-P.o.v
Marie-
Osservo
le ragazze correre come due invasate fuori dalla
Sala, travolgendo una ventina di persone e non riuscendone a scansare
altrettante. Sospiro, riportando lo sguardo sulla mia colazione che
sono certa
non riuscirò a consumare.
<<
I duelli non inizieranno prima di mezz’ora
>>
Rialzo
il capo, incontrando gli occhi azzurri di Dylan
Wood. Mi fissa con un lieve sorrisetto ad increspargli le labbra, mi ha
scoperto.
<<
Lo so, volevo che andassero via e allo stesso
tempo dar loro una lezione >>
Come
consuetudine per me, sento le guance scaldarsi,
avranno attraversato decine di tonalità di rosso. Porto la
mano ad abbassare
ancora di più il cappello, nascondendogli i miei occhi. Lo
sento ridere e di
riflesso non posso che unirmi alla sua ilarità, ha una bella
risata,
cristallina e contagiosa.
<<
Ti chiedo scusa per quello che è successo poco fa
>>
Interrompo
l’imbarazzante silenzio creatosi, rialzando lo
sguardo. Vicky mi ripete sempre che devo togliermi
quest’abitudine di tenere
gli occhi bassi: Hai degli occhi
meravigliosi, falli vedere miseriaccia!
Mi sembra quasi di sentire la sua voce.
<<
Non devi, conosco bene quelle due e mentirei se ti
dicessi che non me l’aspettavo >>
Mi
sorride ancora, parlandomi con quella voce che sembra
avere il potere di calmare gli animi. E’ lievemente roca, ma
stranamente dolce.
In netto contrasto col blu dei suoi occhi che, al contrario, sembrano
fatti
apposta per creare turbamento in chi li fissa.
Non
mi ero mai soffermata sui dettagli che gli appartengono:
sulla bocca lievemente carnosa, sulla leggera peluria che inizia a
farsi spazio
sul suo volto, sui suoi capelli scuri e decisamente arruffati, dovrebbe
tagliarli, anche se presumo che facciano parte del suo fascino.
Distolgo
rapidamente lo sguardo, mordendo il labbro e
torturando le dita. Come mi vengono in mente simili pensieri? Definire
affascinante il capitano della squadra di Quidditch dei Grifondoro
è il primo
passo verso la frivolezza. Finirò con
l’assomigliare a quelle ragazzine che
perdono il proprio tempo a sognare ad occhi aperti piuttosto che
concentrarsi
sulla vita reale.
Non
ho
tempo per sognare!
Quando
mi rendo conto che non gli ho ancora risposto e che
probabilmente devo sembrargli una psicopatica alla stregua di Vicky o
Yvonne,
mi decido a balbettare qualcosa.
<<
Oh, si… va bene >>
Annuisce,
riposando le posate nel piatto e ritornando a
fissarmi. Non so reggere il blu dei suoi occhi, accidenti. Lo sento
schiarirsi
la voce e parlare ancora.
<<
In realtà sono io a doverti chiedere scusa, sai
per quel commento di ieri sera… non avrei dovuto, di certo
non davanti ad altri
>>
<<
No, tu… sei stato gentile, voglio dire lo sei
sempre con me >>
I
nostri occhi ancora si incatenano e ho la sensazione di
aver detto qualcosa di sbagliato quando mi accorgo che le sue gote si
sono
lievemente arrossate. Tossisce, portando una mano dietro la nuca e
scompigliandosi i capelli.
<<
So bene di essere spesso scontroso e irritabile,
ma… >>
<<
No, io non volevo dire questo! >>
Mi
affretto a precisare, posando le mani sul tavolo e
sporgendomi lievemente in avanti. Lui mi sorride, scuotendo il capo.
<<
Tranquilla, è la verità… quello che
sto cercando
di dire è che con te è facile non esserlo, i tuoi
occhi così limpidi mi
costringono ad essere gentile, o perlomeno ci provo, ecco
>>
Non
era una mia impressione, Wood è davvero in imbarazzo e il
suo balbettio ne è una prova. Ma quello che mi ha appena
detto è così dolce,
che gli perdonerei anche strafalcioni grammaticali. Gli sorrido,
tuttavia
incapace di replicare.
