«Ed ecco il pane» disse Castle, adagiando un sacchetto sulla pila di cibi nel carrello. Beckett riconobbe a se stessa che l’uomo ce l’aveva messa tutta per essere professionale nel suo impiego temporaneo da personal shopper. Per ogni cibo aveva cercato di illustrare una ricetta, o un abbinamento, o le sue proprietà nutritive. La donna aveva perfino ascoltato parte delle sue ciance. L’elemento principale su cui lui avrebbe dovuto lavorare ancora un po’ era la sistematicità, poiché tendeva a tornare cinque o sei volte in ogni reparto dopo essersi reso conto di aver dimenticato qualcosa. Per questo i due passarono tre ore su e giù per i corridoi facendo aumentare man mano il livello dei prodotti all’interno del carrello. Sarebbe stato un bel problema trovare abbastanza posto all’interno del frigorifero, ma Castle non pareva minimamente sensibile a tale osservazione.
«Quindi abbiamo finito? Posso tornare a casa?»
«Quasi. Manca un ultima cosa.»
Si fece seguire fino a quando arrivò a destinazione ed indicò con un ampio gesto del braccio una serie di scaffali. La detective non era sicura di aver visto bene.
«Caramelle?»
L’uomo annuì. Beckett si sfregò la faccia con una mano.
«Castle, non credi che questo vada contro a tutti i tuoi propositi di salvare il mio organismo dall’ulcera e dalla decomposizione? Non era una spesa salutista?»
«Infatti. Questa non è più spesa.»
«E cosa è diventata?»
«Comprare le caramelle durante la spesa è sbagliato, troppi zuccheri fanno male. Ma noi la spesa l’abbiamo già finita. Questo è un premio.»
Provò a concentrarsi per star dietro alla teoria dell’uomo, ma senza successo. Lentamente chiese chiarificazioni.
«Esattamente un premio… per cosa?»
«Per aver fatto una buona spesa!»
Lo disse come se fosse ovvio.
Beckett era in ballo da troppo tempo per mettersi a litigare all’ultima tappa, ormai conveniva star dietro a quell’eccentrico senza perdere troppo tempo.
«E quanti premi dovremmo ricevere?»
«Beh, dipende da quanto positiva è stata la spesa.»
Parlava come se stesse esponendo una teoria ad una classe universitaria.
«Nel nostro caso, tenendo conto della quantità di verdure, la carenza di salumi, la giusta dose di carboidrati… penso che dieci pacchetti potrebbero andare bene.»
«Dieci pacchi di caramelle?»
Era una follia.
«Di più non posso proprio fartene prendere, sarebbero troppi.»
Castle doveva aver passato l’infanzia su un pianeta diverso dalla Terra.
«Ora capisco da dove esce quella pancetta» lo punzecchiò lei. «Prendi un paio di sacchetti e andiamo a pagare.»
Lo lasciò solo col suo carrello fra i ripiani di dolciumi, mentre si dirigeva verso le casse con un sorrisetto, sicura che le sue parole fossero andate a segno.
«Pancetta? Quale pancetta?»
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Eeeeeeeeeccoci ancora qui!
Presumibilmente questo è il penultimo capitolo, però non ho ancora pensato al prossimo.
La soluzione del quiz (da dove viene la frase "Si può essere più pomposi?") è... dalle strisce dei Peanuts, riferito al mio amato Linus (il mio prefeito insieme a Replica).
Un commento mi ha fatto riflettere sul fatto che in "Vini e pause" ho forse introdotto una fan un po' scemotta perché faceva comodo... yep... già... in effetti... però ho provato a colorirla un minimo nella sua micro-apparizione-banale...
Grazie ai lettori e alle commentatrici dei capitoli passati e di questo! :)