Anime & Manga > Rossana/Kodocha
Segui la storia  |       
Autore: isachan    19/03/2011    9 recensioni
"Forse era stato in quell'istante... quando, passeggiando per le vie della sua Tokyo, Akito le aveva involontariamente sfiorato una mano.
Un gesto normale, ovvio per due fidanzati.
Forse fu proprio in quel pomeriggio che Sana Kurata pensò per la prima volta che la mano di Akito sarebbe stata quella che avrebbe stretto per tutta la vita."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Welcome To PageBreeze

Oddio ho aggiornato in tempo! Sono fiera di me! xD

Via con il dodicesimo capitolo! ^^

 

 

CAPITOLO DODICI: SPEZZATA

 

 

Non sapeva cosa fare. Non sapeva se dirle qualcosa per rompere quell’irreale silenzio o se invece sarebbe stato meglio restare lì a guardarla rivestirsi frettolosa, mentre con una mano cercava di acconciare alla bell’e meglio i capelli spettinati, forse per nascondere i segni di quanto era appena successo.

O forse, cosa molto più probabile, solo per rientrare in sala con un aspetto quantomeno decente.

Che poi, se fosse dipeso da lui, in quella maledetta sala non ce l’avrebbe fatta più rientrare. L’avrebbe presa per mano e, senza dire neppure una parola, l’avrebbe riportata nella loro vecchia casa, per fare l’amore con lei tutta la notte.

In fondo, era convinto che Tsuyoshi avrebbe capito.

Nella peggiore delle ipotesi, l’avrebbe chiamato la mattina dopo per spiegargli tutto e scusarsi con lui per il mancato saluto, assolutamente certo che le sue scuse Tsuyoshi non le avrebbe neppure volute, perché troppo sorpreso, e felice, di saperlo di nuovo insieme a Sana.

Si, la sua volontà sarebbe stata proprio quella.

Ma non era per nulla convinto che anche Sana la pensasse come lui. Magari sarebbe voluta tornare in sala per parlare con Kamura o per continuare la festa insieme agli altri,… o magari sarebbe voluta entrare con il sorriso sul volto, pronta a lasciarsi alle spalle quell’ultima mezz’ora e a continuare la sua vita con Kamura, tranquilla come se nulla fosse successo.

Oh, no.

Sapeva bene che quell’ultima possibilità era praticamente inesistente…perché per quanto lei si sforzasse di apparire “tranquilla”, non sarebbe mai riuscita a far sparire quel bellissimo rossore sulle gote e quella nuova luce negli occhi.

Agli altri sarebbe bastato solo un istante, uno sguardo casuale, per capire tutto… per vedere che lei era tornata ad essere sua.

- Non… fissarmi così…

Balbettò imbarazzata, mentre infilava il piccolo copri spalle che lui le aveva tolto solo poco tempo prima.

- Io non ti sto fissando!

- Si, che mi stai fissando Akito…

Lui si strinse nelle spalle e sorrise appena.

- E se anche fosse? Ti da fastidio?

La vide scuotere la testa e arrossire.

- N..  no no! Non mi da fastidio.. è solo che… ecco.. mi imbarazzi parecchio se mi fissi senza dire nulla.

- Bè, non ho niente di particolare da dire.

Sana aggrottò le sopracciglia e sbuffò, delusa dalla risposta di lui.

- Perfetto. Allora sarò io a parlare.

Gli disse, abbassando il capo e tamburellando con le dita sui fianchi, evidentemente nervosa.

Lui non rispose, muovendo qualche passo e avvicinandosi a lei per farle capire la sua volontà di ascoltare quello che aveva da dirgli.

- Senti, Akito. Io non so cosa significhi per te quello che abbiamo fatto… non so se è stato importante come lo è stato per me, se è stato solo un “ritorno al passato” per commemorare i vecchi tempi… o se, invece, ha significato molto di più…

La vide mordersi il labbro inferiore per smorzare la tensione del momento.

