Gli occhi di Shino erano un tesoro nascosto che solo a
lui era permesso vedere.
Shino non permetteva a nessun altro di incontrare
il suo sguardo, quando non indossava gli occhiali scuri. Era un tacito accordo
stretto tra i due, insieme alla muta promessa di Kankuro di abbandonare il
cappuccio della tuta e il trucco da guerra quando andava a trovarlo.
La prima
volta in cui si erano trovati faccia a faccia senza alcuna barriera tra loro, in
quella piovosa missione che li aveva fatti avvicinare più di quanto si sarebbero
immaginati, si erano sentiti a disagio.
Kankuro non era abituato ad andare
in giro senza trucco e senza qualcosa a coprirgli i capelli scuri. Soltanto ai
suoi fratelli permetteva di vederlo così, e anche per quella piccola concessione
c'era voluto tempo e molta fatica.
Shino, al contrario, non toglieva gli
occhiali nemmeno in casa. Forse perché anche suo padre li portava, e anche sua
madre e tutto il suo clan, ma non gli era nemmeno mai passata per la testa
l'idea di mostrare gli occhi a qualcuno, chiunque fosse. Certo, i suoi genitori
conoscevano il suo aspetto, ma lo stesso non si poteva dire dei suoi amici. Kiba
gli aveva chiesto, qualche volta, di farsi vedere bene, ma lui l'aveva ignorato.
A Kankuro, invece, non era stato necessario chiedere. Anzi, era rimasto
senza parole quando, senza dirgli nulla, aveva tolto gli occhiali davanti a lui.
In muta risposta il ragazzo, che aveva capito che cosa significasse quel gesto,
aveva tolto il cappuccio dai capelli con un gesto impacciato e aveva cancellato
i segni viola dal volto sfregando la manica della tuta contro la pelle.
«Fine
della recita», aveva pensato Kankuro in quel momento. Ma sentiva che era una
formula assai diversa da quella che usava per celebrare la propria vittoria nei
combattimenti. Perché lui, proprio come il suo avversario, in quel momento si
trovava scoperto e indifeso davanti a uno sconosciuto. Si sentiva mostruosamente
vulnerabile, eppure non gli era venuto nemmeno per un istante l'istinto di
camuffarsi di nuovo. A giudicare dallo sguardo di Shino, non era venuto in mente
nemmeno a lui. Erano rimasti fermi a scrutarsi, in silenzio, quasi senza
respirare. Poi, all'improvviso, Shino aveva inforcato nuovamente gli occhiali e
lui aveva calato il cappuccio sui capelli.
Avevano rimesso al loro posto
quelle che erano le loro maschere. Ma c'era stata una resa, un avvicinamento che
non erano riusciti a cancellare. Ed era importante, pensò Shino. Era un passo
avanti.
Kankuro fece forza sul braccio e si tirò su. Guardò
Shino, steso sul letto accanto a lui, con gli occhi socchiusi rivolti verso la
finestra. Il sole di Suna era caldo e forte e i suoi raggi colpivano il volto
del ragazzo. Era ormai da tempo che dormiva lì, quando era in missione nel Paese
del Vento per conto dell'Hokage. Temari e Gaara, che pure sapevano tutto,
facevano finta di nulla. E loro, in quella stanza un po' cupa, osservati dalle
vecchie marionette di Kankuro appese al soffitto, avevano tutto il tempo che
volevano.
Kankuro si guardò intorno. Gli occhiali di Shino erano abbandonati
sul tavolo, con le stanghette aperte, come dimenticati.
Lì accanto c'era
ancora il fazzoletto bagnato che Kankuro aveva usato per togliersi il trucco; il
cappuccio era a terra, poco distante.
Non c'erano maschere, quando erano
soli.
C'erano loro, e andava bene così.