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Autore: _Pulse_    23/03/2011    1 recensioni
Una volta usciti dall’acqua, ancora placcata da i due Jonas, il terzo si avvicinò e passò due asciugamani ai fratelli.
«Tante grazie!», gridai, fuori di me.
«Non iniziare a lagnarti! Vieni qui con me!», gridò il più piccolo, attirandomi a sé e avvolgendomi nel suo asciugamano con lui. Rimasi piacevolmente sorpresa da quel gesto e mi arresi al fatto che ormai non mi restava altro da fare che seguirli e scoprire che cosa volevano da me.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Okay, è passato tantissimo tempo dall'ultimo aggiornamento, ma ho scritto appena ho potuto, davvero D:
Spero che mi perdonerete e che il capitolo vi piaccia ;)
Ringrazio __PleaseStay che ha lasciato una recensione allo scorso capitolo. Grazie davvero :D
E prego le altre lettrici di questa FF di tornare e di lasciare qualche commento, perchè siete voi a stimolarmi di più! *-* (Quindi più recensioni = meno tempo a scrivere ed aggiornare! xDD)
Grazie comunque anche a chi ha letto soltanto ;)

Buona lettura! :D

 

Capitolo 14

 

Sospirai ancora una volta e mi tirai qualche pugnetto sulla fronte, parlando a bassa voce tra me e me: «Che cosa devo fare, che cosa devo fare, che cosa devo fare?»

Non ne avevo proprio la più pallida idea, la mia testa era un pallone pieno di inutile, leggera aria e sulle mie spalle gravavano responsabilità e scelte troppo pesanti, che forse non ero in grado di sostenere. 
Chi ero io per poter decidere ed influire così tanto sulle vite di quelle persone che per sfortuna o cos’altro, erano finite in quella dimensione parallela? Era davvero mio compito aiutarle tutte? Forse avrei avuto davvero meno rompicapi se avessi riportato a casa solo le persone che mi interessavano, ma la mia coscienza non avrebbe retto al pensiero di aver lasciato indietro tutte le altre, non sarei mai stata capace di fregarmene così.
O forse dovevo fare come aveva fatto Fiore, decidere da che parte stare definitivamente, senza possibilità di ritorno e senza aiutare nessuno? Un’altra scelta… la mia famiglia e la mia vita o Nick e l’amore che provavo per lui.

Tornai a picchiettarmi le nocche sulla fronte, con gli occhi lucidi dalla stanchezza e dalla morsa d’acciaio che mi attanagliava il cuore.

Alle mie spalle qualcuno aprì la porta e un fascio di luce proveniente dal corridoio attraversò la stanza, fino ad arrivare a me. Vidi mia madre in controluce, che mi sorrideva dolcemente.
«Che ci fai ancora sveglia?», mi chiese piano, socchiudendo la porta ed avvicinandosi a me. Si mise seduta al mio fianco sul davanzale della finestra e mi osservò, mentre io avevo lo sguardo rivolto verso la luna che brillava per metà nel cielo scuro.

«Non riesco a dormire», risposi, sospirando stancamente. «Ho mille pensieri che mi vorticano in testa.»

Lei sorrise comprensiva. «Si tratta di quel famoso ragazzo?»

Pensai a Nick, l’altro rompicapo. Persino lui mi dava da pensare, facendo sempre di tutto per dirmi quella cosa e non riuscendoci mai, puntualmente.
Mi chiedevo in continuazione che cosa avesse di così importante da dirmi, per la quale stava male quando non riusciva nel suo intento. A dirla tutta iniziavo anche a preoccuparmi, ma non tanto come mi preoccupava il fatto che Alessandro volesse fare da cavia per l’esperimento che avrebbe dato fondamento – o quasi – alla mia teoria.

«Tesoro…», richiamò la mia attenzione e mi accarezzò docilmente i capelli con una mano.

«Scusa», dissi subito, incrociato il suo sguardo.

«Non hai nulla di cui scusarti, capita quando si è innamorati», mi sorrise. «L’importante è fare chiarezza dentro di sé e capire ciò che si vuole davvero, qual è la cosa giusta da fare.»

«Fosse facile, capire qual è la cosa giusta da fare…», sospirai.

