per uno: ero troppo sconvolto per farci caso!
Iniziai a ricredermi riguardo alla faccenda più in là, a sette giorni esatti dalla partenza di Chirone, quando il famigerato signor D decise di degnarci con la sua augusta presenza e, soprattutto, quando Grover e tutti gli altri satiri incominciarono a mostrare i primi segni di cedimento emotivo.
Quel fatidico giorno, c’era un grande via vai di zoccoli e chiappe caprine in movimento: chi si affaccendava a riparare il tetto di una capanna (che magari era sfondato dai tempi in cui Ercole frequentava il Campo e nessuno se n’era mai preoccupato), chi trasportava fiori da usare per abbellire i vari padiglioni, chi lucidava le armi, chi correva qua e là senza una meta precisa, blaterando frasi sconclusionate e tormentando i suoi amici …
Ecco, quello era Grover.
Grover sapeva essere molto noioso, quando voleva, ma io non ricordavo di averlo mai visto in quello stato: era patetico e non faceva che frignare ed emettere belati di pura disperazione mentre ci facevamo strada lungo l’affollatissima via principale del Campo.
<< Non sono pronto! Non sono pronto! >> gemette mettendosi le mani nei capelli, per poi ritirarle come se avesse preso la scossa. << Ecco, guarda! >> mi urlò con uno sguardo da pazzo, indicandosi la testa.
Io non vedevo nulla di anormale, a parte dei ricci che avrebbero avuto bisogno di una bella strigliata.
 << Ehm … hai cambiato shampoo? >> gli chiesi cauto.
Lui emise un rantolo strozzato che mi fece accapponare la pelle.
<< NO! NO! NO! >> mugolò in preda alla più nera disperazione. << Le corna! >>
<< Quali corna? >> chiesi io allibito.
<< Ecco, appunto! >> esclamò Grover alzando le braccia al cielo. << NIENTE CORNA! >>  urlò rivolto ad un cumulonembo.
<< Uhm … >> borbottai io, senza avere la più pallida idea di cosa dire per consolarlo.
Fortunatamente, puntuale come al solito, in mio soccorso giunse Silfide.
<< Perché strilli come un’arpia con le adenoidi? >> gli chiese allegramente, affiancandosi a noi.
Grover tirò sonoramente su col naso, abbattuto.
<< Oggi arriva il signor D >> spiegò con tono lugubre, << ed io non ho nemmeno uno straccio di corno >>.
Silfide mise su un sorrisetto enigmatico. << Il signor D? >> ripeté con uno strano luccichio negli occhi.
Stando al Campo, avevo imparato che quando gli occhi di un figlio di Hermes dardeggiavano in quel modo, voleva dire che aveva qualcosa in mente e, di conseguenza, che era meglio girare al largo, se non volevi finire nei pasticci.
Dal tono con cui pronunciò quel nome, capii che Silfide conosceva il misterioso signor D e che, con ogni probabilità, non si stavano esattamente simpatici.
Grover annuì, col labbro inferiore che tremolava leggermente.
<< Mhhh … vieni qui, vediamo com’è la situazione >> la ragazza gli afferrò la testa senza troppi complimenti e la scrutò con aria critica. << No, è vero >> disse alla fine. << Niente corna >>.
Grover emise un belato così lugubre che mi fece tenerezza.
Da come quel certo signor D riusciva a mandarlo in paranoia senza neppure avere ancora messo piede nel Campo, mi dissi che doveva essere un tipo davvero duro; forse era uno di quegli infervorati fan di Ares che facevano sgobbare tutto il giorno e affettavano il pane a colpi di sciabola …
Ma non mi sembrava comunque una cosa così terribile: dopotutto, neppure Chirone scherzava in fatto di allenamenti intensivi, anche se il pane, lui, lo tagliava normalmente.
<< Si può sapere chi è questo signor D? >> chiesi.
Grover fece un gesto vago con la mano, come a voler scacciare un moscerino.
<< Diglielo tu >> gorgogliò in modo pietoso rivolto a Silfide, che gli stava dando garbate pacche sulla schiena per consolarlo.
<< Il signor D è un dio >> mi spiegò la ragazza, << il dio del vino, per essere esatti: Dioniso! >> io sgranai gli occhi. << Solo che si fa chiamare signor D, perché il suo paparino, che poi sarebbe anche il tuo, l’ha messo in punizione per avere avuto una tresca con una certa mortale … sai, è una famosa, ma se ti dicessi chi è non mi crederesti … e quindi è costretto a badare al Campo ogni volta che gli è richiesto >>.
