Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: GaTTaRa PaZZa    23/03/2011    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Ryou e Keiichiro avessero scelto altre ragazze con il DNA compatibile a quello degli animali codice rosso? Se invece di Ichigo, Minto, Zakuro, Purin e Retasu avvesero trovato altre candidate?
Questa fiction è un adattamento delle puntate dell' anime secondo il carattere di queste altre mew mew (vedrete moltissime similitudini e citazioni, le battute a volte sono anche le stesse, a volte con varianti). Noterete che le mew mew non saranno cinque, ma ben sette. Sono ispirate alle mie amiche più intime, non potevo tralasciarle!!
Spero vi piaccia, commentate negativamente o positivamente, voglio sincerità! :)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sera: le sette e cinque minuti. Orario di chiusura del caffé mew mew.
Le cinque ragazze si stavano cambiando nello spogliatoio dalle loro vesti da cameriera per infilarsi nelle loro rispettive divise scolastiche, con cui arrivavano sempre al locale.
«Santo cielo ho una fame che mi mangerei Sakuranbo intera!» esclamò Shikimi, sistemando il completo azzurro nel suo armadietto, lo stomaco brontolante.
«Perché prendete tutti di mira me???» s' irritò una suscettibile biondina, infilandosi le ballerine blu scuro.
«Facile: ci diverte vederti offendere» rispose Kanzō pragmatica, sistemandosi i capelli in una coda alta con un elastico giallo vivo.
«Ma perché?? Uffa. Siete sadiche, non comprendete la STUPENDOSITA' della sublime Trilla!» esclamò, ravvivandosi la chioma con fare vamp, mostrando una notevole considerazione della sua autostima.
«No, però capiamo la sua STUPIDITA'...»
«Trilla? Che cosa vorrebbe dire "Trilla"??» domandò Kurumi stranita, mentre si puliva le lenti degli occhiali con tranquillità.
«Sai che non lo so? Non so perché ma... boh, mi è venuta quella parola... può essere che in un' altra vita io mi sia chiamata così!» ipotizzò, gli occhioni verdi che brillavano, in preda a fantasie non meglio identificate.
«Oddio che nome del...»
«Un nome decisamente insolito, chissà di che Paese potrebbe essere...»
«Scusatemi, perchè Sakuranbo CHUKONEN non è osceno?!?!»
«Non quanto Satō Kona!»
«e Kurumi SHERU dove lo mettiamo??»
«Abbiamo tutti nomi strani, è vero. Una strana coincidenza; le mew mew hanno i nomi più strani di tutto il Giappone!!» le interruppe la pipistrellina, stufa di tutte quelle lamentele inutili. Se questi erano i loro unici problemi, allora dovevano avere una gran bella vita!
«Mi sa che hai ragione... ehi Jundo, è vero che la tua casa è una villa gigantesca in stile occidentale??» domandò Shikimi, gli occhioni accesi d' interesse vivo.
«Scusa?! E questo chi te l' avrebbe detto??»
«Beh ma è ovvio! Kona-chan, no?»
L' interpellata, improvvisamente, desiderò fortemente di tramutarsi momentaneamente in un attaccapanni. «Beh,ehmmmm, non c'è niente di male no??» domandò, assumendo un' espressione innocente.
«No, ma "villa" è esagerato!!»
«Ehi,posso venire da te per constatarlo di persona?» chiese la coniglietta, sfarfallando le lunghe ciglia nere, mostrando un sorriso a 32 denti (intendevo dire 31, la piccoletta doveva ancora perdere tutti i denti da latte e ora aveva un bel buco al posto del premolare sinistro), cercando di essere persuasiva... per quanto può riuscirci un essere opportunista e diretto come lei!
«Non so, è ora di cena, dovrei chiederlo ai miei...» rimuginò, pensierosa. Quei cavolo di genitori non le avrebbero mai detto "sì,volentieri!", perché avrebbero sostenuto che era troppo tardi per avvisare e bla,bla,bla, le solite lamentele inutili che sicuramente non avrebbe ascoltato.
«Ok perfetto,andiamo!!!!!!!!!!!!» esclamò Shikimi, entusiasta, ronzando attorno alla pipistrellina, saltellando allegramente.
«Ma...»
«...ma un corno! I tuoi genitori non potranno dire di no quando sarò lì, e la cortesia impone che quando un ospite arriva a quest'ora così tarda bisogna invitarlo a cena... quindi è fatta!»
