Penso
a Te
E’ un tiepido pomeriggio di marzo. Del 12 marzo, per
essere precisi. La primavera arriverà presto. Bussa già prepotente alle gelide
porte dell’inverno. Sembra quasi che abbia fretta. La finestra della mia camera
è aperta sulla piccola porzione di case e mondo che l’orizzonte mi offre. Il
sole è gentile, e mi viene a trovare, riscaldandomi un po’. Gli uccellini
cinguettano e un gatto cammina sul tetto di fronte. Intorno a me la Vita appare
in tutto il suo splendore. Sussurra ‘no’, ma io so che mi sta prendendo in
giro. Penso a Te.
Oggi è sabato. Forse il Barcellona giocherà. O magari lo
farà domani. Non lo so. Ad ogni modo non ha più importanza. Cos’è che ce l’ha
ancora? Cos’è che il potere stupefacente di tenermi ancora qui? Stamattina
avrei giurato di saperlo, ma ora non me lo ricordo. L’inerzia è sufficiente a
giustificare una vita? Più tardi ci rifletterò su. Intanto penso a Te.
Emy mi ha chiesto di uscire stasera, è tanto tempo che
non ci vediamo. Le ho risposto di sì ma forse non se ne farà più niente. E lei
sa perché. Parliamo ma il cellulare che sto usando non è mio. Come non è mia la
penna che anche adesso lascia tracce di nero inchiostro sul foglio. Nemmeno
questo mi appartiene. Mia sorella avrebbe potuto stamparci il testo di una
canzone super rock dei Nirvana o dei 30 Seconds To Mars, dice che per lei è lo
stesso. Ma l’ho preso io. Mi chiedo se non avrebbe preferito lei, invece. Non
sarebbe da biasimare. Tante volte mi è stato preferito qualcun altro. E va bene
cos’, non è certo il momento di distribuire colpe come cambia il vento. Per te
sarei perfetta. E io penso a Te.
Lei è un vero tesoro. Credo che mi voglia davvero bene. E
gliene voglio anch’io. È speciale e prima o poi se ne accorgerà. Mi dice di
pensare a lei ed io ci provo. Dice che non ce la farebbe ma mi chiama con un
nome che non è più il mio. Dice che non è così che si risolvono i problemi ma
chi ha detto che si debbano risolvere per forza? Possono restare benissimo
così... Fa la dura ma è spaventata la mia piccola Lu. Forse fa bene, perché io
penso a Te.
Devo andare in bagno. È straordinario come il mio corpo
sembri consapevole in una circostanza del genere. Però non sento più il battito
del mio cuore. Mi è sempre piaciuto ascoltarlo. Distesa sul letto, al buio. Cercare
con le dita il punto dove la pulsazione è più forte. Adesso non c’è. Peccato. Almeno
lui poteva dirmi “sei viva, Lia. Non andare! ”. Chi me lo dirà ora? Il suo
suono basso e cavernoso, profondo come la terra, mi dava tranquillità, pace, la
debole parvenza di servire a qualcosa. O a qualcuno magari. Mi confortava.
Eppure c’è un altro suono. Che supera il mio cuore. È il
più meraviglioso che abbia mai ascoltato. È una voce. La sua. Lui sì che potrebbe
dirmi “ resta ”. Farei come dice senza alcuna esitazione. Lo seguirei ovunque,
a qualunque prezzo. La sua magia fa crescere i fiori e spuntare il sole. Treviso
deve essere una bellissima città. Lui. Il sogno che è sempre rimasto, che non
passerà. Segna il ritmo della mia vita da quando avevo cinque anni. Era lui che
mi raccontava le favole quando ero piccola. E io gli credevo. Gli credo ancora.
Lui, e i suoi amici con lui, mi prendevano per mano e mi portavano via. Io sognavo.
Il mondo visto attraverso di loro era bello, quasi quanto lui. Resterà la
poesia d’amore più dolce di sempre. Ma non può salvarmi. Le favole finiscono
quando il long-playing smette di girare. E non c’è più spazio per scriverne
ancora. Io continuo a pensare a Te.
Qualcosa cattura la mia attenzione e alzo lo sguardo
verso la finestra ancora spalancata. Conosco questo rumore. In un cielo
assurdamente blu e senza nuvole spicca la scia di un aereo. Chissà dove va...
Sono tante le cose che sto scegliendo di perdere, di lasciare indietro. Non me
ne pento. Sono sogni, progetti, desideri che avrei tutti inevitabilmente visto
sfilarmi davanti agli occhi e sfuggirmi. Inerme e impotente come lo sono sempre
stata. Non avrei mai creduto di trovarmi in situazione cos’. È strano e piuttosto
buffo. Li ho voluti bene, ma non tutti capiranno. Poco male. A qualcuno
dispiacerà sul serio. Forse gli mancherò persino. Bella consolazione. Penso a
Te.
Passo dopo passo, mi avvicino al davanzale e ci salgo
sopra. La delusione e il senso di colpa mi attanagliano lo stomaco. Non me ne
rendo conto, ma piango. Piango perché decido di lasciare il campo prima che la
sconfitta sia irreparabile. Piango perché non soccomberò travolta dalla mia
vita, ma sarò io ad abbandonarla. Piango perché sono stanca. Troppo a lungo ho
provato a cambiare le cose, con il solo risultato di distruggere ulteriormente
quello che avevo costruito. Non voglio più combattere. Non quando l’esito della
guerra è già scritto. Penso ancora a Te.
Abbracciami. Se ne sono dette così tante che non so più
niente. Forse starò bene, ma ho paura. Farà male? Mi gira la testa. Dannate vertigini.
È solo un salto. Perché non riesco a farlo? Io ti voglio... Tu mi vuoi? Dove
vanno quelli che non credono in Dio? Prendimi con te, sarò libera.
Tutto tace. Gli uccellini non cantano più, il gatto mi
fissa, anche il sole sembra attento a me. Una farfalla si posa sul mio braccio.
Cosa sto facendo? D’improvviso scoppio a ridere. Rido. Rido perché voglio
vivere. Voglio combattere ancora. Voglio rischiare per realizzare i miei sogni.
Voglio ballare sotto la pioggia. Voglio studiare Tasso per l’interrogazione d’italiano
di martedì. Voglio che il Barcellona vinca. Voglio uscire con Emy e dirle che
aveva ragione. Voglio sentire il mio cuore battere forte. Voglio che Bruno mi
racconti ancora le favole.
La farfalla è volata via ma io scendo dal davanzale e
chiudo la finestra. Il miracolo è compiuto. Non ti desidererò più Signora. Mia madre
mi chiama. Vado a fare il caffè. Il mio cuore si sente chiaramente. Gli uccellini
cinguettano di nuovo. Io sorrido. E penso a me.