4. It Ends Tonight
Minto raccolse l’ultimo sacco
dell’immondizia e se lo caricò
in spalla, mentre Retasu le dava una mano sostenendo quel peso da
dietro.
Uscirono fuori dal locale e lo gettarono nell’apposito cassone, per poi
rientrare e finire di aiutare le altre a sistemare le sedie sopra i
tavoli.
Avevano appena finito di pulire il Caffè, e l’ora di chiusura era ormai
arrivata.
Ichigo, una volta finito di pulire la cucina, era schizzata via dopo
essersi
cambiata in fretta e furia. Aveva accennato qualcosa riguardo a un
problema
familiare e si era volatilizzata, lasciando la maggior parte dei lavori
pesanti
alle compagne. Nessuna, comunque, aveva avuto da ridire, tranne Minto,
come al
solito. Si era lamentata del fatto che il lavoro duro toccasse tutto a
lei, e
Zakuro l’aveva ripresa.
“Ichigo si dà sicuramente più da fare di te” le aveva detto, ma non
aveva
parlato con freddezza. In quella specie di rimprovero c’era un
sorrisetto nascosto
che poteva tranquillamente essere interpretato come un “tu sei fatta
così, e ci
vai più che bene”.
Minto arrossì semplicemente e riprese a sistemare le sedie senza più
dire una
parola.
Quello che le diceva Zakuro la metteva sempre in soggezione.
Ricordava la prima volta che l’aveva vista dal vivo, così bella e
matura. Era
stato proprio davanti a quel Caffè, quando i geni dei Red Data Animal
erano
entrati dentro di loro.
Aveva ringraziato Dio moltissime volte per aver fatto sì che Zakuro
fosse una
sua compagna, ma ricordava ancora con dolore il loro secondo incontro.
La ragazza non aveva voluto saperne di avere delle compagne. Minto non
aveva
mai capito se quella decisione fosse dettata dai geni dell’animale che
la
dominavano – il Lupo Grigio – oppure se fosse stato proprio il suo
carattere a
farla parlare così.
Quando però la mora aveva accettato di collaborare con loro, non le era
più
importato.
Aveva sempre provato ammirazione per Zakuro Fujiwara, fin da quando
l’aveva
vista per la prima volta su una rivista, ma averla come compagna di
squadra era
la cosa più bella che potesse capitargli.
Oltretutto, le voleva bene. La sua non era solo ammirazione.
“Ichigo è così strana ultimamente…” intervenne Retasu titubante,
sistemandosi
gli occhiali con una mano.
Attirò l’attenzione delle amiche.
“Sì, voglio dire… da quando Kisshu e compagni si sono ripresentati, è
diventata
strana”
“Più strana del solito” aggiunse Purin, saltellando accanto a lei.
“Proviamo a
chiederle cos’ha!”
“Sarebbe meglio aspettare che sia lei a parlarcene di sua spontanea
volontà”
disse Zakuro incrociando le braccia al petto. Anche lei aveva capito
che c’era
qualcosa che non andava in Ichigo, ma non aveva indagato per il
semplice fatto
che se la rossa avesse voluto parlarne, di sicuro l’avrebbe fatto. Se
questo
non era ancora accaduto, voleva dire che non se la sentiva, e di certo
non
potevano obbligarla.
“Quando vorrà parlarcene, noi saremo qui” concluse, staccandosi dalla
colonna a
cui era poggiata. Si diresse nel camerino, seguita dalle altre.
Quella situazione era piuttosto strana.
*
Ichigo passeggiava per il parco con
le mani in tasca, la
tracolla che ciondolava avanti e indietro.
Non era vero che aveva problemi familiari.
Semplicemente, quella sera aveva una cosa da fare.
Ed era proprio quella cosa da fare che l’aveva portata nel parco,
diretta verso
la casa di Masaya.
Calciò un sassolino sul suo cammino e si portò una mano sul petto,
sentendo il
cuore aumentare il battito ogni secondo che passava.
Odiava doverlo fare, ma era sicura che fosse la cosa migliore.
Da quando aveva visto Kisshu – e soprattutto da quando lui le aveva
detto
quelle parole -, non era più riuscita a chiudere occhio la notte. Si
rigirava e
rigirava nel letto, madida di sudore e intrappolata fra le coperte,
mentre
incubi di chimeri e alieni che attaccavano Masaya le affollavano la
mente.
