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Autore: FuoriTarget    28/03/2011    7 recensioni
[Andre con un sorriso malefico si fece ambasciatore per tutti: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come una bistecca alla griglia- ...
-Non gli abbiamo detto nulla perchè lo conosciamo, sappiamo che manderebbe tutti al diavolo- ...
-La sera della tua festa, quando lei è salita sul tavolo a ballare, credevo che gli sarebbe esplosa la testa- tutti risero in coro con lui.
-Sei mesi... e non hanno mai detto nulla!?- ... ]
Manuel e Alice, due universi che si scontrano in una Verona ricca e piena di pregiudizi. Un rapporto clandestino nascosto a tutto il resto del mondo che si consuma lentamente, una passione ardente che diventerà dipendenza vera e propria.
E forse, se il Fato lo permetterà...Amore.
Ebbene si postato il capitolo 18!! Gelosia portami via...
In corso revisione "formale" dei primi capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Relazione Clandestina





-15-






Perché negarsi quei baci, quell’odore, quel sapore?
Perché era rimasto lontano da Alice?
Non lo so.
Chissenefrega.
Nulla aveva più significato al di fuori di quella stanza, di quel letto. Nulla che non fosse Alice.
Prese i bordi della sua camicia da notte finiti di nuovo sui fianchi e la liberò da quell’inutile pezzo di stoffa sfoderando una gran fretta. Doveva vederla, toccarla, stringerla, per convincersi di essere lì davvero.
Quando finalmente aveva finito di spogliarla, lei si era sentita nuda in troppi sensi. Troppo inestinguibile era la voglia di lui, troppo il desiderio di essere stretta di nuovo tra quelle braccia forti. Era troppo e basta. Come tutto quello che riguardava lui.
Fu istintivo portarsi le braccia al petto per coprirsi ed evidentemente Manuel non capì.
Lo lasciò perplesso.
L’aveva vista nuda un sacco di volte, conosceva ogni pregio e difetto, ogni virgola della sua pelle chiara e ogni segno sulle ginocchia. Aveva forse cambiato idea?
Le prese un polso senza scostarlo, solo per attirarne l’attenzione in modo che almeno lo guardasse negli occhi.
-E’ passato tanto tempo. Magari tu non..-
Non poteva essere imbarazzo quello che le spezzava la voce, non con Alice Aroldi.
Quella Alice che si era inginocchiata ai suoi piedi nei bagni del BM, quella Alice a cui aveva rotto infinite paia di calze, quella Alice che portava la cicatrice di un suo morso su una coscia.
La zittì prima che potesse finire la frase andando a mettere più forza nella presa sul suo braccio.
Non furono parole ma solo un sibilo roco a farle capire che non aveva da temere, che nulla era cambiato. Cedette. Si lasciò scostare entrambe le braccia e baciare la fronte, le palpebre, gli zigomi, il naso e le labbra.
Subito il ritmo nei movimenti del ragazzo cambiò, non quello frenetico e scostante a cui l’aveva abituata, ma uno più impaziente incatenato con la brama che aveva letto prima nei suoi occhi.
Manuel si buttò a capofitto sulla sua pelle, facendosi scorrere la punta del seno nelle intercapedini tra le dita ed era talmente preso da non accorgersi della forza con cui la mordeva o dell’impeto con cui stringeva le costole, si faceva guidare solo dai suoi gemiti, ad ogni fiato aumentava o calava la presa, assolutamente incapace di ragionare.
Sentì la punta fresca del suo naso scorrere dalla gola al centro dello sterno lasciandole un piccolo bacio sulla sinistra, la dove batteva sordo il cuore.
E tornò a rallentare in maniera irritante, scendeva al centro della pancia, la barba le raschiava la pelle laddove subito dopo era certa avrebbe sentito le sue labbra addolcirne l’irritazione. Le dita scivolarono tra i capelli neri senza che Alice ne avesse previsto i movimenti, e strinse, accarezzò e tirò eppure non lo smosse dal suo percorso.
