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Autore: JustALittleLie    27/03/2011    15 recensioni
Li avevamo lasciati lì.
Lui era tornato a Los Angeles, lei era su un aereo per Madrid.
Lontani per sempre, divisi da un destino che li ha fatti incontrare, li ha fatti innamorare e poi, li ha separati.
E se ora il destino volesse ripagarli di tutto questo?
Ronnie verrà ricatapultata improvvisamente nella sua vecchia vita a Los Angeles, dove la aspettano le sue amiche e lui, dove potrebbe riavere la sua vita.
Ma, si sa, nella vita nulla è così semplice.
Sequel "Let me under your skin"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's a fine line between love and hate'
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 Probabilmente sono impazzita u.u
Sono le 4.49 del mattino, sono tornata a casa da un'ora circa ed ho sentito l'irrefrenabile bisogno di scrivere xD
Non mi piace molto questo capitolo, ma a me non piace mai nessuno quindi lascio commentare voi xD
Mi scuso preventivamente per gli errori che sicuramente troverete, ma, comprendetemi, è tardi e non ce la faccio a rileggere xD
Prima di lasciarvi leggere però volevo davvero ringraziare di cuore Scars94 per aver segnalato Let Me Under Your Skin per le storie scelte *-* io non credo che la mia storia sia all'altezza, ma sei stata davvero carinissima, le tue parole mi hanno fatto emozionare, davvero!
Deeeeeeeetto questo, vi auguro una buona lettura!


 



 Home  

Angel alzò il bicchiere di cristallo fino a farlo tozzare con quello di Veronica, seduta di fronte a lui.
- alla promozione- sorrise il ragazzo
Veronica gli fece un sorriso tirato e bevve il liquido contenuto nel bicchiere tutto d'un fiato, strizzando un po’ gli occhi a causa delle bollicine.
Angel la guardò alzando un sopracciglio, proprio non riusciva a capire quale fosse il problema. Aveva organizzato tutto con la minima cura, il ristorante elegante, il cibo italiano che lei amava, i fiori. Gli sembrava tutto perfetto, nemmeno per un appuntamento aveva mai fatto tutto quello, ma quando Veronica gli aveva detto della promozione aveva pensato che alla ragazza avrebbe fatto piacere festeggiare come si deve; ma ora di fronte a lui non si trovava la ragazza felice e sorridente che si aspettava, ma una ragazza che non smetteva un attimo di guardarsi in giro mordicchiando nervosa l'unghia del pollice.
Veronica d'altro canto era grata ad Angel per quello che aveva fatto, chissà quanto gli era costato quel ristorante! Ma in quel momento proprio non trovava niente per cui essere felice. E pensare che solo il giorno prima quasi saltellava dalla felicità, ed ora non voleva altro che un buco nero nel quale sparire.
-C'è qualcosa che non va?- gli chiese Angel sorridendo
Lei scosse la testa, cercando di sembrare sincera. Ma ovviamente non funzionò.
-è il ristorante? vuoi che andiamo da un'altra parte?- insistette il moro con aria dispiaciuta
Veronica sospirò pesantemente abbassando le spalle.
Forse era arrivato il momento di guardarsi indietro, doveva fare un tuffo nel suo passato e rivedere tutte le cose che aveva lasciato lì, tutto il dolore che aveva lasciato dietro di se, le promesse rotte, i sorrisi negati, tutto.
Era ora che anche Angel sapesse chi era Ronnie. Era ora che lei ricordasse chi era stata.



