Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: Tonna    23/03/2011    4 recensioni
“Purin ha ragione” Retasu si avvicinò alle due, intervenendo. “Saranno un paio di giorni che sei così… triste. Cosa ti è successo?”
“Avrà litigato con Aoyama” rispose Ryo che, proprio in quel momento, era entrato nel locale e aveva ascoltato quei discorsi. “Smettetela di perdere tempo e sistemate, tra cinque minuti si apre”
Ichigo chinò la testa, sussurrò qualcosa e poi si alzò, camminando a passo spedito verso i camerini.
“Cosa?” domandò Purin, guardandola e attirando l’attenzione anche di Zakuro, Minto e Ryo. “Non ho capito cosa hai detto!”
Ichigo si fermò mentre apriva la porta del camerino.
“Ho detto che io e Masaya ci siamo lasciati” concluse entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

4. It Ends Tonight

 

Minto raccolse l’ultimo sacco dell’immondizia e se lo caricò in spalla, mentre Retasu le dava una mano sostenendo quel peso da dietro.
Uscirono fuori dal locale e lo gettarono nell’apposito cassone, per poi rientrare e finire di aiutare le altre a sistemare le sedie sopra i tavoli.
Avevano appena finito di pulire il Caffè, e l’ora di chiusura era ormai arrivata.
Ichigo, una volta finito di pulire la cucina, era schizzata via dopo essersi cambiata in fretta e furia. Aveva accennato qualcosa riguardo a un problema familiare e si era volatilizzata, lasciando la maggior parte dei lavori pesanti alle compagne. Nessuna, comunque, aveva avuto da ridire, tranne Minto, come al solito. Si era lamentata del fatto che il lavoro duro toccasse tutto a lei, e Zakuro l’aveva ripresa.
“Ichigo si dà sicuramente più da fare di te” le aveva detto, ma non aveva parlato con freddezza. In quella specie di rimprovero c’era un sorrisetto nascosto che poteva tranquillamente essere interpretato come un “tu sei fatta così, e ci vai più che bene”.
Minto arrossì semplicemente e riprese a sistemare le sedie senza più dire una parola.
Quello che le diceva Zakuro la metteva sempre in soggezione.
Ricordava la prima volta che l’aveva vista dal vivo, così bella e matura. Era stato proprio davanti a quel Caffè, quando i geni dei Red Data Animal erano entrati dentro di loro.
Aveva ringraziato Dio moltissime volte per aver fatto sì che Zakuro fosse una sua compagna, ma ricordava ancora con dolore il loro secondo incontro.
La ragazza non aveva voluto saperne di avere delle compagne. Minto non aveva mai capito se quella decisione fosse dettata dai geni dell’animale che la dominavano – il Lupo Grigio – oppure se fosse stato proprio il suo carattere a farla parlare così.
Quando però la mora aveva accettato di collaborare con loro, non le era più importato.
Aveva sempre provato ammirazione per Zakuro Fujiwara, fin da quando l’aveva vista per la prima volta su una rivista, ma averla come compagna di squadra era la cosa più bella che potesse capitargli.
Oltretutto, le voleva bene. La sua non era solo ammirazione.
“Ichigo è così strana ultimamente…” intervenne Retasu titubante, sistemandosi gli occhiali con una mano.
Attirò l’attenzione delle amiche.
“Sì, voglio dire… da quando Kisshu e compagni si sono ripresentati, è diventata strana”
“Più strana del solito” aggiunse Purin, saltellando accanto a lei. “Proviamo a chiederle cos’ha!”
“Sarebbe meglio aspettare che sia lei a parlarcene di sua spontanea volontà” disse Zakuro incrociando le braccia al petto. Anche lei aveva capito che c’era qualcosa che non andava in Ichigo, ma non aveva indagato per il semplice fatto che se la rossa avesse voluto parlarne, di sicuro l’avrebbe fatto. Se questo non era ancora accaduto, voleva dire che non se la sentiva, e di certo non potevano obbligarla.
“Quando vorrà parlarcene, noi saremo qui” concluse, staccandosi dalla colonna a cui era poggiata. Si diresse nel camerino, seguita dalle altre.
Quella situazione era piuttosto strana.

