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Autore: Kate_88    26/03/2011    12 recensioni
Il grande errore di Mamoru era stato quello di sottovalutare Usagi, ritrovandosi a pagare le conseguenze di tutti i suoi sbagli.
Poggiato alla ringhiera, da lontano osservava la sua ragazza parlare con un altro ma nei suoi pensieri c'era qualcosa, come un campanello che lo avvertiva che Usagi non era più la sua ragazza.
Aveva fatto uno sbaglio o forse uno più grande di tutti gli altri.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Makoto/Morea, Mamoru/Marzio, Nuovo personaggio, Usagi/Bunny
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Buonasera miei cari lettori.
Questa Fan Fic che doveva terminare in due capitoli, avrà ancora altri capitoli ma comunque non sarà troppo lunga. Ho voluto creare delle situazioni per Mamoru e Usagi e non accelerare troppo i tempi.
C'è una vendetta da portare a termine, forse però la nostra Usagi non ha fatto i conti giusti con il suo cuore.
Buona lettura e come sempre Grazie di cuore per le vostre recensioni!


Kate





Weekend con mamma e...

 

 

 

 

Mamoru era impazzito.

Quella ragazza non era la stessa di cui era stato innamorato perchè ora era una mina inesplosa, un concentrato di bellezza e sensualità.

La sua Usagi esisteva ancora?

Se ne stava sdraiato sul divano nuovo, osservava la foto che li ritraeva insieme mentre la tv parlava senza che nessuno ascoltasse quel che diceva.

Aveva mille pensieri per la testa. In tutto quell'anno non aveva mai pensato che quella ragazza si potesse rifare una vita, che potesse trovare un uomo diverso da lui con cui fare l'amore.

A cosa pensava quella notte in cui aveva dato il suo corpo tradendo la sua Usagi?

Solo adesso riusciva realmente a comprendere quanto fosse stato idiota a non aspettare quel bocciolo che in realtà doveva solo schiudersi.

Ripensava a quello che aveva acquistato, l'intimo, il vestito, poi il succhiotto sul collo. Era davvero troppo.

L'aveva avuta per un attimo solo contro di se e l'aveva baciata sul collo, eppure ricordava l'espressione fredda di quella ragazza che ormai non ricambiava più i suoi sentimenti.

L'amava ancora, forse da sempre e ormai poteva tranquillamente etichettarsi come l'uomo più idiota del mondo.

In quel breve incontro, Usagi aveva detto una cosa giusta: era lui l'adulto?

Lui che un anno prima s'era fatto trasportare da cattive compagnie per andare a letto con una sconosciuta che poi aveva deciso di non rivedere mai più?

Aveva buttato qualcosa di prezioso. Aveva gettato un diamante per uno zircone.

Rimase disteso sul divano a lungo, si addormentò senza neanche sfiorare un libro, avendo preso una pausa dagli studi per qualche mese.

Si era ormai fatta mattina quando squillò il telefono.

« Pronto? » la voce era impastata dal sonno e la cornetta non restava propriamente su a causa della poca forza mattutina nel braccio.

« Screanzato di un figlio! Ti svegli ora? Hai visto che ore sono? »

« Oddio mamma, non puoi richiama... »

« No! Non posso richiamare! Dico io, ma ti ricordi che hai una famiglia? Insomma, è un mese che non chiami e per di più è un bel po' che non ho notizie specifiche su di te! »

« E dai... ne riparl... »

Mamoru non riusciva neanche a completare una frase che subito la madre, con una voce di rimprovero, lo fermava e continuava a parlargli sopra.

« Niente se ma o altro. Nel prossimo Week end pretendo che tu venga qui da noi. Con la scusa che da tempo vivi da solo fai fin troppo come ti pare. Io e tuo padre vogliamo che venga anche Usagi. State insieme da tanto e da quando siamo andati fuori Tokyo non vi abbiamo più visto. Niente scuse che dobbiamo dirvi una cosa. »

« No senti mamma... »

Tutto era stato vano. La signora Chiba aveva agganciato il telefono lasciando il figlio nei guai.

Nell'ultimo anno, preso dalla depressione aveva dimenticato di rivelare alla madre un piccolo particolare, ovvero che lui e Usagi non stavano più insieme.

