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Autore: Ulisse85    22/03/2011    3 recensioni
Delle volte siamo noi a scegliere una meta, altra volte è il viaggio a scegliere noi...
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cristiano aveva finito l’università da appena un mese, ed ora poteva realizzare il suo sogno. Era da tempo che voleva farlo. Aveva sempre sentito di dover dare qualcosa al mondo. E i documentari sull’enorme e assurda povertà che regnava in Africa lo avevano sempre sconvolto.

Non credeva di poter cambiare le cose, ma come si ripeteva sempre : “se ognuno faceva qualcosa, insieme si faceva tanto”.

Era incredibile che nel 2000 l’Africa fosse ancora un buco nero capace di inghiottire così tante vite per malattia, guerre e stenti.

Suo padre era profondamente contrario a questo suo viaggio in Africa come volontario per un anno. Ripeteva sempre che in Africa la morte aveva messo la sua dimora, che era ormai una terra maledetta.

Cristiano aveva sempre pensato che fossero stupidi pregiudizi.

Ma anche l’altra sera, all’indomani della sua partenza, avevano avuto una violenta discussione prima di andare a letto.

Il padre voleva a tutti i costi fermarlo. Non doveva partire.

Cristiano era andato a dormire molto scosso.

Ma ora, immerso nell’oscurità, gli sembrava fosse passata un’epoca da quella discussione. Cristiano non si sentiva molto bene, quella sera.

Chiuse gli occhi.

Ed eccolo in mezzo alle donne. Ci sono una decina di donne, egli distribuisce i viveri.

Pane e non solo... Ma ecco ne arrivano altre, è circondato.

Sono troppe. E non vogliono il pane.

Vogliono lui.

Ed ecco ne arrivano di nuove .. due sono storpie. Corrono male, come se non riuscissero a comandare il proprio corpo. La carnagione è giallastra, malaticcia. I capelli neri sono radi, non sembrano nemmeno umane, le loro braccia puntano verso di lui.

Vorrebbe scappare, ma è inchiodato a terra.

E una di loro si lancia, lui riesce a scansarsi.

Ma questa si avvinghia alla vita, gli stringe le gambe. Ha la faccia all’altezza delle sue viscere, e lui sente lo stomaco andare in fuoco…. È questa la vera fame?.

Questa non si stacca. Vedendola aveva provato pena. Adesso è rabbioso.

Vuole scappare. Ma altre arrivano e gli saltano addosso.

Ridono.

E lui è sotto di loro, prigioniero.

Ma per fortuna si gira, ne è fuori. Anzi non è più là.

È in una pianura sconfinata. Il sole caldo illumina i filamenti d’erba sottile della savana. Il cielo è bruciato dal calore, e così egli cerca refrigerio sotto un albero.

Si sente in pace, l’Africa di sera è stupenda. Paesaggi unici che regalano emozioni. Accanto a lui una donna è distesa supina.

Qualche passo più in là un’altra è rannicchiata, con le gambe flesse e la testa bassa finendo di mangiare il pane che lui le ha portato. Allora egli si alza, e cammina via.

Si sente in pace e buono per quello che sta facendo.

Sente un movimento alle sue spalle, la donna che stava mangiando alle sue spalle, che sembrava uno scheletro che si reggeva all’ultimo attimo di vita, ora si aggrappa alle sue vesti: si è mossa con uno scatto incredibile: lui non ha fatto in tempo nemmeno a vederla arrivare.

E ora si inginocchia ai suoi piedi. Cristiano non sa perché ma ha paura.

Dall’ampia veste viola sbucano due mani secche, scarne, scure di morte. Si poggiano delicatamente sulle sue ginocchia, e lui non riesce più a muoversi.

La donna alza la testa, e le scivola via il cappuccio. Il suo viso marrone lentamente si tinge di sangue. I suoi occhi sono completamente neri.

Cristiano vorrebbe urlare, ma non ci riesce. Cerca di distogliere lo sguardo, quasi per invocare aiuto, guarda verso la donna che era stesa supina accanto a lui.

E vede che ormai è solo un cadavere. La veste sporca racchiude solo una donna morta da tempo e senza più volto. Riabbassa lo sguardo sulla donna inginocchiata di fronte a lui.

Sul viso di questa, il sangue sta prendendo il posto della pelle.

Qualche mortale malattia la sta divorando. Lui vorrebbe scappare.

Cerca allora di allentare la stretta della donna, le scansa con rabbia una mano, ma la mano rimane là, e da essa si stacca un dito, che cade per terra.

Ma senza sangue, come un ramo ormai secco che abbandona l’albero.

E questa sembra sorridergli ironica.


Cristiano si siede di scatto. È sul suo letto. È ancora la sera prima di partire.

Si asciuga il sudore e pensa che i discorsi di suo padre hanno avuto su di lui più presa di quanto non credesse. Ma era solo un sogno, terrificante, ma solo un sogno.

Così beve un sorso d’acqua e si rimette a dormire.

Lo aspettava una giornata faticosa l’indomani.


“Dormi bene” pensò sorridendo una donna magrissima stesa sul suo giaciglio di paglia.

Il suo viso era scuro, di carnagione e di malattia. E la malattia ormai si stava divorando la sua pelle. Si sistemò la coperta grezza, portandosela sullo scarno petto.

E vi posò la mano sopra per tenerla ferma. Ad una mano le mancava un dito.

Cristiano stava per arrivare e lei lo avrebbe condotto nella sua Africa.
   
 
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