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Autore: Tati Saetre    17/03/2011    7 recensioni
Isabella Swan si trova a casa di Edward Cullen, a causa di uno scambio culturale.
Edward Cullen si trova a casa di Isabella Swan, per lo stesso motivo.
Uno a Forks, l'altra a Londra.
Riusciranno a incontrarsi, alla fine di questa gita?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“Bella

“Bella. Isabella.” Una voce dolce e calda sussurrava nell’orecchio della ragazza. “Isabella, sono quasi le sette.” Con uno scatto secco, quegli occhi marroni si aprirono.

“Buongiorno, Esme.” Disse, stropicciandosi gli occhi.

Aveva dormito poco e niente, quella notte. E tutto per colpa di quel ragazzo.

Di corsa, sbarrò le pupille.

Diamine, non era stato frutto dei suoi sogni. Edward Cullen l’aveva davvero chiamata alle due di notte, credendo che lei avesse lasciato il suo numero lì apposta.

Esme?” Richiamò l’attenzione della donna, che stava aprendo le tende, lasciando spazio a nuvole e una fitta pioggia.

“Dimmi, cara.”

“Che tipo è Edward?” Non esitò nemmeno un minuto, per farle una domanda simile.

Il volto della donna era un po’ perplesso. “Sai, non abbiamo mai parlato di lui. E sicuramente mia madre gli avrà raccontato tutto su di me.

Che non sapeva mentire, Esme se ne era resa conto subito, la sera precedente. Si era resa conto che anche quella era una bugia, ma non riusciva a capire perché Isabella si interessasse così tanto.

E senza fare domande, le rispose. “Di certo non è un tipo casa-chiesa.” Spiegò, sedendosi al bordo del letto. “Però io e Carlisle non abbiamo motivo per cui lamentarci. Ha ottimi voti a scuola, è il capitano della squadra di Basket e gioca anche piuttosto bene. E sì, sono obbiettiva.” Disse, leggendo dallo sguardo della ragazza che stava pensando proprio quello.

Isabella annuì, lasciandola continuare. “A casa è un figlio perfetto. Forse sono le sue compagnie che non mi piacciono molto. Sai, al primo anno ha iniziato a frequentare i ragazzi della squadra di Basket, e così è entrato a giocare. Poi è diventato il capitano. Ancora non ha mai avuto una ragazza fissa, e ogni settimana esce con una diversa. Certo, ha diciassette anni e il diritto di divertirsi, ma quello non è mio figlio. Edward ha la testa sulle spalle, e non combini guai.

Certo, avrebbe voluto commentare Isabella, come se chiamarmi alle due di notte non è stato una cavolata. “Dimmi”, continuò Esme. “Perché vuoi sapere tutte queste cose?”

La ragazza scosse la testa, iniziando a stringere la coperta blu. “Oh, così. Pura curiosità.”

“Certo.” Rispose Esme. “La colazione è pronta. E giù c’è mio marito, che non vede l’ora di conoscerti. Finì, alzandosi per continuare a sistemare la camera.

Prima di lasciare la camera, Isabella le chiese un’ultima cosa. Esme, posso vedere Edward? Cioè, una foto.”

La signora Cullen sorrise, prendendo una foto che era riposta in un cassetto.
Forse era stato proprio Edward a chiedere alla madre di nascondere tutte le sue foto.

“Eccolo. Questa risale a Settembre. Non è molto cambiato, da allora.” Esme sorrise, porgendole la cornice di legno.

Isabella ricambiò, aspettando di vedere un bell’imbusto fiero di sé, in quella foto.

Si sbagliò.

Ovvio, era un bell’imbusto. Capelli ramati, quasi rossi. Occhi verdi.

Ma il suo sguardo non era per niente fiero di sé. Era un ragazzo normale, con un sorriso felice in volto.

Che abbracciava una donna.

Sua madre.

“Grazie, Esme.” Bella diede indietro la cornice, stiracchiandosi le braccia.

Di certo quel letto era comodo, ma ancora ci si doveva abituare. Le mancava il suo, quello che era nella sua camera, a Forks.

Quello dove stava dormendo Edward, in quel momento.

“Andiamo giù?” Domandò Esme, ammirando il letto che già aveva rifatto.

“Certo.”

Carlisle voleva conoscerti ieri sera.” Disse la donna, mentre scendevano la rampa di scale. “Ho dovuto persuaderlo a non svegliarti, convincendolo che il viaggio era stato davvero stancante.”

“Oh, è stato davvero stancante.” Confessò Bella. Anche se aveva dormito per tutto il tempo, non sopportava volare.

“Hai dormito bene?”

“Sì, certo.” Mentì, riavviandosi i capelli con la mano destra.