- …però voglio che tu sappia che per me è stato quanto di più bello mi sia successo da quattro anni a questa parte. E quindi, qualsiasi sia la tua decisione, io non tornerò con Naozumi. Ho capito che lui mi ama troppo… e che non merita che io continui a mentirgli fingendo che vada tutto bene. E, soprattutto, non voglio più mentire a me stessa continuando a ripetermi che non ti amo più.

Perché la verità, Akito, è che purtroppo ti amo ancora in modo pazzesco…

- Sana io…

- No, Akito… fammi finire ti prego…

Lo implorò, alzando un mano verso il suo viso per farlo tacere.

- … Quindi io non tornerò con Naozumi e non tornerò neanche in America. Andrò nella mia vecchia casa e vivrò qui perché… perché Tokyo è la mia città, il posto in cui voglio vivere. Ma sarei la donna più felice del mondo se tu mi volessi ancora con te.. se mi permettessi di tornare nella nostra casa…

Lo guardò negli occhi, mentre qualche lacrima già iniziava a rigarle le guance arrossate.

- … Akito, tu.. mi vuoi ancora?

Lui si sentì scoppiare il cuore.

Come poteva chiedergli una cosa del genere? Come poteva non conoscere già la risposta? Come poteva non averla letta nei suoi occhi?

Alzò una mano per accarezzarle il viso e scacciare quelle lacrime, perché di lacrime ne erano state versate già troppe.

- Non ho fatto altro che volerti, e amarti, per ogni secondo della mia vita.

Le sussurrò a pochi centimetri dal viso. Lei schiuse appena le labbra, come per dirgli qualcosa, ma riuscì solo ad emettere un frenetico e balbettante sospiro.

Prese il suo volto tra le mani, guardandola negli occhi lucidi.

Le lacrime iniziarono a scendere più copiose, ma stavolta lui non le fermò. Quelle erano lacrime di gioia, lacrime che scendevano fino a perdersi nel meraviglioso sorriso che era nato per illuminare il volto di Sana.

- Siamo proprio due stupidi vero?

Gli chiese, alternando alle parole tanti, splendidi sorrisi.

- … abbiamo sprecato quattro anni. Promettimi che non  sprecheremo neppure un altro secondo.

Anche lui si lasciò andare ad un dolcissimo sorriso.

- Te lo prometto.

Disse poi, prima di avvicinarsi a lei e chiuderle le labbra in un bacio leggero.

Passò qualche secondo prima che Akito riuscisse a trovare il coraggio, e la forza, di staccarsi dal suo viso, e non appena ci riuscì, la vide tornare improvvisamente seria.

- Forse è meglio tornare dentro. Devo…parlare con Naozumi.

Ora iniziava la parte più difficile, perché le lesse negli occhi una nuova tristezza… era l’amara consapevolezza di chi sta per spezzare il cuore proprio a quella persona alla quale aveva promesso di non fare mai del male.

Vedendola così turbata, così inevitabilmente colpevole, le si avvicinò di nuovo e le strinse forte una mano.

- Andrà tutto bene, Sana.

- Sto per distruggere la vita di un uomo che, nonostante tutto, ho amato davvero…mi sento una persona orribile. Come può andare tutto bene?

Gli chiese, scoppiando nuovamente in lacrime e gettandosi sul suo petto. E lui la accolse prontamente in una calda stretta.

- Noi, Sana, abbiamo ferito i nostri cuori così tanto e così a lungo, che non riesco a capire come mai battano ancora… Ci siamo fatti del male a vicenda, ma soprattutto abbiamo fatto del male a noi stessi, cercando di vivere una vita che non sarebbe mai stata quella che volevamo. Ora abbiamo capito che è arrivato il momento di smettere di farci del male e questo porterà delle conseguenze. È inevitabile che qualcuno ne soffra… ma non sei una persona orribile, solo perché hai scelto di non essere più tu quella che deve soffrire. E Kamura ti ama troppo per non capirlo…

Le prese il volto tra le mani e sperò che nei suoi occhi lei potesse leggere tutto quello che lui avrebbe voluto dirle.

Le avrebbe detto qualsiasi cosa, le avrebbe urlato “Ti amo” un milione di volte pur di far sparire quell’espressione distrutta.

- Tu credi davvero che capirà?