«C’è chi è convinto che la razionalità sia tutto, che con essa si giunga sempre alla soluzione giusta, ma io penso che ascoltare il cuore, agire d’istinto, sia sempre la cosa migliore. Fai quello che ti senti, senza pensarci troppo. Io ho sempre fatto così.»

«E se poi non è la cosa giusta?», domandai, mordicchiandomi il labbro.

Mamma scrollò le spalle e mi attirò in un abbraccio. «Avevi le stesse probabilità di fallire utilizzando la ragione.»

 

***

 

Mi presi un po’ di tempo per riflettere, esattamente quattro giorni. 
Non andai a trovare Nick e gli altri per ben quattro giorni, mi concentrai sulla mia vita, in particolar modo sulla scuola - per quanto potesse ancora servire, visto che c’erano molte probabilità che perdessi l’anno - ed aspettai che il mio cuore e il mio istinto facessero la decisione al posto mio, comunicandomela in seguito. O almeno, così avevo sperato che avvenisse, ma il quarto giorno di silenzio mi dissi che avevo sicuramente sbagliato qualcosa, oppure non era così automatico come mi aveva detto mamma, così… istintivo, prendere una decisione.

Ale era stata testimone oculare di tutto quello che avevo fatto in quei giorni e alla fine, proprio come me, decise di darci un taglio, dicendomi: «Allora, hai deciso cosa fare sì o no?»

Sarà stato il suo tono di voce, la sua espressione un po’ spazientita e un po’ in ansia, la mia pazienza che era giunta al limite, ma fu allora che sentii la voce del mio istinto rispondere per me: «Sì, tenterò l’esperimento con Alessandro.»

La mia migliore amica quasi non si strozzò col suo succo di frutta, sorpresa quanto me. Poi, dopo essersi ripresa, disse: «Cosa stiamo aspettando, andiamo!»

«No», risposi grevemente. «Io vado, tu no.»

«Che cosa?», balbettò, incredula. «Stai scherzando, vero?»

«No, Ale. Io… preferisco fare questa cosa da sola, andare là da sola, fare quello che devo fare, provarci e… Mi dispiace.»

Ale tentennò, indecisa se urlarmi contro oppure incoraggiarmi. Quella situazione era così strana, nessuno sapeva cosa fare, eravamo tutti guidati dall’istinto. Il suo, le disse di sedersi al mio fianco e di abbracciarmi forte, dandomi leggere pacche sulla schiena e dicendomi: «Vedrai, andrà tutto bene, ce la puoi fare.»

Così partii, mi trasferii nell’altra dimensione, col cuore ancora in tumulto per quella decisione affidata alla sorte, con l’intenzione di avvisare Alessandro della mia decisione e di recuperare tutto il materiale necessario per farlo conoscere almeno in parte a mio fratello, nell’altro mondo.
Appena arrivata, però, sentii nell’aria che qualcosa era successo. Con passo nervoso entrai nell’enorme villa dei Jonas Brothers e vidi tutto capovolto, come se fosse entrato in casa un gruppo di elefanti africani. Non provai nemmeno a cercare i tre fratelli quella volta, ero certa che non ci fossero, anche se quando sentii delle voci provenire dal piano sotterraneo – il laboratorio – una folle speranza nacque dentro me, tanto da farmi rimanere lì nel bel mezzo del salotto messo a soqquadro come una statua di marmo.

Due uomini che non avevo mai visto, barbuti e piuttosto muscolosi, finirono la rampa di scale e mi videro. Subito mi corsero incontro, urlandosi a vicenda che non dovevo scappargli, ed io fuggii via come una scheggia, senza pensarci due volte, con la paura che mi faceva scoppiare il cuore nel petto e mi spingeva a correre come avevo fatto poche volte nella mia vita.

Mi inoltrai nel bosco che nascondeva la villa dei Jonas, sperando di seminarli, ma caddi più e più volte inciampando sulle radici degli alberi. L’ultima volta mi feci parecchio male ad un ginocchio e intanto i due uomini si avvicinavano sempre di più. Ero spacciata: la ragione mi diceva che dovevo alzarmi e correre ancora, il cuore scosso dalla paura non era altrettanto incoraggiante e mi faceva pensare che ormai ero nelle loro mani; l’istinto, invece, mi urlava a gran voce che io avevo un vantaggio che loro non potevano avere: il mio dono. Fu allora che scoprii che potevo viaggiare non solo da una dimensione all’altra, ma anche teletrasportarmi da un luogo all’altro nello stesso mondo.

