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Autore: Quintessence    21/03/2011    2 recensioni
Il suicidio. La vita. La sproporzione dell'amore. Questi sono i miei temi, quali sono i tuoi?
~
Cosa è successo ad Alessandra, perché Matteo decise di non amarla, come questo la uccise e come il contorno cambiò all'improvviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Otto ~ L'Imbarazzo

Quando qualcuno mi chiede di pensare a qualcosa di imbarazzante, prima l'associo alla paura e poi il mio pensiero vola ad un film che guardavo da bambino. Non so se l'avete visto, ma è famoso e con uno strepitoso Robin Williams: Mrs. Doubtfire. Quando ero più piccolo ero quasi terrorizzato dalla scena finale, quella in cui lui ubriaco cade, rivelando il suo travestimento e la moglie -ex moglie, credo- gli grida addosso davanti a tutti. Ho sempre pensato che se ci fossi stato io, al suo posto, avrei preferito morire che trovarmi in una simile situazione. Quando ero più piccolo, quando arrivava quella scena mi sentivo così male che o mandavo avanti il nastro, oppure chiudevo gli occhi e mi tappavo le orecchie per non vedere e non sentire. Alla fine, ho smesso di guardare quel film perché mi disagiava troppo. La videocassetta fu dimenticata con i cartoni animati.
Ho rivisto quel film anni dopo, in DVD, a casa di uno di loro -non importa chi- e quando sono arrivato a quella scena, gli altri hanno riso. Trovavano divertente, mi stupii nel constatarlo, ciò che io avevo trovato terrificante per anni. Risi anche io, lo ricordo bene. Questo non toglie che la scena mi faccia ancora ora un grande effetto al cuore, e che non vorrei trovarmi lì tutt'oggi anche se ne andasse della mia vita. Ma l'esorcizzai. La gente ride di chi è in imbarazzo perché è felice di non stare al posto loro, decisi. Io ho sempre riso con loro per esorcizzare l'immensa paura di trovarmici, un giorno. Di farmi scoprire, vestito da donna, capitombolando da un tavolo e tutti gli occhi su di me. Un incubo.
Da questo momento, però, non ne riderò mai più.
*
Ho un sacchetto di liquirizia in una mano, una grossa cartelletta blu nell'altra. Sembro un dottore, penso. La liquirizia sbatacchia allegramente, e non posso fare a meno di pensare che è una splendida giornata. Alessandra però non viene a scuola da due settimane, e anche se non tutti la adorano, alla fine insieme abbiamo deciso di mandarle un regalino e gli appunti. Io vengo scelto come emissario, compro una confezione di liquirizia -so che le piace- la lego con un fiocco rosso riciclato e, indirizzo alla mano, mi dirigo fischiettando verso casa sua. Non riesco a non saltellare, e quasi ballo. Saluto una signora con un cane, "Buongiorno!" e quella arrossisce; io riprendo a fischiettare. Saltello e ballo da solo fino a casa sua. Salto praticamente a pié pari i tre scalini che mi separano dal citofono e comincio a scorrere i nomi. E' primavera, e c'è il solre, e fantastico sull'idea di una passeggiata, una fischiettata in duetto, un bacio... Torno ai citofoni, riprendo a correre sui nomi, ci salto sopra uno ad uno. 
Corelli, Fasani, Casalino, Ferrani, Gioacco, Mazzetta, Cazzara (Ma come si fa a chiamarsi Cazzara?!), Torriani, Rossetti... Oh, cavolo, non c'è.
Tiro fuori il foglietto con l'indirizzo, controllo i numeri e la scala. Tutto giusto, 483/D.
Allora riprendo a correre sui nomi. Treni, Dono, Della Porta, Cazzara (Dio, come si fa?) -non c'è proprio.
