La prima cosa bella
La prima cosa bella
che ho avuto dalla
vita
è il tuo
sorriso giovane sei tu
La
prima cosa bella che Beatriz aveva visto nella sua vita, vuota come una scatola
di biscotti contenente nient'altro che briciole, era stato un ciliegio in
fiore.
Quel
pomeriggio, in cui i suoi occhi incontrarono il rosa dei petali, il sole
baciava ogni cosa trovasse a portata di mano e abbracciava ogni persona
sembrasse bisognosa d'affetto.
La
guancia vellutata della ragazza si fondeva perfettamente con la luce accecante
della mattina inoltrata, tant'è che pareva che il suo sorriso fosse
infinito come l'orizzonte.
Un
pomeriggio di molti anni dopo, Beatriz Molinar camminava poco interessata per
calle San Antonio, una delle traverse di calle de Las Ramblas, con l'aria di
primavera che s'insinuava dolce fra le balze della sua gonna e le tasche della
sua camicetta.
Ci
volle poco perché i suoi occhi incontrassero l'infinito intrecciarsi dei
rami del ciliegio, che parevano trattenere discorsi taciuti, regalati alle
stelle affinché nessun'altro potesse udirli; discorsi che sapevano d'amore,
o di libertà; discorsi tra i quali qualcuno poteva essere suo, appeso a
uno di quei fiori rosa, traballante su un petalo un po' troppo inclinato,
prossimo al cader a terra.
Beatriz
ammirò come il sole s'insinuava fra i rami, sino a giungere ai suoi
occhi; sarà stato che era forte, e un po' l'accecava, sarà stato
che un ciliegio non lo vedeva da un po', che un po' d'umidità
rapì le sue iridi color della pece.
-
Le piacciono i ciliegi in fiore, signorina?- Bea si voltò di scatto,
sussultando. V'era un uomo alle sue spalle, la camicia nei pantaloni e la cravatta
ben appuntata al collo, sotto il colletto inamidato.
I
capelli color del fieno erano portati al lato, obbedienti al pettine, e
ondeggiavano al movimento del vento che quel pomeriggio soffiava annoiato fra i
cespugli della cittadina.
Bea,
un po' imbarazzata, sorrise, scrollando le spalle; era che, negli anni
sessanta, non molti uomini sulla trentina usavano rivolgere la parola alle
ragazze; non per chieder loro dei fiori, per lo meno.
-
Sono un po' poesia, non trova?- continuò lui, deciso ad intavolare una
conversazione.
-
Son fiori- balbettò lei, che l'imbarazzo non l'aveva mai saputo tener a
bada.
-
Appunto. Viene spesso qui?- le aveva sorriso amichevole. Non doveva aver più
di trentadue anni, che per Bea erano davvero troppi, tant'è che pareva
lontano chilometri dai suoi ventitré, stampati su una carta
d'identità, appiattita nel portafoglio.
Non
doveva neanche esser tanto bello, oltretutto. Ma aveva quell'aria felice e spensierata
che a Bea andava proprio a genio.
-
Oh, abito dall'altra parte della città, vengo qui solo quando son di
passaggio- e gli donò un sorriso; uno dei suoi, che si fondevano con
l'orizzonte arancione.
-
Posso chiederle come si chiama?- l'uomo si sfilò la giacca,
perché probabilmente stava sudando sotto quel sole che sembrava
prepotente, dopo un inverno gelido come quello di quell'anno.
-
Beatriz. Mi chiamo Beatriz Molinar-
-
Io sono Javier Morales- e anche lui tentò di
regalarle un sorriso sghembo, che di certo non poteva competere con quello
della ragazza, ma che le piacque comunque - Lo vuole un caffè, Beatriz?-
le propose infine.
Bea
sorrise a labbra serrate, perché il caffè proprio non le piaceva
- Sì, mi andrebbe proprio- acconsentì in fine.
La
sofferenza era il prezzo della compagnia, forse.
La
prima cosa bella che Beatriz fece, sotto un albero di ciliegio in fiore, fu
quella di sposarsi.
Aveva
sempre sognato un abito color avorio, nel pieno della primavera, che
s'illuminava al sole, in un prato verde smeraldo, tra i petali di un ciliegio
che le auguravano un bel futuro.
La
verità era che aveva combattuto contro la madre, il padre e i suoceri,
che non volevano veder quella fanciulla sposa sotto uno sciocco albero.
La
verità era che tutto il paese l'aveva guardata un po' storto, quella
mattina in cui, col padre sottobraccio, aveva camminato per le strade e le
viuzze che da piccola avevano acchiappato le sue urla divertite, e che quel
giorno gliele restituivano, come regalo di matrimonio.
Ma
a Bea poco importava, poiché Javier era lì, che l'aspettava sotto
il loro albero, con il sorriso sghembo che gli donava tanto, anche se alla
madre di lei proprio non piaceva.
Aveva
detto un sì pregno di felicità, Beatriz, all'ombra di quel
ciliegio; e i petali, che tanto avevano volato al vento, in quel sì
balbettato avevano trovato la vita.
Javier
le aveva preso il viso tra le mani sicure e le aveva posato un bacio sulle
labbra, quasi avesse paura che da loro uscisse qualche altra parola, e avesse
deciso di raccoglierla e rinchiuderla nella sua bocca.
Beatriz
portò tutti i suoi figli, che furono ben tre, due maschietti e una
femminuccia, a far vedere ogni pomeriggio l'albero più bello della
cittadina.
E
loro, che come prima cosa bella avevano visto la madre, non volevano credere
che quei rametti messi in croce fossero alla pari di Bea.
Lei,
col sorriso che sapeva di fragole, accarezzava i loro riccioli color fieno,
sussurrando loro che se la prima cosa bella della sua vita era stato
quell'albero, loro erano i primi angeli caduti dal cielo.
L'ultima
cosa che Beatriz fece, perché quella è davvero l'ultima della
nostra vita, e se va bene, anche la più bella, fu farsi seppellire sotto
il ciliegio che Javier, anni prima, aveva piantato per lei nel giardino dietro
la loro piccola casa.
Quel
giorno, il sole bruciava il cielo, squarciando quel fazzoletto azzurro solcato
da rondini spensierate; i petali, che sembravano ricordare come Beatriz avesse
vissuto una primavera eterna, profumavano l'aria pregna di tristezza.
I
rami sembravano cantar tutti i racconti d'amore rubati alle stelle nelle notti
d'estate, mentre le radici di quel ciliegio giuravano una protezione eterna a
quel corpo, che non aveva saputo difendersi dalla vecchiaia di un'esistenza
trascorsa tra l'odor del pane fatto in casa e delle crostate di ciliegie appena
sfornate.
Il
mondo sembrava sorridere a Beatriz, che di sorrisi la sapeva lunga, e lei,
dall'alto di quei petali color rosa, sembrava sorridere di rimando al mondo,
perché la prima cosa bella che aveva avuto, l'aveva accompagnata dalle
radici della vita fino ai rami più alti, che si scioglievano nel cielo,
nel punto esatto in cui Bea scompariva e nasceva l'amore.
Non
so cosa sia, ma mi piace.
E'
raro che mi piaccia qualcosa, ma ci ho messo un po' di cuore.
Inizialmente
avevo pensato di farne un racconto romantico, ma ora che la rileggo di romantico
ha tutto e niente, poiché volevo far di Beatriz l'amore puro, e forse
lei non è stato solo questo; quindi ho deciso di postarla tra le
generali, perché in generale questa storia è tutto, ma è
niente.
Spero
vi piaccia, perché ci ho messo un po' del mio cuore.
Un
bacio
~Ellens