Qualcosa le diceva di lasciarlo fare, di lasciare che la esplorasse per scoprirla di nuovo come fosse la prima volta; al tempo stesso lo desiderava, non aveva più alcun dubbio, voleva la sua irruenza, la sua passionalità, sentire i baci, i morsi su tutto il corpo ormai non bastava più.
Trattenne il fiato quando la mano del ragazzo raggiunse le mutande nella speranza che le afferrasse e le togliesse con foga com’era sua abitudine anche a costo di romperle. Restò delusa perché le dita di Manuel scivolarono di nuovo sulle natiche afferrandole più saldamente per correre sul retro delle cosce fino alle ginocchia. La trovò più magra di quanto ricordasse, con quei muscoli inesistenti che parevano attaccati alle ossa per una forza misteriosa, mai flaccida, nonostante la magrezza disarmante gli aveva sempre fornito agganci e carne su cui artigliarsi. Tonica e nervosa. Piacevole da toccare, da stringere.
-Dio Ali, cazzo..cazzo!-
Alice sapeva di fresco e di pulito, come i suoi occhi che lo seguivano in ogni mossa, limpidi e puliti anche al buio. Ogni suo gemito sospirato scatenava in lui gli istinti umani più bassi e nascosti.
Dalle gambe risalì verso il ventre arrampicandosi con le labbra su ogni centimetro, pian piano tornò fino alla piega dell’inguine nella quale affondò col volto per morderla. Finalmente le arpionò le mutande sfilandole in un unico gesto, senza esitazioni, la aiutò a liberarsi dell’intimo che finì lanciato fuori dal letto.
Era strano come si sentisse imbarazzata e al tempo stesso con la voglia di aggrapparsi a lui per tutta la notte e oltre. Nemmeno la prima volta erano stati così cauti, ne ricordava la frenesia, la voglia di essere di nuovo guardata da quegli occhi neri di lussuria e i vestiti che volavano. Intanto Manuel riprese la posizione di prima, con le ginocchia accanto ai suoi fianchi e per un lunghissimo minuto rimase immobile a scrutarla in viso accarezzandole i capelli.
Fu lei a spingerlo al passo successivo. Gli afferrò la spalla per avvicinarlo e baciarlo su una guancia lasciva, dopodiché dedicò tutta la sua attenzione ai boxer blu che ancora indossava, senza indugi li abbassò facendogli capire le sue intenzioni, Manuel cambiò posizione per facilitarle le operazioni ma non mosse un dito nemmeno quando Alice gli prese la mano riportandola al suo petto per fargli sentire il battito del suo cuore sordo e veloce sotto le ossa.
Di nuovo il ritmo dei movimenti ebbe un’impennata di frenesia.
Le dita di Manuel corsero fino alla fine del ventre scivolando in basso immerse nei mormorii sconnessi di lei. Ondate cicliche di calore si espandevano per il suo corpo in armonia con i movimenti della mano di lui affondata tra le cosce. La conosceva al punto da poterla spingere sempre sull’orlo del baratro e riportarla indietro beandosi delle suppliche senza senso che gli mormorava sulla pelle della spalla. E la baciava ogni volta che sfiorava l’orgasmo.
Mai avrebbe scordato i baci di Manuel, sempre uguali sempre pieni di parole non dette: con quell’inizio lento e profondo che l’accarezzava prima di leccarle il labbro inferiore e catturarlo tra le labbra.
Il corpo le pulsava, cercava di vezzeggiare anche il suo ma i movimenti non trovavano coerenza in quel tripudio di piacere e scintille.
-Dio quanto sei bella, Ali-
Quel tono di preghiera la fece sorridere e di nuovo ritrovò la lucidità per agire. Gli scostò a forza la mano costringendolo a guardarla negli occhi mentre alzava le gambe per allacciarle ai fianchi del ragazzo e avvicinarlo al suo bacino. Fu un segnale inequivocabile.