Io annuii con fare comprensivo, ma in verità continuavo a non capire.
<< Sì, be’ … il dio del vino … >> mormorai.<< E’ terribile. Scommetto che ci farà fare festini a base di alcolici tutte le sere >> scherzai, << una vera disgrazia >>.
Grover mi assestò un poderoso pugno su un braccio, piagnucolando qualcosa d’incomprensibile; poi fece nuovamente cenno a Silfide di parlare.
<< Steve, in Epica sei proprio una capra >> mi rimbrottò lei. Grover la fulminò con un’occhiataccia, dimenticandosi per un attimo di essere disperato. << Non lo sai che Dionisio è il padrone dei satiri? >> mi chiese lei, spalancando gli occhi con aria significativa. << Ogni volta che viene qui, pretende che tutti i Custodi gli facciano da lecchini … li tratta come schiavetti! Fai questo, fai quelloportami una limonata, fammi aria col ventaglio … >> lo scimmiottò.
<< … fammi un massaggio ai piedi! >> aggiunse Grover arrabbiato.
Io e Silfide emettemmo un verso disgustato.
<< Bleha! >>
<< Già >> confermò lui. << Mi sono dovuto strofinare le mani col bicarbonato Olimpico per due settimane, per far andare via del tutto quell’odore schifoso! >> si lagnò.
Silfide gli accarezzò il braccio con condiscendenza. << Coraggio, non ci pensare. Vedrai che troveremo una soluzione >> lo rassicurò.
Non avevo mai visto Silfide fare così la premurosa con qualcuno.
Le lanciai uno sguardo divertito e lei alzò un sopracciglio, minacciosa. Allora mi schiarii la voce e mi premurai di guardare da un’altra parte, facendo finta di nulla.
<< Voi non capite! >> esclamò Grover lamentoso. << Io sono l’unico satiro tra i Custodi del mio anno a non avere le corna! >> spiegò. << Ed il signor D se la prende sempre con noi Ritardatari, come ci chiama lui, facendoci fare i lavori più disparati e affibbiandoci tutte le mansioni più umilianti che uno possa fare. Mi farà sgobbare come un mulo, ma quel che è peggio è che, se le corna non mi crescono entro quest’anno, non potrò mai prendere il diploma di Custode di Primo Grado, rimarrò per sempre un’Apprendista! >> si coprì il volto con le mani.
Io e Silfide ci scambiammo uno sguardo preoccupato; poi lei prese a mordicchiarsi il labbro, pensierosa.
<< Ho un’idea >> sentenziò alla fine, scrollando energicamente la spalla di Grover per attirare la sua attenzione.
<< Cosa? >> chiese lui speranzoso.
<< Te le faremo costruire, delle corna! >> esclamò decisa, colpendosi il palmo della mano con un pugno. << Delle belle corna da satiro come si deve! >>
<< E come? >> domandò Grover a bocca aperta.
<< Conosco un figlio di Efesto, Axel Rodriguez, che mi deve un favore >> spiegò Silfide parlando in fretta. << Quello maneggia il martello come se fosse una racchetta da tennis! Gli chiediamo di fabbricarti un paio di corna realistiche e poi te le piazziamo in testa! Vedrai, non se ne accorgerà nessuno >> assicurò, afferrandolo per il gomito e trascinandolo via con sé.
<< Ma … aspetta, Silf … sei sicura che … >> balbettò Grover, ma lei continuava ad avanzare imperterrita.
Io alzai una mano in segno di saluto, ignorando le lamentele del mio amico satiro, e proseguii per la mia strada.
Nel poligono di tiro con l’arco scorsi Luke e Annabeth che si stavano allenando fianco a fianco ed il mio stomaco fece un paio di capriole. Improvvisamente, compresi alla perfezione come dovesse sentirsi Grover ogni volta che Luke spuntava fuori.
<< Ragazzi! >> urlai a squarciagola, sbracciandomi come un matto.
Loro due si voltarono a guardarmi, Luke aveva ancora l’arco teso e la freccia incoccata e senza volerlo gli partì un colpo.
