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Autore: orual    21/03/2011    9 recensioni
Per chi ha amato "La Strada Per Ritornare"...l'arrivo del Trio, con gli altri prigionieri di Villa Malfoy al seguito, a Villa Conchiglia, visto da occhi diversi da quelli di Harry. Impressioni e azioni di una guerra che è stata combattuta e vissuta da tanti... a cominciare da Ron, Hermione, Bill, Fleur... che abbiamo già visto all'opera in "La strada"!
"Tutti e tre restarono vicini, in silenzio, in quello che pareva l’ultimo momento di normale tranquillità loro concesso, a godere senza parlare dell’affetto reciproco. Vide, nello specchio sopra il cassettone, Harry e Ron scambiarsi, sopra la sua testa, uno sguardo dei loro, uno sguardo da maschi, come diceva lei, che chissà cosa significava, con occhi un po’ malinconici.
-Vi voglio bene- mormorò Hermione, e loro annuirono, in una sincronia quasi perfetta e un po’ ridicola.
Non occorsero altre parole, quella sera.
"
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Thomas, Harry Potter, Luna Lovegood | Coppie: Bill/Fleur, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache della Seconda Guerra'
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 Prima della conclusione di questa storia, alla quale mi sono gradualmente appassionata, tanto che è venuta lunga praticamente il doppio di quanto avevo progettato, ecco qui un capitolo di cui sentivo il bisogno, che esplora un po’ di più i personaggi minori. E’ un po’diverso dal solito, tanto che avevo quasi pensato di lasciar perdere e trasformarlo in una one-shot... alla fine però ho deciso che rendeva più completa ed equilibrata “Villa Conchiglia”, e l’ho tenuto. Quindi sono abbastanza in apprensione... vediamo se vi piacerà comunque. La prossima volta concludiamo, perciò... non mancate!
Buona lettura!

 
5. Magiallacciamento
 
Con un gesto brusco della bacchetta, Fleur fece scendere la scala a soffietto che portava in solaio. Avevano dovuto spostare lassù, tra tutta la robaccia lasciata là da precedenti proprietari della casa, il mobile del soggiorno, perchè adesso che ci dormivano i tre ragazzi lo spazio non era sufficiente. Luna ed Hermione avevano dovuto essere stipate in due brandine nella stanza rossa, così piccola che, per aprire la finestra, bisognava salire sulle materasse. Olivander e Unci-Unci dividevano già da settimane la stanza di Ron (era da Natale che lei e Bill avevano preso l’abitudine di chiamarla così): fortunatamente il povero Olivander se ne sarebbe andato la sera dopo, e Fleur, pur compatendo le sue condizioni, non vedeva l’ora. Quelle giornate erano state assai stancanti, tra roba da lavare, letti da rifare e vestiti da procurare al folletto, Dean, Luna e Olivander, che erano arrivati senza altro che quello che avevano addosso. C’era da cucinare per nove persone, diversificando il menù per l’anziano fabbricante di bacchette e per il folletto che pretendeva radici e carne cruda. E c’era la frenetica attività di cura e preparazione di ricostituenti: Olivander era stato così male che avrebbe dovuto essere ricoverato al San Mungo, se non fosse stato un prigioniero fuggito in costante pericolo, Luna aveva sofferto di una tosse secca e stizzosa che cominciava solo adesso a lasciarla in pace, e Fleur non aveva alcuna competenza specifica, soltanto una certa abilità di pozionista e l’aiuto di libri di rimedi casalinghi. Pensò che, se mai la guerra fosse finita, avrebbe lasciato perdere l’inutile carriera al ministero che prima contava di perseguire, e si sarebbe dedicata a cose che erano importanti sempre. Forse la Medimagia, come aveva suggerito Hermione.
Mentre si destreggiava tra le polverose cianfrusaglie del solaio, reggendo la tovaglia pulita, appena estratta dal cassetto del mobile, in una mano e la bacchetta nell’altra, per poco non cadde inciampando in un arnese grigio che giaceva abbandonato per terra, tutto ricoperto di polvere. La tovaglia le sfuggì di mano, e lei, con un gesto di stizza, scagliò via la bacchetta e si sedette, furente, sul pavimento sporco. Era stanca, esausta. Il tempo in cui aveva parlato di fare un bambino con Bill sembrava lontanissimo, e nel cassetto del suo comodino i ferri con il lavoro incompiuto per il figlio di Tonks, che stava per nascere, giacevano inutilizzati. Senza che riuscisse a fermarle, le lacrime cominciarono ad uscire: erano lacrime di rabbia, più che altro, e singhiozzò rabbiosamente per qualche minuto, finché una mano conosciuta non le si posò sulla spalla.