- Si, lo credo davvero.

La vide sorridergli, leggermente sollevata.

- Ok, allora ora vado dentro e dico a Naozumi tutta la verità.

Decise poi, prima di girarsi, dare le spalle ad Akito e accingersi a camminare verso l’ingresso del grande ristorante.

- Si, vai… e poi si torna a casa.

Quelle ultime parole gli uscirono così, senza averle programmate. Ma se avesse saputo l’effetto che avrebbero avuto su di lei, le avrebbe ripetute infinite volte ancora. Perché la vide girarsi e guardarlo, con gli occhi a brillare di nuovo di quell’antica luce, e con le labbra curvate in uno dei suoi migliori sorrisi.

E anche lui capì di essere finalmente tornato a casa.

 

 

                                                                       ***

 

Sentì lo stomaco contorcersi in una morsa soffocante e dolorosa, non appena la vide oltrepassare l’ingresso e fare ritorno nella grandissima sala addobbata a festa.

Era molto diversa dalla Sana che era uscita in giardino, poco meno di un’ora prima.

Gli occhi, in particolar modo, erano del tutto cambiati… strano, perché fino a quel momento non aveva mai notato la differenza. Mai. In tutti quegli anni, quei giorni trascorsi con lei, passati a viverle accanto, i suoi occhi gli erano sempre sembrati normali.

Solo ora si rendeva conto di quanto le sue convinzione fossero sempre state sbagliate.

La Sana che aveva avuto accanto in quei bellissimi quattro anni non era la bambina prodigio della quale si era innamorato, guardandola ridere e recitare da dietro lo schermo della televisione.

Era solo una ragazza bellissima che aveva il suo stesso viso, la sua stessa voce e il suo stesso profumo.

Perché ora che la guardava avanzare incerta verso di lui, nei suoi lineamenti rivedeva quella forza, quella sicurezza, quella vita.

In realtà, il suo volto era corrucciato in un’espressione tutt’altro che serena o tranquilla…sembrava tesa, dispiaciuta, quasi in lacrime.

Però i suoi occhi erano tornati a brillare e le sue gote avevano di nuovo imparato ad arrossire.

E si sentì morire, perché era sicuro che fosse merito dell’uomo che più di tutti temeva al mondo. L’uomo del quale aveva sempre avuto una maledetta paura… perché gli bastava anche solo uno sguardo per fare di Sana ciò che voleva. Ed era certo che, durante quella lunghissima ora in giardino, lui l’avesse guardata ancora.

La attese immobile in un angolo della sala, con il cuore troppo pesante per fare anche un misero passo.

E in pochi secondi lei gli arrivò di fronte e lo guardò in silenzio.

- C’hai messo un bel po’ a rientrare.

Si sforzò di sorriderle e di sembrare il meno agitato possibile. Ma lei ricambiò il sorriso e tutto apparve inequivocabilmente chiaro.

- Scusami, Nao. Io…

Perché anche il sorriso era cambiato.

E lei era tornata la Sana di cui si era fottutamente innamorato.

- … io devo parlarti.

E rivedendo la vera Sana, rendendosi conto che lui non l’aveva mai avuta davvero, non poté fare altro che odiarla. E amarla ancora di più.

 

 

 

                                                                       ***

 

Li aveva visti senza averli cercati. Era successo così, mentre rideva allegro con sua moglie tra un lento ed un giro di valzer che nessuno dei due era in grado di ballare.

Aveva lanciato uno sguardo distratto e casuale verso l’ingresso e li aveva visti entrare, prima lei e poi lui, a pochi passi di distanza l’una dall’altro.

Non si tenevano per mano, non si sfioravano, non si guardavano neppure. Per quanto ne sapeva, potevano anche provenire da luoghi diversi.

Ma a lui era bastata una frazione di secondo per capire che Sana e Akito, le persone più vigliacche e sciocche che avesse mai conosciuto, erano finalmente riusciti ad accettare il fatto che non avrebbero mai smesso di amarsi.

E capì anche che, a giudicare dal rossore sulle gote e dai capelli leggermente spettinati di lei, con molta probabilità, si erano amati proprio fino ad un attimo prima.

