Uscire
la sera a ballare non era sempre un piacere. Dove la popolazione
è formata
prevalentemente da emigranti maschi è difficile andare in
una sala da ballo e
trovare una compagna di danza per una notte. A St. Louis, come in tutte
le
altre città americane di quel periodo, se volevi che una
donna accettasse di
ballare con te dovevi davvero essere bravo, altrimenti rimanevi a fare
da
tappezzeria. In quegli anni andava tanto di moda invitare le donne a
ballare un
tango, un nuovo ballo nato nell’America latina e che i
rompipalle perbenisti
del vecchio continente non apprezzavano ma che in America del nord
aveva un
gran successo. L’unico modo che gli uomini avevano per
imparare a ballare il
tango era accontentarsi di provare con altri uomini.
Mario
era un emigrante italiano, già da qualche decina
d’anni in America alla ricerca
di lavoro. Era il tipico italiano: capelli castano scuro, leggermente
mossi,
gli occhi color nocciola, la pelle olivastra, che si abbronzava
facilmente, era
abbastanza basso ma il lavoro ai cantieri navali gli aveva dato un
fisico
scolpito, senza eccessi. Non era però un bravo ballerino,
anzi, era davvero
pessimo e per quanto fosse un ragazzo di bell’aspetto si
ritrovava perennemente
a sorreggere il muro mentre gli altri si scatenavano in pista.
Così dopo
l’ennesima serata passata ad essere lasciato nel bel mezzo
della pista dopo due
soli volteggi decise di prendere qualche lezione. Un suo amico gli
aveva
consigliato un bravo maestro che aveva una sua sala in periferia. Per
arrivarci
Mario doveva prendere il tram e girare praticamente di notte ma decise
che ne
valeva la pena. Il maestro, Sebastian, era un tizio rigido e serioso
che non
sembrava mettere molta passione nell’insegnamento ma che
ballava divinamente.
Insegnava i passi base ma ogni volta che qualcuno sbagliava si metteva
e
borbottare incazzato e faceva ripetere a tutti lo stesso passo per
almeno cento
volte. Mario capì che non avrebbe imparato un accidente e
decise che non
avrebbe pagato le lezioni del mese successivo ma poi cambiò
idea quando ad
affiancare lo scorbutico maestro arrivò Fabrice.
Contrariamente
a quello che suggeriva il nome, Fabrice non era francese ma era di
origini
tedesche dalla parte del padre e messicane da parte di madre, ed era
davvero
uno strano connubio il suo, quasi esotico. Dalla famiglia materna aveva
preso i
capelli neri e lisci, gli zigomi lati e il taglio degli occhi insolito,
mentre
dalla famiglia paterna aveva preso la pelle molto chiara e il colore
degli
occhi: un blu chiaro ma non al punto da poter essere definito azzurro.
Si doveva
alla famiglia paterna probabilmente anche la sua alta statura mentre il
fisco
asciutto e longilineo era opera delle molte ore passate a ballare.
Fabrice era
un ballerino professionista ricco sfondato ma che non aveva dimenticato
le sue
origini borghesi e per ammazzare il tempo offriva lezioni di danza a
asso
prezzo. Amava ballare sopra ogni altra cosa, lo si vedeva dallo sguardo
sognate
che aveva ogni volta che eseguiva un passo, da come muoveva
sinuosamente il
corpo al ritmo, senza mai sbagliare. Non ballava solo il tango ma anche
balli
classici e sudamericani, spesso mostrava come arricchire il tango con i
passi di
altri balli. Aveva uno stile unico che Sebastian sembrava invidiargli
fortemente. I due maestri non ballavano mai insieme, neppure per
mostrare dei
passi nuovi, la competizione fra loro era così lampante che
soltanto un idiota
non se ne sarebbe accorto.
