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Autore: bravesoul    27/03/2011    1 recensioni
La vita scorre tranquilla.
Per la prima volta dopo tanto.
Fin quando qualcosa, qualcuno, un sassolino nello stagno la sconvolge.
E l'ordine viene distrutto, tutto si mescola, quello che si era conquistato vien perduto.
E' solo un'incidente ma li cambierà tutti, in modo irrepabile.
Prequel/sequel di " for those about Christmas" e " Blindess", ma si può leggere indipendentemente ( anzi, forse è meglio)
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anko Mitarashi, Gai Maito, Kakashi Hatake, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Behind These Hazel Eyes

-Silver Blood- Chapter 1

- Siamo solo al principio.

E’ strano leggere questa frase. Per un singolo secondo indugia tra gli occhi e il cervello, prima che questo la analizzi per bene e ne scopra il senso recondito e quanto mai profondo. Siamo solo al principio.  Comincia l’ opera di analisi, e per un istante- solo uno- ci diciamo no, che non è vero. Che non siamo solo al principio, che ci sono anni vissuti, scoperte fatte, pensieri passati per la nostra mente.

Ma poi, più osserviamo questa frase, più ci rendiamo conto della sua intrinseca verità.

Siamo solo all’ inizio. Siamo solo punti infinitesimamente piccoli di un enorme flusso, e ciò che noi sappiamo, ciò che noi siamo non è che un punto di un qualcosa di più grande, un qualcosa di cui noi possiamo conoscere solo un piccolo frammento e nulla di più.

Ma nonostante questo non riusciamo a vederci solo come minuscoli frammenti senza importanza. Quello che siamo, quello che proviamo ha per noi la massima importanza, ed è giusto che sia così.

Ogni storia raccontata, ogni vita vissuta ci rende quello che siamo, che importa  se siamo un solo punto nell’ infinito. Siamo un punto, un punto importante, un punto con la sua complessità.

Anche questa storia è la storia di un punto.

Un frammento umano, con la sua complessità, un punto in cui ci si può immergere senza mai risalire, senza che l’ ossigeno venga mai meno.

Perché è questo quello che facciamo, non facciamo altro che vivere la vita come un profondo tuffo nell’ ignoto, senza potere mai prendere fiato, continuando senza potersi mai fermare. Ma alla fine è questo  quello che ci piace, questa frenesia, questa impossibilità di porre fine all’ esplorazione dell’ ignoto. Ci fa male, a volte. Ci fa piangere, a volte. Ci fa morire dentro, a volte. Ma il tuffo nell’ ignoto continua e fa parte di noi, del nostro essere. Non sappiamo dove ci porterà, né il percorso che seguiremo. Sappiamo solo di dover continuare a nuotare, con i muscoli pesanti, con i polmoni che bruciano. E alla fine- solo alla fine- potremo prendere la nostra boccata d’ aria, sospirata o meno. -

La donna si scostò i capelli nerissimi dagli occhi, sorrise alla folla degli astanti. Fece un paio di passi verso il bordo nel ponte su cui si trovava, che dava su un passaggio di profondissimo oceano. Passò una mano sui propri fianchi, poi si voltò verso l’ oceano, sorrise, prese la rincorsa e si lanciò nel vuoto, tuffandosi.

Rise, rise, mentre la superficie del’ acqua si avvicinava.

Il suo esplorare l’ ignoto cominciava e finiva con quella storia.

 

 

 

***

Le labbra si poggiarono su quella pelle liscia e fredda. Cominciarono a muoversi in piccoli circoli, lasciando una miriade di piccoli baci, mentre l’ epidermide altrui cominciava a risvegliarsi e un brivido di piacere percorreva il corpo.  La lingua indugiò dolcemente sulla pelle, attardandosi attorno a quei capezzoli maschili, solleticandoli sino allo spasimo, mentre le labbra si chiudevano attorno agli stessi, succhiando con dolcezza. Le mani da donna scivolarono dolci per quel corpo, sfiorando le labbra altrui.

