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Autore: flots    25/03/2011    5 recensioni
Lei è Erin e deve semplicemente ricominciare a vivere.
Lui è Justin e vuole solamente essere felice.
Poi c'è Savannah, troppo piccola per capire.
Ognuno di noi ha qualcosa che lo spinge ad andare avanti, qualcosa che gli ricorda cosa sia la felicità. Ognuno di noi ha la propria essenza: qualcosa per il quale vivere.
FAN FICTION SOSPESA PER ESIGENZA DELL'AUTRICE.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo.
 

Quando ero piccola mia madre mi ripeteva sempre che la sua essenza, la ragione per cui andava avanti, eravamo io e mio fratello.
Non ne capivo il motivo: come si fa a vivere in funzione di un'altra persona?
Ora, a diciotto anni, posso darmi una risposta.
E' semplice, normale ed incontrollabile.
Capisci che vivi per qualcuno quando la mattina ti alzi dal letto e pensi a lui, quando fai colazione, ti lavi, parli, dormi, mangi, bevi, corri, sorridi, respiri solo grazie al pensiero di quel qualcuno.
Vivi per una persona quando questa è l'unica forza, l'unica gioia, l'unica emozione tua personale.
Non si può spiegare a parole l'essenza di un uomo.
Ma, sì, la mia essenza ha un nome: Savannah.
La mia essenza è una bambina di undici mesi, con capelli rossi boccolosi, le gote rosee e gli occhi verdi.
La mia essenza è una bambina che con il semplice fatto di essere nata mi ha regalato la gioia più grande e bella del mondo.
La mia essenza è una bambina che mi manda avanti tutti i giorni, una bambina che mi ha donato la forza di vivere.
La mia essenza è mia figlia.

 

Capitolo primo.
Taking chances.

« Posso farti una domanda seria? Da amica ad amica, intendo » mormorò Abbie porgendo una tazzina di thè alla sua migliore amica, per poi gettarsi bruscamente sul divano.
« Sentiamo » acconsentì Erin legando i folti capelli rossi in una coda di cavallo, poi prese un sorso di thè dalla tazzina. « Oh, Abbie, lasciami dire che sei proprio negata a fare il thè » disse assumendo un'espressione disgustata.
« Hai intenzione di diventare una vecchia acida senza marito o vuoi trovarti un fidanzato bello, ricco, con natiche sode e darti alla bella vita con lui? » domandò Abbie ignorando il commento appena fatto dall'amica.
« Hai mai pensato al fatto che sono già una vecchia acida nonostante abbia solo diciotto anni? »
« Andiamo, Er, divertiti un po'! Sei bella, giovane, simpatica, dolcissima ed hai anche una migliore amica fantastica: perché non puoi avere un ragazzo nella tua vita? »
« Perché in ogni discorso alludi sempre a te stessa? » rise Erin.
« Rispondimi! » disse l'amica trattenendo una risata.
« Non voglio avere un ragazzo nella mia vita perché... ummh... non mi sento ancora pronta » concluse annuendo.
« Non ti senti pronta? Non ci devi mica andare a letto! »
« No, ma ho una figlia, ora. Ed in un certo senso mi sembra che uscendo con qualcuno la possa tradire »
« Non ti seguo » bofonchiò Abbie.
« Ci avrei giurato! » rise la rossa. « Lascia stare, un giorno capirai »
« Comunque sia, ti ricordi Sam? Il migliore amico di mio fratello? »
« Come dimenticarlo?! L'ultima volta che l'ho visto era talmente sbronzo che si credeva una zebra!  » Erin sorrise con i suoi denti bianchi e luminosi. Era davvero perfetta. Se pur bassina per i suoi  diciotto anni, aveva lunghe gambe sode ed un fisico snello e scolpito alla perfezione. Era prosperosa, ma non ci teneva molto a far vedere il suo balconcino. Erin aveva i capelli corti fino alle spalle, di un rosso fuoco naturale. Qualche boccolo le incorniciava il viso e gli occhi verdi risaltavano come fari accessi sulla pelle candida della ragazza. Aveva un naso alla francesina perfetto e due labbra carnose e rosee come quelle delle bambole.
Anche Abbie era stupenda. Era alta e slanciata, con lunghi capelli biondi e due occhi di un dolce verde acqua. Un naso all'insù perfetto ed un taglio della bocca splendido. Erano entrambe bellissime, erano perfette.
Abbie rise di gusto poi disse:
« Sì, me lo ricordo anche io. Ma non è questo il punto, sabato darà una festa a casa sua, nell'attico. Siamo invitate anche noi e non voglio sentire scuse: devi venire per forza anche tu »
« Ma io... »
« Niente ma! Te lo chiedo per favore, Er. Fallo per me! » la interruppe l'amica.
« Okay, va bene. Mi arrendo, vengo »
« Ahh, ti voglio bene! » gridò Abbie prima di stringere l'amica in un forte abbraccio.