-Aspetta aspetta, devo metterlo- mormorò quasi in imbarazzo per essere costretto a interrompere quel silenzio che sapeva di sacro.
Di nuovo strinse la presa delle gambe e lo tirò a se: -Non c’è bisogno, prendo la pillola da aprile-
Si trovò spaesato, ancora più eccitato di prima.
Se era stato lento ed accorto fino a quel momento non era stato solo per lei, ma in parte era lui ad averne bisogno, voleva godersela, voleva respirare Alice fino all’ultimo quella notte. Non voleva perdere un centimetro ne un soffio di lei. Aveva atteso e cercato di dimenticare al tempo stesso, decidere di separarsene volontariamente era stato un dolore che non avrebbe potuto immaginare, ed ora poteva averla di nuovo, ed era un sogno.
Ora la voleva. Tutta.
Le passò un braccio sotto la schiena e uno dietro la nuca e la strinse a se in un abbraccio di forza, incurante di schiacciarla o farle male. Alice non respirava.
Di nuovo lei fu il suo sole e la sua luna, il giorno e la notte, l'acqua e l'aria, l'amore e l'odio, la vita e la morte.
La strinse fino a perdere il confine con il proprio corpo, millimetro dopo millimetro la imprimeva nella memoria per non dimenticare mai più il modo in cui con solo un abbraccio gli placava l’animo e disperdeva ogni sua nebulosa preoccupazione.
La trovò calda e accogliente e gli parve d’immergersi in un mare di lava morbida, quelle sensazioni nuove e devastanti minarono il suo autocontrollo tanto quanto i gemiti e le parole sconnesse di Alice. Come se fosse tornato alla prima volta, l’emozione era troppa per essere contenuta in un solo corpo, tutta lì nei polmoni. L’odore dei suoi capelli era ovunque, insieme al calore del suo corpo che pian piano risaliva dal ventre fino alla gola e al cervello.
Perso, si muoveva con l’inerzia dei suoi ormoni impazziti e del sangue che pulsava nelle tempie.
Forse le confessò segreti impronunciabili o parole dolci che in altri momenti non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle, il giorno dopo non avrebbe saputo dirlo; era perso, assolutamente fuori di senno, perché Alice era Alice per lui e quando la baciava e lei lo guardava negli occhi quasi gli veniva voglia di piangere.
Non lo fermò mai, anche se all’inizio fu costretta a stringere i denti finché il bruciore lentamente non si trasformò in una sensazione appagante che ad ogni spinta diventava uno spasmo di piacere vero e proprio. Non lo fermò mai perché era perfetto e modellata al suo corpo gli andava incontro senza sapere bene dove sarebbero finiti.
Sentiva caldo, e poi freddo, poi di nuovo caldo.
E la mano di Manuel si insinuò lì dove i loro corpi sembravano perdere un confine.
La incalzava sorreggendole la nuca per tenera più vicina a sé, fin quando non arrivò al limite fisico della sua resistenza.
-Cazzo…Cazzo!- ansimò con la bocca premuta contro il suo sterno: -Ali per favore non ce la faccio..- strinse le palpebre e la mano con cui le avvolgeva la spalla al punto da farle male.
Non gli rispose. O forse si ma senza rendersene conto; perché era lì, sul bordo del precipizio. Ancora una spinta, e cadde a occhi chiusi.
Mille scintille bianche esplosero silenziose nel vuoto e le sembrò come di essere inglobata dal materasso con lui in qualcosa di morbido e bollente.
Di nuovo non seppe cosa uscì dalla sua bocca, se grida sussurri parole o gemiti.
Riaprì gli occhi mentre Manuel ancora ansimava muto nascosto tra i suoi capelli, strinse le gambe e le braccia per avvolgerlo tutto. E sentì il suo cuore rimbalzare come un forsennato tra loro due.
Per un lungo minuto nessuno dei due si mosse, stretti l’uno contro l’altra nessuno trovò la forza di reagire.