-Tesoro?
Era Bill, naturalmente. Si era accorta che la teneva d’occhio da qualche giorno, probabilmente aspettandosi una sua esplosione. Con tutta probabilità, si disse Fleur, era prevedibile come una bambina, ed il pensiero la fece infuriare.
-Lascia perdere, Bill!
-E’ solo una tovaglia.
-Non è solo una tovallia!- sbraitò Fleur. Bill sospirò.
-Lo so.
Solo due parole, e le aveva già fatto un lungo discorso. Poteva quasi sentirselo risuonare in testa, recitato nella voce paziente ed equilibrata del marito: “So che sei stanca ed impaurita per quello che succede, che tutti qui dentro hanno pretese assurde e che stare a guardare gli altri che agiscono mentre tu, una strega brillante e dotata, sei rinchiusa in casa da mesi e da varie settimane non fai altro che cucinare, rifare i letti a sette ospiti e preparare sciroppi per la tosse, è frustrante. Ma io sono qui.”
Lei fece un respiro profondo per calmare l’affanno:
-Sono una sciocca, naturalmonte, ma... sono stonca di avere tutta questa jonte per casa e... lo so che è egoista!
-Amore, credo che sia normale.
Lei lo guardò. Aveva la faccia piena di comprensione. Anche lui, dopotutto, era un mago brillante ed audace improvvisamente relegato al ruolo di gestore del rifugio segreto di eroi più giovani e inesperti di lui e di clandestini in pessime condizioni di salute.
-Lo so che è importonte. Ma...
-So che lo sai. Se vuoi piangere un altro po’, o... scagliare oggetti, ci sono qui io... ti ho sposata anche per questo.
Lei fece una specie di risolino tremulo.
-Sono insciampata in quell’arnese. Qua sopra è pieno di cose inutili.
-Ti sei fatta male?
-No, in realtà. Non so neonche cosa sia.
Bill si chinò a guardare l’oggetto, distrattamente. Poi si fece più attento.
-Aspetta... in realtà questo è meno inutile di altre cose.
-Che vuoi dire?
-E’ un paio di giorni che Dean mi ha chiesto come poteva fare contattare i suoi... sai, hanno fatto quell’appello alla radio, ricordi? E magari ho trovato il modo...
Bill si alzò, ed aiutò la moglie a rialzarsi, raccogliendole e spolverandole la tovaglia con dei colpetti, prima di porgergliela, con un bacio.
-Tesoro, presto andrà meglio.
Lei annuì. Già si vergognava un po’ del suo sfogo. Spinse delicatamente Bill, che era chiaramente preso dalla nuova idea, giù per le scale.
-Bien... Vai ad occuporti di questa cosa, alora...
-Stai bene? Sicura?
Lei sorrise: -Ti amo, Bill.
-Moi aussi- rispose lui, scendendo in fretta le scale.
 
Passare le ore in giardino sembrava essere l’unico modo per non intralciare nessuno, a Villa Conchiglia. Harry, Ron ed Hermione erano sempre per conto loro, ed era chiaro che lavoravano ad un progetto. Quanto a lui, Dean, si sorprendeva ancora a tendere le orecchie per captare il rumore di qualcuno che si avvicinava, come aveva fatto in continuazione per tutto l’anno appena trascorso. Gli incubi ancora non volevano cessare. E non c’era nessuno con cui parlare di quello che era successo, tranne Unci-Unci  che però era impegnato con i tre, e comunque non era mai stato un tipo di molte parole. Non voleva ulteriormente turbare i suoi ospiti, così gentili. Il secondo giorno della loro permanenza lì, quando aveva cominciato ad essere possibile per tutti pensare a qualcosa oltre alle urgenze del momento presente, Bill gli aveva chiesto cosa gli fosse successo, ed aveva raccontato tutto: dall’agguato in cui erano morti Ted, Dirk, e Gonci, ai due giorni di fuga impazzita, alla cattura. Bill aveva ascoltato attentamente, per poi dire, con aria pensierosa:
-Ma certo... ti chiami Dean, giusto? Ho sentito parlare di te. A Radio Potter.
