IMPORTANTE: questa fic è una Pre-Slash, ma anche chi non è un fan di questo genere può leggerla, visto che non ci sono scene esplicite. Leggete per scoprire! ^^
Snow – “But what the hell...?”
Passandosi una mano tra i leggeri capelli biondi, il
ragazzo tirò fuori dalla tasca del lungo giubbbotto di pelle un pacchetto di Philp
Morris, da cui sfilò una sigaretta che accese con una smorfia. Odiava tutto ciò
che era di origine babbana, e naturalmente solo i babbani potevano essere tanto
stupidi da inventarsi sistemi di autodistruzione tanto efficaci e da consumarli
coscientemente.
Aspirò un unico, lungo tiro e buttò lentamente fuori il fumo lasciando che si condensasse nell’aria gelida, prima di gettare la sigaretta sulla neve e schiacciarla con lo stivale.
Un Malfoy è troppo superiore per le abitudini babbane, ma questo per lui non aveva importanza, o per lo meno non più. Ormai c’erano ben poche cose che per il ragazzo avevano ancora importanza.
Era appena tornato da una delle sue incursioni mattutine nella Londra babbana (da dove tra l’altro aveva rubato le sigarette), insieme ai suoi vecchi compagni di studi: Blaise Zaini, Pansy Parkinson, Theodore Nott, Vincent Tiger e Gregory Goyle. Tutti loro avrebbero dovuto seguire il loro settimo anno ad Hogwarts, ora che era già dicembre, ma dopo gli avvenimenti dell’anno precedente, con la morte del preside (in cui Draco era tutto men che non coinvolto), avevano deciso di seguire il giovane Malfoy e di prendere il Marchio. Quella mattina era andata come tutte le altre: entri in casa, lasci che la madre corra su a nascondere il figlio, torturi il padre, torturi la madre, vai a prendere il figlio, uccidi i genitori davanti ai suoi occhi, uccidi il figlio, esci e piazzi il marchio nero sulla casa.
Eppure lui ogni volta faceva la stessa cosa:, torturava ogni
membro della famiglia con il gusto sadico che solo i Mangiamorte hanno, ma
quando si trovava a dover spegnere l’ultima scintilla di vita dai loro occhi,
passava la pallamano
a qualcun altro.
Normalmente nessuno se ne accorgeva, troppo presi dalla voglia di andare a festeggiare tutto il pomeriggio, ma quella volta aveva notato Blaise osservarlo con uno strano sguardo, e lui conosceva quello sguardo, si era sicuramente accorto di quello che faceva sempre. O meglio di quello che non faceva mai.
Per questo ora si trovava appoggiato all’angolo di un piccolo viotto rischiarato dalla luce del tardo mattino, che veniva riflessa dallo strato di 30 cm di neve che ricopriva tutte le strade.
Perché ogni volta si fermava? Perché ogni volta lasciava gli altri dare il colpo di grazia?
La verità era semplice: era debole.
Debole. Come lo era stato a giugno, quando davanti al corpo inerme di Silente aveva abbassato la bacchetta senza riuscire a pronunciare l’anatema mortale.
Questa era la verità: lui,
marchiato come Mangiamorte seguendo la strada del padre, credevando che quello fosse ciò a cui era
stato sempre destinato, credevando che fosse qualcosa per cui lui
fosse nato, qualcosa di naturale.
Si sbagliava, e lo aveva sperimentato sulla sua pelle l’anno scorso. Quello non era un gioco e c’erano persone che morivano sul serio, non per scherzo.
Perché poi? Non c’era un perché, quella era una guerra dettata dalle decisioni di un pazzo. Il Signore Oscuro che aveva come obbiettivo l’estinzione di tutti i babbani e mezzosangue dalla faccia della terra.
Oh, non credete che Draco non
abbia lo stesso giudizio sui mezzosangue, anzi. Per lui i babbani rimanevano la
rovina del mondo magico e i mezzo sangue la feccia della società, ma di
volerli eliminare non gliene fregava proprio niente. Lui si interessava solo di
se stesso e finché lui stava bene, non c’era motivo di cambiare le cose.