I due uomini, ad un passo da me e pronti ad afferrarmi, mi videro scomparire di fronte ai loro occhi.

Col respiro mozzato e il cuore che mi rimbombava nelle orecchie li sentii litigare furiosamente, al sicuro dietro lo spesso tronco di albero poco distante. A parte la serie di insulti che si rivolsero, capii che avrebbero dovuto catturarmi per portarmi da una certa vecchia, che aveva promesso a chiunque mi avesse trovata il viaggio di ritorno nell’altra dimensione. 
Realizzai immediatamente chi fosse la vecchia in questione e strinsi i pugni sulle ginocchia, pensando che quella bugiarda stava ingannando tutti: lei non aveva il potere di viaggiare fra le dimensioni, voleva solo impossessarsene e per farlo non le dispiaceva affatto imbrogliare e sfruttare quella povera gente che avrebbe fatto di tutto per tornare a casa.

Tutte quelle cose, avrei voluto dirle ai miei due inseguitori, ma preferii non rischiare e con la mia nuovissima conoscenza chiusi gli occhi e mi concentrai per teletrasportarmi a casa di Fiore: lei avrebbe saputo spiegarmi sicuramente di più su tutto quello che era potuto essere successo durante la mia assenza.

Sentii un grande vuoto allo stomaco quando riaprii gli occhi, nel salotto di casa sua, e vidi tutto sotto sopra proprio come nella villa dei Jonas. Affinai l’udito per scoprire se ci fosse qualcuno, ma quella volta sembrava proprio non esserci nessuno.
Che fosse successo qualcosa anche a lei?

Mi portai le mani nei capelli, con gli occhi lucidi dalla disperazione, e mi raggomitolai su me stessa, con le spalle al muro.
Iniziai a piangere come una bambina, sentendomi sola e sperduta, terrorizzata che potesse essere accaduto qualcosa ai miei amici e a Nick. Il mio cuore fece una capriola, pensando a lui, e dovetti tapparmi la bocca per soffocare un singhiozzo: nonostante non ci fosse nessuno, avevo una tremenda paura.

La mia paura si rivelò fondata, dopotutto, perché presto sentii dei rumori provenienti dalla cucina. Provai ad alzarmi e a scappare, ma il ginocchio a cui mi ero fatta male cedette, facendomi ruzzolare di nuovo a terra.

«Arianna. Arianna, ti sei fatta male?», bisbigliò una voce che riconobbi subito, con mio grande sollievo.

«Alessandro, stai bene… dov’è Fiore? Che cos’è successo? Perché la casa dei Jonas è a soqquadro? Dove sono loro?»

Il ragazzo mi sorrise caldamente e si chinò su di me per sollevarmi, con un braccio intorno alla mia schiena ed uno sotto le mie gambe piegate. «Una domanda alla volta, okay?»

«Dove stiamo andando?»

«Al rifugio d’emergenza. È troppo pericoloso restare qui, potrebbero tornare.»

«Chi? Chi potrebbe tornare?»

«Tutti quelli che si sono bevuti il bel discorsetto di quella vecchiaccia maledetta», biascicò con rabbia ed aprì una botola che non avevo mai notato sotto il tavolo della cucina. «Mi dispiace, ma devo lasciarti andare. Non aver paura, pensa che sia uno di quei tubi di plastica dei McDonald’s.»

Lo guardai senza capire e quando afferrai ciò che avrebbe fatto era troppo tardi: non riuscii ad aggrapparmi a nulla e caddi nel tunnel buio nel quale mi aveva lasciata cadere. Mi trattenni dal gridare, anche se ne avevo tutte le ragioni, e l’atterraggio non fu da meno, perché caddi col sedere sulla sabbia, facendomi un male cane.