«E va bene Sanshou, spero solo che la tua teoria sia valida!!!!!!!!!!!!!!!!!»

***


Era calata la sera, un manto blu chiaro aveva sostituito il solito velo azzurro del cielo del Giappone, e in una strada tranquilla dei quartieri ricchi di Tokyo risuonavano sonori dei passi moderatamente veloci...
«Io ho acconsentito che tu venissi, Sanshou, ma adesso qualcuno mi spiega che ci fate quianche voi tre!!!!!!!!!!!!!» urlò Kanzō, girandosi a fulminare le imbucate con lo sguardo. I suoi non le avrebbero mai permesso di invitare così tanta gente a cena senza avvisare una settimana in anticipo!
«Beh anche io volevo vedere la famigerata casa Jundo, a questo punto...».«Continuavate a parlarne, ovvio che ci avete incuriosito...».
«E Kona, allora? -.-''»
La bruna sfoggiò un sorrisone da Stregatto, il suo idolo, e le rispose senza esitare:«Non pretendavate mica di abbandonarmi al mio destino,no? E' troppo divertente stare in vostra compagnia, ragazze!».
Le altre annuirono contemporaneamente, così in sincrono che sembrava di essere in uno di quei musical di scarsa qualità dove tutti conoscono la stessa canzone e per pura casualità sono tutti intonatissimi e conoscono addirittura il balletto coreografico senza nemmeno mettersi d' accordo.
"Effettivamente è vero... quando sono con loro, mi riesce più facile accantonare i pensieri deprimenti e svuotarmi la mente per un po'..." rimuginò la mew mew nera, mentre camminava a sguardo basso, pensierosa. Era certamente un' ottima cura essere in compagna di quelle quattro svitate compagne di disgrazia. Ne aveva proprio bisogno.... in classe non conosceva bene nessuno, a parte la sua amica d' infanzia Nana, e si sentiva molto fuori posto lì -nonostante fosse la rappresentante di classe-, mentre stare lì con loro era semplice, naturale.
«Abbiamo avuto moltissima fortuna che i miei sono andati al ristorante mentre quell' idiota di mio fratello è da un suo amico... però cercate di non fare danni, altrimenti vi uccido tutte sul momento» raccontò, in un tono minaccioso.
«Ma sì, ma sì, stai shalla!»
«SHALLA?! DAI, COME HAI OSATO PRONUNCIARE QUELLA PAROLA?!?!»
«Oh Saku-nyan, qual' è la parola che ti irrita? Cerca di stare shalla anche tu, vivi shallamente la sua esistenza shallosa...»
«Brutta sottorazza di topo di fogna, se osi dire un' altra volta "shalla" giuro che...»
«Smettetela, voi due, che siamo arrivate» le interruppe Satō, indicando la grande casa dell' amica.
Tutte si fermarono a guardare -tutte a parte la padrona, che si era diretta alzando gli occhi al cielo ad aprire il cancello elettrico- e rimasero completamente a bocca aperta: sembrava uscita direttamente da Los Angeles.
Bianca, con una vetrata enorme, il tetto nero con pannelli solari, un giardinetto ben curato.... Non sembrava di essere in Giappone, per niente.
«La piantate?! Mi mettete in imbarazzo» si lamentò Kanzō, innervosita. Non le piaceva essere considerata una di quelle riccone che si crogiolano nel lusso...
«E di che ti lamenti? La mia sarà 1/5 della tua...» mormorò ammirata Kurumi, entrando per prima nel vialetto di pietra che portava sulla porta d' entrata, mentre la pipistrellina arrossiva. "Spero che la smettano... ah che brutto passare per la snob di turno!" pensò, aspettando le altre tre prima di chiudere il cancello.
«Ah beh, non è poi così diversa da dove vivo io...» attaccò Sakuranbo, facendo spallucce. Era stata abituata molto bene; era naturale per lei avere un giardinetto, tre piani e un sacco di stanze, a differenza di una moltitudine di gente che abitava in uno squallidissimo appartamento di cinque metri quadri, usato solo per dormire la notte su un tatami pieghevole.
«Si, si bella casa e tutto quanto, ma io HO FAME!!!!!!!!!!!» mugugnò Shikimi, incrociando le braccia sul petto florido, iniziando a scoccare occhiate minacciose alla mew mew nera, come a dire "nutrimi o te ne pentirai".
