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Autore: LaU_U    22/03/2011    6 recensioni
«Castle, non ho bisogno di una tata.»
«Lo so, infatti non sono la tua tata. Sono il tuo personal shopper»

Lo scrittore si presenta a casa di Beckett e con insistenza le propone di aiutarla a fare la spesa e a liberarla dalla sua dipendenza dai templi di polistirolo...
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo del tempo libero'
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Beckett si accorse che l’uomo la raggiunse alle casse solo dopo essersi riallacciato la giacca.
«Va bene questa fila, professor Castle?»
«Quella delle code non è mai una scienza esatta. Potrebbe non esserci differenza nella scelta fra la più lunga o la più corta, dipende dalle singole situazioni, in realtà è un po’ un terno al lotto, ci sono tante variabili in gioco. L’importante è fare attenzione ad alcuni dettagli. Primo fra tutti è la quantità di prodotti nei carrelli, ma bisogna anche vedere chi è in fila. Mamme con bimbi piccoli: attenzione!»
Indicò alzando il mento una signora alla cassa a fianco con un passeggino e un secondo figlio accanto.
«I bambini alzano la soglia del burnout della mamme lavoratrici e, dato che la donna indossa un tailleur, dedurrei che non è casalinga, ma impiegata. Facile che dopo l’ufficio sia un po’ stanca e distratta, anche perché deve tenere a bada i bimbi, quindi…»
Come previsto la madre fece cadere una serie di carte dal portafoglio mentre sgridava il figlio maggiore che stava tentando di arraffare delle caramelle. Arrossì, si scusò con la cassiera e si chinò a raccogliere tutto, mentre il bambino insisteva per acquistare i dolci, innervosendo ancor più la donna.
«…qualche pasticcio lo combinerà. Un’altra categoria a rischio sono le signore anziane, da non confondersi con le coppie anziane. I vecchi sposi che fanno ancora la spesa insieme hanno ormai interiorizzato i movimenti, il rito del comprare e del pagare, i ruoli che ciascuno dei due partner assume.»
Castle identificò è poi indicò con un dito due signori qualche cassa più in là, che agivano in tranquillità e silenzio, proprio come lo scrittore stava descrivendo.
«Vedi, l’uomo ha già pronta una banconota   di grosso taglio,   ritirata fresca fresca dalla pensione: la consegna alla donna e va a riempire i sacchetti. Lei lo aiuta finché la cassiera non dice il totale. Soldi. Resto. Pronti, via. Senza correre, ma senza errori. Le signore anziane da sole invece possono essere pericolose. Talvolta sono affaticate, lente e non ci vedono bene. Tu hai scelto una fila breve, ma…»
La vecchietta alla cassa iniziò a rovistare in una bustina alla ricerca di piccole monete che faticava a riconoscere ed afferrare. Nel frattempo chiese un paio di volte alla commessa di ripetere l’importo, mettendosi una mano dietro l’orecchio per sentire meglio.
«…quella signora ci rallenterà parecchio.»
Beckett fissò stupita l’amico, non potendo credere che avesse dimostrato tutte le sue affermazioni in due minuti. Sapeva esibire davvero delle buone capacità deduttive, alle volte, ma era certo che le avrebbe fatto pesare questa sua preparazione.
«Va bene, Sherlock. Quale cassa consigli allora?»
«Tendenzialmente si dovrebbero evitare sia la coda più corta (per scaramanzia) che la più lunga, a meno che non osservi con attenzione la sua composizione. Adesso proporrei…»
Si mise a scrutare concentratissimo tutta la zona, posando lo sguardo su ogni persona.
«…la cassa cinque!»
C’erano tre uomini e due donne in fila, per un totale di cinque carrelli ed un cestino.
«Il top sono gli scapoli maschi. Prendono poche cose e pagano con la carta di credito. Le due signore in questa fila non mi hanno dato indizi rilevanti, quindi non posso scommettere davvero su di loro, ma sono fiducioso.»
Come previsto, lo coda avanzò rapida, mentre quelle accanto incontravano diversi intoppi. In pochi minuti Castle e Beckett arrivarono al nastro e poggiarono uno dopo l’altro i numerosi cibi che avevano nel carrello.
«Credo di essere stato bravo, no?»
Mentre posavano i pacchi, fece un sorriso fissando la donna coi suoi occhioni, come un cucciolo che voleva una coccola. La detective non face in tempo a rispondere.
«Non è possibile, tu sei Richard Castle!»
Entrambi si voltarono verso la cassiera che fissava l’uomo e divenne completamente rossa in viso. Stavolta il romanziere si limitò a sorridere senza fare il seduttore.
«Io… io… sei il mio scrittore preferito, davvero. Credo che tu abbia un gran talento e… non posso credere che tu sia qui.»
Beckett trovò piuttosto scocciante avere a che fare con un’altra ammiratrice nel giro di mezz’ora, soprattutto perché questa non stava più passando i prodotti sul lettore laser perché completamente in soggezione dal suo idolo.
«Non è che mi faresti un autografo?»
«Sì, certo. Dove?»
Castle sembrava insolitamente imbarazzato, la detective l’aveva sempre visto molto sicuro di sé nelle apparizioni pubbliche.
«Oh, aspetta.»
La ragazza rovistò sotto la cassa finché non estrasse dei fogli e li consegnò allo scrittore.
«A chi devo dedicarlo?»
«Oh, Jenny» rispose arrossendo ancor di più.
Beckett sbirciò quello che lui stava scrivendo sul foglio. “Alla mia grande ammiratrice Jenny. Con affetto. Rick Castle”. Una classica frase da autografo. Molto simile a quella che aveva scritto anche a lei anni prima.
«Grazie mille.»
«Non c’è di che.»
«Non è che… anche una mia amica adora i tuoi libri. Potresti?»
«Sì, beh… va bene.»
Castle riprese in mano la penna per fare un’altra firma, ma la cassiera prese il microfono accanto a sé e si sentì la sua voce risuonare nell’interfono.
«Astrid alla cassa cinque. Astrid alla cassa cinque.»
D’un tratto abbandonò il classico tono inespressivo da chiamata del supermercato e continuò l’annuncio con molta eccitazione.
«Astrid, fai in fretta. C’è qui Richard Castle!»
La frase si diffuse per tutto il negozio. Beckett notò che l’uomo fu colto completamente alla sprovvista dall’evento. Fu per lei lo stesso, ma passò da uno stato di imbarazzo al doversi trattenere a fatica per non scoppiare a ridere.
Non fu solo Astrid ad arrivare, ma anche diversi clienti del supermercato, incuriositi da ciò che avevano sentito. La poliziotta decise di sgusciare via e lasciare il divo alle prese coi suoi ammiratori. La coda alla cassa cinque era diventata decisamente la più lenta.