La freccia fendette l’aria con un sibilo, dritta verso la mia fronte, ed io non ebbi nemmeno il tempo di avere paura.
Chiusi gli occhi istintivamente, dicendomi che mi era toccata una morte davvero idiota …
E invece non morii.
<< Oh miei dei, Steve! >> urlò Luke venendomi incontro. << Mi dispiace tantissimo, io non … >> poi si zittì di colpo.
Io mi decisi ad aprire le palpebre e vidi la punta della freccia fluttuare ad un soffio dalla punta del mio naso, così vicina che per inquadrarla dovetti incrociare gli occhi.
<< Steve! >> esclamò Annabeth trafelata, correndo verso di me. Poi anche lei vide la freccia galleggiante ballonzolarmi ad un millimetro dalla faccia e rimase a bocca aperta.
<< Ma come … cosa … >> balbettò.
Neanche io riuscivo a spiegarmelo. Allungai cauto una mano verso la freccia e sentii contro la mia pelle il soffio gentile di un vento tiepido. Accarezzai quell’aria come il manto di un animale invisibile, poi la freccia ebbe un fremito instabile e mi cadde nel palmo della mano.
<< Wow >> commentò Luke, fissandola.
Era incredibile: ero appena stato salvato da un soffio di vento.
<< Io … non capisco >> farfugliai incredulo, << era come se quella strana brezza avesse avvolto la freccia,fermandola >>.
<< Sono i tuoi poteri, Steve >> disse Annabeth emozionata. << Zeus è il signore dei cieli, ciò vuol dire che comanda anche i venti. Hai appena usato i tuoi poteri! >>
Rimasi piacevolmente sorpreso. Anche perché, se non fossi riuscito a fermare quella freccia, mi avrebbe spaccato la testa a metà come un melone.
Mi voltai verso Luke.
<< Sono terribilmente dispiaciuto >> si scusò di nuovo, sinceramente. << Non … non mi è mai successa una cosa del genere, sul serio! Se penso che stavo per … >> non riuscì a terminare la frase. << Tuo padre mi avrebbe fatto a pezzi >> rabbrividì.
<< Già >> assicurò Annabeth, mettendosi l’arco a tracolla, << fortunatamente Steve non controlla solo l’elettricità >> mi sorrise.
Io scoppiai a ridere come un idiota, brandendo la freccia a mo' di scettro.
Sicuro! Ero pure in grado di governare gli spifferi! In un lampo di gioia mi resi conto che non avrei mai più avuto bisogno dell’aria condizionata in vita mia.
<< E’ fantastico! >> esclamai, ed assestai a Luke, che era il più vicino, una poderosa pacca sul braccio.
Lui si massaggiò il punto in cui l’avevo colpito e mi lanciò uno sguardo turbato, probabilmente chiedendosi se fossi diventato matto.
<< Sei sicuro di stare bene? >> mi chiese.
<< Mai stato meglio >> risposi io allegramente, consegnandogli la freccia che avevo in mano.
In realtà ero felice, perché mi ero reso conto di essere forte: se ero riuscito a salvare me stesso, cosa avrebbe potuto impedirmi di salvare mia madre?
Durante tutto l’allenamento con Annabeth e Luke, la mia mente non fece altro che lavorare per elaborare un piano d’azione.
Non sapevo neppure dove fosse l’ingresso dell’Ade e mi rendevo perfettamente conto che portare via la mamma da lì, non sarebbe stato per niente facile, ma mi dicevo che, forse, se per allora avessi imparato ad usare almeno decentemente fulmini, venti e quant’altro, avrei potuto farcela.
E poi non ero da solo: i miei tre migliori amici si erano offerti di venire con me. Avrei potuto anche partire in quello stesso momento: restare al Campo a nascondersi come poppanti, non solo ci faceva perdere tempo prezioso, ma era anche perfettamente inutile, perché sapevo che, non appena Ade sarebbe diventato abbastanza forte, avrebbe sfondato le nostre difese con la stessa facilità con cui si frantuma un bicchiere di vetro.
Eppure c’era qualcosa che mi bloccava: Chirone aveva detto che, secondo lui, il piano di Ade era quello di propormi una specie di accordo, ecco perché aveva preso mia madre.
Che genere di accordo? Cosa c’entravo io con i suoi piani di conquista?
Quel pensiero, unito al fatto di sapere che cosa avessero in mente lui e la sua complice Eris, riusciva sempre a farmi venire la pelle d’oca.