Si era svegliata troppe volte con le lacrime agli occhi e con il
principio di
un urlo nascente sulla bocca, che poi però era riuscita a trattenere.
Non poteva continuare così. E visto che non poteva eliminare ciò che
era,
avrebbe dovuto eliminare ciò che poteva essere in pericolo.
Passò davanti alla fontana e
sollevò lo
sguardo, fermandosi un attimo a guardarla.
Si erano dati appuntamento lì davanti un sacco di volte, lei e Masaya.
Sorrise al ricordo, ma quell’espressione sparì ben presto dal suo
volto. Tornò
seria e aguzzò la vista, vedendo una sagoma oltre il getto della
fontana.
“Masaya…” sussurrò, muovendo qualche passo avanti.
Non aveva veramente voluto farlo, ma le sue gambe si erano mosse da
sole.
L’avevano portata a pochi metri da lui, che teneva lo sguardo altrove.
Sentendo
dei passi, poi, si voltò e la vide.
“Ehi!” Il moro saltò su dalla panchina, quasi spaventato. Era sera, e
non aveva
visto Ichigo spuntare dagli alberi di fronte a lui, nonostante i
lampioni.
Le si avvicinò e sorrise. “Che ci fai qui a quest’ora? E’ piuttosto
tardi”
“Potrei dirti la stessa cosa” ribatté lei con un sorrisetto nervoso.
“Mi piace questo posto. Mi rilassa, soprattutto di sera quando non c’è
nessuno”
rispose Aoyama guardandola. Notò qualcosa di strano nei suoi occhi, e
subito
decise di indagare.
“Che succede? Stai bene?”
Un piccolo soffio di vento smosse i capelli di Ichigo, che rabbrividì e
si
strinse di più nel giacchetto leggero. No, non stava bene. Non stava
bene per
niente. Ma con che faccia poteva dirglielo?
Aoyama le si avvicinò immediatamente e la circondò con le braccia,
tentando di
scaldarla con il calore del proprio corpo.
“Hai freddo… vuoi che ti accompagni a casa?” domandò premuroso,
cullandola un
po’ nel suo abbraccio.
L’unica risposta che ricevette fu il ‘no’ sussurrato da Ichigo, che si
era
lasciata stringere da quelle calde braccia accoglienti. Ma la rossa non
ricambiò l’abbraccio, si limitò ad affondare il viso nel giacchetto del
moro e
a lasciar scivolare una lacrima lungo la guancia senza che però lui se
ne
accorgesse. Non voleva domande che avrebbero potuto metterla in
difficoltà, non
voleva dover dire la verità. Voleva solo togliersi quell’enorme peso
dal petto.
Sapeva che non c’era altra scelta e che era la cosa giusta da fare, ma
si stava
rivelando la cosa più difficile del mondo, anche più difficile di
sconfiggere
chimeri e alieni.
“Piccola, che ti succede?” chiese lui dolce, continuando a cullarla.
Non si era
accorto del fatto che ormai il viso della ragazza era già inondato di
lacrime,
ma sentiva che c’era qualcosa che comunque non andava.
Ichigo deglutì, stringendo gli occhi.
Doveva farlo, non poteva continuare a rimandare. Troppe volte aveva
dovuto
mentire a Masaya riguardo il suo segreto, al fatto di essere una
MewMew, del
trasformarsi in gatto, degli alieni, dei poteri…
E per lei questo era inaccettabile, perché era fermamente convinta che
un
rapporto fosse strettamente basato sulla fiducia, innanzitutto, e lei
aveva
tradito quella di Masaya fin troppe volte.
Ovviamente l’aveva fatto per proteggerlo, ma questa non era una
spiegazione
sufficiente. Non poteva continuare a mentirgli, e d’altro canto non
poteva
neanche rivelargli il suo segreto.
La cosa più logica da fare, dunque, era lasciarlo. Per proteggerlo, per
il suo
bene. E per non essere più costretta a mentirgli guardandolo negli
occhi.
“È meglio se… non ci vediamo più…” sbuffò tremando, sentendo il corpo
del moro
irrigidirsi l’istante successivo.
“Cosa? Che hai detto?” chiese lui, allontanandola quel tanto che
bastava per
fissarla negli occhi che, si accorse, erano umidi e arrossati.
“Perché piangi? Che succede?”