Quelle labbra si svegliarono, raccolsero quelle dita dolci, le baciarono con passione, i denti  morsero i polpastrelli con delicatezza, la lingua passò  sulle unghie mangiucchiate soffermandosi su ciascuna piccola scalfittura, imprimendola nella memoria.

 La creatura maschile aprì gli occhi, svegliata da quelle carezze sensuali e dolci. Sorrise, ancora col sapore delle mani amate sulle labbra carnose e ben modellate.  La creatura femminile sorrise civettuola e maliziosa, con passione  baciò l’ uomo, lo strinse. La lingua si insinuò nella bocca altrui, le labbra si sfiorando, si colpirono, godendo di quel contatto fugace e prezioso. Le lingue si sfidarono, le mani si insinuarono tra i capelli viola di lei, argentati di lui. La ragazza si staccò, appoggiò le ginocchia sul materasso, si mise a cavalcioni dell’ uomo, col pube immediatamente sopra quello dell’ uomo, continuando a fissarlo con quell’ aria maliziosa che lo faceva impazzire.

Lui rise, rise, ricambiando quello sguardo voluttuoso.

-  Vieni qui…- disse con voce dolce e suadente.

La donna sorrise e si avvicinò, docile, ma con uno sguardo selvaggio.

Gattonò sino al volto dell’ uomo, leccandogli il torace, e fissandolo sempre con quello sguardo felino.  Lui l’ attrasse a sé, la baciò con passione, di nuovo, poi all’ improvviso la ribaltò, finendo lui sopra di lei. Le bloccò i polsi, spingendoli contro il cuscino e tenendoli stretti tra le proprie mani, poi cominciò a baciarle il collo con passione, poi giù giù sino al seno, trattenuto da un reggiseno semplice di pizzo nero. Alzò la testa la fissò negli occhi, famelico.  Baciò il seno della donna, poi scese sempre più giù, mordicchiò l’ ombelico, leccò con avidità quella piccola cavità.

La donna lo serrò tra le proprie gambe, come in una morsa, l’ uomo le lasciò un polso, le tirò giù il tanga di pizzo nera con una mano, indugiando dolcemente al contatto con la natica della donna.

La ragazza rise, socchiuse le labbra, passò la lingua su queste, il respirò accelerò, a mano a mano che l’ uomo sfilava quelle mutandine.

Il cuore dell’ uomo accelerò, le mani si fecero fameliche, accarezzò i peli del pube della donna, con fare divertito, poi avvicinò la lingua al pube della donna, esitando di proposito, per farla eccitare ancora di più.

Abbassò il capo, carpendo l’ impazienza della donna, socchiuse gli occhi…

Trin… trin..

- Non è possibile…- sussurrò la donna, mezza scocciata, mezza divertita. Avrebbe voluto che lui continuasse, avrebbe voluto che continuasse quel gioco tanto eccitante, che lui mandasse a cagare chiunque lo stesse chiamando per stare con lei.  Ma sapeva che non sarebbe successo, loro due non potevano mandare a fanculo chi chiamava, soprattutto se era il cellulare del lavoro a squillare.

Lui si morse le labbra. Le aveva promesso che quella giornata sarebbe stata per loro due, che non sarebbe andato a lavoro. Fissò per un secondo il cellulare, fece per rispondere, poi cambiò idea e rifiutò la chiamata.

Fece per riprendere tutto da dove l’ aveva lasciato, con somma felicità della compagna, quando il telefono di casa squillò.

 Con uno sbuffo di irritazione l’ uomo si alzò dal letto, fissò la propria donna, che a sua volta sbuffò e mise il broncio.

- Anko… magari è importante…- si scusò lui, consapevole di averla indispettita.

- Muoviti a rispondere, Hatake.- rispose lei, rigirandosi tra le coperte.