Cosa voleva da me?
<< Steve, ma mi stai ascoltando? >> mi urlò Annabeth ad un certo punto, facendomi sobbalzare.
<< Uhm … che cosa hai detto? >> blaterai.
<< E’ arrivato! >> esclamò Annabeth indicando un punto alle sue spalle, oltre i bersagli del tiro con l’arco.
<< Chi? >> chiesi io.
<< Il signor D! >> risposero Luke ed Annabeth in coro.
<< Corri >> disse lei, dandomi una spinta mentre mi superava alla svelta, << dobbiamo andare ad accoglierlo! >>
Io mi affrettai a seguirli, ma ben presto io ed Annabeth ci ritrovammo a correre affiancati, con Luke che ci precedeva di numerose falcate, troppo veloce perché potessimo tenere il suo passo.
Al Campo c’era, se è possibile, ancora più agitazione del solito: tutti quanti avevano abbandonato le loro consuete attività e si stavano dirigendo a frotte verso l’ingresso del Campo, giù per la collina dove c’era anche l’alloggio, ora vuoto, di Chirone.
Dalla nostra postazione, saltellando sulle punte dei piedi per riuscire a scorgere qualcosa oltre alle teste di tutta quella gente, avvistammo l’automobile nera guidata da Argo l’autista risalire lungo la strada che portava al Campo.
Luke sgusciò abilmente tra la folla e ci fece segno di seguirlo ed io e Annabeth non ce lo facemmo ripetere due volte.
Alla fine giungemmo proprio al margine più esterno del Campo, ad un passo dall’Arco con le scritte greche, quello davanti al quale avevo affrontato il minotauro la sera del mio arrivo lì.
I capigruppo, compresi Annabeth e Luke, coordinarono la folla, gridando ordini e istruzioni a destra e a sinistra, e facendo disporre tutti in fila lungo i due lati del sentiero.
<< State pronti con l’applauso non appena scenderà dalla macchina! >> si premurò di ripetere Luke, rivolgendosi alla folla. << Voglio sentirvi strillare come ragazzine isteriche ad un concerto dei Jonas Brothers! >>
A quelle parole, la maggior parte della componente femminile del Campo, ebbe un attacco di risatine davvero insulso.
Ridacchiai scuotendo il capo, mentre mi sistemavo diligentemente lungo il bordo ovest del sentiero, ritrovandomi accanto Grover.
<< Steve! >> esclamò.
<< Grover! >> dissi io, ed il mio sguardo corse subito all’attaccatura dei suoi capelli, dove facevano bella mostra di sé un paio di piccole corna luccicanti, dall’aria estremamente genuina.
<< Wow! >> constatai colpito. << Sembrano proprio vere! >> aggiunsi a voce bassa.
Grover gongolò soddisfatto e Silfide apparve, sporgendo la testa da oltre la sua spalla.
<< Carine, eh? >> chiese ammiccando scaltramente. << Gli donano! >>
<< Già >> acconsentii io, massaggiandomi il mento con una mano con aria pensosa, << ti danno un non so che di maturo … >>
Grover le sfiorò con le punte delle dita con una sorta di timore reverenziale. << E’ vero >> sospirò emozionato, << sono bellissimo >>.
<< Non esagerare, caprone! >> lo rimbrottò Silfide dandogli una leggera spinta.
Scoppiammo a ridere tutti e tre, ma ad un tratto i capogruppo ci intimarono di tacere ed il silenzio più assoluto scese sulla folla, come se fossero stati tutti congelati.
Annabeth sgusciò tra me e Grover e si premette un dito sulle labbra con aria vagamente isterica. Io annuii con forza, come a dire che avevo la bocca cucita.
A quel punto l’automobile nera fece il suo ingresso oltre l’Arco del Campo ed iniziò a procedere lentamente lungo il sentiero polveroso, gli pneumatici che scricchiolavano al contatto con la ghiaia, sfilando in mezzo alle due ali di folla.
Quando la macchina mi passò davanti, il mio viso si specchiò sul finestrino dal vetro oscurato, che si abbassò, lasciandomi scorgere per la prima volta il famigerato signor D.
Vi dico subito che fu piuttosto deludente: Dioniso era un tipo sulla quarantina, rotondo come una palla da bowling e quasi completamente calvo. Indossava un paio di bermuda sformati color kaki ed una camicia hawaiana con motivi floreali di un fuxia così acceso da ferire gli occhi.