*

Ichigo passeggiava per il parco con le mani in tasca, la tracolla che ciondolava avanti e indietro.
Non era vero che aveva problemi familiari.
Semplicemente, quella sera aveva una cosa da fare.
Ed era proprio quella cosa da fare che l’aveva portata nel parco, diretta verso la casa di Masaya.
Calciò un sassolino sul suo cammino e si portò una mano sul petto, sentendo il cuore aumentare il battito ogni secondo che passava.
Odiava doverlo fare, ma era sicura che fosse la cosa migliore.
Da quando aveva visto Kisshu – e soprattutto da quando lui le aveva detto quelle parole -, non era più riuscita a chiudere occhio la notte. Si rigirava e rigirava nel letto, madida di sudore e intrappolata fra le coperte, mentre incubi di chimeri e alieni che attaccavano Masaya le affollavano la mente.
Si era svegliata troppe volte con le lacrime agli occhi e con il principio di un urlo nascente sulla bocca, che poi però era riuscita a trattenere.
Non poteva continuare così. E visto che non poteva eliminare ciò che era, avrebbe dovuto eliminare ciò che poteva essere in pericolo.
Passò davanti alla fontana  e sollevò lo sguardo, fermandosi un attimo a guardarla.
Si erano dati appuntamento lì davanti un sacco di volte, lei e Masaya.
Sorrise al ricordo, ma quell’espressione sparì ben presto dal suo volto. Tornò seria e aguzzò la vista, vedendo una sagoma oltre il getto della fontana.
“Masaya…” sussurrò, muovendo qualche passo avanti.
Non aveva veramente voluto farlo, ma le sue gambe si erano mosse da sole. L’avevano portata a pochi metri da lui, che teneva lo sguardo altrove. Sentendo dei passi, poi, si voltò e la vide.
“Ehi!” Il moro saltò su dalla panchina, quasi spaventato. Era sera, e non aveva visto Ichigo spuntare dagli alberi di fronte a lui, nonostante i lampioni.
Le si avvicinò e sorrise. “Che ci fai qui a quest’ora? E’ piuttosto tardi”
“Potrei dirti la stessa cosa” ribatté lei con un sorrisetto nervoso.
“Mi piace questo posto. Mi rilassa, soprattutto di sera quando non c’è nessuno” rispose Aoyama guardandola. Notò qualcosa di strano nei suoi occhi, e subito decise di indagare.
“Che succede? Stai bene?”
Un piccolo soffio di vento smosse i capelli di Ichigo, che rabbrividì e si strinse di più nel giacchetto leggero. No, non stava bene. Non stava bene per niente. Ma con che faccia poteva dirglielo?
Aoyama le si avvicinò immediatamente e la circondò con le braccia, tentando di scaldarla con il calore del proprio corpo.
“Hai freddo… vuoi che ti accompagni a casa?” domandò premuroso, cullandola un po’ nel suo abbraccio.
L’unica risposta che ricevette fu il ‘no’ sussurrato da Ichigo, che si era lasciata stringere da quelle calde braccia accoglienti. Ma la rossa non ricambiò l’abbraccio, si limitò ad affondare il viso nel giacchetto del moro e a lasciar scivolare una lacrima lungo la guancia senza che però lui se ne accorgesse. Non voleva domande che avrebbero potuto metterla in difficoltà, non voleva dover dire la verità. Voleva solo togliersi quell’enorme peso dal petto.
Sapeva che non c’era altra scelta e che era la cosa giusta da fare, ma si stava rivelando la cosa più difficile del mondo, anche più difficile di sconfiggere chimeri e alieni.
“Piccola, che ti succede?” chiese lui dolce, continuando a cullarla. Non si era accorto del fatto che ormai il viso della ragazza era già inondato di lacrime, ma sentiva che c’era qualcosa che comunque non andava.
Ichigo deglutì, stringendo gli occhi.
Doveva farlo, non poteva continuare a rimandare. Troppe volte aveva dovuto mentire a Masaya riguardo il suo segreto, al fatto di essere una MewMew, del trasformarsi in gatto, degli alieni, dei poteri…
E per lei questo era inaccettabile, perché era fermamente convinta che un rapporto fosse strettamente basato sulla fiducia, innanzitutto, e lei aveva tradito quella di Masaya fin troppe volte.
Ovviamente l’aveva fatto per proteggerlo, ma questa non era una spiegazione sufficiente. Non poteva continuare a mentirgli, e d’altro canto non poteva neanche rivelargli il suo segreto.
La cosa più logica da fare, dunque, era lasciarlo. Per proteggerlo, per il suo bene. E per non essere più costretta a mentirgli guardandolo negli occhi.
“È meglio se… non ci vediamo più…” sbuffò tremando, sentendo il corpo del moro irrigidirsi l’istante successivo.
“Cosa? Che hai detto?” chiese lui, allontanandola quel tanto che bastava per fissarla negli occhi che, si accorse, erano umidi e arrossati.
“Perché piangi? Che succede?”
Lei allungò le braccia e si allontanò, fissandolo negli occhi. Quella sarebbe stata l’ultima volta che gli avrebbe mentito guardandolo dritto in faccia.
“Do-dobbiamo lasciarci, Masaya… Non può continuare così”
Lui sgranò gli occhi, non capendo di cosa stesse parlando la rossa. “Lasciarci?” domandò. “Perché?”
“Perché… non sono felice…” rispose lei in un sussurro.
Beh, in effetti non era una bugia poi così grande. Lei amava Masaya, lo amava davvero tanto, ma quella vita non la rendeva felice per il semplice fatto che il suo rapporto con lui era costruito tutto su grandissime menzogne. E di questo Aoyama non aveva colpa, e il problema stava proprio nel spiegarglielo senza scoppiare a piangere a dirotto.
Senza contare che il pericolo per lui era maggiore, di una “semplice” bugia.
Quelle parole lo colpirono come un coltello che gli si piantava in pieno petto. Si sentì vacillare, la testa confusa.
“N-non sei felice…? Cos’ho fatto di sbagliato?” domandò triste e impaurito. Ichigo trattenne a stento la voglia di stringerlo. Non l’aveva mai visto così fragile.
“Non è colpa tua… è solo che… non sei la persona che sto cercando…” disse lei, stavolta senza guardarlo. Deglutì, un’altra lacrima che le scivolava fino alle labbra. “Credevo fossi tu, ma… Mi dispiace Masaya…”
“Cosa posso fare?” chiese subito lui, tornando ad afferrarla per le braccia. “Io non voglio perderti, voglio stare con te”
“Questo non è possibile” rispose lei scuotendo la testa e liberandosi dalla sua stretta. “Mi- mi dispiace… Non vorrei ferirti…” singhiozzò, rialzando lo sguardo e fissandolo negli occhi.
Sussurrò un ultimo “Scusami…” e poi scappò via, ignorando il grido di Aoyama che la richiamava in lontananza.