«Ecco infatti entriamo in cucina,eh?» propose Kanzō, spingendole con una forza sovraumana per tutto il salotto verso la cucina. Chiuse la porta, mentre le quattro si accomodavano sulle seggiole del rettangolare tavolo bianco.
S' infilò un grembiule bianco, annodandoselo in vita, e afferrò un tagliere di legno e un coltello dalla cassettiera, procurandosi poi verdura da affettare a dadini e della lonza di maiale.
«Ehi Jundo, non sapevo che sapessi cucinare!» commentò Satō, interrompendosi dalla sua amichevole chiacchierata con Kurumi.
«Però! La nostra signora Dracula qua, è una ragazza dalle mille risorse! Sa fare proprio tutto!» rispose l' occhialuta, mentre si rigirava tra le dita i fini capelli biondicci. L' osservò attentamente con quei suoi occhi di un colore senza nome tra il grigio, l' azzurro, il giallo e il verde chiaro.
«Non è un cazzo vero...» mugugnò innervosita l' oggetto della discussione, e il coltello le tremò nella mano, tagliando male la carota che stava tritando. Lanciò un' imprecazione, soffocata dalle ciance delle amiche, che si stavano divertendo a torturare Sakuranbo su com' era andato uno dei suei molti appuntamenti con Funsui.
«Ha davvero molto successo, quel ragazzo! Ha una strage di fighette tirate che gli vanno dietro... Un paio di anni fa piaceva pure a me...» confessò Shikimi, lanciando una delle sue occhiate maliziose alla migliore amica, che avvampò immediatamente.
«Non avrai mai uno straccio di possibiltà!» sibilò la bionda, ricambiando con un' occhiataccia feroce.
«Oooooooooh che Sakuranbo s' ingelosisce!! :shifty: Ti piace proprio,vero?» domandò l' orsetta sorridendo comprensiva.
«Ma cosa ci trovano tutte in quel... quel.... messicano lampadato?!?!». Tipico insulto poco ponderato di Kurumi.
«Ouououou non se le fa mica, le lampade! E' così di natura! Credo che abbia qualche nonno o bisnonno italiano, o spagnolo non so...» lo difese Sakuranbo, sola contro tutte.
«AAAAAAAAAAAAH!!!!!! DANNATISSIME CIPOLLE!!!!!!!!!!!» gridò la pipistrellina, facendo paralizzare tutte le mew mew presenti nella stanza.
Tutte la fissarono; sti stava asciugando un fiotto di lacrime con il polso sinistro, per non toccarsi gli occhi con le dita contaminate dalla cipolla.
Le lacrime continuavano a scorrere, e corse al lavandino a lavarsi viso e mani, accompagnata dal coro di risate delle compagne.
«Ah, Kanzō -posso chiamarti così,vero?- tagli troppo vicina al tagliere!! E' ovvio che poi frigni!! Guarda, ti faccio vedere un trucchetto che ho imparato in Bulgaria in uno dei miei tanti viaggi...» s' intromise Shikimi, alzandosi dalla sedia con determinazione.
Prese una cioppa di pane e ne staccò un pezzo, infilandolo sulla punta della lama, che pulì sotto il getto d' acqua fredda del rubinetto.
Il viso lo teneva rigido, ben distante dal tavolo dove preparava il cibo a dadini. Era molto più veloce e precisa dell' amica, e soprattutto non le vennero nemmeno gli occhi lucidi.
«Sanshou-chan, sei formidabile! Dove hai fatto tutta questa pratica?» chiese Kanzō, avvicinandosi al bancone da cucina, notando improvvisamente un' incredibile somiglianza tra la piccola cuoca e Cooking Mama.
«A casa mia, sfamando i miei fratelli quando i vecchi sono via o in ritardo da lavoro» spiegò, smettendo di tagliuzzare. Porse il coltello alla ragazza, e andò a lavarsi le manine graziose.
Kanzō lo prese, e sistemando meglio il pezzo di pane, ricominciò il suo lavoro, anche se pensava seriamente di mollare tutto in mano a Shikimi e far cucinare lei...