Tra due giorni sarebbe dovuto andare nelle campagne dove abitavano i genitori e sarebbe dovuto andare con Usagi. Come chiederglielo?

 

Usagi stava sistemando i quaderni nella borsa, ormai al suono della campanella mentre Makoto le faceva segno di sbrigarsi.

« Dai Mako chan dammi tempo. Stanotte non ho chiuso occhio. »

« Usagi che noia che sei! Sempre così depressa! Senti nei prossimi giorni evita di farti vedere da Mamoru e non andare al suo negozio. Hiroki è dovuto tornare a casa qualche giorno che la madre s'è arrabbiata che all'ultimo esame ha preso tutte insufficienze e dovrà fare gli esami di riparazione. »

« Oddio! Me n'ero dimenticata! Quando saranno? »

« Usa anche tu? »

« Solo inglese, come sempre. »

« La solita. Comunque la prossima settimana. »

Usagi sbuffò trascinandosi fuori dall'aula.

Le due ragazze si salutarono agli armadietti poiché Makoto fu richiamata dal club d'arti marziali per una riunione improvvisa.

Fuori al cortile intanto, tutte sembravano incuriosite da un auto particolare, rossa fiammante ed anche costosa.

L'eredità del nonno, per Mamoru Chiba, aveva fruttato parecchio.

Usagi inizialmente s'avvicinò a tutte quelle ragazze, non avendo notato ancora bene l'auto, poi squadrò la persona che era fuori la vettura ed ebbe un colpo al cuore.

Da una parte voleva sapere cosa voleva in quella scuola, da una parte voleva solo andarsene a casa.

Optò per la seconda.

Ignorando che il ragazzo era lì per lei, avanzò per uscire dal cancello e seguire la strada fino a casa ma il ragazzo nuovamente la fermò per il polso.

« Aspetta, devo parlarti. »

« Lasciami. »

S'era girata e con un colpo aveva fatto in modo che non ci fosse più contatto tra di loro.

« Usako entra in macchina, qui ci guardano tutti. »

« È tutta colpa tua, idiota. Ma che diavolo ti passa per la testa? Venire qui con quella cosa rossa! T'aspettavi di passare per lo spiantato di turno? Comunque in macchina non te non ci salgo. Non ci tengo a mischiare l'odore mio con quello di qualche donnicciola che c'hai fatto salire sopra. »

Le parole le sussurrava quasi al ragazzo, cercando di mantenere una sorta di discrezione tuttavia inutile perchè tutti i ragazzi e ragazze della scuola erano lì ad osservare la scena.

Usagi si stava vergognando e tutta rossa in viso entrò nella macchina di Mamoru.

« Ti odio razza d'idiota! Domani a scuola mi faranno mille domande. Se non provi a rovinarmi la vita tu proprio non sei contento. »

« Senti, rimandiamo gli sfoghi a dopo. »

La guardava e cercava di rimanere serio e impassibile, ma in realtà la ragazza dei suoi sogni era in macchina e aveva voglia solo di partire e non tornare mai più, rimanere con lei per il resto della sua vita.

« Senti devo chiederti un favore » mormorò mentre metteva in moto l'auto.

« Pure? Che faccia tosta che hai. Ti devo presentare qualche mia amica? Le mie amiche sono tutte vergini, desolata. »

Usagi guardava fuori dal finestrino, con le braccia incrociate, le gambe accavallate e la cartella poggiata ai piedi.

Dentro avvertiva un misto di sentimenti.

C'era la rabbia, ancora forte ed evidente, la voglia di vendicarsi e allo stesso tempo era felice di stare in quello spazio piccolo con il suo Mamoru. Avrebbe voluto baciarlo ma doveva continuare ad essere fredda o almeno non doveva dargliela vinta.

« Senti non mi sembra il caso e il momento giusto adesso di affrontare quest'argomento, poi ne riparliamo, comunque oggi ha chiamato mia madre... »

« Oddio sta bene? »

Usagi era scattata sul sedile e s'era voltata ad osservare Mamoru preoccupata.

Il rapporto tra lei e la Signora Chiba era sempre stato eccezionale, era come una seconda mamma e per la Signora, Usagi era la figlia femmina che non aveva mai avuto.