Sorrise prima ancora di aprire gli occhi quella mattina.
Quella, sarebbe stata una delle giornate più importanti della sua vita.
Aprì gli occhi e la luce che entrava dalla finestra aperta le arrivò agli occhi nello stesso istante in cui un intenso odore di caffè si diffondeva nella stanza.
-buongiorno- sentì la voce del ragazzo provenire dalla porta
Sorrise e si stiracchiò inarcando la schiena mentre Angel si avvicinava al letto con un vassoio tra le mani
-buongiorno- lo salutò lei solare mettendosi a sedere 
Angel sorrise di rimando e le sistemo con cura il vassoio sulle gambe coperte dal lenzuolo bianco.
Veronica si concesse un'occhiata al ragazzo prima di abbassare lo sguardo sul vassoio e notò che Angel era già vestito e pronto per uscire, forse anche lui aveva un appuntamento di lavoro quella mattina.
-io stavo uscendo- disse il ragazzo come per confermare i suoi pensieri -sono passato solo per prepararti la colazione ed augurarti buona fortuna- sorrise e si sporse in avanti per baciarle la fronte
-grazie, ti chiamo dopo - sorrise lei nascondendo poi il viso dietro l'enorme tazza piena di caffè, prima che il ragazzo uscisse dalla stanza.
Appena sentì la porta dell'ingresso chiudersi, poggiò frettolosamente il vassoio sul comodino e gettò le lenzuola di lato catapultandosi giù dal letto.
Era talmente nervosa quella mattina che se solo avesse assaggiato un pezzetto di qualsiasi cosa l'avrebbe ricacciato fuori istantaneamente.
Entrò nel bagno della sua camera ed aprì la doccia per poi uscire di nuovo nella sua stanza.
Sospirò aprendo l'armadio, si conosceva, sapeva benissimo che sarebbe rimasta lì a fissare il vuoto per almeno venti minuti prima di decidere cosa indossare.
Cosa si indossava in un'occasione come quella, in genere?
In un tempo record di dieci minuti pescò dall'armadio una semplice gonna nera a tubino, con un altrettanto semplice camicia bianca, poggiò il tutto sul letto e con l'intimo in mano si diresse verso il bagno, dove ormai il vapore causato dall'acqua calda padroneggiava indiscusso.
Dopo un'ora il ticchettio delle sue decolleté nere si diffondeva tra i corridoi dell'enorme edificio.
Ripensò alla prima volta che aveva messo piede lì dentro e sorrise, quell'edificio le era sembrato così spaventoso e triste, e poi con il tempo era diventato la sua seconda casa, se non prima.
Il suo capo, Ellen Kraft, una bellissima donna in carriera sulla quarantina, era una persona straordinaria e, nonostante le pratiche dei suoi innumerevoli divorzi venivano e andavano dal suo ufficio, lei non smetteva di essere un'eterna innamorata. Con i suoi capelli biondi, gli occhi nocciola e il sorriso gentile, riusciva a mettere a proprio agio chiunque, persino la ragazzina agitata e disorientata che lei era stata.
Aveva instaurato un rapporto amichevole con tutti lì, persino il ragazzo che portava il caffè al mattino si fermava cinque minuti a parlare con lei.
Era tutto perfetto, e l'idea che avrebbe potuto trascorrere altri anni lì, grazie alla sua eventuale promozione, la rassicurava.
Si fermò fuori all'ufficio di Ellen e si sistemò nervosamente la camicia prima di bussare.
Una voce all'interno della stanza la invitò ad entrare e lei aprì lentamente la porta.
-oh Veronica, sei tu- la accolse la donna con aria stanca
Veronica la guardò accigliata, non che si fosse aspettata un mini festino con tanto di palloncini, ma nemmeno quel tono da funerale.
Ellen sedeva dietro la sua scrivania, ricoperta da milioni di scartoffie, gli occhiali rossi poggiati sul naso ed un paio di fogli in mano, che studiava attentamente.- vieni, entra- disse Ellen con un sorriso tirato senza distogliere lo sguardo dai fogli
Veronica entrò lentamente nella stanza prendendo posto alla sedia posizionata di fronte alla scrivania. Ellen si tolse gli occhiali da vista e sospirando si portò una mano agli occhi, come per strofinarli.
-Avevi detto che volevi vedermi- cominciò la ragazza deglutendo 
-si- sospirò l'altra -Veronica, abbiamo un problema-
-c-che genere di problema?- balbettò mentre il cuore le andava a mille, improvvisamente mille opzioni le vennero in mente e si sentì così stupida per aver pensato ad una promozione.
-gli affari non vanno bene, e non possiamo più permetterci di assumere praticanti-
Veronica sentì il suo fiato spezzarsi, la stava licenziando?
-vuol dire che perderò il posto?- 
-no- si affrettò a dire la donna -è per questo che sei qui. Nonostante tu abbia poca esperienza, sei una delle migliori, e non potrei mai permettere che la tua carriera venga stroncata per uno stupido problema di denaro- spiegò Ellen, ma Veronica non capiva
-c'è una soluzione- sorrise la donna