Il signor D si abbassò gli occhiali da sole lungo il naso, mi lanciò uno sguardo incomprensibile da dietro le lenti scure, dopodiché fece segno ad Argo di ripartire, ed il finestrino tornò ad alzarsi, nero e imperscrutabile.
La macchina ci superò e si fermò nella piazzola ai piedi della collina. Argo scese ed aprì diligentemente lo sportello al signor D, che smontò in maniera assai poco agile.
Non appena il suo piede tozzo e calzante una ciabatta infradito da mare si poggiò a terra, la folla esplose in un boato spacca timpani e tutti applaudirono selvaggiamente, o si misero a fischiare come falchi affamati.
<< Grazie, grazie >> tagliò corto il signor D, agitando in aria le manine tozze per far tacere tutto quel baccano, annoiato. << Vi ringrazio tutti per il vostro caloroso benvenuto, ma soprattutto ringrazio i vari capigruppo per avervi ricordato di applaudire >> si mise in testa gli occhiali da sole e schioccò le dita con fare imperioso, indicando il cofano dell’auto. << I miei bagagli >> disse.
Argo accorse e diversi satiri si staccarono dalla folla, Grover compreso. Sembrava che il signor D si fosse portato dietro tutto l’Olimpo e mi dissi che quell’automobile dovesse essere in qualche modo incantata, perché era fisicamente impossibile che tutta quella roba entrasse in un comune portabagagli: non sarebbe bastato neppure un container!
Più valige venivano scaricate, più ne facevano capolino dal bagagliaio; alla fine, carichi come somari, quei poveretti di Argo, Grover e degli altri satiri, si inerpicarono su per la collina, trasportando circa una decina di valige e bagagli vari a testa.
<< Molto bene >> annunciò il signor D con quella sua vocetta ronzante e tediosa. Mi accorsi che mi stava davvero antipatico. << Adesso mi ritirerò nel mio alloggiò, sperando che il centauro mio sottoposto non l’abbia trasformato in una stalla >> le sue labbra sottili si incurvarono appena in un sorrisetto sgradevole. << Steve Johnson, voglio vederti tra un’ora esatta >> e, detto questo, anche lui salì su per la collina, scortato da un gruppetto di obbedienti satiri.
<< Ma cosa … >> mormorai stralunato, mentre la gente attorno a noi rompeva le righe di malumore, borbottando insulti contro Dioniso.
<< Ti conviene andare >> mi consigliò Silfide, mentre lei, Annabeth ed io, facevamo la strada a ritroso. << Sarà anche insopportabile, ma magari ha qualcosa di importante da dirti. Forse un messaggio da parte di tuo padre … >> ipotizzò.
<< Lo penso anch’io >> disse Annabeth, << poi ovviamente, verrai a farci rapporto, intesi? >> mi fulminò con quella sua occhiata grigia che riusciva sempre a far ballare la samba alle mie budella.
<< Intesi >> assicurai.
Un’ora dopo, pettinato e profumato, stavo camminando verso l’alloggio di Chirone, dove il signor D mi stava aspettando.
Non sapevo perché, ma mi sentivo abbastanza nervoso e la mia mano stringeva convulsamente il contenitore della Folgore che tenevo in tasca: avvertire quel brivido elettrico così familiare mi rilassava sempre.
Presi un respiro profondo e bussai alla porta.
Da dietro si udì un lieve calpestio di zoccoli, poi Grover venne ad aprirmi.
<< Grover >> esclamai io allibito, << cosa ci fai … >>
<< Signor Johnson >> mi salutò lui ad alta voce, prodigandosi in un profondo inchino. Poi, alzando appena le testa, mi sibilò: << Stai al gioco >>.
Io annuii impercettibilmente, cogliendo al volo.
<< Prego, si accomodi >> disse allora Grover. << L’Augusto signor D la sta aspettando >>.
" Augusto? " mimai con le labbra, senza emettere alcun suono, mentre lui mi faceva entrare.
Grover si strinse nelle spalle con rassegnazione, come per dire che non poteva farci niente.