*

Una volta entrata in casa, Ichigo sbatté la porta di casa e corse al piano di sopra, rinchiudendosi nella propria camera.
Aveva ignorato la voce di sua madre che la chiamava, non aveva proprio voglia di parlare. Oltretutto, se l’avesse vista in quello stato, si sarebbe preoccupata e lei non voleva questo. Più che altro non voleva dare spiegazioni, perché se avesse detto che era stata lei a lasciare Masaya, non avrebbe potuto spiegare il motivo per cui stava piangendo, e di certo non poteva neanche dire che era stato lui a mollarla. Stronza sì, ma fino a un certo punto.
Si gettò sul letto affondando il viso nel cuscino, le lacrime che scendevano copiose e i singhiozzi che le bloccavano il respiro.
Stava male. Era sicura di non esser mai stata così male in tutta la sua vita.
Lo sguardo che le aveva rivolto Masaya quando gli aveva detto quelle parole l’aveva uccisa dentro. Avrebbe preferito essere uccisa piuttosto che vedere il suo ragazzo – ormai ex – in quello stato. Lui non meritava tutto quello, meritava solo di essere felice, e purtroppo lei non poteva donargli quella felicità che lui meritava.
Strinse i pugni sul letto, afferrando le lenzuola e singhiozzando ancora più forte.
Non si accorse della porta che si apriva piano, e di sua madre che entrò nella stanza.
Sentì solo un lieve tocco sulla propria testa, e per un attimo si bloccò, il fiato corto.
Riconosceva quella mano. L’aveva sentita così tante volte poggiarsi sulla sua testa con una delicatezza che solo una madre poteva avere.
Si voltò di scatto, il viso rosso e gli occhi gonfi e piedi di lacrime. Sakura fissò sua figlia preoccupata. Non l’aveva mai vista così.
Ichigo non perse un secondo e si gettò fra le braccia della madre, riprendendo a piangere con un ululato più forte degli altri.
La signora la cullò fra le proprie braccia, proprio come aveva fatto Masaya qualche minuto prima al parco per proteggerla dal freddo.
Ichigo si sentì male.
Si strinse di più a sua madre e fu così che, allo stremo delle forze, si addormentò dieci minuti dopo.