-come sarebbe a dire che torni a Los Angeles?!-
La voce di Angel rimbombò per tutto il locare facendo girare metà della sala nella loro direzione.
Quando anche la bionda seduta al tavolo accanto si voltò tornando a guardare l'uomo che le stava di fronte Veronica strinse i pugni e si sporse verso l'amico.
- abbassa la voce! E poi non ho detto che torno a Los Angeles, ho detto che l'unico modo per continuare a lavorare è di andare lì- spiegò lei nervosa bevendo un altro sorso di vino
-non puoi trovare un'altra casa editrice per cui lavorare, qui?- chiese il ragazzo nervoso muovendosi di continuo
-oh certo, Madrid è piena di case editrici che, non sapendo come gettare il loro denaro, assumono ragazze inesperte e laureate da meno di un anno- rispose sarcastica
Il ragazzo rimase a fissarla in silenzio per qualche istante, con espressione triste.
-quindi è deciso- sussurrò infine
-NO- lo interruppe lei bruscamente
Angel alzò un sopracciglio -ma hai detto che è l'unico modo per lavorare-
Veronica sospirò pesantemente, ora arrivava la parte più difficile da spiegare.
- non posso tornare a Los Angeles- disse abbassando lo sguardo
-perchè?-
-perchè la ragazzina che viveva lì ora non c'è più- sussurrò
Sentì Angel sospirare pesantemente -si può sapere cos'è successo di tanto tragico a Los Angeles?-
Veronica alzò lo sguardo fino ad incrociare quello confuso del ragazzo.
Come poteva spiegargli tutto senza sembrargli un mostro?
Aveva lasciato le sue amiche, le sue sorelle, con una squallida e-mail.
Aveva cancellato tutti i loro messaggi senza nemmeno leggerli, aveva cambiato numero, era sparita.
Come faceva a dirgli che ancora oggi, nonostante la sua vita perfetta, la sera quando era sola nel letto ripensava al sorriso di Kate, alla timidezza di Jamie, alle follie di Lexus e piangeva fino ad addormentarsi?
Come faceva a dirgli che non si era mai sentita così sola in vita sua?
Aveva buttato via l'amicizia di una vita, per cosa poi? Per il suo stupido cuore spezzato.
-c'è di mezzo un ragazzo?- sussurrò Angel 
Un ragazzo? Oh, era molto più di un semplice ragazzo.
Era il ragazzo che per lei reincarnava la perfezione, era il suo unico amore, il suo rifugio, la sua vita, ed era l'unico ragazzo che non avrebbe mai potuto avere.
Nick non era un semplice ragazzo, no, era il ragazzo che una come lei non avrebbe mai potuto avere, uno di quei ragazzi che si possono guardare solo da una copertina di un giornale; ma la vita, la sua vita, aveva deciso di essere ancora più beffarda con lei, aveva deciso di farle assaggiare un pezzo di paradiso e poi trascinarla di nuovo giù, sul pianeta terra, dove avrebbe dovuto vivere per il resto dei suoi giorni.
Con che coraggio poteva tornare indietro ed affrontare tutto questo?
Angel sospirò ed allungò una mano afferrando la sua -quando ti ho vista su quell'aereo per la prima volta, avevi un'espressione sconvolta- cominciò -significa che stavi lasciando dietro di te qualcosa di importante...-
-qualcosa che non potrò riaggiustare mai più- lo interruppe bruscamente lei
Il ragazzo puntò i suoi occhi scuri in quelli della ragazza
-l'amicizia è un legame forte e non si dissolve nel nulla- la ragazza gli strinse la mano istintivamente -qualsiasi cosa sia successa tra te e le tue amiche, sono sicuro che si risolverà-
Veronica spalancò gli occhi.