Lei allungò le braccia e si allontanò, fissandolo negli occhi. Quella
sarebbe
stata l’ultima volta che gli avrebbe mentito guardandolo dritto in
faccia.
“Do-dobbiamo lasciarci, Masaya… Non può continuare così”
Lui sgranò gli occhi, non capendo di cosa stesse parlando la rossa.
“Lasciarci?” domandò. “Perché?”
“Perché… non sono felice…” rispose lei in un sussurro.
Beh, in effetti non era una bugia poi così grande. Lei amava Masaya, lo
amava
davvero tanto, ma quella vita non la rendeva felice per il semplice
fatto che
il suo rapporto con lui era costruito tutto su grandissime menzogne. E
di
questo Aoyama non aveva colpa, e il problema stava proprio nel
spiegarglielo
senza scoppiare a piangere a dirotto.
Senza contare che il pericolo per lui era maggiore, di una “semplice”
bugia.
Quelle parole lo colpirono come un coltello che gli si piantava in
pieno petto.
Si sentì vacillare, la testa confusa.
“N-non sei felice…? Cos’ho fatto di sbagliato?” domandò triste e
impaurito.
Ichigo trattenne a stento la voglia di stringerlo. Non l’aveva mai
visto così
fragile.
“Non è colpa tua… è solo che… non sei la persona che sto cercando…”
disse lei,
stavolta senza guardarlo. Deglutì, un’altra lacrima che le scivolava
fino alle
labbra. “Credevo fossi tu, ma… Mi dispiace Masaya…”
“Cosa posso fare?” chiese subito lui, tornando ad afferrarla per le
braccia.
“Io non voglio perderti, voglio stare con te”
“Questo non è possibile” rispose lei scuotendo la testa e liberandosi
dalla sua
stretta. “Mi- mi dispiace… Non vorrei ferirti…” singhiozzò, rialzando
lo
sguardo e fissandolo negli occhi.
Sussurrò un ultimo “Scusami…” e poi scappò via, ignorando il grido di
Aoyama
che la richiamava in lontananza.
*
Una volta entrata in casa, Ichigo
sbatté la porta di casa e
corse al piano di sopra, rinchiudendosi nella propria camera.
Aveva ignorato la voce di sua madre che la chiamava, non aveva proprio
voglia
di parlare. Oltretutto, se l’avesse vista in quello stato, si sarebbe
preoccupata e lei non voleva questo. Più che altro non voleva dare
spiegazioni,
perché se avesse detto che era stata lei a lasciare Masaya, non avrebbe
potuto
spiegare il motivo per cui stava piangendo, e di certo non poteva
neanche dire
che era stato lui a mollarla. Stronza sì, ma fino a un certo punto.
Si gettò sul letto affondando il viso nel cuscino, le lacrime che
scendevano
copiose e i singhiozzi che le bloccavano il respiro.
Stava male. Era sicura di non esser mai stata così male in tutta la sua
vita.
Lo sguardo che le aveva rivolto Masaya quando gli aveva detto quelle
parole l’aveva
uccisa dentro. Avrebbe preferito essere uccisa piuttosto che vedere il
suo
ragazzo – ormai ex – in quello stato. Lui non meritava tutto quello,
meritava
solo di essere felice, e purtroppo lei non poteva donargli quella
felicità che
lui meritava.
Strinse i pugni sul letto, afferrando le lenzuola e singhiozzando
ancora più
forte.
Non si accorse della porta che si apriva piano, e di sua madre che
entrò nella
stanza.
Sentì solo un lieve tocco sulla propria testa, e per un attimo si
bloccò, il
fiato corto.
Riconosceva quella mano. L’aveva sentita così tante volte poggiarsi
sulla sua
testa con una delicatezza che solo una madre poteva avere.
Si voltò di scatto, il viso rosso e gli occhi gonfi e piedi di lacrime.
Sakura
fissò sua figlia preoccupata. Non l’aveva mai vista così.
Ichigo non perse un secondo e si gettò fra le braccia della madre,
riprendendo
a piangere con un ululato più forte degli altri.
La signora la cullò fra le proprie braccia, proprio come aveva fatto
Masaya
qualche minuto prima al parco per proteggerla dal freddo.
Ichigo si sentì male.
Si strinse di più a sua madre e fu così che, allo stremo delle forze,
si
addormentò dieci minuti dopo.
