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Autore: mewsana    21/01/2006    3 recensioni
Angeli & Demoni
Una dozzina di scalmanati compagni di classe, pronti a tutto ma abbastanza incapaci
In attesa che il mondo cada in rovina E' vietato inserire il doppio tag br nelle introduzioni.
Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Romantico, Demenziale, Avventura, Comico, Fantasy, Sovrannaturale, Mistero, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scritta da me e una mia amica!!
Spero vi piaccia! 1° capitolo

1° capitolo

 

 

 

 

Oggettivamente, alzandosi quella mattina, aveva avuto una brutta sensazione. Quella di essere abbastanza irrilevante. Glielo suggerirono lo specchio e i suoi brillanti occhi azzurri prima, e una gran brutta scivolata sul tappeto poi.

Ogni indizio portava al dunque: non doveva andare a scuola. Di conseguenza, avrebbe dovuto saltare l’interrogazione di storia.

Ancora di conseguenza, sarebbe uscito illeso e senza brutti voti sul libretto scolastico.

Rimaneva un solo, unico, grande ed insormontabile ostacolo alla sua vittoria completa.

 

-Papà, mamma…-

 

 

§*(°)*§

 

 

 

Fin dai tempi in cui tutto ebbe origine, si narra di un male primordiale. Un male che scava nelle fondamenta della nostra terra per conquistare l’ agognata luce del sole.

Per noi e per questa storia, il male primordiale ha un nome, e quel nome è Lucifero.

 

Successe tutto quindici anni fa, senza che noi ne abbiamo memoria, o ne conserviamo ricordo. Un qualsiasi giorno d’autunno, pieno di foglie colorate che volano e di profumi invernali.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

Il sole splendeva pigro, alle otto di mattina, non senza qualche fatica. Gli angeli volavano sopra le nubi, ad ali spiegate, muovendole frenetici. Qualcosa non andava.

Una strana vibrazione faceva fremere le loro ali, sollevandone le piume.

E, cosa forse peggiore di tutte, questa sembrava provenire dal sottosuolo, luogo di residenza di Lucifero e della sua corte di diavoli.

-Egle!- esclamò all’improvviso un angelo.

Un’ altra creatura della sua specie, con un viso tondo, apparentemente sereno e la tipica chioma riccia bionda si girò verso la voce.

Più precisamente la voce della sua migliore amica Selmah.

“Migliore amica”…forse si sarebbe potuta meglio definire l’essere con cui Rien Egle Zoe Eruanna Astryd Alea Lienan passava la maggior parte del tempo. –Eccomi. Hai sentito?-

-Si. Strano davvero. Sono anni che non sento vibrazioni come queste da….ehm…là sotto.-

Rimasero entrambe zitte un secondo, meditando sulla situazione.

Poi, improvvisamente, un angelo maschio coi capelli neri urtò le due. Queste, alquanto infastidite da ciò, arricciarono il naso in una leggera smorfia.

–Scusate- biascicò.

-Nervoso Olang!-. Come tutti.

Ma lo sbadato angelo si volse appena sentì la voce di Selmah richiamarlo alla cortesia.

Collegò molto in fretta: Selmah = Egle, Egle = … Non si può dire.

Incredibile come, anche nel nervosismo e nell’agitazione, ai maschi venga sempre in mente la stessa cosa. –Egle! Scusami tanto! Non volevo urtarti poco fa…-.

La destinataria delle attenzioni, però, non pareva molto interessata. Guardava verso il basso, come incantata: i bellissimi occhi azzurri erano immersi in pensieri molto profondi.

Rifletteva sui suoi recenti sogni e sulle stranezze degli ultimi tempi.

Dell’angelo e delle sue avances le importava ben poco.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

-Mi annoio.- e con tale constatazione, Lucifero, primo fra i demoni, si stiracchiò miagolando come un micio sulla sua poltrona rossa.

Gli occhi dannatamente rossi e i lunghi capelli d’ebano, però, indicavano tutt’altro che un innocuo felino.

-Se non la smetti di ripeterlo giuro che non vedrai la prossima luce del sole, Lucifero.- asserì ironica una creatura di fianco a lui. Askart, rampollo di una nobile stirpe di vampiri puri, occhi felini e capelli castani, gli scoccò un’occhiata che avrebbe incenerito perfino il fuoco di cui egli stesso era padrone.