La coniglietta si riaccomodò alla sedia, facendo oscillare i capelli mossi, per poi scoccare uno sguardo provocatorio a Sakuranbo: «Stavamo dicendo... quand' è che uscite nuovamente, tu e Itsuki-san? Posso spiarvi di nascosto??» chiese, con uno dei suoi più riusciti ghigni maliziosi.
E in mezzo alle risate generali per la furiosa reazione della scocciatissima biondina, la nostra mew mew nera non riuscì a trattenere un sorrisetto. Strano, ma... per una volta... si sentiva a suo agio.
Criiiiiiiic! Criiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiic! Criiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiic!!
Le quattro pettegole sobbalzarono, spaventate da quel misterioso scricchiolio: «Cos' è?!?!». «Chi va là?!?!». «Mostrati, creatura della notte!!!». «Aaaaaaaaaaaaah, è entrato un assassino!!!».
Kanzō alzò lo sguardo dalla pentola sul fuoco, in mano un mestolo di legno per rimestare i pomodori e le cipolle sull' olio, e si ritrovò le sue amiche abbracciate l' una all' altra, tremanti.
La pipistrellina guardò fuori dalla porta a vetri che dava sul cortile, ma non vide nessuno. Strano.
«Jundo!!! Fai qualcosa!!» l' implorò Sakuranbo, avvinghiandosi a una preoccupata Satō.
Criiiiiiiiiiic! Criiiiiiiiiiiiiiiiiic! Criiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiic!!
Tutte quante trasalirono, e fu il caos generale: Shikimi si era lanciata sotto il tavolo, coprendosi le orecchie e serrando gli occhi, ripetendo come un rosario: «Non sento niente, non sento niente, non sento niente!», Kurumi aveva afferrato una mannaia, e l' agitava avanti e indietro gridando: «Non ti temo, fatti avanti, chiunque tu sia!!!!!!» , l' orsetta invece strillava abbracciata alla tigrotta, che urlava a sua volta.
La pipistrellina lanciò un' occhiata alla porta, e notò un' ombra ben nota; aprì la bocca per parlare, ma nessuno le diede il tempo di fiatare.
«Sarà l' alieno!!!». «Oppure un Chimero!!!». «O magari entrambi!!!». «Presto, trasformiamoci!!!».
Kanzō non poteva più lasciarsi ignorare in quel modo: salì con un balzo sopra il tavolo, e strillò con tutto il fiato che aveva nei polmoni: «SILENZIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!».
Tutte tacquero, e finalmente la moretta riuscì a spiegare. «E' solamente il mio cane che graffia il vetro della porta perché vuole entrare!» esclamò, indicando col mestolo Kim che muoveva le zampe freneticamente, implorando asilo.
«Ehm, beh... apriamole, allora!!» trillò Kurumi, un sorrisone colpevole, spalancando la porta.
Subito fu travolta dal dobermann nero, che la schiacciò col suo peso: le leccò tutta la faccia, scodinzolando, per ringraziarla.
La ragazza rise, togliendosi gli occhiali coperti di bava, e cominciò a giocare con la bestiola: «Ma ciau bello! Ma shei bellisshimo! Vuoi giocare eh? Vuoi giocare?» attaccò, iniziando a ruzzolare sul pavimento con la cagna, esaltata da tutto quell' interesse.
«Oh mamma, che infarto!!» ansimò Shikimi, il petto che si alzava e si abbalzava a velocità sorprendente, mentre Satō rideva, per scaricare il nervosismo. Sakuranbo era ancora in guardia: non andava d' accordo con Kim. La spaventava.
«Quanto siete impressionabili...» mormorò la padrona di casa, scendendo dalla tavola e aggiungendo i noodles all' acqua che ribolliva con diversi BLOB. «Forza, andate a lavarvi le mani, che fra poco è pronto».

***


«Un appuntamento?!?!?!». Quella voce profonda e fortemente rabbiosa era di Seiji, il grosso padre di Sakuranbo.
Stava sbraitando, gli occhi spiritati, la braccia incrociate, e la ragazza cercava di non farsi intimorire da quella vena che pulsava sul collo. Non disse nulla, in attesa della sfuriata.
«Niente da fare!!!!! Quel giorno ti dovevo portare a fare una gita!!!!!!! Lascia immediatamente perdere il tizio dell' appuntamento!!!!!!! Tu finché non sei maggiorenne sei sotto la mia custodia, e io non ti permetto di incontrare nessun ragazzo!!!!!!!!!» gridò, la faccia che diventa rossa per la rabbia.
