Una casa fatta di due stanze
È forse il ricordo più dolce
della mia infanzia.
Partivamo per andare al mare, e
nel tragitto, passavamo sempre da Cremona.
Era una tappa fondamentale,
perché oltre ad essere la città natale, era il luogo di villeggiatura della mia
nonna materna.
Noi andavamo in vacanza per due
settimane ad agosto, e lei si fermava lì, nella sua casa, un piccolo
appartamentino fatto di due stanze, una cucina, e la stanza da letto, separate
da un pianerottolo comune che si apriva sulla rampa delle scale che portavano
al piano superiore.
Il bagno era una latrina, posta
all’esterno, alla fine del balcone in cemento, scura e maleodorante.
Era una casa piccola e vecchia,
ma chissà perché, a me piaceva quasi più del mio grande e comodo appartamento
moderno dove vivevo con la mia famiglia, in un'altra città. Mi dava un profondo
senso d’intimità, di cose vissute, di calore; ricordo quella volta che ho
dormito lì, con mia nonna e mia sorella, nel lettone alto che fu di mia madre. Era
come sentirsi al sicuro, dietro a vecchie porte bianche di legno un po’ gonfie
per l’umidità.
Mi piaceva il suono lievemente
ovattato, un po’ sordo delle mie scarpe su quel vecchio pavimento, su quelle
strane piastrelle bombate e irregolari, segnate da buchi qua e là, colorate di
uno strano rosso che ricorda il porfido. Ci camminavi sopra e sentivi sotto i
piedi le lievi sporgenze, i piccoli morbidi dossi; non era noioso come
camminare su un pavimento di piastrelle lisce e perfette.
Che cosa strana…
Ma mi piaceva.
Mi ricordo mia nonna in quelle
due stanze; serena, rilassata.
Tranquilla.
Felice.
Mi sembrava felice.
Con poco.
Me la ricordo, sul portone ad
arco che dava sul cortile interno della vecchia casa di via Manin, con il suo
vestito leggero blu a pois bianchi, che ci salutava con un sorriso, mentre noi
andavamo via.
Io avevo la sensazione assurda
che la abbandonassimo, e piangevo per questo.
Ma non era così.
In quelle due settimane, lei
ritrovava la vicina dirimpettaia, le chiacchiere con le amiche, il gatto che passava
dal balcone affacciato sul cortile e l’andava a trovare; ricordo di aver visto
il simpatico micio saltellare dietro una palla su quello stesso pavimento,
salire sul divano posto davanti al tavolo della cucina, dove mia nonna stava
seduta, e salirle su una spalla, per scendere poi, dall’altra.
E mia nonna, ferma che lo
lasciava fare. E io ridevo.
Alla fine delle due settimane
saremmo tornati a prenderla per riportarla a casa con noi. E avremmo mangiato
da lei, in quella cucina intima bianca, con la vecchia credenza alla parete,
prima di rimetterci in viaggio per tornare ai luoghi invernali.
Poi, un giorno è arrivato lo
sfratto del padrone.
E mia nonna, nella sua casa non
è più tornata.
Non è più tornata a Cremona. Non
è più andata da nessuna parte; restava ad aspettarci in città, quando si andava
in ferie.
E io non ho più rivisto quelle
due stanze, che avevano custodito tanta felicità.
Fine