18/03/2011
7 recensioniContinua a brillare.
Le venature concentriche delle assi lignee avevano catturato i suoi occhi.
Sfinito, lo sguardo navigò sulla superficie tarlata del tavolo. E niente, come in quel momento, gli parve più vuoto e inutile.
Sulla stanza, la sera sembrava aver gettato un pensante velo d’ombre fitte.
Proprio come quella notte.
-Ti capita mai?
-Cosa?
-Di sentirti a disagio, fuori posto. Diverso, ecco.
-Sirius, sono un licantropo.
-Oh, grazie per avermi elargito questa sconvolgente delucidazione. E allora? - E allora è normale che io mi senta fuori posto. Che mi senta sbagliato. Io sono sbagliato.
I timpani si colmarono della sua voce, le iridi ne scorsero la sagoma bagnata dalla falce di luna.
Perché, poi? A cosa avrebbero portato quei ricordi, adesso? A cosa sarebbero servite quelle parole sussurrate tra le corde della notte? A cosa si sarebbe aggrappata quella fila di sillabe, custode di un amore latente?
-Non sto alludendo al tuo “piccolo problema peloso”, Lunastorta. E lo sai benissimo.
-…
-Che c’è, il cane ti ha morsicato la lingua?
-Non è divertente, Sirius.
Il respiro si fece irregolare, la gola divenne un deserto riarso.
“Perché?”
-Uff. Ok. Ma non hai ancora risposto alla mia domanda.
-Cosa vuoi che ti dica?
-Quello che senti.
La percepì disegnarsi lungo le pareti del suo cuore. La distinse solcarne la superficie fragile, diramandosi in più punti.
Lentamente, inesorabilmente, si faceva largo dentro di lui.
Lo sgretolava.
-Ah, e va bene. Poi prometti di lasciarmi dormire in pace?
-Non capisco come tu possa aver voglia di dormire, dato che sono soltanto le due di notte e che la Sala Comune sarebbe deserta,
se non ci fossimo noi due in procinto di fornic…
-Sirius, lo prometti?
-Pff. D’accordo, nonnetto.
Era strano: anche i movimenti più semplici erano diventati qualcosa di insostenibile, di tremendamente complicato.
L’assenza, la sua assenza, stillava nei suoi muscoli come un veleno. Lo indeboliva, lo intorpidiva.
Ancora una volta.
-Io… si. A volte penso di stare sbagliando ogni cosa, di infrangere una legge non scritta. E fa paura, Sirius. Una maledetta paura.
-…
-Sirius?
-Proprio come pensavo.
-Come pensavi cosa, scusa?
-Sei un cacasotto di primo ordine, Rem.
Le tende candide si avvicinavano a poco a poco, morbide nella loro staticità.
La mano di Remus ne sfiorò un lembo, lo scostarono.
E poi, solo la barriera liscia del vetro lo separò dal mondo esterno. Il quale, incurante di tutto, aveva continuato a girare.
Non si era fermato. Nemmeno per lui.
-Tu non puoi proprio permetterti di rimanere serio, vero?
-Sono serissimo, Remus.
-Bene. Grandioso. Allora, se hai finito con il tuo interrogatorio, vado a…
-Guarda.
-Che?
-Guarda. Fuori, dalla finestra.
- E cosa, di preciso, dovrebbe catturare la mia attenzione?
-Ho sempre creduto che fossi una persona intelligente, Remus. Ma forse tutti quei libri ti hanno soltanto obnubilato il cervello…
-…
-Ok, ok. Scusa. Sono serio, stavolta. Guarda le stelle, Rem. La vedi quella là? Quella che brilla più di ogni altra?
-Si.
E tutto quell’infinito, lo soffocò.
-E’ Sirio. La mia stella. La più figa, per inciso.
-In effetti. È davvero bella.
-Come me, del resto.
-Me l’hai mostrata per auto-elogiarti come tuo solito, oppure…
-Quando mi sento triste, o solo, o… bè, come un cane, insomma, mi rivolgo a lei. So che sembra strano, ma quell’astro è capace di infondermi forza e…sicurezza.
-… Non avrei mai pensato che tu avessi bisogno di sicurezza.
-Bè, sai, anche se somiglio a un dio, non lo sono.
E anche io passo delle giornate no, perciò ho bisogno di una specie di amuleto per sentirmi meglio.
-Scusa se ti contraddico, Sir, ma le stelle non sono degli amuleti.
-Ma quella porta il mio nome, quindi ho tutto il diritto di utilizzarla a mio piacimento.
-Guarda che sei tu a portare il suo nome, non il contrario.
Lo sguardo annegò fra quei grappoli di puntini iridescenti, alla ricerca di un appiglio al quale aggrapparsi.
Perché la sua stella non c’era più, era stata inghiottita da un velo nero. Ma la sua anima, ne era certo, era ancora lì, da qualche parte.
Proprio in quell’immensa distesa di diamanti.
-Per Godric, Remus, non è questo il punto! Per una volta, dato che ci tieni tanto, farmi dire qualcosa di serio: ecco, quella stella è per te.
Non guardarmi con quell’aria da idiota!
Se davvero ti senti così fuori posto, se ti consideri sbagliato, ricordati che quella stella continuerà a brillare.
Anche se il mondo dovesse finire. E lo farà anche per te, Remus.
-Mi stai facendo una dichiarazione, Sirius?
-Una specie. Ma non ti ci abituare, lupastro.
Con la sua luce, pareva volersi elevare al di sopra di tutto, di tutti, e guardava il mondo con aria trionfante.
Guardava Remus, con gli occhi di Sirius.
“Anche se il mondo dovesse finire",aveva detto. Con la sua morte, era finito davvero. Eppure, Sirius non aveva mentito: quel riverbero continuava a scintillare, caparbio.
Remus chiuse gli occhi.
Forse, aggrappandosi alla sua luce, sarebbe sopravvissuto.
Ancora per un po’.
Angolo autrice.
Ok. Non so che dire, quindi sarò breve.
Ormai le Wolfstarmi hanno catturato, è palese. Questa parla della morte di Sirius *minuto di silenzio*, e di come Remus l’abbia presa *crisi di pianto*.
L’ho scritta ascoltando “Happy Ending”, di Mika. Lo so, il testo non centra molto, ma stranamente mi ha ispirata xD
Spero vi piaccia! :)
Lasciate un commentino, dai! **
Gray:)