« Usako sta calma. Mamma sta bene. Il problema è che mi ha chiesto di andare questo Weekend a casa e vuole che venga anche tu. Non le ho detto che non stiamo più insieme, sai quanto lei sia affezionata a te... »

« Non posso venire. »

« E dai, non farti pregare. Mamma sarà felice di rivederti. Dovremo solo fingere un po'. »

« Ah, tu sei un maestro in quest'arte. »

Ogni parola di Usagi era una freccia conficcata nel petto di Mamoru che sanguinava, conscio di meritare ogni attimo di quel trattamento.

« Usako, ecco in questo Weekend potrai insultarmi quanto vuoi ma per favore vieni. Sai che poi s'innesca una reazione a catena... »

« Non Chiamarmi Usako. E comunque, immagino che poi tua madre chiamerà per sapere il perchè. Quando scoprirà la verità partirà dalla campagna per tornare qui, verrà prima da me e poi verrà a prenderti a bastonate mentre tuo padre, umile com'è, verrà a chiedere scuosa alla mia famiglia. E va bene, vengo. Io per prima non voglio vivere tutto questo. Tua madre non merita una simile cosa anzi, a dirla tutta non merita nemmeno un figlio deficiente come te. »

« Ecco, appunto. Senti ti porto a casa. Comunque, partiamo venerdì pomeriggio dopo scuola? »

« Basta che torniamo... vabbè hai detto che è un Weekend. Io giovedì ho gli esami di riparazione d'inglese. »

« Se vuoi t'aiuto. »

« Piuttosto che ricevere il tuo aiuto, mi faccio bocciare. »

Era tornata ancora più scontrosa e così la riaccompagnò a casa.

Come un bambino felice, prima di scendere dall'auto e tornare al suo appartamento, Mamoru osservò il sedile dove s'era seduta la sua Usagi.

Si maledì ancora una volta per averla fatta star male e maledì la madre per averlo obbligato a quel weekend che si prospettava piuttosto difficile.

 

Dopo un viaggio lungo e silenzioso, dove le uniche parole di Mamoru erano controbattutte da frecciatine di Usagi, arrivarono alla villetta in campagna dei coniugi Chiba.

Usagi era da sempre la loro figlia acquisita e quando la videro, con un leggero abito di lino color lavanda, un corpo sviluppato e bella come il sole, la signora non potè trattenersi dallo stringerla e baciarle le guance rosate.

« Usagi come ti sei fatta bella! Lo dicevo a mio marito! Vuoi vedere che Usagi s'è fatta bella e sicuramente anche intelligente? Il buon Dio mi ha dato una figlia come te! Come sono felice! »

Era un abbraccio materno il loro e la signora Chiba non le negava mai sorrisi e dolcezze.

Gli anni per la Signora Chiba non si facevano vedere molto, poiché a cinquantanni ne dimostrava si e no una quarantina. Era donna di bell'aspetto, con un corpo maturo e i fianchi un po' larghi. Mamoru aveva preso dalla madre gli occhi che erano il blu del mare.

Il padre invece era un bell'uomo, alto e dai capelli brizzolati. Il fascino di quell'uomo che vantava circa sessant'anni, non era mai sfumato nel tempo, anzi era aumentato con quella barbetta incolta, i capelli sempre curati e il sorriso che s'alternava agli attimi di serietà.

« Ah la mia bella Usagi! Fatti abbracciare. Come ti sei fatta bella. Avessi avuto una figlia così bella non ti avrei mai fatto uscire di casa. Mi domando come fai ancora a stare con quel caprone di mio figlio! Pensa, nell'ultimo mese non s'è mai fatto sentire con sua madre. »

Usagi era arrossita, non indifferente al fascino di quell'uomo.

« Signor Chiba, signora Chiba, è davvero bello rivedervi. Mamoru s'è comportato malissimo non telefonandovi ma ora è qui, credo che si farà perdonare. Intando dove possiamo lasciare i nostri bagagli? È stato un lungo viaggio. »

« Usagi non affaticarti e vai a farti una bella dormita. Riposa un po' prima di cena, va bene? Mamoru tu porta dentro tutti i bagagli! » ordinò la signora Chiba.

« Mamma... non per fare il geloso eh, ma non sarei io tuo figlio? »

« A tavola ti faccio una tirata d'orecchie che non te la scordi più. Avanti non vorrai mica far portare ad Usagi quei bagagli pesanti? »

« No no ci penso io. »

Mamoru sospirò.