Dio ti ringrazio! Allora non sono del tutto rincitrulliti come pensavo.

Nel vederli di nuovo così simili agli adolescenti innamorati di una diecina di anni prima, sentì le labbra curvarsi in un enorme sorriso.

- Tesoro, tutto ok? Come mai sorridi?

Rivolse il capo verso il viso rilassato e allegro di sua moglie.

- Oh, niente tesoro. Sono solo molto felice di vedere che i miei consigli non sono andati perduti.

Vide Aya alzare un sopracciglio con aria interrogativa e poi rivolgere uno sguardo a Sana e Akito.

Il luccichio commosso che le scorse negli occhi bastò per dirgli che anche lei aveva capito.

 

 

 

                                                                       ***

 

Non aveva idea di cosa si provasse nello spezzare un cuore.

Non conosceva i cambiamenti che prendevano possesso del viso, o l’ombra che scendeva sugli occhi, mentre nel petto si apriva l’incurabile ferita.

Forse avrebbe dovuto saperlo. Dopotutto, aveva sentito il suo cuore spezzarsi mille volte. La prima, la più atroce di tutte, quando aveva lasciato Akito.

Ecco, forse a lui il cuore l’aveva spezzato. Ma in quel momento era stata troppo occupata a rimettere in moto il suo per potersi soffermare a guardare come ti cambia, avere il cuore in frantumi.

Stavolta invece l’avrebbe visto eccome.

Non appena avrebbe confessato a Naozumi tutta la verità, avrebbe potuto chiaramente distinguere il rumore di un cuore che va in mille pezzi.

E sarebbe stata proprio lei ad innescare la bomba.

Vorrei tanto che tu tornassi a sorridere il più in fretta possibile.

Che ti scordassi di me facilmente, che mi archiviassi tra le cose passate e che mi vedessi per quella che sono… una donna che non ha mai meritato il tuo amore.

Vorrei tanto vederti ripartire da stanotte.

- Nao io… io devo parlarti.

Espressione contrita, sguardo fisso nel vuoto.

Le prime parole per iniziare a ferire.

- So già quello che devi dirmi.

La voglia di piangere e chiedergli scusa. Di dirgli che, comunque, è stato il compagno migliore che si potesse volere.

- No, Nao ascoltami… io voglio spiegarti tutto.

L’ingestibile bisogno di fargli capire che la colpa non è stata sua.

Che è lei quella sbagliata. O che forse entrambi hanno sbagliato la vita. Che in un’altra, magari, la loro storia sarebbe anche potuta durare.

- No, Sana. Non ce n’è bisogno, credimi. Piuttosto sono io a doverti dire qualcosa. Ed è una cosa che avresti dovuto sapere già molto tempo fa. Qualcosa che ti hanno tenuto nascosto, ma che ora dovrà venire alla luce.

- Non capisco…Cosa stai cercando di dirmi?

- Prima di sparire dalla tua vita, voglio solo che tu sappia che razza di persona è l’uomo che continui ad amare.

- Naozumi, ma… insomma che stai dicendo?

- Oh, lo saprai presto. Guarda lì… Mi pare che Matsui ti stia facendo cenno di raggiungerla.

In effetti, poco distante da loro, c’era proprio Fuka che, con un impercettibile movimento della mano, pareva invitarla ad avvicinarsi a lei.

Due cose la colpirono e la confusero particolarmente;

Il fatto che accanto a Fuka ci fosse un Akito visibilmente turbato e che gli occhi della sua vecchia amica fossero gonfi e pieni di lacrime a stento trattenute.

- Ma cosa…

- Su, Sana. Non li raggiungi? Credo che troverai molto interessante quello che hanno da dirti.

Lo vide sorridere di un sorriso che non gli aveva mai visto e che quasi le fece paura.

Era quello il sorriso di chi ha il cuore spezzato?

 

 

***

 

Aveva temuto quel momento, pregando con ogni fibra del suo corpo che non giungesse mai, sin da quando Aya l’aveva invitata al suo matrimonio.