I giorni che precedettero la festa furono carichi di ansia. Erin si maledisse almeno dodici volte in ogni ora per avere accettato di andarci. Non che volesse diventare un'emarginata, ma non voleva proprio partecipare ad una festa di Sam. Perché? Perché le feste di Sam erano tutte uguali: c'era alcool, c'era fumo, c'erano ragazzi sbronzi presi dal consumarsi a vicenda, c'erano ragazzi appiccicosi che non smettevano di fare la corte alle povere ragazze che non erano in cerca di sesso. Le feste di Sam erano tutte fatte con lo stampino ed Erin odiava il fatto che doveva prenderne parte ancora una volta.
Quel maledetto sabato, però, arrivò più in fretta del solito.
Il pomeriggio Erin salutò di malavoglia la sua piccolina, lasciandola tra le braccia della madre, poi si diresse verso casa della sua migliore amica e lì si prepararono per la festa: Abbie indossò un vestitino azzurro chiaro molto corto, un paio di tacchi a spillo e legò i capelli in una alta coda di cavallo, mentre Erin indossò un vestito bianco lungo fino alle ginocchia, un paio di scarpe col tacco e lasciò i capelli sciolti sulle spalle.
Quando anche il trucco fu sistemato, uscirono di casa e si avviarono in macchina verso quella maledetta festa.
« Vado a parcheggiare, ci vediamo sù » disse la rossa, facendo cenno all'amica di scendere dalla macchina, una volta arrivate a destinazione.
« Va bene, tesoro, ci vediamo di sopra » rispose l'altra e scese dal veicolo.
Quando rimase da sola, Erin chiamò a casa e si accertò che le cose stessero andando bene, poi chiuse l'auto ed entrò nella grande palazzina. Salì in ascensore con un ragazzo dai capelli corti e sbarazzini, colorati di un dolce castano chiaro e dai profondi occhi color nocciola. Sembrava nervoso ed interruppe il silenzio guardandosi i piedi.
« A che piano vai? » chiese.
« All'attico »
« Festa di Sam? »
« Già »
« Anche io »
Erin accennò un sorriso mentre il ragazzo cercò di dire qualcosa, ma fu interrotto da un suono sordo. L'ascensore oscillò e si bloccò di colpo.
« Oh merda » borbottò la rossa premendo istericamente sul pulsante di allarme.
Il ragazzo che era con lei mormorò qualcosa di indecifrabile, poi svenne cadendo di peso sul pavimento freddo.
Fantastico, adesso si trovava bloccata in ascensore con un ragazzo stvenuto per terra in un sabato sera che avrebbe potuto passare in famiglia divertendosi come sempre.
E pensare che Erin nemmeno ci voleva andare a quella maledetta festa.



 

Charlotte's corner.
Premetto che scrivere questo capitolo è stato come partorire (?),
spero davvero di cuore che vi piaccia e vi ringrazio giò da ora per il semplice
fatto di essere entrati in questa pagina.
Fatemi sapere le vostre opinioni (positive o negative che siano), ma vi prego
di non lasciarmi recensioni del tipo: "continuaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!"
perché davvero non le sopporto, ahahah.
Grazie ancora.
Un abbraccio,
Charlotte.

  
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