Sakura la spogliò e dopo averla messa sotto le coperte, le regalò un dolce bacio sulla fronte.
Uscì dalla camera richiudendo la porta e sospirando, passandosi una mano sulla fronte. Era sicura che fosse successo qualcosa con Aoyama. Probabilmente l’aveva lasciata. Sapeva quanto Ichigo fosse innamorata di lui, e solo un tale gesto poteva giustificare quel preciso stato d’animo.
Tornò al piano di sotto dove suo marito, seduto sul divano, attendeva notizie. Quando aveva visto Ichigo schizzare al piano di sopra si era immediatamente alzato per andare a vedere cosa c’era che non andava, ma Sakura l’aveva bloccato.
Tra donne si parlava meglio, gli aveva detto.
Comunque, Ichigo non aveva spiccicato parola. Aveva pianto e nient’altro, finché non era crollata.
“Allora?” domandò Shintaro, fissando sua moglie. Sakura si avvicinò e si sedette accanto a lui, sbuffando.
“Credo che abbia a che fare con Masaya… Penso che l’abbia lasciata…”
L’uomo sbatté le palpebre, cercando di focalizzare bene quello che la moglie gli aveva appena detto.
“Lo sapevo io!” esclamò, battendo un pugno sul divano. “Lo sapevo che quel damerino l’avrebbe fatta soffrire! Ma se lo prendo lo faccio nero!” concluse, alzandosi dal divano.
Sakura spalancò gli occhi e lo afferrò per il braccio, sentendo il cuore scaldarsi per il modo in cui Shintaro si stava dimostrando protettivo verso sua figlia.
“Lascia stare, caro” si alzò e lo fronteggiò, tornando seria.
“Ichigo non lo vorrebbe, aspettiamo che sia lei a dirci qualcosa. Oltretutto non sono sicura che c’entri Aoyama…”
“Certo che c’entra lui, io l’ho sempre detto. Quel ragazzo non mi è mai piaciuto”
Sakura sorrise. A lei invece piaceva Masaya. Era dolce, carino, gentile, e sembrava tenere sinceramente a sua figlia. Per questo non riusciva a darsi una spiegazione.
“Ok, ma adesso aiutami a preparare da mangiare. Faremo i piatti preferiti di Ichigo, almeno avrà qualcosa con cui consolarsi una volta sveglia”
Sapeva che del semplice cibo non avrebbe risolto il problema, ma per ora non le veniva in mente altro.
E comunque Ichigo adorava ingozzarsi, soprattutto di dolci, quando era triste.
E di certo stavolta non gliel’avrebbero vietato.