Perché doveva seguire i piani di
un pazzo senza il minimoun qualsiasi
tornaconto? L’unica cosa che ci guadagnava in questa guerra era di essere
arrestato, ucciso o di rimanere per sempre a fare lo schiavetto del Signore
Oscuro.
Draco Malfoy non voleva questa guerra perché non aveva nulla da guadagnarci. Il discorso non faceva una piega.
E l’unico modo per avere ciò che voleva era che vincesse Potter ovviamente. Questo voleva dire che tifava per i buoni? Si. Avrebbe fatto qualcosa per aiutarli? MAI
Per questo ora era lì, come sul ciglio di un burrone: avrebbe continuato la sua vita così, fino a quando non sarebbe stato lo stesso Lord a ordinargli di uccidere. Allora avrebbe pensato a cosa fare.
Dandosi la spinta con i gomiti si
staccò dal muro e svoltò l’angolo, ma quando stava per tornare alla via
principale vide qualcosa che lo spinse a tornare indietrodietro l’angolo.
Sdraiato per terra, con la
schiena appoggiata al muro che dava le spalle alla via principale, c’eravi stava
qualcuno, sprofondato nel profondo strato di neve. Draco strinse gli occhi per
vedere meglio e quando scorse una nera chioma ribelle che lasciava cadere
alcune ciocche su di un paio di tondi occhiali riconobbe subito la persona:
Potter. Rimase un attimo sconcertato: cosa ci faceva Potter sdraiato tra la
neve, con gli occhi chiusi, in una stradina secondaria di Diagon Alley?
Lo guardò meglio. Ma come diavolo era vestito? Portava dei larghi pantaloni neri stile militare, legati in fondo al di sopra degli anfibi. Un gilet nero si apriva su una maglia senza maniche anch’essa nera. Poi Draco la riconobbe: era la divisa di addestramento per Auror. Doveva immaginarselo che per il Bambino Sopravvissuto le regole standard non venivano applicate, lui poteva diventare Auror senza nemmeno aver preso i M.A.G.O.
Un brivido di freddo lo scosse
solo a guardarlo: eranvamo
in pieno inverno, aveva addirittura smesso di nevicare poiché l’aria era troppo
fredda e lui se ne andava in giro senza maniche?! Che fosse stupido lo sapeva,
ma anche avendo passato sei anni a ricordarglielo ogni giorno a lui non doveva
essere entrato in testa.
Harry Potter. A, anche quelle
era stata una vera sorpresa, una volta entrato tra le schiere dei Mangiamorte.
Suo padre gli aveva sempre raccontato che Potter era tutto ciò che lui aveva
sempre voluto essere: ammirato da tutti, con una frotta di amici sinceri, una
famiglia perfetta sotto la protezione di Silente, i favoritismi dei professori
che gliela facevano sempre passare liscia e uno squadrone di Auror sempre
pronto ad aiutarlo. Questo era quello che lui aveva sempre creduto essere Harry
Potter e per questo lo aveva sempre invidiato e odiato, per questo gli aveva
sempre reso la vita un inferno, perché non poteva sopportare l’idea che
esistesse qualcuno con una vita così perfetta.
Già quando aveva visto il suo sguardo alla fine del quinto anno avrebbe dovuto doveva
capire quanto fosse lontano dalla realtà. Ora sapeva tutta la sua storia, come
Mangiamorte doveva essere informato il più possibile sul suo nemico numero uno.
Quanto odiò suo padre nel momento
in cui seppe tutto! N, non
tanto per Potter, ma per il suo orgoglio: lui era stato ingannato per tutti
quegli anni dalla persona di cui aveva più rispetto. Ora quel rispetto era
svanito rimpiazzato da un odio bruciante.
Perso tra i suoi pensieri quasi si era dimenticato di Potter, che era ancora nella stessa posizione di prima, con la schiena appoggiata al muro e gli occhi chiusi come se stesse dormendo. La domanda rimaneva sempre la stessa: che cazzo ci faceva lui sdraiato tra la neve vestito così leggero? La divisa non comprendeva anche un mantello?