-Ah, Askart… buffo pensare che quella luce tu non potrai mai vederla…- canticchiò melodioso l’angelo, stiracchiando le labbra in un sorrisetto da superiore.

-Ah, Lucifero, buffo pensare che tu non hai mai respirato aria pura…- controribatté l’altro, in uno scambio di sguardi agghiaccianti.

Ad un lungo silenzio seguì una macabra risata, mentre entrambi si sorreggevano entrambi a stento, scossi dai sussulti.

Tutti i presenti li guardarono incuriositi, e un solo vampiro osò ridere; per l'appunto, quello che si affiancò ai due, squadrandoli minacciosamente.

-Che idioti.- sibilò. –Al posto di dare spettacolo, signori, consiglierei di seguire il vostro fine olfatto fino a giungere alla fine della galleria, dove potrete finalmente assaporare l’inebriante odore dell’ aria fresca.-

Entrambi rizzarono le orecchie.

-Davvero?- mormorò Askart, sbattendo gli occhi altamente perplesso.

-Finito?- chiese freddo Lucifero, limitandosi a lanciare al terzo un’occhiata in tralice.

-Terminato.- confermò quello, annuendo vistosamente compiaciuto.

Un boato di approvazione scoppiò nella sala, mentre migliaia di sussurri si coprivano l’un l’altro eccitati, e mille mantelli svolazzavano.

-Ah, non vedo l’ora…- Askart emise un grido, portandosi platealmente la mano alla fronte, socchiudendo gli occhi.

-BASTA SCHERZARE!!!!!- ruggì Lucifero, alzandosi in piedi e proiettando sulla folla la sua spaventosa ombra. –ABBIAMO UN PARADISO DA CONCQUISTARE!!!-

Lo sconquasso che ne seguì non ha termini di paragone. Con un sonoro schiocco il primo scomparve, seguito a ruota dagli altri due.

Proprio mentre un fastidioso venticello si levava attorno ai cancelli del paradiso, facendoli vibrare e tintinnare.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

 

-I cancelli vibrano. Faremo meglio a ripararci, Egle…- mormorò Selmah, afferrando per mano l’amica e cominciando a strattonarla violentemente. Ci volle un attimo prima che i torbidi occhi dell’angelo tornassero normali.

-Oh no, Selmah… io volevo vederli…- disse delusa, mettendo il broncio. Piantò i piccoli piedi nell’erba fresca e rigogliosa del giardino, decisa a non muoversi di lì.

Se non fosse che l’amica, risoluta nel non perdere tempo in quella scomoda posizione, le girò il volto con un sonoro schiaffo, che risuonò secco tra gli alberi e i cespugli.

-Smettila di fare la bambina, Egle. Siamo troppo in pericolo, qui.- gridò, spaventando l’altra a morte, lasciando che il suo corpo si permeasse di rabbia mista a terrore.

-Dobbiamo proprio andare, capisci…?- le sussurrò poco dopo, addolcendo il tono nella voce.

Si ritirarono in fretta, Egle ancora scossa. Ma non abbastanza in fretta. Stavano correndo sul selciato, verso il portone del palazzo, quando oltre a vibrare i cancelli vennero avvolti da un’ombra nera.

Un grido eccheggiò nell’arietta fresca e ingenua che aleggiava lì intorno.

-Lucifero!-

Caos, panico, terrore, urla, fuga generale. Lo sfacelo. Ovunque si vedevano angeli terrorizzati correre da ogni parte.

Le due amiche, senza nemmeno voltarsi, affrettarono il passo. Selmah vide Olang poco davanti a sé, e invocò aiuto.

Questi si girò a guardare le  sempre-giovani, afferrò la mano di Selmah, la più vicina, e gridò:

-Egle! Corri!-

Egle corse. Spaventata, confusa, aveva la netta impressione che le gambe andassero di propria iniziativa.

Ma un paio di gambe da sole non sono mai molto efficienti. Al secondo gradino dell’immensa scalinata che portava all’ingresso della reggia, inciampò.

Selmah si voltò di scatto: -Egle!-, ma la ferma mano del suo accompagnatore la trascinò in cima, fin che l’aureo portone non li inghiottì.

L’angelo ai piedi della scalinata era quanto mai indeciso. Possibile? Lei era sempre stata coi piedi per terra [paradossale, sn in paradiso!!] , e il suo sangue freddo era arcinoto. Che diavolo le prendeva?