Sakura la spogliò e dopo averla messa sotto le coperte, le regalò un
dolce
bacio sulla fronte.
Uscì dalla camera richiudendo la porta e sospirando, passandosi una
mano sulla
fronte. Era sicura che fosse successo qualcosa con Aoyama.
Probabilmente l’aveva
lasciata. Sapeva quanto Ichigo fosse innamorata di lui, e solo un tale
gesto
poteva giustificare quel preciso stato d’animo.
Tornò al piano di sotto dove suo marito, seduto sul divano, attendeva
notizie.
Quando aveva visto Ichigo schizzare al piano di sopra si era
immediatamente
alzato per andare a vedere cosa c’era che non andava, ma Sakura l’aveva
bloccato.
Tra donne si parlava meglio, gli aveva detto.
Comunque, Ichigo non aveva spiccicato parola. Aveva pianto e
nient’altro,
finché non era crollata.
“Allora?” domandò Shintaro, fissando sua moglie. Sakura si avvicinò e
si
sedette accanto a lui, sbuffando.
“Credo che abbia a che fare con Masaya… Penso che l’abbia lasciata…”
L’uomo sbatté le palpebre, cercando di focalizzare bene quello che la
moglie
gli aveva appena detto.
“Lo sapevo io!” esclamò, battendo un pugno sul divano. “Lo sapevo che
quel
damerino l’avrebbe fatta soffrire! Ma se lo prendo lo faccio nero!”
concluse,
alzandosi dal divano.
Sakura spalancò gli occhi e lo afferrò per il braccio, sentendo il
cuore
scaldarsi per il modo in cui Shintaro si stava dimostrando protettivo
verso sua
figlia.
“Lascia stare, caro” si alzò e lo fronteggiò, tornando seria.
“Ichigo non lo vorrebbe, aspettiamo che sia lei a dirci qualcosa.
Oltretutto
non sono sicura che c’entri Aoyama…”
“Certo che c’entra lui, io l’ho sempre detto. Quel ragazzo non mi è mai
piaciuto”
Sakura sorrise. A lei invece piaceva Masaya. Era dolce, carino,
gentile, e sembrava
tenere sinceramente a sua figlia. Per questo non riusciva a darsi una
spiegazione.
“Ok, ma adesso aiutami a preparare da mangiare. Faremo i piatti
preferiti di
Ichigo, almeno avrà qualcosa con cui consolarsi una volta sveglia”
Sapeva che del semplice cibo non avrebbe risolto il problema, ma per
ora non le
veniva in mente altro.
E comunque Ichigo adorava ingozzarsi, soprattutto di dolci, quando era
triste.
E di certo stavolta non gliel’avrebbero vietato.
*
Erano passati due giorni da quando
Ichigo aveva chiuso la sua
storia con Masaya.
Non aveva fornito spiegazioni dettagliate ai genitori, aveva
semplicemente
detto che si erano lasciati. Il motivo?
Non aveva saputo trovare una scusa decente, quindi aveva optato per un
silenzio
forzato e soprattutto doloroso.
Ichigo avrebbe voluto sfogarsi con qualcuno, ma chi era la persona
adatta? Non
voleva che le ragazze la compatissero, e parlarne con Kei o Ryo era
fuori
discussione. Di certo si sarebbero sentiti in colpa perché tutto era
accaduto a
causa del loro progetto.
Ripensandoci bene, però, Ichigo si era detta che probabilmente Ryo si
sarebbe
sentito sì, in colpa, ma fino a un certo punto. La sua poca simpatia
per Aoyama
era nota a tutti, anche se lei non era mai riuscita a capire il perché.
E così alla fine si era tenuta tutto dentro, aveva pianto per due notti
di
seguito e l’allegria che l’aveva sempre caratterizzata ormai era solo
un vago
ricordo.
Se n’erano accorti tutti, soprattutto le sue compagne.
“Ichiiigoooo” Purin
si arrampicò sul
tavolo al quale era seduta la rossa, e si sporse sopra di lei,
richiamando la
sua attenzione.
“Purin!” sbraitò Minto, “Scendi dal tavolo! Lì i clienti ci mangiano!”
La biondina sbuffò e scese, ma non demorse dal suo intento.
“Ichigo, che succede? Perché non dici una parola?” domandò apprensiva.