Uno stridio lo portò ad alzare lo sguardo, che ritornò presto su Potter: il ragazzo aveva aperto gli occhi, quegli occhi di uno splendido verde speranza che risaltava ancora di più tra il nero della divisa e il bianco della neve. Lo stridio si ripeté, accompagnato da un frullo d’ali, mentre una grossa civetta delle nevi planava atterrando vicino al ragazzo.
Draco si avvicinò piano curioso di quella scena, sempre nascosto dietro il muro di cemento, ma abbastanza vicino da sentirlo parlare.
“EhiHei Edvige…”
disse dolce alla civetta mentre alzava un braccio per accarezzarle le candide
piume. Il suo sguardo era più spento che mai, notò Draco, e anche il semplice gesto di
tirare su il braccio sembrava costargli un’enorme fatica.
“Non guardarmi così Edvige”,
continuò “questa è la fine che ha fatto la grande Speranza del mondo magico,
c’è solo da accettarlo.o…
Ccerte
cose sono troppo anche per me…”, la bianca creatura gli si avvicinò di
più.
“Sono stanco di combattere Edvige,
troppo stanco… non ne ho più la forza nené fisicamente nené psicologicamente”
aggiunse appoggiando la testa al muro. Dopo qualche secondo tornò a volgere lo
sguardo al suo animale, che lo osservava severo. Ridacchiò piano, una risata
senza né allegria, néo energia.
“Hai lo stesso sguardo di quando arrivava a casa Leo, o quei grossi uccelli che mandava Sirius…” si bloccò di colpo, “Te lo ricordi Sirius, vero? Ti piaceva tanto rimanere con lui e Fierobecco aspettando che rispondesse alle mie lettere, me lo raccontava sempre di come svolazzavi intorno all’ippogrifo…”
Draco sussultò. Due lacrime lente
erano scese da quegli occhi di giada, percorrendo le guance ed atterrando sulla
soffice neve mentre il ragazzo chiudeva gli occhi. Dopo una pausa gli
riaprì.
“Aveva ragione Piton, sono solo un ragazzino egoista. Mia madre, mio padre, Sirius, Silente… sono tutti morti per salvarmi, tutti morti, e guarda un po’ io come li ripago?” abbozzò un sorriso triste.
“E moriranno l’uno per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive… bella profezia, vero Edvige? E io sono qui sapendo che il mondo magico conta su di me, sapendo che sono l’unica speranza per tutti di sconfiggere Voldemort…”
Un brivido scosse la schiena del
biondino nel sentire quel nome, mentre guardava con occhi sbarrati la scena:
aveva detto profezia? La profezia che il Signore Oscuro aveva cercato di rubare
dall’Ufficio Misteri? Eppure quella parte non c’era nel tratto che il Lord
conosceva… Poi capì: era parte del pezzo mancane che cercava! E moriranno
l’uno per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro
sopravvive, ma questo vuoleva dire che…
“Questo sisì che è egoismo, e io
che ho sempre rinfacciato a Malfoy di essere l’egoista viziato…” di nuovo rise
piano, stancamente, una risata che ghiacciava il cuore più chedi scaldarlo.
“Ascolta Edvige, tu sarai l’unica
che saprà sul serio che fine ha fatto il grande Harry Potter. D’altronde se
potessi parlare ti chiederei solo di dire a Ron, Hermione, Ginny, Remus e tutti
gli altri quanto gli voglio bene e quanto mi dispiace, ma che ormai sono così
stanco… troppo stanco…” concluse con un soffio. “Su, oOra vai Edvige, devi essere felice d’ora in poi di essereche tu sia
l’unico ricordo che lega questo mondo ad Harry Potter” e con questo alzò di
nuovo il braccio per far spiccare il volo alla sua civetta. Lei si diresse
verso il cielo, ma poi si appollaiò sul muro sovrastante il suo padrone e
continuò a vegliarlo, senza che lui se ne accorgesse.
In quel momento Draco di accorse di un particolare che fino ad ora non aveva notato: Potter aveva le labbra completamente blu e ogni tanto veniva scosso da forti tremiti. Sarebbe finito congelato quell’idiota!