Come faceva a sapere lui delle sue amiche? Non gliene aveva mai parlato, non ne aveva mai parlato con nessuno.
Angel sorrise rilassato -ho visto la foto sul tuo comodino-
Solo allora Veronica parve ricordare la vecchia foto scattata da Tyler un'estate di 4 anni prima che ritraeva lei e le sue amiche mentre si stringevano sorridenti.
- non è così facile Angel, io le ho deluse, abbandonate...-
-ma se ti vogliono bene- la interruppe il ragazzo -saranno pronte a perdonarti tutto-
Veronica abbassò ancora lo sguardo.
Non lo sapeva più; non sapeva se le sue amiche le volevano ancora bene, per quanto ne sapeva lei potevano anche essersi dimenticate di lei, come avrebbe meritato.
Non le sembrava un'idea geniale quella di tornare a Los Angeles.
-dimmi una cosa- cominciò il ragazzo -tu sei felice qui?-
Veronica rimase qualche istante a pensare a quella domanda sorridendo tra se.
Lei non avrebbe mai potuto essere felice.
-beh, vivo in una città bellissima, ho il lavoro dei miei sogni, ho un amico pronto a spendere centinaia di euro per portarmi a cena fuori...-
Angel sorrise -non hai risposto-
-no- sospirò infine lei -non sono felice-
-e non credi che riallacciare i rapporti con le tue amiche possa renderti felice?- sorrise ancora lui accarezzandole una mano
Si, certo che l'avrebbe resa felice, ma se le sue amiche le avrebbero sbattuto la porta in faccia una volta che lei fosse andata lì?
-non hai più niente da perdere qui- gli sussurrò l'amico che, in quell'istante, gli sembrava più la sua coscienza.
Aveva ragione, il motivo per cui era lì era lavorare, ora che le offrivano un'opportunità di lavoro a Los Angeles non poteva rifiutare, non poteva mandare all'aria tutti i sacrifici di tre anni solo perchè era una terribile codarda.
-e tu?- chiese Veronica, e gli occhi del ragazzo si illuminarono
Nonostante la ragazza avesse sempre declinato le avances del ragazzo, era ovvio che dopo tre anni di "convivenza" con Angel si fosse affezionata a lui. Dopo tutto era lui che la portava al cinema ogni giovedì per non farla restare a casa da sola a mangiare una squallida pizza surgelata; era lui che le asciugava le lacrime quando aveva le sue "crisi", e lo faceva senza chiederle mai niente.
Angel era senz'altro una persona speciale.
-io sarò qui, dov'è giusto che sia per il momento. Tra due mesi, poi, è giugno potrei venire da te per le vacanze estive-
Veronica alzò lo sguardo e gli sorrise nel momento esatto in cui il cameriere, un ragazzo robusto e moro, portò i loro piatti stracolmi di pasta.
-buon appetito- disse il ragazzo con un pesante accento siciliano
-grazie- dissero in coro i due
Veronica guardò il piatto di fronte a lei senza il minimo appetito.
Il pensiero del suo ritorno a Los Angeles la terrorizzava, ma allo stesso tempo la emozionava, e non poco.
Era scappata via, lontano da tutti, lontano dal suo dolore, ma ora che questo dolore sembrava quasi essere sparito del tutto non vedeva il motivo per il quale non sarebbe dovuta tornare; come aveva detto il suo amico prima, lì non aveva niente di così importante da perdere, a parte il loro rapporto ovviamente.
Non poteva restare lì ora che aveva perso il lavoro, non c'era più niente che la trattenesse in quel posto che qualche anno prima le era sembrato così affascinante e nuovo.
Era arrivato il momento di tornare a casa.