Ero entrato solo una volta nell’alloggio di Chirone e, in tutta onestà, non è che mi fossi messo ad osservarlo con particolare attenzione, tuttavia mi ricordavo che fosse arredato in modo essenziale e spartano, ma Spartano nel vero senso della parola, perché sembrava la tenda da campo di un antico generale greco: con rastrelliere di armi appese alle pareti, antichi strumenti ginnici e varie pitture raffiguranti creature della mitologia classica.
Adesso, invece, era diventato un Club anni Settanta. Mentre Grover mi faceva strada tra puff e lucine stroboscopiche, mi chiesi come diavolo Dioniso fosse riuscito a cambiare l’arredamento in modo così drastico ed in così poco tempo.
Poi mi ricordai che, nonostante fosse parecchio in sovrappeso, era comunque un dio e smisi di arrovellarmi il cervello.
Grover scostò una tendina di plastica fluorescente e mi fece entrare in una stanzetta ovale illuminata dalle luci soffuse di una moltitudine di lampade da tavolo, di quelle colorate con dentro lo bolle di cera che fanno su e giù in un modo che ti concilia il sonno. Ricordavo che, a casa mia, ne avevo una verde sul comodino.
<< Il signor Johnson è qui, come avevate richiesto, mio signore >> annunciò Grover in un modo così ossequioso che mi sentii male per lui.
Dal grande puff al centro della stanza emerse a fatica la figura grassoccia di Dioniso.
<< Bene, Undergood >> lo congedò freddamente, << puoi andare >>.
<< Sì, mio signore. Certo, mio signore >> belò obbedientemente il satiro, zampettando via senza neppure preoccuparsi di far notare a quel grassone che aveva sbagliato a pronunciare il suo nome.
Sentii montare dentro di me la rabbia ancora prima che quell’idiota aprisse bocca; poi, quando iniziò a parlare e quella vocina strascicata riempì la stanza, dovetti davvero fare uno sforzo di volontà per non piombargli addosso e usarlo come punching ball.
<< E così tu sei Steve >> disse con aria vagamente meno annoiata del solito. << Ho sentito molto parlare di te. Dopotutto, sei uno dei pochi errori di mio padre >> mi dedicò un sorrisetto a metà tra il mellifluo e il rabbioso.
Io serrai la mandibola e i pugni, così forte che le nocche mi diventarono bianche.
<< Prego, accomodati >> mi invitò, indicando con un gesto della mano le varie poltroncine fiorate sparse per la stanza.
Io rimasi immobile.
<< No, grazie >> sillabai, senza preoccuparmi di smussare il mio tono minaccioso. << Preferisco stare in piedi >>.
Il signor D si strinse nelle spalle.
<< Come vuoi tu >> tagliò corto, per poi servirsi un flute di champagne versandolo da una bottiglia lì accanto. << Sappi che neanche tu mi vai troppo a genio, Johnson >> mi comunicò, sorseggiando pigramente la sua bevanda. << Ma mio padre pensa inspiegabilmente che tu sia molto importante >> alzò gli occhi al cielo. << Gli passerà presto, ne sono sicuro: come è capitato per tutti gli altri. E’ solo che all’inizio vi trova … interessanti, presumo. O forse carini. L’importante è che restiate al vostro posto e non vi mettiate strane idee in testa >> mi lanciò uno sguardo ambiguo da oltre il bicchiere.
Io capii che stava parlando dei figli mezzosangue di Zeus e quindi anche di me. Ma si sbagliava di grosso, se pensava di potermi paragonare ad un cagnolino o ad un criceto, per il quale mio padre avrebbe presto perso interesse.
<< Se non sbaglio, divino Dioniso >> iniziai io, mentre la Folgore vibrava violentemente dalla mia tasca, simile ad un cellulare, << anche voi siete figlio di Zeus e di una mortale. Volete forse dire che nostro padre ha perso interesse anche per voi? >>
Con mio sommo piacere, quel pallone di lardo gonfiato si strozzò col suo champagne. Dalla stanza accanto, sopraggiunse alla svelta una ragazza satiro molto carina che si premurò di dargli una manata tra le scapole parecchio più forte del necessario.
Lui, sempre tossicchiando, le fece segno di smetterla, al che la ragazza si inchinò profondamente e, prima di andarsene, mi fece discretamente il segno di ok col pollice in su.
Io sorrisi appena.