*

Erano passati due giorni da quando Ichigo aveva chiuso la sua storia con Masaya.
Non aveva fornito spiegazioni dettagliate ai genitori, aveva semplicemente detto che si erano lasciati. Il motivo?
Non aveva saputo trovare una scusa decente, quindi aveva optato per un silenzio forzato e soprattutto doloroso.
Ichigo avrebbe voluto sfogarsi con qualcuno, ma chi era la persona adatta? Non voleva che le ragazze la compatissero, e parlarne con Kei o Ryo era fuori discussione. Di certo si sarebbero sentiti in colpa perché tutto era accaduto a causa del loro progetto.
Ripensandoci bene, però, Ichigo si era detta che probabilmente Ryo si sarebbe sentito sì, in colpa, ma fino a un certo punto. La sua poca simpatia per Aoyama era nota a tutti, anche se lei non era mai riuscita a capire il perché.
E così alla fine si era tenuta tutto dentro, aveva pianto per due notti di seguito e l’allegria che l’aveva sempre caratterizzata ormai era solo un vago ricordo.
Se n’erano accorti tutti, soprattutto le sue compagne.
 “Ichiiigoooo” Purin si arrampicò sul tavolo al quale era seduta la rossa, e si sporse sopra di lei, richiamando la sua attenzione.
“Purin!” sbraitò Minto, “Scendi dal tavolo! Lì i clienti ci mangiano!”
La biondina sbuffò e scese, ma non demorse dal suo intento.
“Ichigo, che succede? Perché non dici una parola?” domandò apprensiva. Normalmente, oltre a lei, Ichigo era quella che faceva più casino al Caffè – sia per servire le clienti che per sbraitare contro Minto. Da qualche giorno, invece, la sua vitalità contagiosa sembrava essere sparita.
“Purin ha ragione” Retasu si avvicinò alle due, intervenendo. “Saranno un paio di giorni che sei così… triste. Cosa ti è successo?”
“Avrà litigato con Aoyama” rispose Ryo che, proprio in quel momento, era entrato nel locale e aveva ascoltato quei discorsi. “Smettetela di perdere tempo e sistemate, tra cinque minuti si apre”
Ichigo chinò la testa, sussurrò qualcosa e poi si alzò, camminando a passo spedito verso i camerini.
“Cosa?” domandò Purin, guardandola e attirando l’attenzione anche di Zakuro, Minto e Ryo. “Non ho capito cosa hai detto!”
Ichigo si fermò mentre apriva la porta del camerino.
“Ho detto che io e Masaya ci siamo lasciati” concluse entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Purin, Minto e Retasu spalancarono la bocca, guardandosi tra di loro. Lo sguardo di Zakuro, invece, corse subito verso Ryo.
Il biondo si passò una mano sulla fronte e poi dietro la testa, con sguardo costernato.
“Accidenti…” mormorò, rendendosi conto di quanto fosse stato indelicato.
Anche lui aveva notato la tristezza di Ichigo durante quei giorni, ma l’aveva attribuita a qualche brutto voto o a qualche litigio con Aoyama – e proprio per quest’ultimo motivo aveva fatto finta di nulla. Sì, un po’ egoista da parte sua, ma Aoyama gli stava sull’anima, gli aveva portato via l’unica ragazza che era riuscita ad attirare il suo interesse in diciannove anni di vita. Era una cosa che non aveva mai potuto tollerare.
Ma se si erano lasciati, beh, quello era tutto un altro paio di maniche.
Doveva scusarsi, ma voleva anche sapere. Perché un litigio si poteva sempre risolvere, una rottura invece era una cosa ben più grave. E lo sguardo con cui Ichigo aveva annunciato la notizia, lo aveva quasi fatto sentire male.