L’ uomo scosse la testa e rispose. Non ne andava mai bene una…

Rispose con voce severa, quasi annoiata. Le labbra carnose rimasero senza espressione, non si piegarono in alcuna smorfia di disappunto. Anko le fissava, ebbra di quelle appendici, vogliosa di vedersi muovere, di vederle assumere quella piega amara e scocciata. Ma.. quelle labbra si piegarono in un sorrisetto stranamente compiaciuto, gli occhi neri rilucettero di divertimento e di qualcos’altro.

Riattaccò il telefono ridacchiando, si passò una mano tra i capelli.

Le lo fissò, nella sua nudità completa. Aveva un corpo longilineo e snello, muscoloso. Due ampie spalle, il torace ben disegnato e  le cosce modellate su muscoli allungati e possenti. Gli occhi si spostarono su qualcos’ altro di assai meno pudico, indugiando sugli slip aderenti che non lasciavano molto all’ immaginazione.

Lui ridacchiò, si sedette sul letto, si passò le mani tra i capelli, prese il viso tra le stesse, sempre ridacchiando divertito. Poi le si avvicinò, la baciò sulla spalla nuda, su cui spiccava un tatuaggio nero.

Lei si ritrasse, scontrosa. – E’ sempre la solita storia.-

Lui le passò una mano tra i capelli. – Guarda che volevano te. – lo disse in tono indifferente, ma era estremamente divertito dalla cosa, e non aspettava altro che la reazione della compagna.

Che non tardò.

La donna si tirò su di scatto, lo guardò con sospetto. – Mi stai pigliando per il culo?-

Lui la fissò negli occhi con assoluta calma. – No. Volevano te.-

- Allora perché cazzo hanno chiamato te sul cellulare?-  

Lui sbadigliò, si passò una mano sugli occhi, indugiando nello sfiorare una cicatrice che ne attraversava uno. Era sempre strano, trovare la pelle tesa e più delicata, sebbene fossero passati molti anni. – Perché tu non rispondi mai, Anko. E poi sapevano che saresti stata a casa con me. – Si girò, appoggiò la testa sul cuscino di piuma d’ oca, le diede le spalle, mentre lei lo guardava schiumante. Chiuse gli occhi, piegò le labbra in un sorrisetto malizioso. – uno… due… tre…-  sussurrò, senza che l’ altra lo sentisse.

Lei si avvicino, gli diede un bacio sul collo, passò le mani tra i capelli argentati del compagno, lo  fece girare, lo fissò dritto in quegli occhi neri che la facevano impazzire. Parevano dei pozzi senza fondo.

- Ti hanno detto che volevano?- la donna arrossì leggermente, era lei ad avere rovinato tutto, quella volta. Ma non lo avrebbe mai ammesso, MAI.

- E’ per la cosa sotto copertura, l’ affare con Itachi. – disse lui, divenendo di colpo serio.

La ragazza si sedette sul letto, mentre gli occhi ambrati si indurivano un poco, perdendo l’ aria giocosa e maliziosa. – Merda…- si alzò di scatto, fece per andare in bagno, poi si voltò a guardare l’ amante.

-  Rimani a casa a dormire… non c’è bisogno di te in centrale, vero?- una strana inafferrabile paura l’ aveva attanagliata, facendole stringere le viscere e tremare internamente. Si chiese cosa fosse. Non ebbe risposta, ma quell’ oscure presentimento indugiava tra la lingua e il palato, più giù nella trachea, sempre più giù ad ogni respiro sino a riempirle i polmoni di una strana aria pesante come un macigno, che le opprimeva il petto ed il cuore giovane.

Kakashi non capì. Non capì quell’ ansia, lui era calmo, come sempre. La fissò, notò qualcosa sotto la scorza, sotto la pelle della donna, ma non vi fece caso. Quella sensazione non gli apparteneva, non credeva nei presentimenti, lui. La vita gli aveva insegnato a fidarsi solo di se stesso e delle sue sensazioni. E il suo istinto… Il suo istinto gli suggeriva fiocamente di darle ascolto. Ma qualcosa di più forte, la mente razionale, gli diceva di non ascoltare che erano solo paure illegittime, paure stupide ed infingarde.