Il moretto alzò lentamente una mano e se la portò davanti al viso per osservarla: le dita erano pericolosamente rosse e le punte sfioravano la tinta violacea. Eppure lui sorrise a quella vista, un sorriso triste e rassegnato, ma nel contempo dolce come pochi. Lasciò cadere di nuovo la mano al suo fianco e con un ultimo tremito chiuse gli occhi abbandonando la testa sulla sua spalla.
In un attimo Draco collegò i suoi
ultimi gesti alle sue parole di prima e capì. Sarebbe finitoPoteva rimanere
congelato? Questo era proprio quello che voleva! E cosa peggiore, ci stava
riuscendo maledettamente bene!
In un attimo ogni conseguenza che quella situazione portava gli si parò davanti agli occhi con una chiarezza disarmante: Potter non poteva morire cazzo! Cosa avrebbe fatto lui se fosse morto? Cosa avrebbe fatto lui se il Lord avesse vinto?
Uscì dal suo nascondiglio e si fiondò vicino al moretto.
“Potter
svegliati! Svegliati maledizione!” lo scosse per le spalle, ma questo servì
solo ad farlo
accorgersie
che anche quellele sue
spalle erano gelate. Gli tastò il polso: batteva ancora per sua
fortuna, ma con una lentezza esasperante, meno di un battito alogni tre secondoi.
“Ma che cazzo ti salta in mente!”
gli urlò contro, come se facendolo arrabbiare sarebbe riuscitoriuscisse a
svegliarlo.
“Potter, per l’amor del cielo non
puoi lasciarci le penne, lo hai detto tu, sei l’unica speranza di questo mondo
di merda!” continuò ad urlare scuotendolo violentemente, “Ci sono persone la fuori che muoiono, che si
sacrificano pensando che ci sarai tu a vendicarle! Sei l’unica speranza
per i maghi! Sei l’unica speranza per i babbani! Sei l’unica speranza per me di
uscire da questo casino!! CAZZO POTTER, SVEGLIATI!”.
Niente.
Cercò di prenderlo per la vita e di tirarlo su, ma era decisamente troppo pesante. Ma che diavolo gli facevano fare a quel corso di addestramento? Fino all’anno scorso era uno stecchino, mentre ora si presentava decisamente più palestrato e sfortunatamente più pesante.
Draco rimaneva a guardarlo impotente: aveva avuto pure il coraggio
di darsi dell’egoistasi era pure dato dell’egoista Potter,
e allora lui cosa doveva dire? Che l’unico vero motivo che gli veniva in mente
ora per salvare Potter era quello che fosseera l’unico che
potesse tirarloe
fuori dai casini?
Ma perché i buoni dovevano sempre essere così dannatamente altruisti? Perché dovevano sempre sacrificarsi per gli altri? Perché dovevano sempre essere così schifosamente… buoni?!
Riuscivano sempre a farti sentire una merda anche quando
non avevi fattofai
nulla, solo per qualcosa che non avevi fattoi. Per questo in
fondo gli
odiava tanto.
Edvige planò nuovamente vicino al suo padrone guardando Draco sospettosamente. Lui non se ne curò, si tolse la lunga giacca di pelle e la posò sopra al corpo gelato del moretto, prima di sfrecciare verso la via principale seguito, e presto superato, dalla candida civetta.
“Harry!”
Due figure avvolte in mantelli
bianchi percorrevano la larga via principale. Uno era un ragazzo alto, con un’aa accesa a chioma rossa,
vestito
di nero con larghi pantaloni neri, anfibi e un gilet nero sopra
una maglia a maniche lunghe. L’altra era più bassa, con un folto cespuglio di
ricci castani e anch’essa
vestita di nero, con gli stessi pantaloni del compagno, ma con il petto stretto
in un bustino nero sopra la maglia dal collo alto. Entrambi correvano chiamando
a gran voce qualcuno.
“Haaarryyy! Dove sei?!” urlava la ragazza. Il ragazzo le corse incontro.