-Radio... Potter?
-La radio della resistenza a Voldemort. Probabilmente se sei in fuga da tutto l’anno potresti non averne mai sentito parlare. Tua madre e le tue sorelle hanno rivolto un appello alla radio per cercare tue notizie.
-Mia madre e le mie... cosa?- aveva esclamato Dean, che non aveva mai pensato ad una simile eventualità -Loro sono... sono Babbane, non sanno... Come hanno fatto?
Bill aveva scosso la testa.
-Non ne so nulla. Però posso cercare informazioni, conosco... le persone che gestiscono la radio. Ti farò sapere, d’accordo?
Non era rimasto altro da fare che aspettare, sperando di riuscire ad avere qualche notizia. Del resto, non vedeva i suoi da un anno, e non sapeva nulla di loro: tutto sommato era una bella novità essere rassicurato sul fatto che erano vivi. Se ne era andato proprio per evitare di metterli direttamente in pericolo, quando aveva capito che comunque non avrebbe potuto tornare ad Hogwarts. Se fosse riuscito a sparire e loro non fossero risultati i parenti di un Sanguesporco, almeno non avrebbero rischiato più di tutti i milioni di cittadini Babbani della Gran Bretagna. Questo aveva cercato di spiegarlo a Grace, la più grande delle sue sorelle (sarebbe stato inutile tentare il discorso con sua madre), alla vigilia della sua partenza. Lei era piena di rabbia, perchè non riusciva a capire, o forse non voleva accettare, il fatto che per non metterli nei guai avrebbe dovuto andarsene. Però, dopo avergli urlato furiosamente addosso, con tutto l’impeto dei suoi quattordici anni, lo aveva aiutato a mettere insieme le poche cose che avrebbe portato con sé, ed aveva richiuso la porta a chiave dietro di lui quando, durante la notte, aveva lasciato il loro appartamento.  Inizialmente si era recato a casa di Seamus, in Ulster: perchè non aveva idea di dove andare. Era rimasto nascosto da loro fino a che Seamus non era stato costretto dalle nuove direttive ministeriali ad andare ad Hogwarts. In realtà, i Finnigan si erano anche offerti di nasconderlo per tutto l’anno. Ma presto il piano si era rivelato impraticabile. Il nuovo regime aveva varato un programma di ispezioni settimanali nelle case di tutti i maghi coniugati con Babbani, per verificare , come era stato detto, “che coloro che avevano attuato tali riprovevoli unioni, prima che venissero formalmente proibite, non si facessero sottrarre la magia dal coniuge Babbano”. Casa Finnigan, come le altre, aveva cominciato ad essere vessata dalle crudeli e degradanti ispezioni, in realtà chiaramente un mezzo per far pressione affinché le coppie miste si disgregassero in tutta la Gran Bretagna. Con la preoccupazione per quello che poteva accadere al figlio a scuola e le continue, umilianti pressioni inflitte a lei ed a suo marito, la signora Finnigan era sull’orlo di un esaurimento nervoso. Mancava solo che si scoprisse che in casa nascondevano un Nato Babbano che non si era presentato al censimento per metterli veramente in difficoltà. Avrebbero potuto inquisirli, imprigionarli, togliere la bacchetta alla signora... o peggio. Senza dire niente a nessuno (tanto meno a Seamus, che da quando era sparito, inghiottito da Hogwarts, era diventato irraggiungibile e mandava lettere che arrivavano sempre aperte e talvolta con chiari segni di righe intere di testo erase con la Magia dalla censura), tre settimane dopo l’inizio della scuola, Dean era scappato da casa Finnigan, durante la notte. Non voleva mettere ulteriormente in pericolo i genitori del suo amico. Anche di loro non aveva più saputo niente.
 
-Dean?