<<
Anche se oggi mi hai mostrato di non essere poi
così limpida come
credevo >>
Ride
ancora e gli sono grata del fatto che sia riuscito a
rompere nuovamente questo silenzio tra noi. Io sono una frana nelle
conversazioni, se non ci fossero Yvy e Vicky probabilmente parlerei
solo di
pozioni e calderoni.
Improvvisamente mi
ricordo dell’antidoto che Madame Pomfrey mi aveva promesso.
Guardo l’orologio
sperando di non essere in ritardo all’appuntamento, scoprendo
di avere ancora
qualche minuto. Mi rialzo quindi, sistemando meglio il cappellino verde
sulla
mia testa e replicando allo sguardo interrogativo di Dylan.
<<
Devo vedere Madame Pomfrey, finalmente
i miei capelli ritorneranno
castani >>
Mi
sorride, rialzandosi anche lui dalla panca.
<<
Ti accompagno >>
Annuisco
dopo l’iniziale sorpresa, per poi avviarmi con lui
al mio fianco fuori dalla Sala Grande. Cammina accanto a me tranquillo,
con le
mani infilate nelle tasche dei pantaloni e fischiettando qualcosa.
Sorrido, mi
ricorda Victoire.
Alla
porta dell’infermeria mi volto verso di lui, devo
togliere il cappello e il fatto che lui mi veda ancora con questi
orrendi
capelli non mi entusiasma. Indugio qualche secondo, fino a quando non
fa
qualcosa che mi spiazza completamente.
Mi
si avvicina, il suo bellissimo sorriso ad increspargli
le labbra. Porta le mani a sfiorare le mie guance, risalendo piano sino
a
levarmi il cappello. I capelli mi ricadono sulle spalle, sono talmente
appariscenti che riuscirebbero ad abbagliarlo.
<<
Ti aspetto qui >>
Annuisco
distrattamente, per poi voltarmi e aprire la porta
che l’attimo dopo chiudo alle mie spalle, solo dopo avergli
rivolto un’ultima
occhiata riconoscente. Lascio vagare lo sguardo per l’intera
sala, e scorgo
Madame Pomfrey a pochi passi da me, intenta a rifare un letto. Si
accorge della
mia presenza e mi
viene incontro.
<<
Signorina Summers venga con me >>
La
seguo accanto ad una piccola dispensa piena di strane
pozioni dai colori più svariati, mi affascinano. Rovista tra
le varie ampolle
per qualche secondo, estraendone quella che fa al caso mio. Emetto un
sospiro
di sollievo, finalmente i miei capelli ritorneranno del noioso
castano.
Quando
pochi minuti dopo esco dall’infermeria, Dylan Wood
è
ancora lì. Poggiato al muro di pietra, rigirandosi il mio
cappello tra le mani.
Gli sorrido, raggiungendolo. Mi porge il copricapo, ma prima che possa
afferrarlo, una ragazzina di Tassorosso lo sfila dalle sue mani,
rivolgendomi
un’occhiata risentita.
<<
Questo è mio! >>
E
così com’era venuta va via. Sbatto più
volte le palpebre,
incredula, ancora seguendo la sua dipartita con lo sguardo. La risata
genuina
di Wood mi riporta alla realtà e ancora una volta non posso
fare a meno di
ridere con lui.
Amo
la
sua risata.
E’ il
punto di vista di Marie Summers,
da collegarsi al terzo capitolo di ‘You &
Me’ : Minacce, Club dei Duellanti
e crisi epilettiche.
Ho creduto
indispensabile farvi
conoscere anche i pensieri degli altri protagonisti, essendo la storia
originale raccontata dalla sola Victoire. In questo modo approfondirete
le
varie vicende e le altre relazioni.
Mi auguro che
abbiate gradito questa
ideuccia! ;)
Come avete potuto
notare Marie è molto
diversa da Vicky o Yvonne. E’ timida, introversa eppure
nasconde anch’ella un
animo malandrino. Del resto come ho accennato, quelle tre mi ricordano
molto
James, Sirius e Remus. La Summers è proprio come
quest’ultimo.
Non altro da
aggiungere, mie care!
Vi abbraccio! :*