“Ancora nulla Herm?” le chiese con il fiatone. Lei scosse la testa, per poi gettarglisi tra le braccia singhiozzando. Lui la strinse piano, anch’egli con uno sguardo profondamente preoccupato.
“Oh, Ron! E se non lo troviamo? E se lo avessero preso? Cosa facciamo…” disse lei tra un singhiozzo e l’altro.
“Shhh, sono anch’io preoccupato, ma Harry se la sa cavare, vedrai” la rassicurò passandole una mano sulla testa, “non è la prima volta che si trova nei guai, sa il fatto suo”
Lei si staccò annuendo piano, le lacrime che ancora le scendevano sulle guance.
“D’accordo, torniamo a cercarlo”
Ma appena fecero un passo, da un
vicolo sfrecciò fuori una
civetta bianca.
“Guarda Ron, è Edvige!”via strillò Hermione, ma il suo entusiasmo si spense quando dallo
stesso vicolo uscì correndo la persona che in quel momento sarebbe stata più
preoccupata di vedere: Draco Malfoy.
Ron si parò velocemente con un passo davanti ad
Hermione con la bacchetta sguainata puntata in direzione del cuore del
biondino.
“Malfoy! Cosa ci fai qui?” gli ringhiò contro
Draco lo guardò “Un’allegra passeggiata per Diagon Alley
Lenticchia”.
Ma come faceva ad essere così scemo? Aveva davanti un Mangiamorte che avrebbe dovuto di spedire ad
Azkaban, senza contare il fatto che era la stessa persona che aveva odiato per
sei anni e l’unica
cosa che riusciva a fare era chiedergli cosa stesse facendo?!?!
“Malfoy, che cos’hai fatto ad Harry?!” era stata Hermione a parlare.
Anche se era una
mezzosangue almeno era più sveglia del suo ragazzo.
“Già Malfoy, parla in fretta o ti ritroverai schiantato in una cella prima di
poter dire Quidditch!”
urlò ancora Ron.
Lui stava per rispondergli con un commento maligno
che suonava tanto a ‘Se le tue parole valessero tanto quanto la tua casa allora potrei anche bermi un
caffè’, ma poi si ricordò il motivo per cui era lì. Potter stava per morire, e con
lui l’unica sua possibilità di salvezza.
“Non ho fatto assolutamente nulla al vostro caro
San Potter, ma…”
venne interrotto dal rosso.
“Menti! Sei uscito da quel vicolo insieme ad
Edvige!”
Draco realizzò che qualunque cosa avesse detto, loro sarebbero rimasti
convinti che lui avesse schiantato Potter e provato ad ucciderlo. ‘Bene’, pensò, ‘mi credono il cattivo? Gli
darò la parte del cattivo!’
Sul suo viso si dipinse il ghigno più malvagio che
riuscì a fare.
“Bene, bene, allora vi conviene consegnarmi le
vostre bacchette e seguirmi senza troppe storie se ci tenete tanto a vedere ancora vivo il vostro
amico”
“Non se ne parla nemmeno Malfoy! Non ci caschiamo
nelle tue sporche trappole!” ringhiò il rosso.
“Bene, allora potete dire addio al caro Sfregiato”
Ron sembrava intenzionato a colpirlo, ma Hermione
gli si avvicinò piano porgendogli la propria bacchetta.
“Ti prego” sussurrò con le lacrime agli occhi, così
piano che solo lui potesse sentire “è ancora vivo?”
Draco rimase spiazzato, ma poi annuì.
“Hermione, cosa stai facendo?! Potrebbe essere una
trappola!”
“Ron, è l’unica speranza che abbiamo per trovarlo”
disse lei voltandosi “dagli la bacchetta” aggiunse ricominciando a piangere,
“ti prego”
Ron lanciò un’occhiata di puro odio a Malfoy, per poi lanciargli
la propria bacchetta che il biondino prese al volo.