“Diavolo”…

Proprio un diavolo, quello che avanzava imperioso dietro di lei. Il Signore dei diavoli. L’arcangelo traditore, il Terribile. Le sue truppe si dividevano pronte ad assediare il palazzo.

Egle si alzò in piedi, schiacciandosi contro il muro della facciata. In breve sarebbero stati di fronte a lei.

Lucifero veniva per primo, seguito da un vampiro dai tratti felini.

L’angelo osservava il re della Paura procedere a torso nudo, fiamme rosse lo avvolgevano a tratti. Si fermò.

Distese le possenti braccia lungo i fianchi, e inarcò leggermente un sopracciglio nero.. A gambe leggermente divaricate si stagliava in tutta la sua perfezione.

Egle aveva paura. Tanta paura. Ma sentì che in quel momento non era l’unica cosa che provava: quell’essere la affascinava come nient’altro aveva mai fatto. Buffo, morire affascinati dal proprio assassino.

Un vento caldo le scompigliò i capelli, un ricciolo biondo le passò davanti agli occhi. –Addio…-, pensò.

Invece no.

Fissò gli occhi del demonio, e poté giurare di avervi scorto guizzare un lampo di luce. In quegli occhi così intensi…

Egle aveva la bocca leggermente aperta, e aveva smesso da un pezzo di respirare.

I due rimasero così, persi in un attimo di tregua, di contemplazione l’uno dell’altro. Aspettavano una mossa, un segno, qualunque cosa. Lucifero la fissava, con odio. Ma era odio? Non solo, anche… anche…

Il diavolo scosse la testa, come per scacciare un pensiero indesiderato, e passò oltre, salendo le scale.

La bella si riprese dallo shock e corse via, al riparo.

-Ehi, ma cosa ti è saltato in testa? Perché non le hai sfiorato un capello?- Esclamò Askart contrariato.

-Che ti importa, vipera? Era solo una sgualdrinella qualunque.- Rispose secco Lucifero.

-Appunto! Perché non ucciderla, insomma…- ma non continuò la frase. Una freccia d’oro gli passò a pochi centimetri dall’orecchio, assordandolo col fastidioso sibilo. Seguita da un’altra. Poi un’altra ancora.

-Contrattaccano!- I due vampiri che accompagnavano il diavolo parvero visibilmente preoccupati. Lucifero, freddo come al suo solito, si limitò ad alzare il forte braccio e creare uno scudo di fiamma davanti a sé e ai compagni in grado di incenerire i dardi.

Gli altri due si scambiarono uno sguardo di intesa. – E bravo! Ci eravamo dimenticati che in tutti questi anni di inattività forse hai imparato qualcosa!-.

Le frecce erano tante. Lucifero si girò, e una gli lacerò la pelle del braccio. Un fiotto di sangue nero fuoriuscì dalla leggera ferita. – Andate al dio- pensò, e proseguì. Le truppe si erano radunate dietro i loro capi, e salivano in  modo compatto. Venne trasportato in cima un ariete da sfondamento, con la testa di falco.

Lucifero si fece da parte, per lasciar posto ai soldati incaricati di abbattere l’aureo cancello.

Questo ci mise un po’ a rassegnarsi. Ma l’ingresso nella reggia non fu esattamente quello che i demoni si aspettavano:

Tre file di arcieri in tunica bianca e elmo splendente ad archi tesi li attendevano, e dietro dieci volte tanti dei loro compagni armati.

Anche gli angeli, se vogliono, sanno fare la guerra. E sanno anche organizzarsi molto in fretta.

-A questo non avevamo pensato- proruppe Askart.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

-Davide! Smettila di menare il torrone! Non se ne parla neanche di stare a casa, fila a vestirti!- Il signor Oriente incrociò solennemente le braccia al petto, in segno di diniego. L’aria arcigna non prometteva assolutamente nulla di buono.

-Veramente non mi sento molto bene...- cavillò, piegando il labbro inferiore in una smorfia leggera.

-L’unico che potrebbe non sentirsi bene sarebbe il tuo sedere...- buttò lì ironizzando l’uomo, sghignazzando con aria sadica. –Piuttosto, direi che sei in ritardo.-

-Ma porc...!!-

 

Tempo tre minuti, e Davide Oriente, aria truce e passo sprezzante, varcava la soglia del suo palazzo buttandosi nel grigiore mattutino delle sette e quarantadue minuti [ke culo!! Così presto!!].