Sbuffo a un passo dalla meta, alla scuola hanno sbagliato. Hanno copiato male l'indirizzo o chissà che cosa. Sono delle vere teste di cazzo, prima in testa quella cretina della segretaria e-
"Sei dei servizi sociali?" -Alzo lo sguardo su un uomo che a occhio e croce ha una sessantina d'anni, ma porta i sacchetti della spesa con facilità. Sembra forte, e ha gli occhi forti. Sorrido, in imbarazzo.
"No, no, no no" -Dico no almeno dieci volte- "No, voglio dire, cercavo Ferri ma non è sul citofono. Devo aver sbagliato indirizzo" -Fissa la cartelletta blu e capisco il malinteso. Ridacchio.
"No, sono solo compiti" -Ho detto no di nuovo- "E la liquirizia" -Spiego gentilmente.
Lui sorride, ma gli occhi forti adesso sembrano fissi, tristi. Tira fuori le chiavi e non dice niente, me le tende e fa un segno con la testa. Capisco all'istante, afferro le chiavi e apro la porta per lui. La tengo aperta mentre la varca, sorrido e saluto.
"Beh, arrivederci allora" -Dico, ma quello mi ferma.
"No, no, non andare via" -Questa volta ha detto lui di no, due volte- "Abita qui!" -M'illumino.
"Oh, davvero? Non ho trovato il nome, che imbranato" -Non è vero. Non sono un cretino, il nome non c'è e ne sono sicuro.
"E' sotto Bacchi, il nome della madre" -Ritiro, sono un imbecille. Come ho fatto a non pensarci? Almeno la segretaria poteva scrivermelo... Che troia. Mi riservo di dirgliene quattro domani!
"Grazie" -Dicco, e sono sincero. Meno male che è arrivato, meno male che mi ha scambiato per i servizi sociali. Alzo la testa, ma è sparito su per le scale, lentamente. Torno al citofono, individuo Bacchi in pochi secondi e suono. La voce che risponde è così acida che quasi devo arretrare.
"Sì, chi è? No posta!" -Ammazza.
"Sono solo un compagno di Alessandra"
"Ah" -Silenzio.
"Posso... Salire?" -ma che succede? Silenzio- "Ho un regalo, e gli appunti"
"Ah" -Silenzio.
"Signora?" -Finalmente sembra scuotersi.
"Certo, sì, sali. Terzo piano" -Il portone scatta e io scatto con lui, spingo e corro come un pazzo su per le scale, supero il signore dagli occhi forti, lui sorride. Leggo, finalmente, Ferri sul campanello. Sto per suonare e sento schiantarsi per terra la borsa della spesa. Lo saluto e mi rendo conto di avere il fiatone. Lo guardo tirar fuori le chiavi e, guarda un po', è proprio lui il signor Cazzara (Poveretto). Infila le chiavi nella serratura e parte il primo urlo.
"GLIEL'HAI DETTO TU, DOVE VIVIAMO" -Guardo in faccia il signore, ma non dice niente. Secondo urlo.
"SE CI VENGONO A PRENDERE TI FACCIO SBATTERE IN ORFANOTROFIO" -Gentile da parte sua. Guardo il signore, spaventato. Ma che succede? Terzo urlo.
"TRA POCO CHIAMERAI I SERVIZI SOCIALI!" -Per ogni urlo, sento la botta. Cazzo. Così mi ha detto, sei dei servizi sociali? Ora capisco. Arretro, ma perché non sta facendo niente? Perché non chiama la polizia? Perché entra in casa così? Mi guarda un'ultima volt con gli occhi forti, mentre chiude la porta. Io tremo. Nemmeno io sto facendo niente. Ma le grida sono cessate.
"E QUANDO SALE, QUELLO!?" -Dio. Mi aggrappo al campanello con forza. Sento il suono al di là della porta e ho il cuore in gola. Mi apre un'Alessandra con vent'anni in più. Sua madre. E' bella e quasi non si nota quanto sia stanca.
"Buongiorno" -Cerco di fermare la voce. Ma il cuore galoppa, e se lo sentisse? Arrossisco, ed è allora che divento Mrs. Doubtfire.