Era davvero tardi quando si accorse che il suo cuore era rientrato nel petto e finalmente poteva respirare, si mosse sfiorandole l’orecchio con la punta del naso, inspirò ancora il suo odore andando incontro alla resa dei conti.
Alice gli impedì di cambiare posizione, sempre ancorata a lui che la premeva sul materasso, quindi capì che quello era il momento per dirle tutto. Avrebbe voluto guardarla negli occhi, eppure non aveva abbastanza coraggio.
-Non sai quanto mi sei mancata…- tirò dentro aria desiderando una sigaretta con tutto il cuore. Alice tremò.
-Tu sei qualcosa di… strano e.. caldo, che mi fa sentire vivo, e bene-
Che stava dicendo? Si sentì un pirla, non poteva costruire una frase di senso compiuto, con parole che sembrassero almeno di un adulto? No, quella cosa che gli era uscita era arrivata dal nulla.
-Ho provato a starti lontano, a ignorarti, a sostituirti. Avevo paura perché io questa cosa non posso controllarla e di nuovo sono scappato.-
Tentò di scostarlo per vederlo in faccia, ma si trovò a lottare con un fascio di muscoli che non poteva contrastare.
-Aspetta, io devo..-
Per un momento titubò incapace di aprir bocca, poi lo abbracciò sempre più forte con braccia e gambe e la stretta venne ricambiata con altrettanta forza.
Immobili, in silenzio. Entrambi.
Fu un sussurro che la strappò dal torpore in cui stava precipitando dolcemente, dapprima pensò di averlo sognato, spalancò gli occhi ascoltando il silenzio della stanza, poi si accorse di essere l'unica a star respirando. Per questo richiuse gli occhi accoccolandosi in quell’abbraccio prima di lasciarsi andare e rispondergli piano: -Si, anch’io-

“I lean against the wind, pretend
that i am weightless and in this
moment i am happy.”
Incubus


Dopo mille baci, infinite carezze e altrettanti sospiri c'era stata altra passione e le lenzuola erano finite tutte sul pavimento. Poi erano rimasti abbracciati, nudi con l'alba che scacciava lentamente l'oscurità dalla stanza e dai loro cuori.
C'erano ancora tante tantissime cose da mettere a posto e Alice lo sapeva bene. Ma le sue braccia erano esattamente dove avrebbero dovuto essere e il suo respiro regolare la cullava nel limbo del dormiveglia. Lo sentiva tranquillo, sperava che avrebbero potuto rimandare tutto a tempo indeterminato, o che magari quella notte bastasse a mettere in chiaro ogni cosa: sopra ogni dubbio aveva risposto all'unica domanda che gli aveva fatto il giorno prima, davanti a un paio di grammi di cocaina.
Eppure era bello stare lì senza pensare a nulla, senza porsi il problema di ciò che sarebbe successo di lì a breve, o di cosa avrebbero fatto usciti da quella stanza.
Alle dieci avevano appuntamento con il resto del gruppo per andare al lago, mancavano si e no cinque ore e l'unica cosa che sembrava impegnare Manuel in quel momento era cercare di prendere sonno.
Non si sarebbe certo aspettata di sentire la sua voce così presto. E così chiara, non arrochita dal sonno o dall'inutilizzo prolungato, parlò con poche pause senza darle la possibilità di fermarlo e tenendola stretta contro il suo fianco delicatamente. Dopo non ci fu quasi più nulla da mettere a posto.
-E’ cominciato tutto per scherzo.
Dopo l’infortunio mi sentivo uno straccio e gli antidolorifici sedavano il male solo per sforzi minimi. Correre, saltare mi mozzava il fiato in gola dal dolore, quindi mi fu chiaro da subito che non sarei tornato in campo tanto presto. Però c’era il campionato e volevo assolutamente vincere e farmi vedere in forma in modo che qualcuno della serie B mi notasse, avrei fatto di tutto pur di riuscire a fare il salto di qualità. Mio padre non desiderava altro che un figlio professionista da seguire, ed io in quel periodo non desideravo altro che la sua attenzione.