«Neanche per sogno!! IO voglio vivere la MIA vita!!!!» rispose, cercando tutto il suo coraggio sparso in giro per l' anima. Doveva affrontare suo padre una volta per tutte.
«Seiji, smettila!! Allora, dovè che avrai questo fatidico appuntamento con Funsui-san?» s' itromise la madre, curiosissima, fissando con intensità la figliola.
Mr. Chukonen si zittì, fissando truce le donne di casa.
«Al centro commerciale qua vicino...» rispose, indifferente. Non le interessava dov' era, ma sapere che era con lui: era felicissima che l' avesse invitata fuori: stava sbaragliando tutta la concorrenza di gals sovraeccitate con gli ormoni a mille!
«Che bello, mi tornano alla mente tanti ricordi romantici! Anche noi ci davamo appuntamento al centro commerciale!» sospirò, fissando con occhi dolci il marito.
«Eh sì, che bei tempi!» borbottò, ancora rancoroso.
Sakuranbo approfittò dell' occasione per squagliarsela in camera: ora aveva rivelato ai genitori dell' esistenza di Itsuki, e Okasa era dalla sua parte. FUCK YEAH!!!

***


Le nuvole erano rosa, come lo zucchero filato alla fragola, intinte nell' arancione vivo del tramonto.
Kurumi lo stava guardando, persa nella bellezza del mondo in cui viveva.
Lei era una ragazza distratta, sempre pensierosa, e raramente dava importanza alle discussione quotidiane che aveva con i genitori e con le amiche. Preferiva parlare di cose poco concrente, preferiva che si ragionasse profondamente prima di aprire bocca, preferiva vedere il punto di vista degli altri sulle cose. Tutte le cose.
Ultimamente si era dedicata a Kant, e alla sua percezione del bello e del sublime, nel suo "Critica del Giudizio".
Eh sì; a questa strana giovane piacevano i mattoni di libri e la filosofia, amava usare l' intelletto e scervellarsi nelle idee degli autori che aveva affrontato -per scelta, non per obbligo scolastico- e per questo veniva additata come una secchiona; parlava benissimo la sua lingua, utilizzando termini che nessuno conosce, e sapeva benissimo l' inglese grazie ai romanzi e ai trattati acquistati nella sezione in inglese della libreria.
Il cielo era sublime.
«Ehi, domani sera alle 18 nel campo da tennis di Itabashi ho una partita! Vi va di assistere? Sarà palloso probabilmente, però, così, tanto per...» propose la nuova arrivata, Shikimi, buttandola lì come se nulla fosse.
Kurumi si riprese dalle sue fantasticherie per piombare nuovamente nella banalità dei rapporti sociali tra adolescenti, cercando di ascoltare le futili chiacchiere delle altre.
Erano appena uscite dal Caffé, ed erano tutte esauste, perché Keiichiro e Kanzō, che portava una pericolante pila di piatti, si erano accidentalmente scontrati e avevano dovuto pulire tutto prima che Ryou si accorgesse di niente, o avrebbe fatto una di quelle ramanzine che non ti dimentichi più. Aveva dovuto comprare un nuovo set di piatti in ceramica perché Sakuranbo li aveva disrutti tutti, e non aveva intenzione di prenderne ancora.
«Tu?? Che fai una partita?? Ma sei sei più impedita di me!!!!!» esclamò la bionda, acida. Non le aveva ancora perdonato lo sfottimento del giorno prima a casa Jundo.
«Ah, lo facevo pure io tennis un tempo!! Però io vengo volentieri a farti il tifo!» rispose Satō con vigore, mostrandosi entusiasta, probabilmente perché era da un sacco di tempo che non vedeva una racchetta all' azione.
«E allora vengo anch' io, se i miei non mi devono trascinare da qualche parte» affermò la pipistrellina, che non era vestita di nero come al solito, ma indossava una larga e comoda tuta da ginnastica.
«Ma sì, facciamoci una risata...» assentì Chukonen, senza abbandonare il tono freddo.
«Non so cosa ci sia di interessante in due che si passano una pallina gialla, ma credo che verrò!» decise la ragazza-lontra, provando a sembrare molto coinvolta. Era una bravissima attrice.