Malfoy ringraziò mentalmente l’intelligenza della
riccia, prima di voltarsi verso il vicolo sussurrando un
“Seguitemi”
Con passo svelto percorreva a ritroso la strada
verso il muro dove aveva lasciato il moretto. Ecco l’unica cosa che aveva davvero da invidiare a
Potter: degli amici pronti a sacrificare la propria vita per salvare la sua. In
un certo senso ora capiva perché si stava dando dell’egoista, lasciandosi
morire sapendo che loro avrebbero sofferto, anche se per lui rimaneva un
ragionamento estremamente contorto, probabilmente per la propria quasi totale
mancanza di altruismo.
Appena svoltato l’angolo Hermione si gettò al
fianco del suo amico urlando il suo nome. Gli prese la testa tra le mani.
“Oddio Ron, scotta!” disse lei terrorizzata.
Draco si avvicinò alla ragazza e si accucciò per
prendere la sua lunga giacca che ancora copriva il ragazzo svenuto, lasciando
per terra le bacchette dei due, ai piedi della riccia.
“Hermione, prendilo da un lato, dobbiamo portarlo al caldo prima che
sia troppo tardi”
disse Ron mentre lo tirava su per un braccio, ma visto che Hermione non si era
ancora alzata, da
solo non riuscì a reggerne il peso e finì per strattonarlo da un lato.
“E stai un po’ attento Weasley!” lo ammonì Draco andando a
tirare su Harry prendendolo per l’altra spalla, “finisci con il procurargli una
spalla lussata oltre che la febbre”
Ron lo guardò con odio, prima di incitare di nuovo
Hermione ad
aiutarlo. Hermione
però non si mosse: alternava
lo sguardo da Draco alle bacchette lasciate per terra, per poi rimanere ad
osservare il biondino con un espressione che a lui non piacque per niente.
Cosa c’era nei suoi occhi?
Sorpresa sicuramente, ma anche qualcos’altro. Come al solito la So Tutto Io aveva capito
tutto di nuovo ed
ora lo guardava come se fosse appena sceso dalla luna. Sorpresa, si, ma anche… felice? Si, quella sporca
mezzosangue aveva gli occhi traboccanti di felicità!
“Granger, ti vuoi muovere o devo portarcelo io lo
Sfregiato a casa?!”
le disse lui con il tono più velenoso che trovava.
Ron tornò a sputare insulti
verso il biondo, ma la ragazza annuì sorridendo, raccolse le bacchette e prese
il posto di Draco al fianco del suo migliore amico. Quando cominciarono ad
allontanarsi però, Malfoy li fermò un’ultima volta.
“Chi vi ha detto che potevate andare?” chiese con
un ghigno. I due si
voltarono con espressioni perplesse. “Vi lascerò andare ad una condizione: che
non diciate ne a nessun membro dell’Ordine, ne specialmente a Potter che io ero qui in
questo momento. Raccontate che lo avete trovato
seguendo la sua civetta” disse con tono freddo, “mi sono spiegato?”
“Si” rispose Ron a denti stretti, troppo stanco per
discutere ancora.
“Bene” rispose lui lanciando un ultimo sguardo alla moretta prima di
smaterializzarsi, uno sguardo sufficiente per vederla articolare con le labbra
la parola “Grazie”.
Harry si svegliò su di un morbido letto dalle
coperte rosso scuro. Aprì
piano gli occhi e si accorse di non portare gli occhiali. Allungò allora una mano verso
il comodino per prenderli e inforcarli, guardandosi intorno: era a Grimmauld Place, nella sua camera, ma aveva
ancora indosso la divisa da addestramento per Auror.
“Ma che diavolo è successo…?” sussurrò, cercando di
tirarsi su in piedi, mossa che scoprì essere pessima quando tutta la stanza
cominciò a vorticare
costringendolo ad appoggiarsi alla spalliera.
Sentì uno stridio acuto provenire dal trespolo
della sua civetta.
“Edvige…” e improvvisamente si ricordò tutto, la
neve, il freddo, Edvige…
Scoppiò a ridere, una risata diversa da quelle di
prima, una risata carica di forza questa volta.
‘Ma quanto sono stato stupido? Ed egoista soprattutto’ pensò scuotendo piano la testa, poiché gli faceva
ancora molto male.