Mario
continuò a frequentare il corso ma era decisamente negato,
era una di quelle
persone che avrebbero ballato male per tutta la vita. Eppure
continuò mese dopo
mese ad andare a lezione solo per avere
l’opportunità di stare di tanto in
tanto in coppia con Fabrice. La frustrazione di non riuscire a ballare
il tango
era sopportabile soltanto perché il maestro era meraviglioso
e danzare con lui
era un esperienza davvero unica. Per contro però Sebastian
era insopportabile
-Mi
sembra davvero inutile continuare a sprecare soldi così?-
gli disse una sera,
prima dell’inizio della lezione. Mario lo guardò
interrogativo –intendo dire
che in 5 mesi non hai fatto praticamente nessun progresso, sarebbe
meglio che
lasciassi perdere il tango e provassi con qualche altro ballo-
sembrò
ripensarci a quel punto e aggiunse -comunque i soldi sono tuoi! Fai
come ti
pare!- Mario rimase seduto nel camerino a fissarsi le mani per un tempo
lunghissimo. Per quanto stronzo potesse essere, Sebastian gli aveva
detto la
verità, probabilmente Mario non sarebbe mai riuscito a
ballare decentemente e
sprecare i soldi in quella maniera era assurdo, visto che in fondo lo
faceva
soltanto per stare con Fabrice. Forse era meglio chiedergli
direttamente di
uscire, essere rifiutato e tornare a casa a leccarsi le ferite. Alla
fine di
quel mese, quando era arrivato il momento di rinnovare
l’abbonamento alle
lezioni per un altro mese, Mario decise che avrebbe rinunciato e
infornò
Sebastian
-Era
ora che lo capissi- sbuffò l’uomo, simpatico come
sempre –Fabrice è di là se lo
vuoi salutare- Mario lo fissò perplesso ma Sebastian finse
di continuare a
scrivere e gli fece segno con l’altra mano di sloggiare.
Mario rimase
perplesso, non sapendo bene cosa fare ma prima di riuscire a decidere
Fabrice
uscì dallo spogliatoio e lo andò a salutare
-Penso
che non verrò più a lezione- gli disse e il
maestro ne sembrò sorpreso e
intristito
-E
perché?-
-Perché
fa schifo e non migliorerà mai- si intromise Sebastian
-Tu inizia
a fare lezione invece di origliare le conversazioni degli altri- gli
disse
Fabrice fulminandolo con lo sguardo. Sebastian alzò le mani
in segno di resa e
andò ad iniziare la lezione -Mi dispiace che te ne voglia
andare- gli disse il
maestro quando rimasero da soli
-Anche
a me- ammise Mario
-Ti va
di ballare ancora una volta?- gli chiese Fabrise -adesso?-
-Ma
non ho portato i soldi per pagare la lezione-
-Se
per una lezione non paghi non andrò in bancarotta!-
-Bhè…
allora penso che vada bene- Fabrice gli sorrise e lo portò
in una saletta
privata
-Per
questa volta saremo solo noi due- gli disse con un sorriso aperto e
luminoso
mentre però chiudeva la porta a chiave per non essere
interrotti. Mario arrossì
a quelle parole e si costrinse ad annuire mentre il maestro girava la
manovella
del grammofono e faceva partire la musica, non si era accorto che la
porta era
stata chiusa. Fabrice allungò la mano destra verso di lui
per invitarlo a
ballare e Mario accettò intrecciando le dita alla sue.
Fabrice fece scivolare
la mano sinistra sul suo fianco mentre Mario la fermò sulla
spalla del maestro,
lui aveva preso il posto della donna, come sempre, e Fabrice
iniziò a condurlo
nella camminata. I loro visi erano vicini al punto che i loro respiri
si
fondevano di tanto in tanto
-Dritto
con la schiena- gli sussurrò il maestro spostando la mano
sulla colonna
vertebrale dell’altro e lasciandola lì,
portò indietro il piede destro e Mario
incespicò non aspettandoselo ma riuscì a
riprendere il ritmo e a seguire
Fabrice in una baldosa. Ogni volta che il maestro decideva di guidarlo
in una
forma Mario perdeva il ritmo mentre cercava di ricordare quale sarebbe
dovuto
essere il passo successivo. Così alla fine
intrecciò le gambe e finì quasi per
cadere per terra. Fabrice riuscì a reggerlo ma si
lasciò sfuggire una risata
-Faccio
schifo- sbuffò Mario quando si rimise diritto
-Pensi
troppo- gli disse Fabrice gentilmente, ritornando a stringerlo a
sé e
accompagnandolo in una altro passo -guarda me, quello che faccio come
mi muovo
e non pensare-
-Non è
così semplice-
-Lo so
ma la base è questa: seguire i movimenti del patner, capire
ciò che lui
desidera e trovare uno spazio per se stessi-
-Credo
che abbia ragione Sebastian e che farò schifo per tutto il
resto della mia
vita- Fabrice si lasciò scappare una risata
-Temo
di si-
-E
allora perché continuiamo a ballare se faccio
così schifo?-
-Ricordi
quello che dico sempre del tango?-
-Dici
molte cose ma… - si bloccò incespicando
–cosa di preciso?-
-La
frase di Zotto-
-Nel
tango ci si conosce attraverso l’abbraccio?- citò
Mario. Fabrice si fermò di
colpo ma non smise di stringerlo a sé
-Si-
gli disse guardandolo diritto negli occhi –e tu cosa hai
capito dal nostro
abbraccio?- Mario abbassò lo sguardo sul suo petto
arrossendo, indeciso, ma lo
rialzò per cercare le labbra di Fabrice che lo accolsero
dolci e incerte.