Salutò svogliatamente con un –ao...- la sua compagna di classe / sorella acquisita immaginaria Rossana.

Avevi capelli ricci castani e occhi dello stesso colore, con qualche sfumatura verde. Fino all’ anno prima, era stata alta come lui, ma adesso la sovrastava di qualche cm. Dall’ aria colpevole con cui la ragazza gli rivolse la parola, dedusse che aveva ancora dimenticato il suo cd.

Si limitò a scoccarle un’ occhiata infastidita, prima di piazzare un auricolare nel suo orecchio destro.

Con un rumore pigro, il tram numero 33, destinazione Liceo Volta, si mise in moto, sballottando qua e là i poveri passeggeri.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

-Bella fregatura.- sbottò Lucifero, aggiustandosi la fasciatura sul braccio destro che copriva la leggera ferita. –Bella fregatura davvero.- la sua aria composta tradiva un certo nervosismo.

Anzi, sarebbe stato meglio dire un nervosismo cosmico.

Avevano dovuto battere in ritirata come conigli, guardandosi le spalle per evitare le frecce che nemmeno Lucifero era riuscito a bloccare.

La faccenda, inutile dirlo, gli rodeva assai. Oltretutto, al nervosismo si sommava pure una certa, strana, assurda confusione. Cosa centrava quello sciocco, tonto ed inutile angelo, con quel fastidioso ronzio che gli frullava in testa.

Cercava, banalmente, di convincersi del fatto che vi era totalmente estraneo.

-Bella fregatura.- rognò Askart, in una perfetta replica dell’ amico di pochi minuti fa.

-Tutta colpa vostra.- ruggì il terzo vampiro, Leonard, affiancandosi ai due.

 

Scena uno:

Lucifero, in un impeto di rabbia, aggredisce Leonard con una sfera di fuoco.

 

Scena due:

Askart cerca di tirare su un Leonard semi agonizzante, con scarsi risultati.

 

Scena tre:

Lucifero pensa intensamente alla fanciulla bionda, mentre Askart rifila un pungo sulla testa vuota di Leonard, procurandogli più danni di quanti non ne avesse già.

 

Scena quattro:

Leonard schizza in piedi feroce, ululando come un lupo.

 

Scena cinque:

Lucifero si alza dalla sua poltrona, profondamente adirato con i due.

 

Scena sei:

Scoppia un degenero generale a tre.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

-No, ehi, parliamone….- cercò di minimizzare Egle, portando le mani candide davanti al viso. Il suo sorriso imbarazzato era stiracchiato sul volto leggermente rosso.

-Sciocchezze, signore, posso assicurarle che Egle ha fronteggiato il nemico senza un briciolo di paura.- si ostinò a confermare Selmah, piantandosi per terra.

L’interlocutore era un personaggio alquanto particolare. Dall’alto della maturità ed esperienza dei suoi 46 anni, scrutava quasi divertito le due.

-La mia amica è stata fantastica. L’ho vista da una feritoia: il…ehm…diavolo – nel proferire questa parola la voce di Selmah ebbe un leggero turbamento –avanzava e lei non si è mossa di una virgola. Incredibile. Davvero coraggiosissima! Non ho mai visto…-

-Selmah, la vuoi piantare?- “quando fa così sembra davvero una stupida oca” pensò Egle stizzita e imbarazzata.

-Oh, no perché? Difficile piantare qualcosa quassù, la terra del grande giardino sta inaridendo…-

Eccoci, ci risiamo. Un’altra delle sue battute da Ommioddio-giuro-che-mi-cascano-i-testicoli-e-rotolano-fino-all’ultimo-girone. Dio è veramente incorreggibile. Le ragazze fecero finta di ridere, come sempre.

L’Illustrissimo Personaggio, also known as Dio, ponderava in silenzio.

A interrompere i suoi ragionamenti accorse ben presto l’instancabile voce di Selmah: -Ma ora cosa intende fare? Cioè, dopo un attacco di queste dimensioni e così ben preparato non possiamo certo starcene qui a guardare, intenti a pettinarci le piume! Insomma, erano anni che…-

Egle se ne convinse del tutto. La sua amica era logorroica.

-No, caro angelo, non intendo starmene qui a guardare. Potreste offendervi e tirarmi un ceffone!-

Cristo, quando cavolo la smetterà?