Non era facile sicuramente convivere in quella situazione, strana e imbarazzante.

Quando ormai i bagagli erano in casa, salì nella stanza realizzando solo in quel momento che i genitori avevano dato loro la stanza singola, mettendo un futon matrimoniale a terra, non avendo altre stanze.

Si fermò ad osservare Usagi che riposava.

Si ritrovò a pensare che era davvero bella e innocente e in quel momento realizzò che forse un po' della sua vecchia Usagi c'era ancora, doveva solo trovare il modo di farsi perdonare tutti gli sbagli commessi.

Mugugnò nel sonno, si mosse avvolta da quei lunghi capelli biondi e coperta da quell'abito color lavanda.

Era bella e innocente. Lo pensava di nuovo.

La Signora Chiba salì al piano di sopra e notò lo sguardo di Mamoru impegnato a contemplare la sua Usagi e sorrise.

« Ehi Romeo, sveglia Giulietta che è pronto. Dev'essere davvero stanca. Era molto pallida prima. Sta bene, vero? »

« Si certo che sta bene. »

« Mi raccomando, vedi di non fare cazzate che è ancora piccola eh. »

A cosa si riferiva la madre?

Ebbe un tuffo al cuore e sorrise.

Le preoccupazioni di un genitore, solo in quel momento si rese un po' conto di cos'erano.

Il ragazzo annuì alla madre e s'avvicinò ad Usagi.

Solo in quella stanza con lei, per la prima volta non aveva voglia di farla sua ma solo di proteggerla.

Ancora una volta si malediva, perchè da immaturo un tempo non aveva avuto questo desiderio ma uno sbagliato che l'aveva portata ad allontanarsi da lui.

« Usako svegliati... è pronto in tavolo. »

« Cinque minuti Mamo chan. »

Quanta dolcezza in quelle parole, ora che forse non ricordava la situazione e non si destava ancora del tutto dal sonno.

« Dai, mamma ha preparato la carne, se poi si fredda non è più buona. C'è anche il dolce che ti piace tanto... »

In un attimo le sfiorò la frangia e si alzò in piedi, mormorando poi: « Ti aspetto giù Usa chan. »

Usagi rimase ancora un po' nel futon, poi si alzò e realizzò a tratti quanto accaduto in quei secondi.

Arrossì, sentiva il cuore che poteva esplodere e la voglia di stare con quel ragazzo aumentava.

Doveva controllarsi, non doveva cedere.

Avrebbe affrontato da matura quel Weekend e avrebbe fatto pentire Mamoru di tutto quello che le aveva fatto passare.

 

Usagi scese in salone dove la madre aveva apparecchiato e sorrise osservando quella famiglia.

« Scusate, mi sono addormentata. »

« Tranquilla Usa chan! Eri stanca. Oggi sei stata a scuola, vero? » chiese il padre mentre si accomodava.

« Si. Le lezioni erano noiose, come sempre. »

« Eh ti capisco Usa chan. Comunque, spero che Mamoru ti aiuti quando hai difficoltà. L'aiuti? »

La signora Chiba si rivolse alla fine a Mamoru, il quale quasi si strozzò con un pezzo di carne.

« Certo che mi aiuta. È sempre gentile. Ma anche lui ha dei limiti e so che io faccio perdere la pazienza. » ammise Usagi salvando Mamoru da quella situazione imbarazzante.

« Brava la nostra Usa chan. Ah, mangia tutto, mi raccomando, che devi riprendere le forze. Per dopo ti ho preparato la torta al limone! »

« Grazie! Sono sicura che sarà eccezionale, vero Mamo chan? »

Per un attimo s'era lasciata andare alla quotidianità di quei momenti e arrossì tornando a mangiare la carne preparata con cura.

Mamoru sorrise in quel momento e da lì la cena continuò senza problemi, affrontando i soliti discorsi, con la madre che ogni tanto rimproverava il figlio.

Arrivò in tavola la torta al limone accompagnata da una seconda alle fragole.

Usagi era indecisa ma optò per quella al limone mentre Mamoru prese quella alle fragole.

Chiedere due fette di torta lo trovava eccessivo e così ogni tanto sbirciava la fetta di Mamoru finchè questo ne staccò un pezzetto con la forchettina e la porse alla ragazza.