Luna lo aveva raggiunto in giardino, con il suo passo privo come al solito di rumore, e lo stava gentilmente interpellando. Indossava un completo di Fleur alla marinaretta, estremamente chic, sui toni classici del bianco e blu, e Dean, come tutti, aveva sussultato alla sua apparizione la mattina a colazione, dato che il look consueto di Luna si discostava significativamente da quel canone estetico (Luna peraltro aveva indossato il completo senza fare storie, proprio come il tailleur da cocktail rosa pesca del giorno precedente). Ora lo guardava dall’alto, con i suoi occhi chiari e sporgenti, tormentando l’orlo della gonna a piegoline con la mano e dicendogli:
-Bill dice che forse riesce a farti comunicare con i tuoi.
-C-come?
-La tua famiglia.
Dean era scattato in piedi, esterrefatto. Comunicare? Pensava che al massimo avrebbe avuto loro notizie.
-Come è possibile?
-Fleur ha trovato una specie di attrezzo babbano per le comunicazioni, in soffitta...- spiegò vaga Luna. Dopodiché lo guidò di sopra, in solaio, dove Fleur fissava dubbiosa Bill che armeggiava con lo strano apparecchio che avevano trovato.
-Un telefono?- chiese Dean.
Gli altri tre lo guardarono con vera curiosità.
-Sai come funziona?- chiese Bill.
-Diamine... certo che so come funziona! Ma... questa casa è allacciata alla rete telefonica?
-Ehm... temo di no. Però mi sono fatto prestare questo da mio padre- rispose Bill, in tono incoraggiante, mostrando un grosso libro marrone, con le lettere del titolo stampate in bianco. La copertina recitava: “Mezzi di comunicazione Babbani: come si usano e come possono essere una valida alternativa alla magia”.
-Edizioni MagiSos?- chiese Dean perplesso.
-Sì, lo so...- cominciò Bill con aria di scusa, mentre Fleur sbuffava rumorosamente. -Non pretendo che tu ci faccia troppo affidamento... sai, è quel movimento di pazzoidi che credono che usare troppa magia inquini l’atmosfera e spingono verso le energie alternative... Magicamente Sostenibili, ne hai mai sentito parlare?
-Veramente, ehm, mai.
-Oh, beh, adesso sono scomparsi, come è evidente, figuriamoci se Tu-Sai-Chi apprezza gente che propone di convertirsi ai metodi babbani.
-Beh, se possiamo apprezzar in quolcosa il nuovo regime...- cominciò Fleur. Poi si interruppe perchè Bill l’aveva guardata in modo assai eloquente, e borbottò: -A mio avviso, matti, ma comunque...
-Mio padre ha comprato il libro soprattutto per le figure di congegni elettrici. Ma c’è un capitolo sul telefono.
Dean sfogliò incuriosito il libro. Sul frontespizio stava scritto: “Questo libro è stato prodotto senza sprecare magia, in un’officina che si avvale di tecniche Babbane naturali e di risorse rinnovabili”, e lui lo lesse ad alta voce.
-Immagina quonto sci hanno messo...- intervenne Fleur, sprezzante. Luna invece asserì, appena un po’ accigliata:
-Queste persone hanno citato mio padre al Wizengamot ventitré volte, lo scorso anno... dicevano che il suo comportamento non era ecosostenibile, perchè stampava il Cavillo in casa, con macchinari interamente magici, e per l’allevamento di Prugne Dirigibili...
-Quando mio padre fu ferito, due anni fa, uno dei tirocinanti al San Mungo era affiliato a MagiSos... credeva nella medicina alternativa, tipo punti di sutura babbani... mia madre era furibonda- mormorò pensoso Bill.
Dean, nel frattempo, aveva raggiunto, sfogliando il libro, il capitolo che parlava del telefono.
-Spiega come connettersi alla rete telefonica... uhm... uhuh... creare un magiallacciamento... Electricus... premurarsi di non consumare troppa energia magica mentre... si, vabbè...
Gli altri lo guardavano, come in attesa.
-Allora? Possiamo provare?- chiese Luna.
-Bah... facciamo un tentativo.
Fleur emise un verso scettico.
 
Un’ora più tardi, tutti e quattro guardavano, colpiti dalla loro stessa opera, la presa telefonica che erano riusciti a far comparire nel muro. Persino Fleur sembrava abbastanza eccitata:
-E adesso cosa dovresti farsci con quella?
