Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: HarryJo    25/03/2011    9 recensioni
Riccardo è un ragazzo come tanti altri.
Diciotto anni, discretamente bello, bravo a scuola e tremendamente appassionato di musica. A dispetto di ciò che continuano a suggerirgli i suoi genitori, lui continua a suonare la sua bellissima Fender Stratocaster e a fare dei piccoli concertini per dimostrare a se stesso la sua bravura. Un giorno accetta una proposta della scuola: suonare in occasione della giornata della memoria, ma all'ultimo minuto Giacomo, il suo batterista, è costretto a dare forfait perché è ammalato.
Riccardo, pur di non lasciarsi sfuggire l'occasione, chiederà ad Elena, una ragazza che nemmeno conosce, di sostituire Giacomo in quel concerto. I due ragazzi diventeranno subito amici.
Elena porterà Riccardo a conoscere una realtà della vita che lui non aveva mai avuto occasione di conoscere, costernata da dolore, fatica, lavoro e sacrifici, senza mai perdere il sorriso.
« Potresti suonarle oggi alla conferenza col suo gruppo? Il loro batterista si è ammalato » continuò la ragazza bionda, indicandomi. Ma insomma, non potevo fare io qualche domanda? Mi davano estremamente fastidio le persone che parlavano di me come se non fossi lì presente accanto a loro.
Elena si rivolse direttamente a me, come se mi avesse letto nel pensiero.
« Chi sarebbe il vostro batterista? »
« Giacomo Grimaldi » risposi con un fil di voce.
« Ok. E vi va bene come suona? » si informò, per non capivo quale motivo.
« Sì » risposi.
« Bene. Se ti serve una mano, io ci sto » mi disse, e vidi i suoi occhi inumidirsi per un secondo. O forse era solo una mia impressione.
Acconsentii.
Dopotutto, che altro avevo da perdere? O lei, o nessun altro.
Quel giorno la incontrai per la prima volta.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
<a href="http://www

Create your own banner at
mybannermaker.com!

 

 

Capitolo secondo.

 

Lascia che sia.

 

She is standing right in front of me

Speaking words of wisdom: let it be.

-          The Beatles.

 

 

 

Avevo una ragazza, si chiamava Sofia.

Stavamo insieme da qualche settimana, e mi piaceva molto. Aveva i capelli neri, lunghi e lisci e due occhi marroni bellissimi, che risaltavano particolarmente quando lei li contornava con il trucco, cioè, praticamente sempre.

Era davvero bello passare il tempo con lei: espansiva, vivace, non mi avrebbe mai deluso. Con i miei amici non si trovava mai in imbarazzo, e credo fosse per questo che stava molto simpatica anche a loro.

Quel giorno, prima di iniziare il concerto, lei venne da me ad augurarmi la buona fortuna, ed io ero talmente agitato che mentre cercavo di darle un bacio sulle labbra, mi scontrai con il suo naso, facendola ridere.

« Dai, Riccardo, andrai benissimo, già lo so! » mi disse e scappò via con le sue amiche a cercare un posto all’interno dell’aula magna.

Era enorme quel posto. L’avevo sempre adorato, perché aveva il pavimento inclinato verso il basso, con una marea di posti a sedere. Mi sentivo sempre piccolo ad entrarci, ma quel giorno, iniziando a preparare le mie cose al centro esatto della stanza, più che piccolo cominciai a sentirmi davvero insignificante.

Mentre iniziava l’affluire dei ragazzi delle varie classi, io mi agitavo sempre di più. Nicola alla mia destra stava accordando il basso con aria svogliata, tremendamente tranquillo. In tutto il tempo che lo conoscevo non ero mai riuscito a beccarlo una volta che fosse una con un po’ di agitazione. Per questo un po’ lo invidiavo, ad essere sincero: era sempre se stesso, e riusciva a controllare le sue emozioni.

Il cantante invece, Paolo, era a parlare con i professori, e si stava mordicchiando un labbro. Era completamente l’opposto di Nicola, lui non era mai sicuro di se stesso, l’emotività prendeva sempre il sopravvento sul suo cervello.

E poi c’ero io, la via di mezzo. Io che, d’altro canto, quel giorno ero l’ansia fatta persona.

Non riuscivo nemmeno ad accordare bene la mia Fender, anzi, proprio non ne ero capace. In quei momenti di solito c’era Giacomo che mi tranquillizzava con le sue pessime battute, ma quel giorno lui non c’era.

« Dammi » mi disse una voce femminile alle mie spalle.

Mi girai, ed Elena tendeva il braccio indicando la mia chitarra.

Spontaneamente la strinsi ancora di più a me.

« Eh? No no, mi arrangio, sta pure tranquilla. Piuttosto, lì ci sono le bacchette con cui puoi suonare » e gli indicai il paio di Vic Firth sopra alla sedia della batteria.

La vidi scrutarle per un attimo, poi le prese, con un gesto lentissimo. Sembrava quasi che ci stesse parlando insieme grazie ad un contatto visivo. Si girò verso di me e mi scoprì osservarla, al che arrossii molto e, per evitare di parlarci insieme, mi sedetti sopra al mio amplificatore e continuai a strimpellare la chitarra cercando di accordarla.

« Sei troppo agitato » notò Elena, accucciandosi vicino a me.

« Ci tengo molto, tutto qui » le risposi.

« Se vuoi te l’accordo io ».

« No, grazie ». Non riuscivo a capire bene il perché ma ancora diffidavo di quella ragazza.

« Come ti pare » rispose alzando le spalle.

Dopo cinque/sei minuti però mi ritrovai a doverle chiedere aiuto, con la coda tra le gambe.