Fiore mi venne subito incontro, con quei suoi occhi vacui e un’espressione preoccupata in volto. «Arianna», parlò a bassa voce - a malapena riuscivo a sentirla - chinandosi su di me. «Che ci fai tu qui?»
Non ebbi il tempo materiale per rispondere, sia io che lei sentimmo qualcuno scendere dallo stesso tubo e ci spostammo in fretta e furia, per paura che ci venisse addosso.

Ale atterrò coi piedi, perfettamente coordinato e con un sorriso stampato sulle labbra. Lo odiai: lui lo aveva già fatto, sapeva a cosa andava incontro, se almeno mi avesse avvisata!

Fiore si rivolse subito a lui, con un tono quasi di rimprovero: «Che ci fa lei qui?» 

«L’ho trovata nel nostro salotto, che piangeva e con un ginocchio messo male; non potevo lasciarla lì, con quella banda di scemi in giro! Se l’avessero trovata l’avrebbero sicuramente portata dalla vecchiaccia!»

La ragazza svampita lo guardò, quella volta con gli occhi intrisi d’amore, e mi accarezzò i capelli sulla testa. «Ora va tutto bene, sei al sicuro qui.»

«Ah, ho portato altre provviste», esordì Alessandro, togliendosi dalle spalle uno zaino che doveva essere davvero pesante. Si allontanò dal tubo e da noi ed io lo seguii con lo sguardo, potendo per la prima volta vedere in che posto fossi finita.

Era una grotta, nulla di più e nulla di meno, e se facevo attenzione potevo sentire il respiro del mare al di là della parete di fronte a me. In alto c’era una piccola fessura che faceva entrare la luce del sole e un po’ di aria profumata di salsedine e sulle pareti di roccia grezza erano state incavate delle piccole nicchie usate come dispense per i viveri oppure gli oggetti essenziali.
In mezzo alla caverna c’era una piccola catasta di legnetti e rami che accesi facevano da riscaldamento, posizionati vicino ad essa c’erano due sacchi a pelo.

Riportai il mio sguardo su Alessandro e lo vidi avvicinarsi con una cassetta dei medicinali in mano. Si chinò di fronte a me e mi tirò su il tessuto dei jeans fino al ginocchio, scoprendo la sbucciatura che mi ero fatta cadendo a terra. Ne rimasi sorpresa, perché non me n’ero nemmeno accorta: in confronto alla botta che aveva ricevuto non era niente. Me la disinfettò con cura, poi mi avvolse una garza intorno al ginocchio e rimirò la sua opera con sguardo soddisfatto: «Penso che possa andar bene.»

«È perfetto, grazie», sorrisi ringraziandolo. «Ora potete rispondere alle mie domande?»

Fiore guardò il compagno e lui alzò le spalle, ridacchiando. 

 

***

 

La vecchia strega che aveva tentato di imprigionarmi per rubarmi i poteri e che poi aveva anche cercato di separarmi da Nick, era tornata alla carica con un nuovo piano: sbandierare a tutti la mia relazione con Nick, grazie a delle foto che da quello che si era venuto a sapere erano state scattate dalle tre cheerleader, ormai sotto il suo controllo; con quelle aveva fatto un bel discorso in piazza, di fronte a tutto il popolo, dicendo che l’unica cosa che mi interessava era portare a casa i Jonas e che loro non erano affatto i paladini di quella città, ma i primi che tramavano alle loro spalle per fuggire dalla seconda dimensione. Così aveva offerto come ricompensa per la mia cattura il viaggio di ritorno nell’altra dimensione, nonostante non avesse la possibilità di offrirlo: ma non era un problema, a lei bastava soltanto ricevere ciò che voleva, ossia il mio potere. I Jonas, invece, erano stati sequestrati e portati nella sua casa-labirinto, piena di insidie e di pericoli, ma non si sapeva nulla di più sulle loro condizioni.

Quando Fiore aveva finito di raccontarmi tutta la storia, mi ero rinchiusa in me stessa, nel mio silenzio, nel mio dolore.
Se non fossi stata via così tanto tempo, se avessi deciso prima… tutto quello non sarebbe successo.