-Ehm... immagino... attaccare la spina- rispose Dean. Prese il cavo dell’apparecchio telefonico e mentre tutti lo guardavano ad occhi sbarrati, con l’aria di non aver mai visto nulla di simile, infilò la spina del telefono nella presa nuova di zecca. Attese, con una certa apprensione, che le scintille violette che scaturirono dal contatto cessassero, poi sollevò la cornetta e se la portò all’orecchio, sentendo subito il rumore che dava linea libera, anche se un po’ disturbato.
-Funziona!- esclamò, colpito.
-Come... ehm... come fai a dirlo?
Dean allungò la cornetta a Bill, che la guardò un po’ sconcertato e poi se la portò all’orecchio. Sobbalzò quando sentì il rumore della linea.
-Che suscede?
-Si sente un rumore, cara, ehm...
-Ed ora cosa farai, Dean?- chiese Luna, tranquillamente curiosa, seduta per terra accanto all’apparecchio.
-Provo... proverò a chiamare... a casa mia.
La voce gli tremava per l’emozione.
Compose il numero ben noto sulla tastiera, mentre Fleur alle sue spalle sussurrava al marito:
-Ti rondi conto? Ricordarsi un numero per ogni persona che vuoi contattar... ma come fanno i Babani a...- poi Bill le fece cenno di fare silenzio.
Il telefono squillava e squillava. Forse non c’era nessuno in casa. Poi una voce maschile rispose:
-Pronto?
Era il suo patrigno.
-...P-Patrick?- chiamò Dean con la gola secca. Dall’altra parte ci fu qualche secondo di silenzio scioccato.
-Dean? O, mio Dio, Dean, sei tu?
-Sì...
-Ma... come stai, sei... stai bene?
-Sto bene... sono al sicuro, sono...
-Tua madre sarà... Anne? Anne! Anne, tesoro, è... aspetta un attimo, Dean...
Col cuore in gola, Dean sentì i rumori di una persona che si avvicinava. Poi piano, sullo sfondo la voce di sua madre:
-Come dici, caro?
-E’ Dean, tesoro. Al telefono.
Rumore di porcellana infranta. La cornetta fu strappata dalle mani di Patrick.
-Tesoro? Dean?
-Mamma...
-Oh, mio Dio!- Sentì sua madre scoppiare in lacrime, incapace di calmare i singhiozzi. –Dean... perchè non ci hai dato tue notizie... noi... oh, Dio, ho anche fatto un appello alla... vostra radio, mi ha aiutato la signora Finnigan, la madre del tuo amico... oh, cielo... tesoro mio, come stai?
-L’ho saputo, mamma... stai tranquilla... ho... dovuto scappare per un po’... ora sono al sicuro... Voi state bene? Grace, Faith, Marianne?
-Stiamo... stiamo bene... stiamo tutti... le ragazze sono a scuola... oh, Dean, saranno così felici di sapere che... Marianne invece è qui... Marianne!... te la passo...
Si udì un tramestio concitato, poi la sorellina più piccola di Dean prese la cornetta.
-Dean?
-Ciao, scricciolo!- cominciò Dean. Era rimasto tranquillo con la madre, ma d’un tratto sentì una gran voglia di piangere.
-Quando torni? Perchè non ci hai mai telefonato? Perchè non ci hai mandato una lettera con un gufo, come le altre volte?
-Non potevo scrivervi, Marianne... non sono a scuola, dovevo stare nascosto per un po’...non avevo gufi a disposizione. E solo oggi ho trovato un telefono.
Fece un breve sorriso a Luna, l’unica rimasta lì vicino, seduta nella sua posizione tranquilla. Bill e Fleur, discretamente, si erano allontanati, ma in realtà, in quel momento, Dean non desiderava affatto stare solo. Quella conversazione con i suoi cari tristi e sconvolti lo stava spaventando, e ringraziò dentro di sé che Grace e Faith fossero a scuola. Non credeva che sarebbe riuscito ad affrontare Grace.
-Sai che mi è caduto un dente?
-Accidenti, allora sei una signorina!- Dean cercò di vincere il tremendo groppo alla gola: -Scricciolo, passami la mamma, adesso, ok? Non aver paura... ci vediamo presto.
Mentre Marianne lo salutava, la linea vibrò, disturbata. Forse l’incantesimo non era stato eseguito a regola d’arte, pensò Dean, un po’ impensierito.