E invece, come in ogni colpo di scena che si rispetti, quel momento era arrivato.

Si era imposto in modo perentorio, senza lasciarle possibilità d’appello.

Nella sua mente l’aveva immaginato molte volte, cercando attentamente le parole da usare, le scuse da accampare e i modi per provare a farsi perdonare.

L’aveva immaginato molte volte, dunque, proprio perché sapeva che prima o poi sarebbe arrivato.

Ma ora che di fronte a lei c’erano il volto confuso di Akito e quello quasi spaventato di Sana, ora che aveva l’assoluta certezza che con poche parole gli avrebbe sconvolto le vite e distrutto i cuori, ora… le mancavano lo parole.

- Allora, Matsui, vuoi dirci cosa succede?

Ecco. Se era Akito quello che iniziava a fare domande, allora doveva aver già capito qualcosa.

D’altronde, tra tutti i componenti del “vecchio” gruppetto, era sempre stato quello dotato del maggiore spirito di osservazione.

Akito non parlava quasi mai, perché preferiva di gran lunga osservare.

E ci riusciva anche molto bene.

Ti guardava così tanto e così a lungo finché non riusciva a scavarti dentro e a farti sentire completamente incapace di mentire.

Era per questo che non volevo mai che mi guardassi…

- Si, cosa succede Fukachan?

Ancora “Fukachan”?

Tra pochi secondi, Sana, desidererai di non avermi mai conosciuta.

- Ecco, io… devo confessarvi una cosa. Soprattutto a te, Akito. E non so proprio da dove cominciare.

- Su, Fukachan. Prova a cominciare dal principio, no? E fai sparire quell’espressione triste! Qualsiasi cosa sia la risolveremo insieme! Puoi sempre contare su di noi, vero Akito?

- Certo, Sana. Ora lasciala parlare.

Oh, no.

Doveva aver fatto proprio qualcosa di orribile per meritare tutto questo. Per essere costretta a dire la verità proprio ora. Ora che finalmente,- e ne era assolutamente certa-, Sana era tornata di Akito.

Lo si capiva dal modo in cui lo guardava. L’aveva sempre guardato così, in realtà. Però ora lo faceva senza paura di essere scoperta, senza temere che qualcuno potesse leggerle negli occhi che Akito era e sarebbe sempre stato l’amore della sua vita.

Egoisticamente, molto egoisticamente, avrebbe quasi preferito che Sana e Akito avessero davvero smesso di amarsi quel maledetto giorno in cui lei se n’era andata a New York. Che l’amore di Naozumi fosse davvero bastato per convincere la sua vecchia amica a cambiare vita.

Sarebbe stato meglio. Si sarebbe sentita un po’ meno in colpa per essersi messa in mezzo in una storia che non c’era già più, in un amore che aveva già detto tutto quello che aveva da dire.

Forse in quel caso le ferite, prima o poi, sarebbero anche potute guarire.

Ma così era impossibile.

Eppure, Sana, una parte di me l’ha sempre saputo che prima o poi saresti tornata.

- Allora Fukachan? Vuoi dirci che succede?

Succede che sto per spaccarti il cuore…

Il nodo alla gola non le permise di guardarla ancora a lungo. Spostò il volto in direzione di Akito che intanto era tornato silenzioso.

Forse la stava studiando, forse, in cuor suo, stava già capendo.

E allora tanto valeva facilitargli il lavoro.

- Senti, Akito…

Tanto valeva togliersi il pensiero al più presto.

-… credo proprio che dovremmo dire a Sana quello che abbiamo fatto quattro anni fa…

Si, tanto valeva ucciderli in fretta. E provare a ricominciare il prima possibile.

 

 

 

                                                                       ***

 

 

Doveva essere un sogno. Un brutto, bruttissimo sogno. Uno di quelli che ti fanno svegliare nel bel mezzo della notte, con la fronte sudata e il battito accelerato.

Che ti lasciano quel velo di terrore, quella sensazione di non essere ancora totalmente fuori pericolo, perché le immagini di quell’incubo sono ancora così vivide che pare di averle davvero vissute.