Incontrai Cheru al BM, ovviamente lo conoscevo, a scuola era già un personaggio noto a tutti e sappiamo entrambi perché; quella sera la gamba mi martoriava, quasi non riuscivo a stare in piedi nemmeno con la stampella, fu lui ad avvicinarmi vedendomi seduto ai divanetti in disparte. Sapeva tutto dell'infortunio, mi chiese delle terapie e dell'operazione poi mi chiese cosa prendessi per il dolore. Io mi lamentai dicendo che mi davano roba di merda e che all'ospedale stavo molto meglio, la gamba pulsava e il ginocchio era gonfio come un melone. Lì mi propose le anfetamine.
L’idea non mi entusiasmava granché ma ero disposto a tutto per tornare a giocare e feci il tentativo.
Mi informai su internet sulle dosi e sulla tossicità, pensavo che la dipendenza potesse essere tenuta a bada con la volontà, in fondo non mi ero mai piegato al fumo perché avrei dovuto fallire con quelle.
I giorni successivi pensavo di aver risolto tutti i miei problemi. Le anfetamine mi davano una gran carica, non sentivo la fatica e il dolore, potevo correre per una partita intera senza problemi. A quel punto mi convinsi di non aver più bisogno del fisioterapista e convinsi l'allenatore a farmi rientrare in squadra.
Ero instancabile, facevo allenamenti su allenamenti e miglioravo giorno dopo giorno, mi sentivo un Dio. L’effetto calmante sul dolore durava poco, lo bruciavo in fretta in campo, quindi aumentai le dosi gradatamente, pensavo di potermi controllare tenendo d’occhio in maniera precisa le pasticche. Andai avanti qualche mese, mio padre era felicissimo anche se l’ortopedico continuava a non spiegarsi la mia ripresa, eppure io correvo più di prima e avrei anche potuto partecipare ai provini della Benetton.
Il mio problema si presentò dopo qualche mese perche l’effetto delle anfetamine pian piano non mi durava più per una partita intera, quindi chiesi a Cheru qualcosa che avesse effetto più lungo, e tentammo la coca. Ci sentivamo due scienziati durante un test: sperimentavamo le dosi e la durata dell'effetto per diminuirle o aumentarle o mischiarle con altro. E lui era un genio della chimica.
Ho cominciato con un quarto di dose solo per giocare le partite, ma alla fine della scuola mi facevo quasi tutti i weekend e anche per gli allenamenti infrasettimanali. Ero sempre più invincibile, il ginocchio quasi non lo sentivo e non portavo più nemmeno il tutore per far bella figura ai provini.
Pian piano ho cominciato a usarla per tenermi sveglio per studiare, per uscire la sera a volte anche per scopare, e sempre in dosi maggiori.
Pagare quella era molto più complicato, mi finivano i soldi della settimana senza che me ne accorgessi, quindi Cheru mi propose di ripagarlo vendendo qualcosina a scuola e allo Zefirus.
A quel punto il basket era passato in secondo piano, fallii il provino alla Benetton e non arrivammo nemmeno ai playoff in campionato. Senza farmi in campo non duravo cinque minuti e fatto invece ero fin troppo euforico per concentrarmi sono sulla partita, mi innervosivo e finivo sempre fuori. Quando il coach cominciò a lasciarmi in panca mollai tutto.
Mio padre pensava che tutti i soldi che chiedevo fossero per le riparazioni della moto, le feste, il poker, computer e altre cazzate, perdevo peso molto velocemente, spesso mi scordavo addirittura di mangiare, mi bocciarono per le troppe assenze e ovviamente mio padre smise di parlarmi.