-Torniamo ai discorsi seri- proseguì Dio –Sono felice di constatare che abbiamo una temeraria tra noi. Egle, effettivamente ci pensavo da un po’, ho bisogno di un’ambasciatrice-

Egle scolorì, impallidì, sbiancò completamente [notare il climax].

Dio doveva essere scemo. Se non fosse stata la grande stima che aveva del suo senso dell’umorismo, gliel’avrebbe urlato in faccia.

-No…-. Rantolo incomprensibile.

-Come?-

-NO! Non ci penso nemmeno, vossignoria molto reverenda, non sono il genere di angelo adatto a un’ambasciata.-

-Oh, cavoli, Signore, non volevo suggerirle l’idea di mandarla là sotto!-

Ma ormai Selmah aveva fatto la frittata. E se Dio decideva qualcosa, ahimè, bisognava farla.

§*(°)*§

 

 

 

Lucifero sedeva nelle sue stanze, irrequieto. Aveva litigato coi suoi “ufficiali”. Non era una cosa nuova, ma questa volta sentiva che si era rotto qualcosa…

Improvvisamente, un vociare sconnesso da fuori.

Chissenefrega. Guardava il suo specchio. Poi guardò la poltrona rattoppata. Poi il divano, e c’era Egle sdraiata.

Il Diavolo ebbe un singulto e schizzò in aria. Scosse la testa, e con essa la folta chioma.

Riguardò il divano.

-Ecco, un’altra del mie visioni. Quell’angelo mi sta facendo impazzire…-

 

 

 

§*(°)*§

 

 

La bella Egle si apprestò a salire sulla carrozza del Passaggio. Ovviamente non lo dava a vedere, ma era spaventata, scossa, si sentiva stana.

Una cosa era certa: voleva vederlo.

Aveva passato gli ultimi giorni a pensare al loro primo incontro, così anormale, così impossibile…

E ora andava dritta da lui.

A riferire che Dio accettava compromessi, che Dio sarebbe stato disposto a cedere qualcosa in cambio di pace.

La piccola comitiva smontò, e si diresse dritta al portone oscuro di pesante metallo incastonato di gemme rosse, che segnava l’inizio degli Inferi.

Valicarono la soglia, e si trovarono in una fitta nebbiolina.

-State vicini!- La voce di un angelo suonò già terribilmente lontana alle orecchie di Egle.

CIAF! Un piede si bagnò completamente in fetide acque…era un rigagnolo puzzolente.

Lo guadò ad occhi chiusi. Gli occhioni azzurri cercavano di trovare qualcuno, qualcosa… Trovarono una galleria. Egle si girò, ma non vide null’altro che nebbia sempre più fitta. Imboccò la galleria.

Man mano che avanzava diventava sempre più alta, e decorata, poi vide figure mostruose scolpite nella roccia.

-Wow!- pensò. Poi, come presa da un senso di colpa, esclamò a bassissima voce: -Che orrore!-

La galleria si era trasformata in un ampio corridoio. Intravide una stanza.

Si fermò nella penombra. Non sentì nulla.

-Teoricamente dovrei aver paura…-

 

 

 

§*(°)*§

 

 

Lucifero uscì dalla sua stanza, prendendo il corridoio a destra, che portava all’esterno, vicino al cancello. Voleva stare un po’ solo, lontano dalle voci.

Non sapeva che c’era qualcun altro che arrivava dalla direzione opposta…

 

 

§*(°)*§

 

 

Si incontrarono. Si videro, si bloccarono, immobili.

Un diavolo è capace di amare?

Un angelo è capace di peccare?

La risposta è si.

Gli occhi rossi del muscoloso e fortissimo demone e la sua espressione stupita in quel momento lo facevano assomigliare a un bambino.

Gli occhi luminosi della bellissima sempre-giovane riversavano stupore, e un’attrazione fatale.

Lui fu il primo a riaversi. Con un sorrisetto beffardo, le braccia incrociate e un sopracciglio inarcato esclamò: -Il vostro nome, signorinella?-

Bisogna ricordare che Egle non era certo il tipo da farsi abbindolare, o da perdere il controllo così facilmente [non è mica lucia!]: -Rien Egle Zoe Eruanna Astryd Alea Lienan. Angelo ambasciatore.-

-Eh?-

-Rien Egle Zoe Eruanna Astryd Alea Lienan. L’ultimo è il cognome.- disse gongolando nella faccia stupita del poveretto.