Di nuovo la voce della signora Thomas, preoccupata ed ansiosa:
-Caro... quando torni a casa?
-Mamma... non lo so. Vi metterei tutti in pericolo, lo sai. Per adesso è meglio se...
-Ma Dean...
-Credimi, mamma, non puoi proprio capire... è meglio per tutti, al momento.
-Non farai nulla di pericoloso, vero?
Dean sorrise, amaro. Negli ultimi mesi non aveva fatto altro che sfuggire alla prigionia ed alla morte. Ma loro non potevano capire, e lui non voleva angosciarli inutilmente.
-Ehm, n-no. Per ora sono al sicuro, mamma...
-Come possiamo fare per contattarti?
Ancora rumori che disturbavano la linea. Qualche scintilla guizzò fuori dalla presa, attirando l’attenzione di Bill e Fleur, che tornarono dalla loro parte.
-Non potete, mamma... sto chiamando da un allacciamento provvisorio, fatto con la magia... non ho molto tempo, sta già... cercherò di richiamarvi io in seguito.
-Ti prego, Dean...
-Sì, mamma?
-Stai attento, tesoro, noi... pensiamo sempre a te... le ragazze non ti hanno neanche salutato...
-Salutale tu per me... manda tanti baci a tutte e due.
L’incantesimo si stava esaurendo. Dalla presa uscivano crepitii e scintille, e Fleur si avvicinò a bacchetta sguainata, decisa chiaramente ad impedire un incendio alla sua soffitta.
-Sta cadendo la linea... mamma, devo salutarti.
-Dean... ordati... a noi che... ogliamo bene... stai attento!- gli arrivò la voce di sua madre, prima che la linea saltasse. Il muro sputò via la spina del telefono tra crepitanti rumori elettrici, e divampò una fiammata stranamente cangiante dall’estremità del cavo, mentre la presa creata si richiudeva.
Dean e Luna balzarono indietro per evitare le scariche che riempirono l’aria, tra le esclamazioni di tutti.
-Questi dannati esperimonti babbani...- gridò Fleur a Bill, che tese un braccio per impedirle di avvicinarsi:
-Tesoro, ferma, aspetta che...
-Aguamen...- cominciò Fleur senza ascoltarlo, tendendo la bacchetta al di sopra del suo braccio, ma si trovò disarmata, e tutti si voltarono verso Hermione, sopraggiunta allora, che brandiva la sua nuova, scura bacchetta rubata a Villa Malfoy.
-Ma cosa...?
-Scusa tanto, Fleur, ma acqua ed elettricità non vanno insieme... non potevi saperlo, naturalmente- si giustificò lei, correndo avanti e gettando sulle scintille, ancora crepitanti a mezz’aria, una coperta muffita trovata su un sofà sfondato lì accanto. Presto tutto si acquietò. Dalle scale facevano capolino Ron ed Harry, evidentemente richiamati a causa delle grida, come Hermione, dalla stanza rossa, dove durante il giorno trasferivano Unci-Unci per confabulare, e che era proprio là sotto.
-Ehi, ma che è successo?- chiese Ron sbalordito.
-Dean ha, ehm... telefonato a casa.
-Telefonato?- chiese Hermione, esterrefatta.
-Abbiamo usato un telefono, seguendo le istruzioni di un libro di papà.
-Un libro di papà? Ma...- Ron lo guardò sgomento. Fleur sembrava morire dalla voglia che qualcuno le chiedesse cosa pensava lei, dell’intera faccenda.
-Vuoi... perchè non provi a telefonare anche tu, Hermione?- chiese Dean, ricordandosi che anche lei era una Nata Babbana, -Cioè, se riusciremo a...- si interruppe, accorgendosi di aver detto la cosa sbagliata. Il viso di lei si contrasse impercettibilmente, e Ron scattò in avanti per arrivare al suo fianco come se le avesse puntato la bacchetta contro. Anche Harry si avvicinò.
-Al momento... non saprei come rintracciarli...- rispose lei vaga, con una specie di pallido sorriso forzato, -...ma grazie, Dean. Spero che... i tuoi stessero tutti... bene.
-A quanto sembra, sì...- replicò lui, imbarazzato. E poi: -Scusami, Hermione, non volevo...