L’anno dopo finii in classe con quei deficienti degli Zonin che erano già stati segati l’anno prima e Charlie, tempo un mese e non li sopportavo più. Fortunatamente anche loro mi stavano più o meno alla larga perché sapevano che frequentavo Cherubini e Dave; l’unico che mi parlava e tentava sempre di trascinarmi fuori con loro era Jack.
Scoprirono come stavano esattamente le cose perché Lori, Lorenzo il fratello della tua amica pazza bionda, mi trovò fuori dal BM strafatto e le avevo pure prese da uno a cui Cheru mi aveva mandato a chiedere soldi, e mi portò al pronto soccorso.
Io conoscevo Lori perché giocavamo insieme un paio d'anni prima, e fu lui a chiedere a sua sorella di avvisare qualcuno perché sapeva che anch’io frequentavo le Stimate e pensava ci conoscessimo. E lei ebbe la brillante idea di chiamare Filo e Jack.
Quei due mi trascinarono a casa senza chiamare mio padre e in camera trovarono tutta la roba che dovevo dar via per Cheru, e per confermare ulteriormente la loro idiozia, buttarono tutto nel cesso lasciandomi quasi seicento euro da ripagare.
Da lì ho smesso.
Vedere le facce con cui mi guardavano mi fece imbestialire, ritrovai l’orgoglio e la volontà perché mi facevo schifo. Non potevo tollerare che Filo mi guardasse come un povero mentecatto incapace di tenersi in piedi.
Confessai tutto a Sonia implorandola di fare da intermediario con mio padre giurando a entrambi che avrei smesso, la mia fortuna fu che il corpo ancora non aveva sviluppato una vera e propria dipendenza, il cervello invece si. Promisi che mi sarei fatto aiutare e avrei ripagato da solo i debiti, non persi l’anno solo perché al centro per tossicodipendenti mi permettevano di andare a scuola la mattina e stare là il resto della giornata.
Ci passai quattro mesi, da Natale a fine aprile, gran posto di merda. Fu atroce, all'inizio nemmeno me ne rendevo conto: stavo bene, pensavo che sarebbe passata velocemente, invece se non avessi avuto quei due pirla degli Zonin a riportarmi sempre là sarei scappato dopo il primo mese!
Quando tornai a casa Filo mi aiutò a smontare tutto il vendibile dalla moto, e vendemmo un sacco di roba, diventammo due imprenditori di e-Bay. I pezzi con più valore li vendevamo per comprarne altri più scarsi da mettere a posto per salvare la moto perché io non ho mai voluto usare la vecchia auto di mia madre.
Vendevamo e compravamo di tutto pur di far soldi perché Cheru, per tenere la bocca chiusa col Preside, mi chiese altri soldi. Se a scuola si fosse saputo mi avrebbero buttato fuori, conosci la loro politica per queste cose, e se mi fossi fatto bocciare di nuovo mio padre mi avrebbe spedito a lavorare.
Stasera comunque ho finalmente estinto tutto, e mi sono pure preso un pugno.-
Fece una pausa per sistemarsi meglio il cuscino, la prima dall'inizio del racconto.
-L’unica nota positiva è che ho imparato a giocare benissimo a poker pur di spillare più soldi possibile…- emise una risata bassa contro la spalla di Alice senza una vera nota di divertimento.
-Perché non hai chiesto i soldi a tuo padre, avresti potuto chiudere prima la faccenda!- gli domandò a bruciapelo.
-E’ stata Sonia ad impormelo! Quella donna è una negriera: disse che avevo bisogno d'imparare dai miei errori e a riparare le cose con le mie mani. Ed aveva ragione, come sempre.
Credo che sarebbe stata un’ottima madre.-
Sospirò passandole la mano tra i capelli alla base del collo. -Ti ho lasciata andare quando mi hai chiesto di più perché temevo la tua reazione davanti a questa storia. Ora so di aver commesso l’ennesimo errore per colpa della mia inettitudine; mi ero illuso che tu potessi capire e stare meglio senza di me, che ti avrei portato solo dentro i miei casini e non lo meritavi.