Poi aggiunse con fare provocatorio –Vengo a incontrare Sua Grandezza Lucifero. Sa indicarmi dove posso trovarlo?-

Il Diavolo restò impassibile per qualche secondo, poi la sua espressione si rilassò.

Sorrise.

Anche Egle sorrise. E nella penombra ammirò gli occhi di Satana.

-Non la vedo, signore…-

Il Diavolo, con un leggero cenno della testa, accese le torce del corridoio, che rivelò la sua ampia volta gotica.

Era favorevolmente impressionato da quella giovane bellissima che stava ritta davanti a lui senza fare un plissé.

Quanto a lei, non sapeva come congratularsi con sé stessa per la precedente richiesta.

Che diavolo fumano le catechiste per venire a dirti che Satana è brutto?

-Astryd…-

-Veramente mi chiamano Egle…-

-Astryd è molto più bello-

-Vada per Astryd-. Vada per Astryd? Prego? No, no, no! Non ci sarebbero state altre occasioni in cui il Demonio le avrebbe rivolto la parola!

Risero. Si avvicinarono, e si toccarono la punta delle dita. La sensazione che provarono è indescrivibile. Stavano bene, sereni, senza affanni. Per un angelo può sembrare normale, ma in aggiunta Egle provava qualcosa di speciale…

Intrecciarono le dita.

Ma squillò una tromba infernale. Lucifero era atteso in sala centrale.

-Svolta di là, Astryd. Vai avanti dritta e troverai i tuoi compagni-.

Il Diavolo le scoccò uno sguardo di seducente intesa e lasciò le candide mani di lei. Astryd ricambiò con un sorriso di gratitudine e malizia, poi si voltò e corse.

 

 

§*(°)*§

 

 

-Egle! Ma che ti prende? Da quando sei tornata dall’Inferno sei un’altra persona. Non ti interessa più niente. Perdi tempo a fantasticare, chiusa nella tua stanza. Vuoi spiegarmi cos’hai?-

Le parole di Selmah non facevano che ricordare all’angelo la meraviglia di quel bacio.

Quel bacio che lei, angelo bianco, aveva dato al Demonio. L’aveva rivisto. Di nuovo, dopo l’ambasciata. E lui si era avvicinato. Troppo. In modo irresistibilmente fantastico.

“Astryd”…Uno dei suoi molti nomi le risuonava nella testa. Il preferito da Lucifero. Quello che lui, lui, aveva scelto per lei.

Astryd, anima che si consuma fra le fiamme.

Chiuse gli occhi fra questi pensieri, lasciandosi cullare dalla dolce brezza della sera, che dolcemente le accarezzava il volto e i capelli.

 

 

§*(°)*§

 

 

 

-L’ho trovato!!!- ululò, sbattendo la mano contro il tavolo pieno di mappe. –Sapevo che mio nonno aveva fatto qualcosa di utile, in realtà! Lo sapevo!!- prese in mano una carta vecchia, ingiallita dalla mano del tempo.

-Ti dedichi alla cartografia?- sibilò grettamente Askart, avvicinandosi all’amico/nemico, e scrutando al di sopra della sua spalla.

-C’è un passaggio che conduce direttamente in Paradiso, senza dover usare il portale. Lo aveva costruito mio nonno, ma becero com’era, dev’essersene dimenticato.- grugnì lui, cercando di seppellire la faccia sconvolta e semi divertita che spingeva per emergere alla luce.

-Chissà da chi ha preso il nipote, allora…- canticchiò salottiero il vampiro, fischiettando allegramente.

-Dimmi la verità: ci tieni particolarmente a finire di nuovo arrosto…?- ruggì il demone, incassando la testa tra le spalle. Gli occhi rossi si contrassero pericolosamente, mentre un alone di energia gli si concentrava attorno.

-E tu ci tieni particolarmente a rivederla?- gli sussurrò, passandogli accanto prima di uscire. In un attimo, meno di un secondo, tutta la collera di Lucifero si sgonfiò, come sostituito da qualcosa di molto più grande.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

Appoggiata con la schiena contro le stalle degli unicorni, suo incarico giornaliero.

Sbuffava a ritmi regolari, circa un minuto quindi, cercando di osservare dall’esterno la sua situazione.

Era nei casini più neri.

Aveva cercato di adottare ogni angolazione, dalla più ottimista alla più scettica. Il risultato era sempre lo stesso.

Era nei casini più neri.