-Oh, non preoccuparti... non è affatto colpa tua...- si affrettò a zittirlo lei, con voce acuta.
Ci fu qualche istante di silenzio, poi Fleur disse a gran voce:
-Vado a preparar la scena- e si avviò giù per le scale, seguita dal marito, che lanciò, prima di scendere, uno sguardo rassicurante a Dean.
Harry disse, cauto:
-Torniamo giù da Unci-Unci?
Hermione annuì, ed i due amici le si misero al fianco, come dei gendarmi, mentre tornavano alla botola e scendevano. In soffitta rimase solo Luna.
-Non essere triste, i tuoi stanno tutti bene- osservò, soave.
-Mi dispiace per Hermione- rispose lui, un po’ esasperato dal perenne fluttuare di Luna sopra i sentimenti dei comuni mortali.
-Dispiace a tutti noi, la lontananza... possiamo solo sperare che al più presto saremo tutti ricongiunti ai nostri cari.
-Tuo padre... ho sentito che è stato arrestato.
Bill lo aveva detto a Luna, con la maggior delicatezza possibile, qualche giorno prima, in cucina, e lui era presente.
-Lui starà bene... l’importante è che sia vivo, i Dissennatori non possono fare nulla ad una persona che abbia il cuore puro e la speranza sempre viva... lui non si farà abbattere mai.
La voce di Luna era serena come sempre, ma una lacrima le stava rigando, lentissima, la pelle lattea della guancia. Il viso non aveva mutato espressione.
-Non ti senti... inutile, a volte?- chiese Dean, frustrato. Il trio era di nuovo a confabulare nella stanza del folletto,e la giornata si prospettava vuota di avvenimenti e piena di tensione, come sempre. Per quanto ancora? Settimane, mesi? Scappare per sempre, nascondersi per sempre?
-No.
Luna aveva parlato con voce chiara, e gli rivolse un sorriso:
-Dobbiamo aspettare, per essere pronti per quando ci sarà bisogno di noi.
-E quando?
-Non lo so.
-Magari tra secoli. Io vorrei combattere, sai?- disse Dean, bellicoso ed innervosito.
-Penso che verrà il momento. Sai, ho ancora il galeone dell’ES, con me...- glielo mostrò, togliendolo di tasca –Neville mi ha promesso che mi avrebbe fatto sapere se si combatteva, ad Hogwarts, prima che  me ne andassi e fossi rapita. Lo sapremo.
Questo era confortante. Harry, Ron ed Hermione non sembravano intenzionati a coinvolgere nessuno nei loro piani, ma forse c’erano altri modi per rendersi utili. Le sorrise.
-Tu non ti scomponi mai, Luna?
Lei si alzò lentamente, lisciandosi le pieghe della gonna bluette con strana cura, e lo guardò come se non capisse:
-Se vuoi dire se sono mai triste, sì... a  volte sono molto triste.
-Sembri sempre così... serena.
Lei si strinse nelle spalle, e gli tese la mano, per aiutarlo a rialzarsi a sua volta.
-Andiamo alla spiaggia a raccogliere un po’ di legna?
Dean si tirò su e annuì, sospirando.
-Penso che sia meglio...- riprese lei -Restare sereni, come dici tu, fa bene agli altri, ed anche a noi.
La luce penetrava dai bassi abbaini, tutto intorno al vasto solaio, e le illuminava i capelli biondi facendoli splendere pallidamente intorno al viso. Insieme, cominciarono a scendere le scale. Dean non lasciò la mano di Luna.
-Sarà infestata di Nargilli, questa legna?- chiese con un sorriso.
-Oh, è improbabile. L’acqua marina è dannosa, per loro...
 
Nota a margine: no, non è l’accenno di una Luna/Dean. Però anche dal libro traspare che loro due hanno stretto un bel rapporto in questo periodo, e Dean la prende per mano quando vanno a combattere, ad Hogwarts. Magari c’è stato l’inizio di qualcosa, almeno da parte di lui, che poi con gli anni si è evidentemente perso. Mi è sembrato carino giocarci un po’.
 
Le recensioni sono sempre gradite, e mi fa piacerissimo un parere da parte di quelli che seguono, ricordano o preferiscono... o leggono, semplicemente! Grazie a tutti voi!
Alla prossima!

   
 
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