Mi sentivo infinitamente in colpa e dopo mesi e mesi il mio odio verso il mio potere, quello che avevo combattuto a lungo prima di vederne il lato positivo, era tornato. Ma solo per un attimo: sapevo che grazie al mio dono avevo potuto conoscere Nick ed innamorarmi di lui e sapevo anche che proprio grazie ad esso ora potevo anche salvarlo.

Sdraiata accanto alla parete di roccia nuda e fredda dalla quale riuscivo a sentire le onde infrangersi, avevo pensato molto e quando Fiore si avvicinò a me per porgermi un bicchiere d’acqua, mi voltai e lo accettai volentieri, tracannandolo tutto in un sorso solo.
Poi, parlai: «Sono venuta da questa parte perché ho preso la mia decisione. Forse ci ho messo un po’, ma ho deciso di tentare con l’esperimento, se Alessandro è ancora d’accordo.»

Il sorriso di Fiore lentamente svanì, mentre impallidiva. Alessandro, invece, ebbe la reazione opposta: era contento che avessi preso quella decisione, non vedeva l’ora di provare a viaggiare tra dimensioni.

«Però forse è meglio se rimandiamo tutto a domani, adesso è tardi e tu sei stanca morta…», obbiettò però, osservando il mio viso sciupato.

«Non c’è un minuto da perdere», risposi, decisa ad andare fino in fondo alla questione. «E io sto bene, non ti preoccupare. Adesso vieni qui, ho bisogno di farti qualche domanda, in modo tale che mio fratello possa…»

«A questo proposito, ci ho già pensato», disse e tirò fuori dal suo zaino due o tre fogli che più che scritti sembravano scarabocchiati. «Ho già scritto la mia biografia, mi sono portato avanti», sorrise smagliante.

Presi quei fogli fra le mani e sorrisi quasi commossa. «Il tempo di darli a mio fratello e di farglieli studiare e torno. Tieniti pronto», lo salutai e sparii sotto i suoi occhi.

L’atterraggio nel mio mondo fu piuttosto barcollante. Forse ero davvero stanca come aveva detto Alessandro, ma non c’era tempo per riposare, dovevamo provare a dimostrare che c’era un modo semplice per far tornare buona parte della gente nella propria dimensione e poi correre a salvare Nick, Joe e Kevin.

Entrai in casa e salutai mia madre che stava preparando la cena, mettendocela tutta per apparire normale. Che io ci riuscii o meno, non lo avrei mai saputo, perché mi lasciò andare comunque.
Corsi su per le scale, facendo parecchia fatica con il ginocchio che mi tirava e mi doleva, e mi catapultai in camera di mio fratello.

«Oh, finalmente sei tornata!», mi gridò sottovoce, per non farsi sentire. «Ma che cosa… Ary, che cos’hai? Sembri stravolta!»

Feci in tempo a dargli la biografia di Alessandro, poi, travolta da un mix di stanchezza e di turbamento per tutto ciò che era successo, scoppiai a piangere.

Davide mi fece sdraiare sul letto, accanto a lui, ed aspettò che mi calmassi, piuttosto imbarazzato. Quando smisi di piangere, esausta, lo notai mentre sforzava gli occhi per leggere la scrittura incomprensibile di Alessandro ed accennai un sorriso. Lui non si accorse del mio sguardo, allora io abbassai le palpebre, dicendomi che avrei dormito solo per qualche minuto, fino a quando Davide non avrebbe finito di “conoscere” Alessandro, e mi addormentai.

Quando però mi svegliai era già quasi l’alba. Mio fratello dormiva beatamente al mio fianco, tutto scoperto, con una gamba ed un braccio su di me e la bocca aperta in un leggero russare.

Probabilmente mi aveva fatto bene dormire così tanto, però avevamo perso un sacco di tempo utile a fare l’esperimento e a portare in salvo Nick e gli altri. Per questo mi infuriai ed inveii contro di lui, spingendolo e buttandolo giù dal letto.
Davide cadde sul pavimento con un tonfo sordo e si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno spaventato. Mi vide ancora sul letto, con gli occhi ridotti a due fessure, e capì subito quello che doveva essere successo.

«È così che ringrazi tuo fratello, che ha soltanto agito per il tuo bene? Eri stravolta, Ary…», disse con la voce ancora un po’ roca, mentre si passava le mani sul viso per svegliarsi.