Entrando in cucina, Bella pensò a come potesse essere Carlisle. Sapeva che era un dottore, e lei non aveva mai avuto un buon rapporto con i dottori.

La maggior parte erano grassi, con la barba e un’aria burbera.

Però, - anche questa volta -, dovette ricredersi.

Un uomo abbastanza alto, con i capelli biondi e gli occhi verdi.

Verdi, proprio come quelli di suo figlio, era dinnanzi a lei.

Sembrava la versione di Edward, invecchiata di qualche anno.

“Isabella, giusto? E’ un piacere conoscerti!” L’uomo le porse la mano, ridestandola dai suoi pensieri.

Perché non c’erano dottori così a Forks?

“Signor Cullen.” Allungò la mano, stringendola con quella possente e fiera del dottore.

“Oh, Carlisle, Bella. Carlisle e basta.”

“Certo.” Sussurrò la ragazza, sempre più ammaliata da quella voce.

Cavolo, è un uomo, sposato e padre! Pensò, sbattendo nuovamente le palpebre.

“Allora Bella.” Iniziò Esme, mettendo a tavola del latte e una brioche. “Alle otto ti accompagno alla solita fermata. Poi, ti passo a prendere alle sette. Il tuo professore è stato molto chiaro.” Isabella annuì, pensando a tutte le raccomandazioni che aveva fatto Banner a quella povera famiglia.

“Spero che ti divertirai oggi, Isabella. Non sarà lo stesso per me, purtroppo. Ci vediamo stasera.” Con un sorriso dolce il signor Cullen la salutò, per poi dare un casto bacio sulle labbra a sua moglie.

Sembrano così affiatati, pensò Isabella.

“Buona giornata, Carlisle.” Salutò, accompagnando il tutto da un cenno della testa.

Esme, vado a vestirmi.” Annunciò la ragazza, dopo aver finito tutta la colazione.

“Va bene, cara. Ti aspetto qui.” Rispose la signora Cullen, continuando a lavare tutte le stoviglie sporche.

Isabella annuì distrattamente, salendo al piano superiore, per una doccia calda e veloce.

 

*

 

“Com’è la tua famiglia? La famiglia McCarty è proprio carina! Hanno anche un figlio che frequenta il quarto anno, si chiama Emmett. Sarà alto un metro e novanta!”

Tutto il terzo anno si era ritrovato alle otto sotto il Big Ben. E ora stavano camminando, dirigendosi chissà dove.

Ed Alice l’aveva assalita, con tutte le ultime news sulla famiglia McCarty.

“Un metro e novanta?” Domandò, sbadigliando sonoramente.

“Sì, ti giuro! Gioca nella squadra di Basket della sua scuola!

Oh, Dio, pensò, ci manca solo che conosca Edward.

“Oh, e poi quel ragazzo abita vicino a me… aspetta, com’è che si chiama?”

“Jasper?” L’aiutò Bella, continuando a camminare.

“Sì, brava. Proprio lui. Sai, non è niente male.”

“Cosa?” La sua amica quasi urlò, con un sorriso a trentadue denti.

Non ci credeva. Finalmente Alice Cullen si era resa conto di Jasper. Quel Jasper che le andava dietro dalle scuole elementari.

Mr Banner le ammonì con un’occhiataccia, visto che non la finivano più di parlare.

Shhh. Non vorrai mica che ci senta, vero? Fai finta che non ti abbia detto niente, okay?” Bella annuì distrattamente, continuando a sorridere come un’ebete. “Allora, parlami della tua famiglia.” Il sorriso se ne andò dopo quella domanda.

“I signori Cullen sono davvero carini. Carlisle lavora in Ospedale, ed Esme è sempre gentile e premurosa…

“Che c’è che non va, Bella?”

“Alle due, stanotte, Edward mi ha chiamata.”

“Edward? Chi è Edward? Perché ti senti con un ragazzo e non mi dici niente? Vive a Forks? Oh, no, vive qui a Londra. Così vuole vederti!”

“Alt, alt. Fermati, non ho nessun ragazzo, e non mi sento con nessuno. Edward, stanotte mi ha chiamata. Edward Cullen.”

“Aspetta.” Alice bloccò la sua camminata, posandole un braccio davanti al petto. “Il figlio dei signori Cullen? Edward Cullen? Quello che ora è a Forks?”

“Sì, proprio lui.” Confermò la ragazza, iniziando a camminare nuovamente.

“Cosa voleva?”

“Ha trovato un bigliettino con il mio numero, nella mia camera. L’avevo lasciato lì per mia madre, e Edward ha pensato che fosse per lui. Sai, una cosa organizzata…”

“Oh, Dio. Così passi per la ragazza che muore di fame, perché dopo che ha lasciato Jacob Black tutto muscoli è in cerca di un fidanzato.