Peccato che in quel momento Kurumi non stava guardando in alto come prima, o avrebbe visto le fattezze di un ragazzo ormai familiare: Kisshu, che le seguiva con lo sguardo ambrato.
«Attenta, mew Kanzō, perché domani mi divertirò ad attaccare una delle tue amichette» sussurrò, contemplando la figura della sua bella nemica.

***


Nello spogliatoio del campo da tennis del quartiere Itabashi, una nota ragazza si stava infilando il completino bianco da tennis.
Si sfilò le ballerine, e indossò le scarpe adatte, bianche con striscioline azzurre. Dopodiché si legò i capelli in una coda alta.
Shikimi Sanshou era pronta; prese la custodia blu con dentro la racchetta e una bottiglietta d' acqua, casomai avesse avuto sete.
Aprì la porta, diretta verso il campo, quando una voce dell' altoparlante esclamò: "la partita avrà inizio tra pochi minuti, siete pregati di prendere posto!".
La mew mew sospirò. Chi mai sarebbe venuto a vederla, a parte le sue amiche? A chi interessava, come diceva Sheru-chan, in due mediocri atleti che si passano una pallina gialla?
Sicuramente suo padre mancava. Lui mancava sempre, a qualsiasi evento familiare. Non faceva più veramente parte della famiglia da molto,molto, molto tempo.
I suoi genitori stavano proprio per divorziare, la madre aveva addirittura contattato un avvocato, ma all' ultimo minuto avevano cambiato idea, per il bene di Takashi e Uminami.
I due bambini non potevano restare senza padre a soli cinque e sei anni, sarebbe stato un trauma.
Shikimi ormai ci era abituata, sapeva vivere benissimo da sola. Sapeva gestire sé stessa e i suoi fratelli.
Si bloccò un secondo: sicuramente suo fratello maggiore non sarebbe mai venuto. Aveva di meglio da fare, con i suoi amici, con la sua vita. Non poteva sprecare una serata con casa libera andando a subirsi una noiosa partita di tennis della sorellina.
Shifuku invece aveva vent' anni, ed era in Germania al momento, a studiare lì per un anno o due.
Insomma, la sua non era una di quelle famiglie unite e gioiose in stile pubblicità del Mulino Bianco.
A quel punto sbucò l' allenatore, tutto agitato. «Allora, Sanshou-san, come ti senti?? Ti sei esercitata abbastanza?? Sei pronta a stracciare la tua avversaria??» chiese, pieno d' aspettative.
La ragazza inarcò le sopracciglia, sfiduciata. Era da un bel po' che non si allenava seriamente. «Sì,sì, non si preoccupi!» mentì, agitando la mano con fare sicuro.
Il mister sorrise, orgoglioso, e le diede una pacca sulla spalla. «Brava, così si fa! Io vado in campo, vorrei vedere se conosco chi arbitrerà la partita...» rispose, correndo verso la porta d' uscita in fondo al corridoio.
Con un sospiro sonoro, la coniglietta aprì il tappo della bottiglietta di plastica, prendendo una lunga sorsata. Ci voleva proprio.
«Shikimi-chaaaaaaaaaaaan! Siamo quiiiiiiiiiiiiiiiii!!» trillò la voce di Kona, sventolando le braccia.
Girandosi, vide tutte le mew mew correre verso di lei, seguite da una grossa figura indistinta. Quella camminata.... sembrava... Otosan!
Era incredula: che ci fava qui sup padre?? Guardò i volti delle sue amiche: sembravano enormemente soddisfatte, come se fossero appena tornate da una qualche missione ambientalista nell' Africa Nera. Che siano state loro.....?
«Ah, sei venuto anche tu» constatò Shikimi, guardando il viso pacato dell' uomo che si fa chiamare "papà". Non sapeva se esserne contenta oppure no; credeva che facendo il padre per una volta in sedici anni avrebbe perdonato la sua lontananza??
«Porca miseria, siamo arrivate appena in tempo!! Non hai idea dei salti mortali che abbiamo fatto -nel senso letterale del termine- per portartelo qua!» le rinfacciò Sakuranbo, socchiudendo gli occhi verdi, agitando l' indice.
«Veramente, abbiamo dovuto fermare l' auto saltandoci sopra!!» raccontò Kurumi, tutta presa.
«Allora,non sei contenta?» domandò Kanzō, perplessa. Sembrava esperta nel captare le emozioni altrui.