Poi i secondi passano e il cuore inizia ad acquetarsi, e piano piano si fa strada la consapevolezza che è stato solo un cattivo scherzo della mente e il terrore lascia spazio alla calda sensazione di essere completamente al sicuro.

Si, ora mi sveglio e tutto finisce.

E invece non riusciva a svegliarsi.

Tutto era dannatamente chiaro, crudelmente gettato di fronte ai suoi occhi, urlato senza pietà nelle sue orecchie.

“- .. credo proprio che dovremmo dire a Sana quello che abbiamo fatto quattro anni fa…”

Gli occhi di Akito erano stati più eloquenti di qualsiasi discorso. Uno sguardo terrorizzato era bastato per far capire a Fuka che lui non avrebbe detto una parola.

Che rivelare la verità era un fardello che doveva pesare solo sulle sue spalle.

E allora Fuka aveva parlato.

“Sana…”

Nei suoi occhi scuri c’aveva visto solo terrore.

“… quando hai lasciato Akito, io… ecco noi…”

Aveva assistito immobile, mentre Akito provava a fermarla, stringendole forte un braccio con le dita della mano.

Ma Fuka quasi l’aveva ignorato e si era bloccata solo per prendere un profondo respiro.

“… abbiamo passato la notte insieme…”

Ecco. Quello che aveva visto dopo era stata una cosa abbastanza strana… c’era stata solo un’immagine sfuocata, dai contorni sbiaditi…

Akito e Fuka ancora adolescenti che camminavano insieme, e felici, tenendosi per mano, lungo la strada che li conduceva alla loro vecchia scuola.

In un angolo, nascosta dove loro non potevano vederla, c’era la proiezione della Sana adolescente. La ragazza imbranata e goffa, che aveva appena scoperto di essere innamorata del suo migliore amico.

Li guardava avanzare sereni, imprigionata nell’impossibilità di poter tornare indietro per rimediare al suo errore.

Per accorgersi che di Akito, in realtà, era stata innamorata sin dall’inizio. Sin dalla prima volta in cui, per caso, era inciampata nei suoi occhi dorati.

Poi, d’improvviso, l’immagine era cambiata.

Di fronte a lei era apparso l’Akito ventenne, con il volto identico a quello della loro ultima, furiosa litigata.

Accanto a lui, nella loro casa, c’era di nuovo Fuka.

Ma stavolta non si tenevano solo per mano. No, quel gesto innocente non poteva bastare per due adulti come loro.

E allora riecco quel lancinante dolore. Riecco quella insistente e malata voglia di morire.

La stessa che aveva provato quel lontanissimo giorno in montagna, con il telefono a mala pena sorretto dalle dita tremanti, mentre Akito le confessava di stare con Fuka e l’amore per il suo migliore amico le piombava addosso, pesante e insopportabile, costringendola a schiantarsi al suolo.

Il buio che ora stava provando, la sensazione di essere ancora rimasta spiazzata, di aver aperto di nuovo la porta sbagliata, erano ferite molto simili a quelle provate quel giorno.

Simili, certo. Ma molto, molto più forti.

- Sana, ti prego… dì qualcosa…

Le sembrò la voce di Fuka. L’orribile suono emesso dalle labbra di chi l’aveva ancora tradita.

Se solo ne avesse avuto la forza, se solo si fosse ricordata come muovere un braccio, non avrebbe atteso neppure un altro istante prima di lasciarle sul volto i segni di un fortissimo schiaffo.

Anche se tanto, neppure con tutta la forza del mondo avrebbe potuto farle così male.

- SI PUO’ SAPERE CHE CAZZO TI E’ SALTATO IN MENTE, MATSUI?

Questo invece, doveva essere Akito.

Incredibile il disgusto che provò nel pensare quel nome.

Chi era l’uomo con cui aveva fatto l’amore appena pochi minuti prima?

Di certo, non il suo Akito..

Perché il suo Akito non l’avrebbe mai sfiorata senza dirle di aver passato una notte con la sua migliore amica.

Non avrebbe avuto il coraggio di guardarla negli occhi e di respingerla urlandole contro tutto il suo risentimento e facendola sentire una persona orrenda.