“Alice!” L’ammonì l’amica, dandole una pacca sulla spalla.

Isabella era fidanzata con Jacob Black, un amico di famiglia. Erano stati insieme per due mesi, frequentavano la stessa scuola, poi si erano resi conto che non erano fatti l’uno per l’altra. E quindi avevano deciso di lasciar perdere tutto.

“Oh, però lui l’ha pensato subito. Quindi è vero.”

“Edward è un’idiota.”

“Chi sarebbe idiota?” Jasper Whitlock prese sottobraccio Isabella, che sbuffava continuamente.

“Ciao.” Quasi inciamparono tutti e due sul marciapiede, proprio perché quel suono era uscito dalle labbra di Alice.

“Ciao.” Rispose lui, abbassando la testa, dopo che Bella gli aveva dato una gomitata.

Dopo pochi istanti di silenzio, Jasper decise si continuare. “Allora, chi sarebbe l’idiota?” Chiese nuovamente.

“Edward Cullen.”

“E’ di Forks?” Domandò, pensando se avesse mai sentito quel nome. Di sicuro non frequentava la sua scuola.

“No. E’ il figlio della famiglia dove alloggio.

“Scusami, mi sono perso. Non dovrebbe stare a Forks, ora?”

“Già.” Sospirò Isabella. E con poche parole, raccontò anche a Jasper tutto quello che era successo in un solo giorno.

“Wow!” Tutto quello che aveva detto Jasper, dopo la spiegazione dettagliata della sua amica. “Ora penserà che tu l’hai già visto da qualche parte, e gli stai dietro.”

“Quello che ho detto anche io.” Gli diede corda Alice.

“Ora basta! Io non ho combinato un bel niente!”

“Se lo dici tu.” Canticchiò Jasper, sorridendo malignamente, accompagnato da Alice.

Forse si erano sbagliati tutti e due.

Forse erano davvero una coppia perfetta.

Banner chiese gentilmente il silenzio di tutti gli alunni, perché stavano entrando a Madame Tussauds.

Bella era su di giri. Prima di partire per Londra aveva cercato su internet tutti i posti dove sarebbero stati, e quel museo aveva catturato al meglio la sua attenzione.

E appena entrarono, una mandria di studenti si disperse nel museo. Quasi tutte le femmine che ammiravano la statua di George Clooney, Brad Pitt o Robert Pattinson. I maschi quelle di Angelina Jolie, Julia Roberts o Jennifer Lopez.

Isabella si guardò in giro, sorridendo felice e girando intorno a tutta quella gente famosa.

Guardò Jasper, che era stato sequestrato da Alice, che con una macchinetta fotografica in mano le faceva una foto abbracciata ad Audrey Hepburn.

Scosse la testa, pensando che quel ragazzo aveva firmato un contratto col Diavolo, stando dietro a quel peperino.

Girò ancora, scattando qualche foto – soprattutto per Renée -, quando il cellulare in tasca iniziò a vibrare.

Parli del diavolo, e spuntano le corna, pensò, sicura che fosse sua madre.

Non era sua madre, ma nemmeno una chiamata.

Un messaggio.

Da un numero sconosciuto.

 

Buongiorno, occhi da cerbiatto :)

 

Alzò gli occhi al cielo, emettendo un verso strozzato che partiva dal petto.

“Che succede?” Come se avesse un radar, Alice le si avvicinò.

La sua amica le porse il cellulare, facendole leggere quel messaggio.

Rise di gusto, prima di dare la sua sentenza. “Tesoro, questo non te lo scollerai più di dosso.” E ancora ridendo, si diresse verso Jasper.

 

Cos’è che non hai capito nella frase ‘Addio, Edward?

 

Scrisse velocemente, riponendo il cellulare nella tasca. Il tempo di ritirare la mano, che la vibrazione l’avvisò di un nuovo messaggio.

Ma non aveva niente da fare, a Forks?

No, ovviamente erano a Forks, e quindi non avevano nulla da fare.

 

Sei sempre così permalosa di prima mattina?

 

Non ci pensò due volte, prima di rispondere.

 

Sempre.

 

Ora, non aveva proprio voglia di girare fra tutte quelle statue di cera.

Edward l’aveva davvero fatta diventare permalosa, con un insignificante messaggio.

 

Allora non invidio i miei genitori.

 

Si infuriò ancora di più.

Forse insinuava che Esme e Carlisle avevano del filo da torcere, ora che Isabella alloggiava da loro?