Ai miei occhi sei sempre stata così pulita e perfetta non volevo intaccare il tuo candore.-
-Non sono così delicata ne senza macchia come mi vedi tu…-
-Infatti ora sei qui, non sei scappata. Ed io sono qui- le baciò la pelle morbida dietro l’orecchio: -Nudo, per la prima volta nel tuo letto- di nuovo rise senza divertimento e le soffiò contro parole che non si sarebbe aspettata.
-Non c’è pietà, ne compassione ne disprezzo nel modo in cui mi guardi, quindi per favore, ti prego, dimmi quello che stai pensando prima che impazzisca a scervellarmici sopra-
Alice prese fiato e si voltò verso la finestra per cercare di capire che ora fosse dalla luce.
-Non ti ho detto perchè ho cominciato a prendere la pillola qualche mese fa.- non era una domanda, ma il preludio per una rivelazione.
-Da più di un anno sono sottopeso. Non è che non mangi per una questione d'immagine, o che voglia dimagrire, solo che il cibo non vuole saperne di entrare, se mangio troppo mi sento scoppiare e sto male, per questo ho ridotto le razioni.
Questo ha portato a una progressiva perdita di peso, di tono muscolare dello stomaco e inoltre avevano smesso di venirmi le mestruazioni. Si chiama amennorea e in pratica vuol dire che il mio corpo mi stava dicendo che devo rimettermi in sesto perchè lui da solo non ce la fa. Così mi sono sforzata di mangiare almeno un piatto di pasta a pranzo e proteine la sera il tutto accompagnato da un bel po di condimenti per la gioia di mia madre e ho preso subito un paio di chili. A febbraio mi sono tornate e Edo prese malissimo la cosa perchè la associava al fatto che fossi ingrassata, e poi ho incontrato te.
La ginecologa mesi fa mi ha proposto la pillola per mantenere un ciclo regolare e ho subito accettato visto come si stavano mettendo le cose tra noi.
Quando ho incontrato te cercavo la salvezza, qualcuno che mi facesse sentire viva e bella pur con tutti i miei difetti. Ma ho trovato tutto tranne il principe azzurro…-
-Che vorresti dire??-
-Che tu non fingi. Sei te stesso e va bene così. Mi sono rotta di avere intorno gente che non è quella che credo. Qualsiasi cosa succeda tra noi non mi porterai mai fuori per farti perdonare ne mi scriverai messaggini mielosi la sera prima del compito in classe. Se starai con me sarà solo perché lo vuoi davvero, non perché ti servo. Mi hai aiutata quando non ero in grado di badare a me stessa e ti sei preso cura di me. Non fingi, non sei un leccaculo, se vuoi qualcosa te la prendi, ma mi guardi negli occhi e pretendi il mio consenso. Non mi scoperai mai in una vasca da bagno in casa d’altri per placarti le voglie senza il mio consenso e per poi lasciami lì mezza svenuta.-
-Ti ho già detto che mi sono arreso.-
-E questo mi basta-
Manuel si allungò meglio nel letto, come se finalmente qualcosa si fosse sciolto nelle sue articolazioni. In quel letto in ferro battuto bianco con lenzuola azzurre a nuvolette rosa, tra le braccia dell'unica persona che gli avesse fatto dimenticare se stesso per risalire al primo posto tra le sue priorità, finalmente, dopo tanto tempo sentì di essere a casa. Nel posto giusto e fatto apposta per lui.
Passarono istanti di stallo in cui entrambi gongolavano nel limbo della ritrovata serenità. Avevano combattuto per quel momento, si erano insultati e umiliati, erano fuggiti per poi ritornare, si erano persi in loro stessi ma alla fine eccoli lì, molto più lontano della notte molto più in alto del giorno, nell'abbagliante splendore del loro primo amore.