<< Vedo che, nonostante tu sia qui da poco, la celebrità ti ha già dato alla testa! >> gracchiò il signor D quando riuscì a riprendere fiato. Poi fece un respiro profondo, cercando di ridarsi un contegno, e proseguì: << Mio padre, vuole farti sapere che ha ricevuto il messaggio di Chirone, che al momento attuale si trova in un posto che tu sicuramente neanche conoscerai, a recuperare un certo manufatto >> fece una pausa carica di astio. << Mi ha detto di riferirti che, naturalmente, la situazione è grave, ma non vuole che tu faccia nulla di avventato. Nessuno vuole che tu schiatti, Steve >> mi sorrise in un modo orribile.
Ma io ero troppo impegnato a rimuginare su quanto aveva appena detto, per farci caso: mio padre non voleva che facessi nulla di avventato … che sapesse dei miei piani di salvataggio?
Qualcosa mi diceva di sì: forse il fatto che fosse Zeus, padre di tutti gli dei, e che stesse sempre a scrutarci dall’alto armato di saetta, pronto a bruciarci le chiappe con qualche fulmine bene assestato nel caso avessimo sgarrato.
Ma se avessi disubbidito, partendo per portare in salvo la mamma, lui che avrebbe fatto?
<< Cos’ha intenzione di fare? >> chiesi a Dioniso, scordandomi dei convenevoli. << Avrà pure un piano in mente, no? O vuole lasciare ad Ade campo libero? >>
Il signor D sospirò con aria di insopportabile superiorità.
<< Solo perché Ade vuole fare qualcosa, Johnson, non significa che possa farla >> spiegò, come se avesse a che fare con un moccioso dell’asilo.
Io mi infiammai.
<< Ma lui si è alleato con Eris! >> esclamai con rabbia. << Io l’ho visto, l’ho visto frantumare il Sigillo che la teneva prigioniera, ho ascoltato tutto il loro piano per filo e per segno! Quei due sono troppo forti, messi insieme! Troppo forti e troppo arrabbiati per essere ignorati! >>
Il signor D si versò un altro po’ di champagne, tranquillo come se stessimo parlando del tempo.
<< Sei troppo giovane e troppo, come dire … mortale per afferrare certe cose, Johnson. D’altro canto nessuno pretende che tu capisca >> mi sorrise con sufficienza. << Tuttavia, mio padre pare particolarmente intrigato da te e se tu dovessi rimetterci le penne facendo l’eroe penso che lui ci rimarrebbe piuttosto male >> bevve un sorso dal suo bicchiere. << Non così tanto, ovviamente, ma sarebbe comunque uno strazio. Ecco perché ho intenzione di starti col fiato sul collo >> aggiunse, facendomi sussultare dalla sorpresa. << Non pensare nemmeno di muovere un solo passo fuori da questo Campo, senza che io lo sappia ancora prima di te >> mi intimò. << Sono stato chiaro? >>
<< Cristallino >> sibilai.
Lui si scolò lo champagne rimasto, soddisfatto.
<< Molto bene. Puoi andare >> mi congedò, agitando una delle sue manine tozze. << Chi è il tuo Custode? >>
<< Grover Underwood >> risposi.
<< Oh, sì: Undergood >> disse lui con aria annoiata. << Undergood! >> urlò. << Vieni qui! >>
Grover si precipitò nella stanza al galoppo, scostando le tendine di plastica in malo modo.
<< Sì, mio signore? >>
<< Dato che ti sono spuntate le corna >> disse Dioniso, << ti nomino babysitter ufficiale del signor Johnson, qui. Sarai i miei occhi e le mie orecchie, dovrai riferirmi tutto ciò che di interessante ha da dire >> lanciò a me e a Grover uno sguardo di malvagio compiacimento.
Grover si voltò a guardarmi, sconvolto e addolorato, ma io gli feci cenno che andava tutto bene.
<< Sì, mio signore >> rispose allora. << Come comandate, mio signore >>.
Il signor D annuì e si stiracchiò, emettendo un sonoro sbadiglio.
<< Ora sloggiate, tutti e due >> ci intimò, << e Johnson: se vengo a sapere che hai in mente qualcosa, qualsiasi cosa >> ridusse gli occhi a fessure, << giuro che ti pentirai di esserti messo contro di me, mi hai sentito? >>
<< Sì, divino signor D >> risposi.
Se solo quel grassone avesse saputo che io avevo problemi a rispettare le autorità …

  
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