«Non dovevate intromettervi negli affari della mia famiglia...» borbottò la ragazza, a disagio. Non riusciva a guardare negli occhi suo padre. «Otosan, so che sei pieno d' impegni ogni giorno e che non saresti qua se non fosse per le mie amiche, perciò non sentirti obbligato a rimanere. Se vuoi andartene,sei libero di farlo» aggiunse, a voce alta e sicura. Molto più sicura di quanto in realtà pensava.
«Veramente Shikimi, io penso che...» attaccò l' uomo, nervoso, ma non riuscì a completare la frase: «Oh cazzo, un Chimero!!!!» gridò Shikimi, indicandolo.
Tutt si girarono a guardarlo: era una specie di uccellaccio nero con la gonnellina da tennista. Sicuramente era fuoriuscito dall' Ankh della tipa che avrebbe dovuto affrontare in campo.
«E quello che cos'è?» chiese il signor Sanshou, sbalordito. Non aveva mai visto una creatura così orribile in vita sua; sembrava uscita da un film di fantascienza.
Nessuno si preoccupò di dargli una risposta; non ce n' era proprio bisogno, non era il caso di raccontargli di tutto il progetto mew e compagnia bella.
«Come vedi sono nuovamente venuto a trovarti, Kanzō!» affermò la suadente voce beffarda di Kisshu, comparso alle spalle del gruppetto.
L' interpellata si girò, furente: «Ancora tu?!?! Ma la pianti, per favore?!?!?!» urlò, digrignando i denti.
«Proprio io! Ma stavolta non mi sfuggirete!» sogghignò, indicando al Chimero di attaccarle.
«Ma va, è troppo presto perché tu ci uccida! Saremo sì e no all' inizio dell' anime, le protagoniste non possono morire subito, specialmente quando devono ancora arrivare gli ultimi due membri...» le rassicurò la coniglietta, facendo spallucce. Se ne intendeva di queste cose.
«Smettila di dire scemenze e trasformati!» strillò Sakuranbo, parandosi la testa con le braccia; la ragazza-uccello la stava attaccando con quel suo becco affilato, rosso come il, sangue.
La bionda le tirò un calcione, infastidita. «Oooooh là, stupido pennuto!» aggiunse, mentre il Chimero emetteva un verso strano, come offeso.
«La mia hachimitsu ha ragione, cosa aspettate?» domandò l' alieno, apparendo vicino alla sua creatura, per accarezzarle la testa.
Subito il Chimero si riprese, guardando fisso il signor Sanshou; infatti, in un secondo l' uccello spalancò le ali, gettando l' uomo a terra con violenza.
L' animale gracchiò, soddisfatto, cominciando a pavoneggiarsi, ma nessuno perdeva tempo ad ammirare la danza del pennuto: Shikimi si era fiondata su suo padre, che giaceva a terra, svenuto. Era caduto di testa, non aveva fatto in tempo a proteggerla.
Subito si sentì l' aria appesantirsi in un silenzio inquietante, che anche il Chimero non aveva osato spezzare: c' era una certa elettricità nell' aria, carica di tensione.
La ragazza lasciò andare il corpo del padre, alzandosi in piedi. Era incredibile, ma sembrava addirittura minacciosa: con i suoi 154 centimetri di altezza, i sui buchi nella dentatura per via dei denti da latte e con la sua gonnellina da tennista, la mew mew sembrava sprigionare rabbia allo stato puro, facendo paralizzare tutti nel corridoio.
«Kisshu, te la farò pagare. Potrà non essere stato presente, potrà non amare la sua famiglia... ma in fondo... è pur sempre un essere umano» disse, la vocina ferma e dura, come non si era mai sentito uscire dalla sua bocca.
«Mew Shikimi Metamorphosis!» enunciò, sicura. Ormai aveva imparato cosa doveva fare, grazie a tutti quegli anime con le eroine capaci di trasformarsi in mille modi.
Nella luce indaco, ecco comparire le morbide orecchie grigio-azzurre e la coda a batuffolo dello stesso colore, tipico del coniglio blu di Vienna, e il costume celeste vivo.
La trasformazione era come sempre stata eseguita con successo.
Le altre la seguirono a ruota; ecco pronta mew Satō, poi mew Kanzō, mew Sakuranbo ed infine mew Kurumi. Si misero inavvertitamente una di fianco all' altra, in un perfetto schieramento di soldatine.