-Come faccio…?- piagnucolò poggiando con forza la testa contro il legno scuro. –Asien, come faccio?- l’unicorno si limitò a sbuffare, fissandola con occhioni scuri e terribilmente caldi. –Lo so, tu non hai di questi problemi. Ma guarda un po’ la mia situazione! Mi piace Lucifero, capisci? Lucifero, mioddio! La negazione di tutto quello che dovrei essere!-

-Mi fa piacere di essere così ben considerato.-

Egle ebbe la sciocca impressione che il suo cuore, dalla cassa toracica, avesse avuto un sussulto, e fosse precipitato due piani più sotto, alla ricerca di un posto dove tornare a battere normalmente.

-Tu… tu… tu!!!- biascicò, senza che le sue parole potessero fare molto per raggiungere una pronuncia accettabile.

-Io.- lui ghignò divertito dalla sua frenetica agitazione.

-Tu….- sfiatò la poveretta, lasciando che la sua bocca si spalancasse poco elegantemente. –Tu non dovresti essere qui.-

Lucifero non rispose immediatamente, troppo intento ad osservare in ogni piccola piega la bocca rosea dell’angelo. Prima corrucciata, poi spalancata, indi di nuovo corrucciata.

Troppo, assolutamente invitante.

Doveva essere assolutamente sua. Doveva riuscire a passarle una mano fra quei capelli di seta, e doveva accarezzare quelle labbra di rosa.

Era chiaro, altrimenti sarebbe impazzito.

-Mi ascolti…?- la ragazza lo richiamò all’ordine, schioccando le dita in un gesto secco.

-No.- si avvicinò di un passo alla fanciulla, che di riflesso ne fece uno indietro.

-Non… vale rispondere così…- sussurrò mordendosi il labbro inferiore, schiacciandosi contro la parete, divisa fra il terrore e qualcosa che le squassava il petto.

-Io faccio quello che mi pare. Con chi mi pare.- chiarì lui, sovrastandola in altezza e osservandola attentamente.

Un sussurro, un respiro, un gemito e qualcos’altro che non riusciva a capire.

-Io…-

-Astryd… l’anima che si consuma tra le fiamme… lo sapevi? Sapevi di questo tuo nome…? Sapevi che tua madre è un vampiro? È stata lei ad affidarti questo secondo nome…- sussurrò vicino a lei.

-Io…- la sua lingua si era impastata. Niente, niente.

-Sembri un disco rotto. Che ne dici se provvediamo?- propose lui con uno sguardo allusivo.

Prima che un altro uscisse dalla sua bocca confusa, le loro labbra si unirono in lento, assurdo, incompreso bacio.

La ragazza cercò di artigliare la stoffa del suo giubbotto, per respingerlo, ma la forza sembrava venirle meno. Come artigli le dita del ragazzo entrarono nella sua chioma, scompigliandola, riempiendola di paglia di cui si nutrivano gli unicorni.

Un gemito le uscì dalle labbra, incontrollato, mentre le ginocchia sembravano cederle.

Una scia di baci, che sembrava bruciare come fuoco, scese dal mento fino al collo, posandosi infine sulla clavicola, che venne morsa lentamente, a sangue.

-Cosa mi hai fatto per… per… ridurmi così….?- articolò lentamente lui, sussurrandolo sul suo collo. Alla ragazza sembrò che il fiato di lui permeasse nella sua pelle, fino a giungere sotto di essa.

La paglia che frusciava sotto la schiena, solleticandola.

I sussurri repressi contro una spalla, e il gentile fruscio delle vesti che lente si accartocciavano di fianco a loro.

Le carezze, lente, instancabili e curiose.

La pelle, che ad ogni nuova scoperta diventava più rovente.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

Egle tornò nella sua casa con i capelli nettamente spettinati e sconvolti.

E un lungo, inspiegabile sorriso che le stiracchiava le labbra rosse.

 

 

 

§*(°)*§

 

 

 

 

Rien Egle Zoe Eruanna Astryd Alea Lienan chiuse gli occhi per sempre in una brezza d’estate, lontano da occhiate indiscrete.

Un segreto che l’aveva lentamente consumata, svuotata, esaurita. [climaxxx]

Un bimbo, occhi di cielo e sorriso da diavolo.

Lontano da occhi indiscreti, così ebbe fine Egle.

Lontano dagli occhi rossi del suo amante, lontano dalla collera del suo padrone.

Lontana dalla vita.

 

  
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