Non sarebbe uscito in giardino per chiederle di non sposare Naozumi, per dirle di restare con lui…

Non avrebbe fatto l’amore con lei, sapendo di aver amato in quel modo anche Fuka.

- Io… ho dovuto dirglielo… Mi dispiace, Akito..

A mala pena sentì le parole di Fuka.

E venne prese da un’incontrollabile rabbia. Dalla voglia di urlarle di stare zitta, di smetterla di dire cose tanto impossibili.

Forza, Akito! Dille che non è vero! Che si sta inventando tutto!

- … mi dispiace davvero, Akito. Ma l’ho fatto perché devo confessare una cosa anche a te.

Dille che non puoi avermi fatto questo!

Ma Akito non disse nulla.

E per farla morire, non dovette dire nient’altro.

 

 

                                                                       ***

 

Non era mai stato un tipo molto socievole, uno che ama stare in mezzo alla gente o passare del tempo a inventare stupidi scherzi da fare agli amici di sempre, giusto per ridere un po’.

E sopportava ancor meno di essere la vittima di qualche scherzo elaborato da un amico che, evidentemente, non aveva proprio niente di meglio da fare.

Per quanto ricordasse, solo una volta Tsuyoshi aveva provato a fargliene uno, durante i primi giorni delle scuole elementari.

Gli aveva nascosto i pastelli colorati con i quali passava il tempo a scarabocchiare sui fogli bianchi che gli dava la maestra, mettendoli nella sua borsa cosicché lui non potesse trovarli.

Non appena Tsuyoshi glieli aveva restituiti, mostrandogli un enorme sorriso e urlando a gran voce “ Scherzo riuscito!” , gli aveva lanciato un’occhiata terribile per fargli capire che certe cose, a lui, non piacevano per niente.

Da allora, i pastelli, Tsuyoshi non glieli aveva nascosti più.

Però ora, di certo, non avrebbe reagito nello stesso modo. Ora avrebbe desiderato con tutto se stesso di essere l’innocente vittima di uno scherzo di cattivissimo gusto.

Avrebbe tanto voluto vedere Fuka scoppiare a ridere allegra, prendere sotto braccio una Sana ugualmente divertita e sentirle urlare all’unisono “Scherzo riuscito!”.

Si, certo, magari all’inizio si sarebbe arrabbiato con loro, facendole una scenata che non avrebbero dimenticato tanto facilmente.

Magari non le avrebbe parlate per un po’, giusto il tempo per farle riflettere sul fatto che certi scherzi non si dovrebbero mai neppure concepire.

Poi, però, dentro di sé si sarebbe lasciato andare ad un lungo sospiro liberatore e, forse, anche a qualche sorriso.

Perché, comunque, lo scherzo era riuscito davvero. E lui c’era cascato come un emerito imbecille.

Andiamo, Matsui. Ora mettiti a ridere…

E invece Fuka non faceva altro che piangere e tremare, stringendo forte le mani sul cuore.

“- Dopo quella notte,… sono stata costretta a tornare ad Osaka, perché ero incinta…di tuo figlio…”

Il tempo si era congelato su quelle ultime due parole.

“… tuo figlio…”

Aveva smesso di scorrere, le lancette sull’orologio avevano smesso di girare.

Le persone intorno a loro erano sparite, la musica nella sala si era affievolita fino a diventare solo un suono lontanissimo.

L’unica cosa che riuscì a distinguere con crudele precisione, fu il volto di Sana e la luce nei suoi occhi che, d’improvviso, si spegneva. La lentezza con la quale lei si portava una mano sulle labbra e indietreggiava di qualche passo, mentre quella meravigliosa sfumatura rossa sulle gote lasciava il posto ad un tristissimo pallore.

 - Akito, mi… mi dispiace. Non ho mai voluto dirtelo perché non volevo… sconvolgerti la vita..

Se solo avesse avuto la forza per parlare, avrebbe urlato a Fuka tutta la sua rabbia. Le avrebbe detto che era stata una stronza e una donna meschina. Che una cosa del genere non può essere taciuta.

E che, soprattutto, non può essere rivelata in quel modo.