"Sì, uhm, ciao" -Mi aspetto che mi inviti a entrare, ma non lo fa. Mi dondolo sui piedi, sembra poco abituata a vedere persone. Da dietro spunta una testa bionda, e sorride. Grazie, penso, è venuta a salvarmi!
"Matteo! Vieni, dai" -Solo allora la madre si scosta, e io entro in casa. Mi accoglie un odore di tabacco stantio che non so come mi fa sentire subito a casa; Alessandra mi prende per mano e le preoccupazioni di prima spariscono. Me le sarò immaginate. La sua camera non è oscura, non sembra quella di una tormentata, non c'è sangue rattrappito. C'è un poster autografato di Taylor Swift e un sacco di dischi. Molti libri. Ci sono fumetti e un armadio rosso, e un tappeto a forma di coccinella. Le do la liquirizia.
"Oh, Teo, grazie" -Dice lei in un soffio, e sembra talmente felice che non ci credo. Sono cose stupide. Cose minuscole. Le tendo la cartelletta e quasi piange di gioia. Sono terribilmente imbarazzato, ho ancora la giacca addosso. Si china sulla cartella per prendere qualcosa, ed è allora che la vedo. Le grida sembrano tornarmi nelle orecchie quando, per un secondo, la sua maglietta si solleva e scopre un pezzo di blu. L'afferro per un polso e la tengo stretta.
"Ma che è?" -Chiedo sollevandole la maglia- "Che è, Ale?"
Leggo il terrore nei suoi occhi, un segreto che doveva restare tale. Si scrolla. Ma la tengo, sono molto più forte. E lei è magra. Lei è debole. La tengo.
"Niente, io... Niente! Lasciami!" -Non lascio, le sollevo tutta la maglietta e non trattengo due brividi. Il primo è per l'allacciatura del reggiseno, il secondo è per la schiena tumefatta. Sono lividi, mi comunica il mio cervello. Sono tanti, sono blu e gialli, e qualche taglio. Si dimena, ma la tengo ferma con facilità.
"Chi è stato?" -Tanto la risposta la so già- "E' tua madre, vero?"
"BASTA! Io..." -Scoppia a piangere, ma non lascio la presa. Sono cattivo adesso. Un istinto mi si sveglia dentro e al posto di stringere di più però allento e l'avvolgo. L'abbraccio e poggio il mento fra la spalla e il collo, anche se sono più alto. Sento la sua schiena scoperta sulla mia pancia, attraverso la maglietta, e ho un altro brivido.
"Andrà tutto bene" -Dico- "Te lo prometto"
Ma è una promessa che infrango cinque secondi dopo, quando sua madre apre la porta e io sono vestito da donna, sono Robin Williams e preferirei essere morto. L'imbarazzo diventa velocemente paura, non sono in grado di fare niente quando sua madre grida, grida FUORI, Alessandra si strattona la maglietta e la sento strapparsi, e sento il colpo mentre esco, mentre scappo lontano. Lontano da lei, dalla liquirizia, dai lividi, dagli occhi forti del vicino, che mi ha scambiato per i servizi sociali.
Corro finché le gambe mi reggono.
Poi mi fermo, m'addosso a un muro, le ginocchia mi tremano, non riesco a controllarmi, non riesco a controllarmi!
Forse, se fosse la scena di un film, riderebbero tutti. Io grido.
*

"Scappare ti viene bene" -Rise Loretta.
"Non fa ridere" -Per niente, pensò Matteo- "L'imbarazzo è stato il dopo"
"L'imbarazzo di non aver saputo fare niente?"
"L'imbarazzo
di essere scappato!"
Tanto non fa più differenza, ora, lei è morta, si disse Matteo... Alla fine sua madre l'aveva uccisa. Applausi di sottofondo.
"Sai che differenza c'è fra imbarazzo e vergogna?" -Gli chiese Loretta, e Matteo lo sapeva perfettamente.
"L'imbarazzo fa arrossire, la vergogna fa arrabbiare" -Rispose prontamente.
"Non avrei saputo dirlo meglio".
   
 
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