Normalmente, oltre a lei, Ichigo era quella che faceva più casino al
Caffè –
sia per servire le clienti che per sbraitare contro Minto. Da qualche
giorno,
invece, la sua vitalità contagiosa sembrava essere sparita.
“Purin ha ragione” Retasu si avvicinò alle due, intervenendo. “Saranno
un paio
di giorni che sei così… triste. Cosa ti è successo?”
“Avrà litigato con Aoyama” rispose Ryo che, proprio in quel momento,
era
entrato nel locale e aveva ascoltato quei discorsi. “Smettetela di
perdere
tempo e sistemate, tra cinque minuti si apre”
Ichigo chinò la testa, sussurrò qualcosa e poi si alzò, camminando a
passo
spedito verso i camerini.
“Cosa?” domandò Purin, guardandola e attirando l’attenzione anche di
Zakuro,
Minto e Ryo. “Non ho capito cosa hai detto!”
Ichigo si fermò mentre apriva la porta del camerino.
“Ho detto che io e Masaya ci siamo lasciati” concluse entrando nella
stanza e
chiudendosi la porta alle spalle.
Purin, Minto e Retasu spalancarono la bocca, guardandosi tra di loro.
Lo
sguardo di Zakuro, invece, corse subito verso Ryo.
Il biondo si passò una mano sulla fronte e poi dietro la testa, con
sguardo
costernato.
“Accidenti…” mormorò, rendendosi conto di quanto fosse stato indelicato.
Anche lui aveva notato la tristezza di Ichigo durante quei giorni, ma
l’aveva
attribuita a qualche brutto voto o a qualche litigio con Aoyama – e
proprio per
quest’ultimo motivo aveva fatto finta di nulla. Sì, un po’ egoista da
parte
sua, ma Aoyama gli stava sull’anima, gli aveva portato via l’unica
ragazza che
era riuscita ad attirare il suo interesse in diciannove anni di vita.
Era una
cosa che non aveva mai potuto tollerare.
Ma se si erano lasciati, beh, quello era tutto un altro paio di maniche.
Doveva scusarsi, ma voleva anche sapere. Perché un litigio si poteva
sempre
risolvere, una rottura invece era una cosa ben più grave. E lo sguardo
con cui
Ichigo aveva annunciato la notizia, lo aveva quasi fatto sentire male.
Ichigo, nel camerino, sbatté la porta del proprio armadietto e vi si
poggiò
contro, ringhiando contro se stessa. Ecco, perfetto. Voleva mantenere
il
segreto e invece
l’aveva già spifferato
subito.
Era una persona debole, si disse. Una persona che non ha neanche la
forza di
supportare un’idea che lei stessa aveva avuto.
Batté piano la nuca contro il metallo alle sue spalle una volta, poi
due, poi
un’altra ancora.
Voleva scappare, fuggire lontano da quella situazione.
Che spiegazione avrebbe dato? Con che faccia poteva dire che l’aveva
lasciato perché
non lo amava più? Con che faccia avrebbe detto quell’enorme bugia?
No, non poteva. Doveva trovare qualcos’altro, e alla svelta, perché
sapeva che
le sue compagne non avrebbero perso tempo e sarebbero immediatamente
corse ad
indagare. Non per curiosità, ma semplicemente per aiutarla.
Scosse piano la testa.
Lei non meritava aiuto. Era una persona spregevole che aveva fatto
soffrire l’unica
persona che non meritava affatto tutto quello. Era una stronza.
Si lasciò scivolare contro l’armadietto e si sedette a terra, le
ginocchia al
petto e le braccia che le circondavano le gambe. Chinò la testa e frugò
nella
sua testa alla ricerca di qualcosa da dire, qualche scusa da inventare,
ma non
trovò nulla.
Singhiozzò.
Che persona orribile…
Sollevò la testa di scatto quando sentì la porta del camerino aprirsi,
e vide
una testa bionda fare capolino all’interno della stanza.
Il proprietario di quei capelli così splendenti, poi, sospirò, entrò e
si chiuse
la porta alle spalle, avvicinandosi alla rossa.
Ryo non disse nulla. La fissò dall’alto e poi si chinò alla sua
altezza, sul
viso un’espressione dannatamente seria. Poche volte Ichigo lo aveva
visto così.
“Sono stato insensibile, scusami…” mormorò lui, facendole sgranare gli
occhi.
Neanche aveva dato peso alle parole che lui le aveva detto poco prima.