Ichigo, nel camerino, sbatté la porta del proprio armadietto e vi si poggiò contro, ringhiando contro se stessa. Ecco, perfetto. Voleva mantenere il segreto  e invece l’aveva già spifferato subito.
Era una persona debole, si disse. Una persona che non ha neanche la forza di supportare un’idea che lei stessa aveva avuto.
Batté piano la nuca contro il metallo alle sue spalle una volta, poi due, poi un’altra ancora.
Voleva scappare, fuggire lontano da quella situazione.
Che spiegazione avrebbe dato? Con che faccia poteva dire che l’aveva lasciato perché non lo amava più? Con che faccia avrebbe detto quell’enorme bugia?
No, non poteva. Doveva trovare qualcos’altro, e alla svelta, perché sapeva che le sue compagne non avrebbero perso tempo e sarebbero immediatamente corse ad indagare. Non per curiosità, ma semplicemente per aiutarla.
Scosse piano la testa.
Lei non meritava aiuto. Era una persona spregevole che aveva fatto soffrire l’unica persona che non meritava affatto tutto quello. Era una stronza.
Si lasciò scivolare contro l’armadietto e si sedette a terra, le ginocchia al petto e le braccia che le circondavano le gambe. Chinò la testa e frugò nella sua testa alla ricerca di qualcosa da dire, qualche scusa da inventare, ma non trovò nulla.
Singhiozzò.
Che persona orribile…
Sollevò la testa di scatto quando sentì la porta del camerino aprirsi, e vide una testa bionda fare capolino all’interno della stanza.
Il proprietario di quei capelli così splendenti, poi, sospirò, entrò e si chiuse la porta alle spalle, avvicinandosi alla rossa.
Ryo non disse nulla. La fissò dall’alto e poi si chinò alla sua altezza, sul viso un’espressione dannatamente seria. Poche volte Ichigo lo aveva visto così.
“Sono stato insensibile, scusami…” mormorò lui, facendole sgranare gli occhi.
Neanche aveva dato peso alle parole che lui le aveva detto poco prima.
Dopotutto era abituata alle frecciatine di Ryo, e non aveva voglia di ricominciare a litigare proprio ora che le cose erano tornate normali, tra loro.
“No-non c’è problema…” balbettò lei, passandosi il dorso della mano destra sugli occhio. “To-torna di là, io vi raggiungo subito…”
Ryo la fissò con le labbra arricciate, poi fece per alzarsi. Il secondo dopo, Ichigo se lo ritrovò davanti, seduto a gambe incrociate e con un’espressione corrucciata sul volto.
“Ti va di parlarne?” domandò cauto, vedendo l’espressione sbalordita sul volto della rossa.
Ichigo perse un battito. Si stava preoccupando per lei?
Scosse piano la testa, cercando di non guardarlo negli occhi. Ryo poggiò delicatamente una mano sotto il suo mento e le sollevò il capo, esaminando quel viso stravolto.
“Non credo che tu sia in grado di lavorare, oggi…” si alzò e se la tirò appresso, ma con delicatezza. Ichigo si trovò in piedi, le gambe che la reggevano a malapena e un peso nel petto che quasi le impediva di respirare.
“Vai a casa, quando starai meglio potrai tornare”
“Ma… ma io…”
“Niente ‘ma’, Ichigo. Non sei nelle condizioni di fare nulla adesso. Devi solo pensare a riposarti e a riprenderti”
E se becco Aoyama gli spacco la faccia si ritrovò a pensare il biondo, ma evitò accuratamente di dirlo a voce alta. Era sicuro che fosse stato lui a lasciarla, altrimenti non si poteva spiegare lo stato d’animo di Ichigo. Sì, di certo era stato quel buono a nulla. Dio, quanto lo odiava.
Ichigo rimase un attimo in silenzio, valutando per un po’ quell’offerta.
Riposare? Tornare a casa e rimanere in camera, da sola, con i suoi pensieri? E quindi piangere fino allo sfinimento e fino a sentirsi la persona più orribile del mondo?
Quella prospettiva la spaventava.
Scosse la testa. Continuando così sarebbe crollata inesorabilmente.
“No… ce la faccio, sul serio… “ sussurrò, strofinandosi le mani sul viso e cancellando anche le ultime tracce di lacrime. Spalancò la bocca in un enorme sorriso, cercando di essere convincente, ma Ryo la fissò preoccupato.
“Non devi sforzarti”
Ichigo annuì. “Sì invece. Perché se mi fermo ora… e-e se mi fermo a pensare…” deglutì, sollevando poco la testa perché sentiva già altre lacrime premere ai lati degli occhi.
“Non potrei reggere…” concluse, tornando a guardarlo e sfoggiando quel sorrisone tirato.
Ryo non seppe più cosa fare. Riusciva a scorgere negli occhi della rossa la determinazione, ma anche l’angoscia, la stanchezza e la tristezza. Ma la cosa che più lo colpì, fu leggervi anche la paura.
Cercò di dire qualcos’altro, ma Ichigo lo interruppe sollevando una mano.
“Vado, è ora di aprire. Grazie Ryo” borbottò prima di superarlo velocemente, e uscì dalla stanza.
Ryo rimase fermo a fissare il vuoto davanti a lui, poi assottigliò gli occhi, sentendo le mani tremare per la rabbia.
Se Aoyama gli fosse capitato tra le mani, l’avrebbe ucciso.
Quella era la sua unica certezza, in quel momento.

 

 

 

 

Note:

Bene *W* ok, allora ribadisco che io odio Aoyama perché è un essere inutile e blabla XD Ma in questo capitolo mi ha fatto una pena assurda ò.ò a conti fatti non ha fatto proprio nulla, ma tutti meditano di farlo fuori XD Povero (fino a un certo punto ù_ù) xD
Beh, che altro dire °-° visto l’andazzo credo che sarà una storia mooolto lunga, dato che ancora non c’è manco un briciolo di flirt tra le varie coppie ò_ò spero non sia un problema xD
Nient’altro da dire, spero abbiate apprezzato il modo in cui ho cercato di esprimere i sentimenti dei vari personaggi! E se ci sono riuscita fatemelo sapere :D anche se non ci sono riuscita, ovviamente D:
Buona giornata, al prossimo aggiornamento!!!

tonna *-*
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Tonna