-Quindi non vuoi… che so… definire i termini di questo accordo??-
Alice sbuffò, più divertita che altro, e gli rifilò un pizzicotto nel costato: -Non è un contratto Manu-
-No, ma non sei la prima donna con cui ho a che fare, quindi so per esperienza che con voi prevenire è meglio che curare.-
Sarebbe stata dura con lui, Alice già lo sapeva, non era affatto certa di farcela ma era sicura di volerci provare fino in fondo.
-L’unica cosa che pretendo è la fedeltà, per il resto te l’ho detto, sei tu e ti accetto per quel che offri.-
Mai una ragazza l’aveva fatto sentire così. In orbita.
Si prese qualche altro secondo prima di risponderle per godersi l'effetto di quella frase.
-E tu cosa vorresti?- riprese Alice prendendolo in contropiede.
Tentennò un attimo, poi si rivoltò a pancia ingiù con le lenzuola a coprirlo fino al bacino, e lei lo seguì con lo sguardo mentre appoggiava le braccia e il mento sulla sua pancia.
-Ora come ora vorrei poter tornare indietro a qualche mese fa e non cedere quella sera alle tue grazie.- le rispose con la mente altrove intenta a creare mille possibili scenari, diversi da quello, in cui si sarebbero potuti trovare.
-Adesso col senno di poi, avrei voluto il tempo per fare come tutti: corteggiarti, riempirti di sms, portarti fuori. O non confondere il primo bacio con la prima volta che ti ho vista nuda o la prima volta che ti ho accarezzata. Scoprirti piano e godere del piacere della conquista. Detta così magari può sembrare una cosa sadica ma per certe cose ci vuole calma e pazienza.-
-E magari mi avresti voluta pure vergine?-
Fortunatamente l'ironia di Alice stemperò un po' l'atmosfera carica di rimpianti che albergava in entrambi riportandoli a ridere l'uno sulla pancia dell'altra.
-A dire il vero si, però saremmo dovuti tornare indietro al giurassico, non mi sembra pratico!- la prese in giro ghignando al pugno che ricevette su un braccio e alla smorfia risentita sul volto spruzzato di lentiggini.
-Ci sono un sacco di cose che cambierei se potessi tornare indietro, immagino che tu capisca.. Prima di tutto spaccherei la faccia a Edo in maniera preventiva così da evitare ogni tua tentazione, e magari eviterei di riempirmi di merda per un fottuto ginocchio.-
-Non disprezzare il passato, in fondo ti ha portato da me- Alice si alzò in ginocchio sul letto pronta a scavalcarlo per scendere: -Se Edo non mi avesse trattata male non ti avrei nemmeno dato l’attenzione che quella sera meritavi!-
-Troppi se e ma in questa conversazione… torniamo con i piedi per terra!- la prese per la vita per trascinarla su di se e riprendere da dove si erano interrotti.
 

forgetting all the hurt inside
you've learned to hide so well,
pretending someone else can come
and save me from myself,
i can't be who you are”
Linkin Park




Abusivo spazio autrice:
 
Allora?
Ci ho messo un po' lo so ma mi sono successe alcune cose belle che mi hanno distratta
Ora:
che dite di questo capitolo?
So che lo aspettavate tutte con ansia, ora VOGLIO sapere che ne pensate assolutamente!!
L'ultima volta abbiamo battuto ogni record con 10 recensioni!
Rimaniamo su queste lunghezze dai ragazze!!!
Ho inserito una citazione da una poesia di Prevert che nel periodo della mia vita in cui si trovano ora Manuel e Alice, era per me molto importante.
Le canzoni citate sono:  Incubus - Wish you were here, Linkin Park - Leave out all the rest

Un ringraziamento particolare come al solito alla beta perchè stavolta davvero senza di lei non sarei riuscita a combinare nulla!

Grazie mille
a chi legge e recensisce
a chi legge e si emozione
 e a chi legge e basta,
a chi spera di vedere un mio aggiornamento nelle seguite
alle mie concittadine bolognesi
e a tutte le mie adorate lettrici!

1bacio. Vale






   
 
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