 

Un quarto d’ora dopo l’interesse per l’autore era scemato e Jenny aveva ripreso a passare i codici a barre dei prodotti della spesa di Beckett. Castle era ancora frastornato, ma si offrì di pagare personalmente e la donna decise di non rifiutare. Lo aiutò a riempire i sacchetti con la mano sana, mentre lui non diceva una parola.
«Neanche la vecchietta più sorda può competere con un rallentamento da scrittore di gialli affermato.»
L’uomo accennò un sorriso, ma era troppo confuso per replicare. Ancora udiva le richieste dei fan rimbombare nella sua testa e sentiva le loro mani che lo toccavano dappertutto. Le folle sapevano essere piuttosto selvagge.
Quando tutte le buste furono pronte Beckett si incamminò verso l’uscita.
«Ehi. E tutta questa roba?»
C’erano otto sacchetti pieni che lo fissavano minacciosamente.
«Io ho una mano fuori uso, Castle. Mi hanno sparato, non posso fare sforzi.»
L’uomo rimase a bocca aperta, facendo scorrere lo sguardo dalla donna alla spesa, senza vedere una soluzione.
«Su, personal shopper
. Avrai tenuto conto di questo, no, dall’alto della tua grande esperienza? Prendi quella roba e andiamo a casa. Ci sono delle polpette spinaci e patate da preparare.»
Magari un’altra volta ci avrebbe ripensato due volte prima di assillarla con tanta insistenza per andare a far la spesa. O probabilmente era abbastanza masochista da riprovarci, ma Beckett in fondo sperava in questo.

 

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Ultimo capitolo pubblicato!
Questa fan non era cascamorta come la precedente. Se capitasse una cosa del genere a me credo che per prima cosa arrossirei in maniera inverosimile (odio arrossire sempre -.-). Poi biascicherei parole a caso. Con Peter Cincotti non sono riuscita a formulare una frase intelligente... sigh!
La teoria delle casse me la sono inventata su due piedi (anzi, su quattro rotelle direi, dato che ero sulla mia sedia girevole). Non mi assumo responsabilità per risultati differenti... DON'T TRY THIS AT HOME!
Spero che questa fan fiction disimpegnata sia stata di vostro gradimento. Vi ringrazio ancora per averla letta.
C'è n'è già un'altra work in progress, sempre in stile commedia slice-of-life. Alla prossima!

   
 
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