                                                                                            *    *    *


Era una delle sue ennesime giornatacce.
Mentre aspettava che l'ascensore raggiungesse il piano terra non poté far altro che chiedersi cosa diavolo volesse la sua casa discografica da lui.
"I tuoi testi non sono più gli stessi", continuavano a ripetergli e a lui sembrava una cosa così sciocca da dire.
Era ovvio che i suoi testi non fossero più gli stessi, visto che nemmeno lui era più lo stesso di due anni prima.
Sospirò pesantemente quando le porte si spalancarono e cominciò a camminare a passo svelto verso l'uscita, voleva solo andare il più lontano possibile da lì.
Le porte scorrevoli si aprirono e lui girò velocemente a sinistra andando a sbattere contro qualcosa.
Perfetto.
Di fronte a lui una ragazza bionda con gli occhi verdi come il muschio lo fissava con la bocca socchiusa e un'espressione allibita.
Nick sperò che la ragazza non fosse una fan e non cominciasse ad urlare, non avrebbe retto alle sue urla quella mattina.
- s-scusa- balbettò la ragazza mentre le guance si coloravano di rosa
Nick si rilassò un pochino concedendosi un'occhiata più attenta alla ragazza, e dopo un primo sguardo doveva dire che non era niente male.
-figurati, è stata colpa mia, ero sovrappensiero- sorrise
La ragazza sorrise imbarazzata e parve volersi allontanare.
Fu allora che Nick sentì l'inspiegabile bisogno di sapere qualcosa in più di lei.
-lavori qui?- disse la prima cosa che gli venne in mente
La ragazza guardò l'enorme edificio della Hollywood Records -si- sorrise -sono nuova, lavoro part time come receptionist, solo il martedì ed il giovedì. Insomma è per pagarmi gli studi, la facoltà di giurisprudenza è dura ed io devo...- Nick sorrise a quella ragazza sorprendentemente logorroica - scusa- disse lei portandosi una mano alla bocca -parlo troppo, lo so. Anche mio padre lo diceva sempre che...lo sto facendo di nuovo-
Nick rise forte e quando si rese conto di quello che stava facendo per poco non si strozzò.
Lui stava ridendo?!
- come ti chiami?- chiese alla bionda
-Allison, Allison Cooper, ma tutti mi chiamano Allie- rispose lei portandosi una ciocca dietro l'orecchio
- io sono Nick...-
-Jonas- concluse la ragazza per lui -ero una grandissima fan dei Jonas-
Il sorriso di Nick si storse giusto un po’, era ora di terminare quella conversazione.
- bene Allie- cominciò -allora ci vediamo-
Si allontanò lasciando la ragazza interdetta nel bel mezzo del marciapiede.
Allie.
Era davvero carina, doveva ammetterlo, ed era anche simpatica! Nessuno era riuscito a farlo ridere così spontaneamente negli ultimi anni; certo nonostante questo non era nemmeno lontanamente paragonabile a...
Scosse la testa, non doveva pensare.
Doveva trovare un modo per distrarsi, per staccare con tutto e tutti; era così stanco di dover affrontare ogni singolo giorno i suoi traumi adolescenziali.
Era cosi difficile...
Ogni volta che gli sembrava di essere riuscito ad andare avanti, poi si scopriva ancora allo stesso punto.
C'era sempre qualcosa che gli ricordava lei, doveva distrarsi.
Poi mentre apriva la portiera della macchina si illuminò.
Distrarsi? Quale migliore distrazione di una bella ragazza?
Gli vennero i brividi solo a pensarlo, ma di certo non poteva andare avanti così, non dopo due santissimi anni!
Doveva provare almeno.
Così il giovedì successivo e quello successivo ancora si era ritrovato in quell'edificio che odiava a cercare in una ragazza, con cui aveva scambiato due parole in croce, neanche lui sapeva bene cosa.
Una musichetta proveniente dal suo cellulare lo fece sobbalzare distraendolo dal suo sogno ad occhi aperti.
Lasciò cadere la matita sul foglio bianco poggiato sulla scrivania ed afferrò l'iPhone.
-hei bello!- sentì dall'altro lato
-Tyler, come va?-
- mai stato meglio - ridacchiò Tyler
- mi fa piacere, è successo qualcosa di speciale?-
-oh, neanche immagini, hai da fare domani mattina?-
Nick ci pensò un attimo -no, devo essere in studio per le 12-
-perfetto allora ti offro la colazione- e riagganciò
Tyler e la sua stupida abitudine di non salutare.
Già, Nick e Tyler erano diventati amici, e non due semplici amici, lui ormai era il suo migliore amico.
Dopo tre anni Tyler era ancora follemente innamorato di Jamie e lei di lui, stavano solo aspettando di realizzarsi economicamente per sposarsi.
Sorrise pensando a Jamie e Tyler; loro erano la prova vivente che l'amore vero esisteva.
Lo sguardo gli cadde sulla cornice poggiata sulla sua scrivania.
Lui e Allie sorridevano all'obbiettivo contenti.
Sospirò.
Amava Allie? Non lo sapeva.
Sapeva solo che quello che era iniziato come un gioco, una distrazione, era diventato qualcosa di più grande.
Si era affezionato ad Allie e stava davvero bene con lei; lei era l'unica che riusciva a farlo ridere, era l'unica che riusciva a farlo sentire ancora un essere umano.
Si, perchè quando Ronnie se n'era andata, lui somigliava più ad un vegetale.
Non sapeva se l'amava, ma era convinto che non avrebbe mai amato nessuno come aveva amato lei, quindi che importanza aveva?



 

*     *     *
 

Eccoci qui *-*

Quanto fa schifo? su non temete ed esponetemi le vostre opinioni u.u
 

  
 

   
 
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