«Ci starebbe una bella frasetta prima di iniziare la battaglia! Qualcosa come... come... Per il futuro della Terra, saremo a servizio! Nyaaa!» esclamò la tigrotta, facendo un gesto molto puccioso con le mani.
«Ah, kawaiiii! Però non ho intenzione di sprecare così il mio tempo! Fra dieci minuti inizia la mia partita!» ribatté mew Shikimi, serissima.
Il Chimero si muoveva avanti e indietro con agilità, come a invitarla nel combattimento, e continuava a ripetere parole come "Dritto,Rovescio,Volèe!".
La coniglietta l' osservò attentamente, cercando qualche punto debole. Le ali erano da escludere, sicuramente se l' avesse attaccata là si sarebbe fatta male.
Guardò le gambe; rigide, alte e snelle. Di conseguenza, poco stabili.
«Mi è venuta un' idea...» mormorò, sogghignando. «Oh capito qual' è il tuo tallone d' Achille, non hai scampo, baby!» le gridò, fiondandosi con un balzo lepresco nella sua direzione.
Il Chimero spalancò le ali, per sembrare minaccioso, ma la mew mew non puntava lì: con un calcio bel assestato, colpì il ginocchio della ragazza-uccello, facendole perdere l' equilibro. Gracchiò.
Le tirò un altro calcio. E un altro. E un altro ancora.
«Basta!» urlò il Chimero, e le penne nere si staccarono dal corpo, per dirigersi contro Shikimi.
«Aaaaaaaaahhhhhhhhhhhh!» strillò, mentre le piume si conficcavano nella pelle chiara. Sanguinava, le gocce cadevano sul pavimento di piastrelle beige, che profumavano di limone, come il detersivo che una qualche inserviente aveva spalmato la mattina presto.
«Attenta, Sanshou!!» ansimò mew Satō, preoccupata.
«Ci penso io ad aiutarti, tranquilla!!» s' intromise la pipistrellina, pronta ad aiutare la compagna.
«Non provarci!! Devo fare da sola. Questo mostro ha attaccato mio padre!!» rispose la ragazza, scrollandosi di dosso le penne. Non aveva male, no, non aveva male: il rancore era troppo forte per sentire dolore. L' adrenalina le scorreva nelle vene, rendendola resistente a tutto.
«Ribbon Shikimi Coin!» esclamò, ed ecco la fionda tutta fiocchi e ghirigori materializzarsi dal nulla. L' afferrò al volo, prendendo la mira in un attimo.
L' estico schioccò, lasciando il tappo d' amianto schiantarsi sulla coscia del Chimero.
«Ragazze, ora che è distratta, tocca a noi!» decise mew Kanzō istantaneamente, mentre la mew mew celeste si accasciava sul pavimento, sfinita.
«Ribbon Kurumi Maze!», ed ecco mille bolle tossiche avvolgere il pennuto, immobilizzato dal livido sulla coscia.
«Ribbon Sakuranbo Spirit!», ed ecco un pesante tonfa venir lanciato sul cranio della creatura, efficace quanto sgraziato.
«Ok, ora tocca a me! Ribbon Kanzō Fury!»; ed ecco milioni di boomerang di luce mescolarsi con le bolle di Kurumi,creando una patina di luce tutt' attorno al Chimero.
Quando l' accecante bianco sparì, non c' era altro che una croce ansata di cristallo rosso per terra, mentre una ben nota medusina svolazzava nell' aria.
Mash, che non si era mai fatto notare per tutto il tempo, sbucò magicamente dall' angolo del corridoio, ingurgitandosi l' alieno parassita in un sol boccone: «Brave!» trillò, tutto contento, per squargliarsela nuovamente all' improvviso. Il tutto durò nemmeno mezzo minuto.
«Uffa! La prossima volta mi toccherà usare un Chimero più forte... Beh mia bella principessina, ci vediamo!» sussurrò maliziosamente Kisshu, che si era goduto la scena senza però muovere un solo muscolo. Non aveva intenzione di spomparsi per niente.
«Idiota! Vattene via e cerca di non farti mai più vedere!» fece in tempo a incazzarsi la mew mew nera, come sempre irritata da tutti quei lascivi complimenti. Lo odiava con tutto,tutto,tutto il cuore. Ma sapeva che dall' odio nasce l' amore...?
  
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