Entrambi non erano sicuri che fosse una buona idea ma lo desideravano
ormai da
così tanto che lasciarono le loro remore da parte e si
godettero la dolcezza
delle labbra dell’altro, rimanendo abbracciati mentre la
musica continuava.
Sebastian
guardò Fabrice che da un po’ di tempo a quella
parte era incredibilmente
pimpante e sorridente
-Che
diavolo hai combinato?- gli chiese mentre aspettavano che gli allievi
finissero
di prepararsi
-Che
intendi dire?- gli chiese Fabrice continuando a sorridere
-Cos’è
quell’odioso sorrisetto che hai di continuo?-
-Non
posso essere contento?-
-Stai
scopando bene ultimamente?- Fabrice arrossì fino alla punta
delle orecchie
-Non
essere scurrile!- lo sgridò
-Però
è perché ultimamente ti stai divertendo che
sorridi?-
-Smettila!-
-Rispondimi!-
-Si,
va bene? Possiamo chiudere qui la questione?- Sebastian
fischiò impressionato,
era da un pezzo che Fabrice non si portava nessuno a letto, certe volte
era
troppo simile a un monaco
-E con
chi ti diverti la sera?- insistette ma l’altro fece finta di
non averlo sentito
–E con quel ragazzo negato per la danza che veniva qualche
mese fa, vero?-
-Non
sono affari tuoi!-
-Allora
è un si- rise Sebastian -cercate solo di non farvi beccare,
non ho la minima
voglia di gestire questo posto da solo!- Fabrice, anche se rosso come
un
peperone, gli sorrise. Era bello sapere che il proprio migliore amico
accettava
anche il fatto che lui stesse con un uomo.
- La storia partecipa alla Challenge "Dal nome alla storia (Only Slash)" di NonnaPapera! su EFP
- Il nome selezionato per la storia è Mario che significa "forte, virile" ed è usato come presa in giro perchè Mario si ritrova a fare la parte della donna mentre danza
- Il nome Mario l'avrei voluto anglicizzare ma visto che Marius faceva schifo ho deciso di tenerlo italiano
- Fabrice mi piaceva come nome, suonava bene. Il significato non ci centra niente con la storia perchè sarebbe "lavoratore, fabbro, artigiano" però mi piaceva quindi ho scelto quello
- Fabrice non lo volevo assolutamente francese perchè di belloni francesi a St Louis ne passano un po' troppi
- Sebastian è un nome altrettanto casuale e significa "illustre"
- La baldosa, se ve lo foste chiesti, è una figura del tango in 4 tempi in cui l'uomo fa un passo indietro, uno di lato, uno avanti, uno di lato e poi rimane sul posto per un tempo, il tutto a formare una specie di quadrato
- La storia è ambientata a Saint Louis principalmente perchè stò rileggendo i libri di Anita Blake, e in secondo luogo perchè per me è la città della musica e della danza, anche se Jazz. Peso che se dovessi andare in America andrei a visitare St Louis per prima
- L'anno non l'ho deciso ma è circa all'inizio del '900
- L'ultima battuata di Sebastian si riferisce al fatto che non era LEGALE per due uomini stare insieme in quel periodo e se si veniva beccati si poteva scontare anche il resto della vita in carcere
- "Nel tango, ci si conosce attraverso l'abbraccio" è una citazione di Miguel Angel Zotto (la A sarebbe accentata)
- Ancora una volta il banner è mio e non ci centra una cippa con la storia però mi piaceva l'immagine XD
- La storia è nata anche da una doujinshi yaoi sul tango e soprattutto da un documentario su Rai5 in cui si parlava, appunto, del tango
Bye!!!