« Avanti assaggia o potrei avere paura di un tuo attacco assassino per una fetta di torta. »

« Ehi guarda che io... »

Mamoru agitava appena quel pezzetto di torta e la ragazza annuì mangiandolo da quella forchetta.

« Come se non lo sapevo. Sei golosa. »

« Non sono golosa. »

« Sei golosa. »

« Ti ho detto che non sono golosa. »

« Avanti voi due, smettetela. Usa chan la torta poi la potrai mangiare anche domani a colazione. »

« Grazie signora Chiba! »

« Tu la vizi troppo » mormorò Mamoru contrariato.

« Taci tu che Usa chan ce la coccoliamo quanto vogliamo. Speriamo che i nostri nipoti saranno belli come lei in tutto. Mamoru chissà da chi ha ripreso con quel caratteraccio. » borbottò il padre sfottendo il figlio.

« Che razza di genitori che ho! Siete proprio strani. »

« Dai Mamoru, che tuo padre scherza. Comunque, se siete stanchi vi abbiamo preparato la camera. Purtroppo abbiamo messo il futon matrimoniale anche se la stanza è piccina. Fate i bravi eh. »

« La ringrazio signora Chiba. Posso aiutarla a sistemare? »

« Usagi e dai, mi chiami sempre signora Chiba. Non cambierai mai eh! Comunque vai a riposare, non c'è bisogno che aiuti... »

« Ma io... »

« Su non insistere. Devi riposare che sei davvero pallida. Buonanotte tesoro. »

La signora Chiba e il Signor Chiba salutarono in modo affettuoso la ragazza e in seguito anche il ragazzo, mostrandosi genitori davvero affettuosi.

 

Usagi in pigiama si stava infilando nel futon quando arrivò Mamoru in pantaloncini e a petto nudo.

« Non vorrai mica dormire così? » chiese la ragazza imbarazzata.

« E come? Non senti quanto fa caldo? E tu sei una stufa nel letto. »

« Non sono una stufa. »

« Ma se ogni volta hai la pelle così calda che ci si potrebbero fare due uova sopra. »

« Non sono più così, tranquillo. »

« Io comunque la maglia non me la metto. Tranquilla che non ti molesto... »

Il ragazzo s'infilò nel letto e sbuffò, borbottando poi: « Mica sono quel ragazzino con cui fai le cose sconce in camerino. »

Usagi, nonostante dava le spalle al ragazzo, gli lanciò un calcio facendolo guidare di scatto.

« Ehi! Ma ti sei impazzita? »

Usagi si girò ritrovandosi a breve distanza da Mamoru.

« Non parlare male di Hiroki. Quel ragazzino si chiama Hiroki ed è ben più maturo di te. »

Sussurravano mentre parlavano, specie Usagi che non voleva svegliare i genitori o disturbarli.

« Più maturo di me? Guarda che quello non sa neanche dove sfiorarti. »

« E tu che ne sai? Non sono affari tuoi dove mi mette le mani. »

Mamoru stava già perdendo la pazienza. La sola idea che un altro sfiorasse quella ragazza, lo faceva impazzire.

In un attimo si ritrovò su di lei a baciarle il collo mentre lei lottava tra la voglia di stringerlo a se e la voglia di mandarlo via per tenere fede a quel piano.

Il peso dolce di quel ragazzo che nonostante fosse infuriato, riservava delle dolci attenzioni a quel corpicino sotto di lui che a tratti gemeva e a tratti lo spingeva via.

Il cuore di Usagi stava impazzendo.

Mamoru baciava con dolcezza il collo di quella ragazza, lo torturava con soffi caldi fino a mordicchiarle il mento e salire alle labbra.

Lasciò un dolce bacio su quelle morbide labbra che sembravano essersi riscaldate, prima di sussurrare: « Buonanotte Usako. »

La ragazza non sapeva cosa fare.

Era rossa, scottava forse e la voglia di quel ragazzo in un attimo s'era risvegliata.

Nuovamente gli diede le spalle e si chiuse in posizione fetale, mormorando con un pizzico d'acidità la buonanotte.

Entrambi non riuscivano a chiudere occhio.

Dovevano dormire insieme, nello stesso futon, dandosi le spalle e con la voglia di girarsi, amarsi, completarsi e dimenticare per un attimo tutto quello che li aveva separati e aveva oscurato i due cuori così puri.

   
 
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