«Grazie mille per il pensiero. Ora muoviamoci», lo esortai e non gli permisi di ricadere sul letto, lo presi per la maglietta del pigiama e lo trascinai al piano inferiore senza fare il minimo rumore: papà e mamma dormivano ancora e non dovevamo svegliarli.

«Ma davvero vuoi fare ora l’esperimento? Mamma e papà si sveglieranno a momenti e tu… dovresti farti una doccia, sai?»

Lo guardai malissimo, mentre iniziavo a riempire uno zaino con il minimo indispensabile e alcune cibarie. «Tu forse non hai capito la gravità della situazione: Nick e gli altri sono stati rapiti da una vecchia megera che vuole assolutamente il mio potere e per farlo ha anche mentito ad un intero popolo, che ora mi dà la caccia. Dobbiamo fare l’esperimento il più presto possibile, far sì che la gente creda a me offrendo loro una reale possibilità di ritorno; solo così riusciremo a liberarli!»

Davide abbassò il capo ed annuì. Andò a prendere la biografia di Alessandro ed io lo seguii in camera sua. La ripassò velocemente, mentre io mi davo una rapida lavata e mi cambiavo, poi ci preparammo per dare il via al nostro esperimento.

«Aspettami a casa, io mi teletrasporterò qui», dissi, di nuovo colpita dal nervosismo. «Vedrai, Alessandro ti starà simpatico.»

Davide sorrise, capendo che stavo cercando di tranquillizzare prima di tutto me stessa, e mi avvolse un braccio intorno alle spalle, sussurrandomi: «Andrà tutto bene.»

Io ricambiai e lo strinsi forte, con le lacrime agli occhi. E se non fosse andato tutto bene?

Scacciai dalla testa quei pensieri, lo salutai e mi teletrasportai nella caverna che faceva da rifugio a Fiore ed Alessandro. Li trovai già svegli, stretti di fronte ai carboni ardenti del fuocherello. Vedendoli mi si strinse il cuore: sembrava che si stessero dicendo addio…

«Oh, finalmente sei arrivata», esclamò Alessandro, non negandomi uno dei suoi sorrisi.

«Scusami, mi sono addormentata», risposi in imbarazzo. «Tu sei pronto?»

«Eccome!» Guardò Fiore, accanto a lui, che non lo sembrava affatto, e le sorrise rassicurante, poi le baciò la fronte. «Tornerò amore, te lo prometto.»

La ragazza non gli rispose, ma gli strinse forte le braccia con le mani, implorandogli silenziosamente di non farlo. Alla fine però lo lasciò andare, sconfitta, ed Alessandro mi venne incontro con uno zaino simile al mio sulle spalle, mi prese la mano e disse: «Andiamo.»

Tentennai, non più così sicura di volerlo fare, ma quando chiusi gli occhi nemmeno me ne accorsi di essermi teletrasportata nel mio mondo. Rimasi in silenzio e con gli occhi chiusi per diversi minuti e sentendo altrettanto silenzio iniziai a tremare e calde lacrime mi tracciarono il viso.

«Ary…»
Sobbalzai udendo la voce di mio fratello e appena vidi la sua espressione dispiaciuta capii che Alessandro non era arrivato con me. Il cuore mi scoppiò nel petto e non feci nulla per trattenere i singhiozzi di puro dolore.

Non ce l’avevo fatta, la mia teoria non era stata confermata dall’esperimento, Alessandro era finito chissà dove… Fiore mi avrebbe odiata. Anche se io mi odiavo già, perché oltre aver perso l’opportunità di dimostrare a tutta quella gente che c’era un modo più semplice per tornare indietro e quindi salvare Nick, Joe e Kevin dalle grinfie di quella vecchia, avevo perso un amico.

Sentii due mani afferrarmi per le braccia e sbattermi contro quella che sembrava proprio roccia nuda. Aprii gli occhi per una frazione di secondo e vidi Fiore, che piangeva e mi urlava in faccia, poi all’ennesimo colpo alla schiena che ricevetti se ne unì uno alla testa, che mi fece perdere i sensi e sprofondare nel buio.

   
 
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