« Sai suonare anche la chitarra? » le chiesi, quando mi restituì la Fender dopo appena due minuti ed accordata perfettamente.

« Io sono una batterista. Mio padre era un chitarrista e mi ha insegnato qualcosina; come per esempio come accordarla. Ma non chiedermi altro, a parte le note e qualche accordo qui e lì, mi perderei ». Sorrise.

« Grazie » mormorai imbarazzato.

« Figurati. Ti fai prendere sempre così dall’ansia? »

« Più o meno… Di solito c’è Jack, con lui sono più a mio agio » le spiegai, accarezzando il manico della chitarra.

« Ah, capisco. Beh, non sono Giacomo, ma un consiglio te lo do comunque. Lasciati trascinare. Lascia che sia la musica a comandare ».

La guardai stupefatto, ma prima che potessi dire alcunché il preside della scuola prese parola.

Persino Paolo era pronto.

E quando le prime note di Let it be iniziarono ad avvolgere l’intera sala, chiusi gli occhi e sentii le parole di Elena risuonarmi nella mente.

Lascia che sia la musica a comandare… Lascia che sia la musica…Lascia che sia… Let it be.

Finalmente anche quella canzone aveva un senso.

Scoprii ben presto di dovermi ricredere su Elena.

Era perfetta. Stava a tempo, mi sentivo bene come quando suonavo con Giacomo, ma la sua musica era diversa.

Faceva qualcosa di strano mentre suonava il charleston, non riuscivo ben a capire che cosa, ma era come se stesse dando un colpo più leggero e in un tempo breve subito dopo al colpo normale e standard che segnava il susseguirsi degli ottavi.

Non sapevo spiegarmelo bene in realtà: il mio mondo era fatto di assolo, di corde strimpellate, non di bacchette, piatti e tamburi.

Però c’era qualcosa di speciale. Lei contribuiva a rendere la musica più vera, come se la sentisse propria, come se fosse lei stessa parte integrante della canzone.

Mi girai più volte ad osservarla, ma la vidi semplicemente intenta a suonare, con un sorriso un  po’ triste, e gli occhi – stavolta ne ero sicuro – tremendamente lucidi.

Una dopo l’altra le canzoni si susseguirono, e non saprei dire quale venne meglio. Sbagliai qualche nota, ma fui bravo a camuffare i miei errori, perciò non me ne preoccupai: l’importante era non fermarsi. L’importante era continuare a suonare, cantare e sorridere. L’importante era non cadere in panico.

Nient’altro importava.

Nothing else matters

Con le note di quell’ultima canzone si concluse quel piccolo concerto.

Sentendo gli applausi mischiati ad alcuni fischi di ammirazione mi risollevai e sorrisi, fiero.

Era quello che desideravo per me, per la mia vita.

Mi girai per ringraziare Elena. Era stato tutto così perfetto, proprio come avevo desiderato, e solo grazie al suo aiuto. Ma prima che potessi anche solo vedere il suo volto, mi passò davanti mentre fuggiva via, lontana, diretta verso la porta d’uscita, ed un attimo dopo di lei non rimase nulla.

Quando mi era passata vicino, l’avevo sentito chiaro e forte, inconfutabile, triste.

Un singhiozzo.

Non so per quale motivo, ma poggiai la mia chitarra vicino al muro e la seguii.

Nel corridoio però non c’era nessuno.

Mentre tornavo all’aula magna, Sofia mi raggiunse e mi disse: « Ehi, sei stato bravissimo, lo sapevo! »

« Grazie cara » le risposi sfiorandole le labbra con un leggero bacio.

« Ma perché te ne sei andato via in quel modo? »

« Eh, sai la ragazza che ha sostituito Jack? »

« Sì ».

« È fuggita via appena finito il concerto senza neanche lasciarmi il tempo di ringraziarla, volevo vedere se riuscivo a beccarla in corridoio, ma evidentemente è già scappata da qualche parte. Fa niente » dissi, scrollando le spalle.

« Ah, forse aveva un impegno! » mi rispose Sofia, quasi come se lo ritenesse ovvio. « Forse ha un ragazzo che la aspettava… »

Pensai alla collanina con la lettera D che avevo notato quella mattina.

« Sì, hai ragione ».

Per qualche strano motivo però sentivo che non era così.

Insomma, perché quel singhiozzo allora?

C’era qualcosa che non quadrava bene in quella storia, ma decisi di lasciar perdere.

« Vieni a pranzo con me, Paolo e Luca? Pensavamo di restare qui a scuola a mangiare un boccone, e poi andare a fare un giro nel negozio di dischi che c’è in centro » dissi a Sofia.

« Volentieri. Aspetta, avviso Maria che vengo con voi allora. Aspettami al bar » disse prima di scomparire tra la folla.

Ritornai con i pensieri ad Elena.

Chi era? Chi era D? Cos’è che faceva col charleston? Ma soprattutto, perché aveva singhiozzato?

Quel pianto, quasi sussurrato, e la sua esile figura che spariva dietro la porta di ingresso mi aveva mandato il cervello in tilt.

 

 

 

 

 

{ Spazio HarryJo.

Cercando di pubblicare un capitolo a settimana, eccomi di nuovo qui!

Allora, che ne dite? Sono riuscita ad incuriosirvi almeno un po’?

Spero tanto di sì. Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo con una recensione, se vi va.

Ah, devo ringraziarvi, siete davvero tanti già adesso che mi recensite/seguite/ricordate/preferite.

*Erica si inchina onorata*

Grazie mille per tutto ragazzi, a presto!

Erica

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: HarryJo