- No, ma non c’è ragione di restare a casa se non ci sei tu. Ti accompagno, non ho più sonno.-

Mitarashi rimase immobile, congelata, basita. Quel peso rischiava di soffocarla. Ma lei, lei non credeva in quelle stronzate, non credeva  nei presentimenti, lei… lei…

- Resta a casa, oggi. Non… - l’ uomo la baciò con dolcezza, la strinse, cancellando quel peso opprimente. La strinse come se la stesse per perdere, la strinse con quella forza che è possibile comunicare solo con un addio definitivo, ma nessuno dei due lo notò, nessuno dei due se accorse. Rimasero stretti per qualche secondo, assaporando quel contatto, assaporando le mille parole non dette che non avevano bisogno alcuno di essere pronunciate. Bastava quel silenzio, bastava il rumore graffiante del respiro, bastava rimanere vicini per sentirsi invulnerabili.

La baciò di nuovo con dolcezza, indugiò su quelle labbra per non rischiare di dimenticare quel sapore strano di mora che le aleggiava sempre sulle labbra, voleva ricordare per sempre quel tocco leggero e morbido. Non sapeva perché, Ma sentiva che doveva stamparsi a fuco quel momento nella memoria, come se il fragile equilibrio che era riuscito a costruire fosse sul punto di crollare inesorabilmente.

Ma non poteva essere.

NO, si disse.

La vita non poteva combinargli anche quella.

Non ora che voleva…

Il pensiero gli sfrecciò per la mente, ma lo scacciò, nella paura che qualcosa succedesse.

Ripensò a un certo oggetto nascosto con cura nella tasca di una giacca, poi scacciò anche quell’ immagine, non voleva crogiolarsi, né fantasticare.

Gli era già costato abbastanza.

Chiuse gli occhi, ascoltò il rumore dei battiti del cuore della donna amata, poi sorrise e le diede un pacca sul culo.

- Muoviti o farai tardi, fannullona.-

Lei si voltò con uno sguardo omicida.- Guarda che quello in ritardo sei sempre tu, ebete.-

Gli morse a sangue il collo, mentre lui si divincolava.

Rise, guardando il sottile rivolo di sangue che colava per il collo dell’ albino.

Non avrebbe riso più di quel sangue perso.

Un goccia rossa  si infranse al suolo.

Non sarebbe stata l’ unica di quel giorno maledetto.

 


 

Manca l’aria

***

Note di Brave, perché quello che scrive non sempre è chiaro :

Iniziamo col dire che questa fic è un sequel-prequel di Blindness &    For those about Christmas ,due  shot che avevo scritto un po' di tempo fa. Fatto sta che mi frullava da un po' l' idea in testa  di continuarle o comunque di contestualizzarle... e così ho deciso di farlo!

Spero di non fare un casino- come mio solito- anche perchè ci tengo abbastanza a questa fic, che mi sta davvero prendendo e di cui ho già scritto altri capitoli- ed è la prima volta che pianifico, davvero, sono un genio del male ... MUAAAH..

Comunque se vi piace, se vi colpisce, in qualche modo- anke negativamente- mi  farebbe piacere se postate una recensione, anche negativa.

ps--> il primo capitolo è erotico ( ma va?!) . Volutamente. Perchè non si può parlare di Kakashi ed Anko senza l' erotismo, è una componente essenziale. E pperchè rappresenta bene una fic del genere, che sarà un po' fosca, un po' borderline, un po' folle.

Detto ciò, spero davvero vi piaccia.

Brave

Credits: Kelly Clarkson- il titolo- e per l' ispirazione si ringraziano P!nk, Three Days Grace, Nickelback, Seether, Shinedown etc,,,, =D

qqqq  --> questo è il banner che ho creato pensando a questa fic, le scritte in giapponese significano " Kaos e Cosmo"

  
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