Non ora, non… davanti alla sua Sana.

- … Sana, io… io non so cosa dire. Ora sei sconvolta e lo capisco… però sappi che per Akito quella notte non ha significato niente… davvero lui…

Si, era vero. Per lui non aveva significato nulla quella maledettissima notte.

Non era stato nient’altro se non un modo per provare a lenire quella inossidabile e perpetua voglia di Sana.

Ma Sana non avrebbe compreso. Sana non c’avrebbe creduto.

Un figlio suo e di Fuka, non l’avrebbe mai accettato.

Lo capì con assoluta certezza quando la vide stringere ancora più forte la mano sulle labbra e rivolgere lo sguardo dritto nel vuoto.

Avrebbe tanto voluto sfiorarla, prenderle una mano e dirle che sarebbe andato tutto bene.

Che neanche un figlio con Fuka gli avrebbe impedito di amarla.

Ma lei neppure lo guardò e corse via, inciampando più volte sui suoi stessi tacchi.

E lui sentì ancora quella sensazione…

La stessa provata tanti anni prima, nei giorni in cui lei si era ammalata di quella strana malattia che le aveva tolto il sorriso e l’aveva resa immobile come una bambola.

E proprio come allora, era di nuovo lui che, senza neppure accorgersene, la spezzava in due ancora una volta.

 

 

                                                                       ***

 

Li aveva guardati parlare per tutto il tempo della loro conversazione.

Era rimasto nascosto dietro una parete poco distante per vedere se Fuka avrebbe davvero avuto il coraggio di confessare a Sana e ad Hayama tutta la verità.

O se, invece, l’incombenza di rivelare quell’importantissimo segreto sarebbe toccata proprio a lui.

Ma Fuka era stata brava.

Tra le lacrime, aveva raccontato di quella notte e del figlio che era nato da quell’insana unione.

Aveva potuto distintamente vedere lo sguardo terrorizzato e sconvolto di Hayama e, a quella visione, era seguito un ghigno di malata soddisfazione.

Quel pensiero che batteva in testa e recitava “Ora soffri un po’ anche tu, Hayama!”

Sana, invece, non poteva vederla perché gli dava le spalle.

Quello che era certo, era il fatto che lei fosse rimasta immobile per tutto il tempo senza dire nemmeno una parola.

Si sporse un poco per riuscire a vedere meglio ciò che stava succedendo e iniziò a sentire un nodo formarsi nella gola, non appena vide Sana voltarsi, con una mano poggiata forte sulle labbra e con gli occhi puntati sul pavimento.

Ebbe l’impulso fortissimo di uscire dal suo nascondiglio e di correrle incontro per accoglierla tra le sue braccia e per dirle che sarebbe andato tutto bene.

Ma non lo fece, perché poi si materializzò nella sua testa la consapevolezza che era stato lui a farle questo.

Era stato lui a costringere Fuka a dire la verità.

E l’aveva fatto proprio per farla pagare a Sana.

Per punirla perché non era stata in grado di amarlo davvero e di dimenticare Hayama.

Di certo, era riuscito nel suo intento.

Di certo, ora lei stava soffrendo in modo pazzesco.

Forse anche di più di quanto non avesse sofferto lui stesso per averla persa.

La vide correre in fretta per allontanarsi da Fuka e da Hayama e dirigersi nuovamente verso l’uscita.

Gli passò accanto senza neppure vederlo.

Ma, in compenso, lui poté vedere il dolore dipinto sul volto della donna che aveva sempre amato.

E si sentì morire.

E capì che, costringendo Fuka a rivelare tutto, aveva commesso un gravissimo errore.

 

 

                                                                       /*/

 

Note dell’autrice: Bene, eccomi qui. Non so nemmeno io come ho fatto ad aggiornare in tempo, quindi mi perdonerete se questo capitolo non è proprio il massimo della vita! L’ho scritto davvero in tempo record! ;)

Il prossimo sarà molto più importante di questo. ;)

Inutile dire che aspetto recensioni!

A presto! ^^

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rossana/Kodocha / Vai alla pagina dell'autore: isachan