In quel momento la porta si spalancò ed entrarono
Ron e Hermione, che si bloccarono un attimo vedendolo sveglio. Hermione però si riprese in fretta e scoppiò in lacrime correndo ad
abbracciarlo quando lui le rivolse un caldo sorriso, un sorriso che loro non
gli vedevano sulle labbra da tanto tempo.
“Oh, Harry! Ci hai fatto così spaventare!” disse lei con il viso
nascosto. Lui di
rimando sorrise
ancora di più,
mentre Ron si avvicinava al letto.
“Amico, giura che non lo farai mai più! MAI più!”
disse tirando un sospiro di sollievo vedendolo sveglio e sorridente.
“Mi dispiace di avervi fatto preoccupare ragazzi, e
si, prometto che non accadrà mai più una cosa simile”, si staccò piano dalla presa
di Hermione. “Mi dispiace davvero ragazzi, sono stato solo uno stupido egoista…”
“Harry, non puoi dire una cosa del genere! Per
nessuno sarebbe facile avere la responsabilità del mondo sulle spalle!”
Ma Harry scosse nuovamente la testa.
“Non capite? È proprio per questo che sono stato
solo un’idiota. Ci sono persone là fuori che muoiono, che si sacrificano
sapendo che è la cosa giusta da fare, perché sanno che io sarò qui alla fine a vendicarli”, si
fermò un attimo. Non sapeva bene perché, ma queste parole gli sembravano
estranee, come se fosse stato qualcun altro a pensarle. “Beh, sapete una cosa?”
si riprese guardandoli dritti negli occhi, “giuro su tutto quello che ho di più
caro al mondo, che
alla fine io ci sarò lì, a vendicarli!”
Ron e Hermione non poterono fare a meno di
sorridere, vedendo di nuovo il loro amico pieno di vita, cosa che fino a poche
ore fa pensavano avesse perso del tutto.
“Una cosa ancora” disse ad un tratto il moretto,
“come avete fatto a trovarmi?”
Gli altri due ragazzi si guardarono un attimo,
prima che Hermione parlasse.
“Abbiamo sentito Edvige stridere da un vicolo finché non è apparsa e ci ha guidato
fino a te” disse tenendo gli occhi bassi.
Vedendo le loro facce Harry capì subito che c’era
qualcosa che non andava, ma era troppo stanco per indagare.
“Sono felice che siate riusciti ad arrivare in
tempo, ma ora sono piuttosto stanco e volevo dormire un po’ prima di ricominciare
l’allenamento”
“Ricominciare l’allenamento?! Tu sei completamente
impazzito! Hai
ancora una febbre da cavallo, tu non ricominci nessun allenamento prima di una
settimana di riposo!” gli inveii contro Hermione con un tono pericolosamente simile a
quello della signora Weasley.
Harry e Ron scoppiarono a ridere, e le risate del
rosso non si spensero nemmeno quando lui ed Herm furono ormai a metà delle
scale.
Harry a quel punto sprofondò nuovamente sotto le coperte, crogiolandosi nel
caldo tepore. Le lenzuola avevano un profumo dolcissimo e stranamente famigliare,
di lavanda e pino. Era
molto strano, perché Molly non usava mai detersivi profumati poiché potevano
dar fastidio a Remus, con il suo olfatto sovra sviluppato.
Si portò le coperte più vicino al viso per sentirne
meglio l’odore, ma in questo modo si accorse che non erano le coperte ad
emanare quel
profumo, ma il suo gilet. Si guardò la giacca sconcertato: lui certo non
metteva quel profumo e non gli sembrava di ricordare nessun altro membro dell’Ordine che
lo mettesse. Eppure gli era dannatamente familiare, ma dove lo aveva già
sentito?
Poi qualcosa sul suo petto attirò la sua
attenzione. Impigliato
tra le cinghie del gilet vi era un corto capello bianco. Lo prese e lo esaminò
portandoselo davanti agli occhi: non era bianco, ma di un biondo chiarissimo. Sgranò gli occhi
riconoscendolo subito.
“Ma come diavolo…?”