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Autore: Erre182    21/03/2011    0 recensioni
Non sono qui per fare la cinica verso l'amore, ci mancherebbe, io credo nell'amore, solo che ci credo a modo mio tutto qui.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LOLLIPOP CAPITOLO 3:


E quello che è stato può essere ancora?



Passano i mesi, e qualcuno è venuto a chiedere di noi: “dopo tutto, è stata una bella storia”, risposi abbozzando un sorriso.
Ogni tanto sento ancora l’odore del fumo delle tue sigarette al mentolo, passarmi sotto il naso e rievocandomi una marea amara di ricordi.
Ogni tanto il tuo profumo, sempre lo stesso da quando ti conosco, lo sento invadermi le narici, corrodendomi dall’interno.
Ogni tanto, ho come dei flash-back, che girano il coltello nella piaga. Il coltello che hai messo tu.
Ogni tanto mi sembra di sentirti parlare, in lontananza. Mi sembra di leggere il tuo nome sul display del telefonino. E invano mi illudo, nuovamente.
L’immagine nostra più ricorrente, continua a muoversi velocemente nella mia testa, non vuole più uscire, non vuole lasciare il passo a nuovi ricordi.
Forse sono io che non voglio lasciare il passo a nuove storie, a nuovi ricordi che prima o poi marciranno come quest’ultimi nella mia mente, così confusa.
Dopo tutto, usando le tue parole: io sono solo una bambina, io non valgo nulla, e sono solo una puttana. Sai sei una barzelletta vivente.
Ma la cosa peggiore è che questa barzelletta, a me non fa ridere. Tutt’altro.
E ancora non riesco a capire, cosa mi hai fatto, non riesco a capire perché dopo altre storie, tu riesci sempre a rimanermi inchiodato nella mente. Dannazione.
E ogni ragazzo che incontro, ogni ragazzo con cui esco, ti porta sempre in faccia.
Ogni ragazzo con cui esco non sarà mai come sei stato tu. Certo, una merda, ma era diverso.
Comunque, una mattina intorno alle dieci circa, durante la lezione di storia, sento il telefono vibrare. Con molta nonchalance metto il telefono sul banco dietro la cartella. Apro il messaggio.
Edoardo:
“Piccola, tutto bene?”.
La mia vena impulsiva mi suggerì di rispondere : “ma che cazzo vuoi? Pezzo di merda!”; poi ripensandoci, misi il telefono da parte e ripresi i vari schizzi sul mio quaderno.
All’intervallo, in mezzo la folla di amici e compagni nel cortile, non riuscivo a seguire nessun discorso, la mia testa non era dove fisicamente ora, ma era effettivamente dove non sarebbe dovuta essere.
Il pomeriggio, mi trovai con la mia migliore amica per il quotidiano caffè in piazza, le spiegai il fatto, e il suo commento fu corto ma incisivo : “Fottitene, e basta Viola non ne vale la pena, e lo sai”.
Forse aveva ragione, fatto sta che non le diedi retta, ci provai, ma porca puttana gli risposi: “si bene grazie.”.
Non ricevetti risposta sino al giorno dopo: “cosa fai oggi pomeriggio splendore?”.
“splendore”, ma è deficiente o cosa? Dopo tutto quello che mi ha detto dietro, devo non sapevo cosa rispondere, non lo sapevo cazzo.
Non risposi.
Però volevo capire il perché del comportamento, avrei voluto vederlo; anche solo per capire. O era solo una scusa per una scopata, e poi ciao, chi si è visto si è visto.
Poteva essere come poteva non essere. Al diavolo, sembra quasi che abbia perso la spina dorsale, insomma non sono mia stata così, soltanto io pensavo che lui mi amasse veramente, e che magari si sia pentito.
Dopo tutto tra noi c’era stato tanto, anche se per poco, io non ero riuscita a dimenticarlo, e magari neanche lui.
 
 
 
 
  
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