 

Non ti preoccupare. Invece tu pensa di più a tutte le cattive compagnie che frequenti, e che non danno nulla da invidiare hai tuoi genitori.

 

Era stata più veloce ad inviarlo che a scriverlo, quel messaggio.

E si sentì in colpa, dopo. Non certo per Edward, ma per tutto quello che le aveva rivelato Esme quella mattina, e che lei aveva urlato hai quattro venti.

Stette lì con il cellulare, aspettando una risposta che però non arrivò.

Hey, tutto bene?” Alice e Jasper le se avvicinarono, mentre la sua amica le accarezzava una spalla.

“Certo, va tutto bene.”

“Bella, stavo scherzando prima.” Iniziò il ragazzo. “Non ho idea di quello che ha pensato Edward trovando il tuo numero. Scusa, non volevo…”

Era così evidente la tristezza di quel momento sul suo viso?

Ovvio. Sennò nemmeno Alice sarebbe andata lì a consolarla.

Peccato che nessuno dei due suoi amici sapeva il vero motivo di quella tristezza.

“Oh Jazz, non preoccuparti. Che Edward faccia e pensi quel che vuole.” Disse risoluta, tirandosi su il morale per un attimo. “Allora, dove stiamo andando?” dopo quella domanda prese sotto braccetto sia Alice che Jasper, iniziando a fare foto con metà delle statue presenti a Madame Tussauts.

 

*

 

“Tesoro, com’è andata la tua giornata?”

Isabella quella sera era rientrata per l’ora di cena, insieme a Carlisle. Quest’ultimo era andato a prenderla, verso le sette di sera.

“Oh, bene. Grazie, Esme.” Ma non era di molte parole, quella sera.

E ogni volta che guardava Esme, i sensi di colpa l’assalivano.

Per quello che aveva rivelato a Edward, e che Esme le aveva chiesto cortesemente di tenere per sé.

“Hai fame?”

“Ho già mangiato fuori, con la mia classe. Se per voi non è un problema ora andrei a farmi una doccia. Domani ci aspetta una giornata ancora più stancante.” Mentì spudoratamente, perché non aveva toccato cibo, con la sua classe.

E non perché non avesse fame, ma dovevano cenare con le loro rispettive famiglie, ogni sera.

“Certo, cara.” Era stato Carlisle a parlare. “Domani mattina ti accompagno io, va bene? Il mio turno inizia alle otto.”

“Fantastico.” Tirò fuori il sorriso più falso che aveva. “Grazie.”

“Buonanotte, Isabella.”

“Buonanotte.”

Con passo spedito si diresse al piano superiore, passandosi una mano fra i capelli già scompigliati.

Odiava mentire alle persone. Ed Esme era una donna d’oro. Per non parlare di Carlisle. Sembrava che stesse veramente in famiglia.

Entrò nel bagno, facendo scorrere l’acqua calda. Aspettò qualche secondo, e poi entrò.

Una doccia calda era proprio quello che le serviva.

Le schiarì le idee, su quello che doveva fare. Quando uscì indossò il pigiama, poi prese il cellulare e chiamo Renée.

La telefonata durò relativamente poco. Renée era indaffarata, e come al solito Charlie stava spaparanzato sul divano a vedere una partita di Basket insieme a Edward.

Appunto, Edward.

Quando riattaccò, rilesse quei pochi messaggi che si erano inviati durante il pomeriggio. E poi, con un po’ di coraggio, decise di inviargliene un altro.

 

Scusami. Non volevo intromettermi negli affari tuoi, o della tua famiglia. Solo che ho parlato un po’ con tua madre, ma mi ha chiesto di tenere la bocca chiusa. Cosa che non ho saputo fare. Scusa, Edward.

 

Lo inviò, incrociando le dita.

Non sapeva nemmeno per quale motivo stava facendo tutta quella sceneggiata.

Non conosceva Edward, e nemmeno l’avrebbe mai visto.

Stava per mettersi sotto le coperte, quando il suo telefono l’avvisò dell’arrivo di un nuovo messaggio.

 

Posso chiamarti?

 

 

**

 

Allora, non posso fare altro che ringraziarvi.

Ringraziarvi per la risposta al primo capitolo, per i messaggi privati e le recensioni pubbliche. Un grazie a tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le preferite, chi tra le seguite e fra quelle da ricordare.

Un grazie ancora più grande a tutte quelle anime che mi sopportano dalla mia prima fanfiction e mi hanno messa tra gli autori preferiti.

Sono di poche parole, ma GRAZIE a tutti. Davvero.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e mi scuso per la suspance finale. I capitoli arriveranno ogni settimana.

Grazie, grazie e ancora GRAZIE.

 

   
 
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