Dopotutto era abituata alle frecciatine di Ryo, e non aveva voglia di
ricominciare a litigare proprio ora che le cose erano tornate normali,
tra
loro.
“No-non c’è problema…” balbettò lei, passandosi il dorso della mano
destra
sugli occhio. “To-torna di là, io vi raggiungo subito…”
Ryo la fissò con le labbra arricciate, poi fece per alzarsi. Il secondo
dopo,
Ichigo se lo ritrovò davanti, seduto a gambe incrociate e con
un’espressione
corrucciata sul volto.
“Ti va di parlarne?” domandò cauto, vedendo l’espressione sbalordita
sul volto
della rossa.
Ichigo perse un battito. Si stava preoccupando per lei?
Scosse piano la testa, cercando di non guardarlo negli occhi. Ryo
poggiò
delicatamente una mano sotto il suo mento e le sollevò il capo,
esaminando quel
viso stravolto.
“Non credo che tu sia in grado di lavorare, oggi…” si alzò e se la tirò
appresso, ma con delicatezza. Ichigo si trovò in piedi, le gambe che la
reggevano a malapena e un peso nel petto che quasi le impediva di
respirare.
“Vai a casa, quando starai meglio potrai tornare”
“Ma… ma io…”
“Niente ‘ma’, Ichigo. Non sei nelle condizioni di fare nulla adesso.
Devi solo
pensare a riposarti e a riprenderti”
E se becco Aoyama gli spacco la faccia si
ritrovò a pensare il biondo, ma evitò accuratamente di dirlo a voce
alta. Era
sicuro che fosse stato lui a lasciarla, altrimenti non si poteva
spiegare lo
stato d’animo di Ichigo. Sì, di certo era stato quel buono a nulla.
Dio, quanto
lo odiava.
Ichigo rimase un attimo in silenzio, valutando per un po’ quell’offerta.
Riposare? Tornare a casa e rimanere in camera, da sola, con i suoi
pensieri? E
quindi piangere fino allo sfinimento e fino a sentirsi la persona più
orribile
del mondo?
Quella prospettiva la spaventava.
Scosse la testa. Continuando così sarebbe crollata inesorabilmente.
“No… ce la faccio, sul serio… “ sussurrò, strofinandosi le mani sul
viso e
cancellando anche le ultime tracce di lacrime. Spalancò la bocca in un
enorme
sorriso, cercando di essere convincente, ma Ryo la fissò preoccupato.
“Non devi sforzarti”
Ichigo annuì. “Sì invece. Perché se mi fermo ora… e-e se mi fermo a
pensare…”
deglutì, sollevando poco la testa perché sentiva già altre lacrime
premere ai
lati degli occhi.
“Non potrei reggere…” concluse, tornando a guardarlo e sfoggiando quel
sorrisone tirato.
Ryo non seppe più cosa fare. Riusciva a scorgere negli occhi della
rossa la
determinazione, ma anche l’angoscia, la stanchezza e la tristezza. Ma
la cosa
che più lo colpì, fu leggervi anche la paura.
Cercò di dire qualcos’altro, ma Ichigo lo interruppe sollevando una
mano.
“Vado, è ora di aprire. Grazie Ryo” borbottò prima di superarlo
velocemente, e
uscì dalla stanza.
Ryo rimase fermo a fissare il vuoto davanti a lui, poi assottigliò gli
occhi,
sentendo le mani tremare per la rabbia.
Se Aoyama gli fosse capitato tra le mani, l’avrebbe ucciso.
Quella era la sua unica certezza, in quel momento.
Note:
Bene *W* ok, allora ribadisco che io odio Aoyama perché è un essere inutile e blabla XD Ma in questo capitolo mi ha fatto una pena assurda ò.ò a conti fatti non ha fatto proprio nulla, ma tutti meditano di farlo fuori XD Povero (fino a un certo punto ù_ù) xDBeh, che altro dire °-° visto l’andazzo credo che sarà una storia mooolto lunga, dato che ancora non c’è manco un briciolo di flirt tra le varie coppie ò_ò spero non sia un problema xD
Nient’altro da dire, spero abbiate apprezzato il modo in cui ho cercato di esprimere i sentimenti dei vari personaggi! E se ci sono riuscita fatemelo sapere :D anche se non ci sono riuscita, ovviamente D:
Buona giornata, al prossimo aggiornamento!!!
tonna *-*