Relazione Clandestina
-15-
-15-
Perché
negarsi quei baci,
quell’odore, quel sapore?
Perché era rimasto lontano da Alice?
Non lo so.
Chissenefrega.
Nulla aveva più significato al di fuori di quella stanza, di quel letto. Nulla che non fosse Alice.
Prese i bordi della sua camicia da notte finiti di nuovo sui fianchi e la liberò da quell’inutile pezzo di stoffa sfoderando una gran fretta. Doveva vederla, toccarla, stringerla, per convincersi di essere lì davvero.
Quando finalmente aveva finito di spogliarla, lei si era sentita nuda in troppi sensi. Troppo inestinguibile era la voglia di lui, troppo il desiderio di essere stretta di nuovo tra quelle braccia forti. Era troppo e basta. Come tutto quello che riguardava lui.
Fu istintivo portarsi le braccia al petto per coprirsi ed evidentemente Manuel non capì.
Lo lasciò perplesso.
L’aveva vista nuda un sacco di volte, conosceva ogni pregio e difetto, ogni virgola della sua pelle chiara e ogni segno sulle ginocchia. Aveva forse cambiato idea?
Le prese un polso senza scostarlo, solo per attirarne l’attenzione in modo che almeno lo guardasse negli occhi.
-E’ passato tanto tempo. Magari tu non..-
Non poteva essere imbarazzo quello che le spezzava la voce, non con Alice Aroldi.
Quella Alice che si era inginocchiata ai suoi piedi nei bagni del BM, quella Alice a cui aveva rotto infinite paia di calze, quella Alice che portava la cicatrice di un suo morso su una coscia.
La zittì prima che potesse finire la frase andando a mettere più forza nella presa sul suo braccio.
Non furono parole ma solo un sibilo roco a farle capire che non aveva da temere, che nulla era cambiato. Cedette. Si lasciò scostare entrambe le braccia e baciare la fronte, le palpebre, gli zigomi, il naso e le labbra.
Subito il ritmo nei movimenti del ragazzo cambiò, non quello frenetico e scostante a cui l’aveva abituata, ma uno più impaziente incatenato con la brama che aveva letto prima nei suoi occhi.
Manuel si buttò a capofitto sulla sua pelle, facendosi scorrere la punta del seno nelle intercapedini tra le dita ed era talmente preso da non accorgersi della forza con cui la mordeva o dell’impeto con cui stringeva le costole, si faceva guidare solo dai suoi gemiti, ad ogni fiato aumentava o calava la presa, assolutamente incapace di ragionare.
Sentì la punta fresca del suo naso scorrere dalla gola al centro dello sterno lasciandole un piccolo bacio sulla sinistra, la dove batteva sordo il cuore.
E tornò a rallentare in maniera irritante, scendeva al centro della pancia, la barba le raschiava la pelle laddove subito dopo era certa avrebbe sentito le sue labbra addolcirne l’irritazione. Le dita scivolarono tra i capelli neri senza che Alice ne avesse previsto i movimenti, e strinse, accarezzò e tirò eppure non lo smosse dal suo percorso.
Qualcosa le diceva di lasciarlo fare, di lasciare che la esplorasse per scoprirla di nuovo come fosse la prima volta; al tempo stesso lo desiderava, non aveva più alcun dubbio, voleva la sua irruenza, la sua passionalità, sentire i baci, i morsi su tutto il corpo ormai non bastava più.
Trattenne il fiato quando la mano del ragazzo raggiunse le mutande nella speranza che le afferrasse e le togliesse con foga com’era sua abitudine anche a costo di romperle. Restò delusa perché le dita di Manuel scivolarono di nuovo sulle natiche afferrandole più saldamente per correre sul retro delle cosce fino alle ginocchia. La trovò più magra di quanto ricordasse, con quei muscoli inesistenti che parevano attaccati alle ossa per una forza misteriosa, mai flaccida, nonostante la magrezza disarmante gli aveva sempre fornito agganci e carne su cui artigliarsi. Tonica e nervosa. Piacevole da toccare, da stringere.
-Dio Ali, cazzo..cazzo!-
Alice sapeva di fresco e di pulito, come i suoi occhi che lo seguivano in ogni mossa, limpidi e puliti anche al buio. Ogni suo gemito sospirato scatenava in lui gli istinti umani più bassi e nascosti.
Dalle gambe risalì verso il ventre arrampicandosi con le labbra su ogni centimetro, pian piano tornò fino alla piega dell’inguine nella quale affondò col volto per morderla. Finalmente le arpionò le mutande sfilandole in un unico gesto, senza esitazioni, la aiutò a liberarsi dell’intimo che finì lanciato fuori dal letto.
Era strano come si sentisse imbarazzata e al tempo stesso con la voglia di aggrapparsi a lui per tutta la notte e oltre. Nemmeno la prima volta erano stati così cauti, ne ricordava la frenesia, la voglia di essere di nuovo guardata da quegli occhi neri di lussuria e i vestiti che volavano. Intanto Manuel riprese la posizione di prima, con le ginocchia accanto ai suoi fianchi e per un lunghissimo minuto rimase immobile a scrutarla in viso accarezzandole i capelli.
Fu lei a spingerlo al passo successivo. Gli afferrò la spalla per avvicinarlo e baciarlo su una guancia lasciva, dopodiché dedicò tutta la sua attenzione ai boxer blu che ancora indossava, senza indugi li abbassò facendogli capire le sue intenzioni, Manuel cambiò posizione per facilitarle le operazioni ma non mosse un dito nemmeno quando Alice gli prese la mano riportandola al suo petto per fargli sentire il battito del suo cuore sordo e veloce sotto le ossa.
Di nuovo il ritmo dei movimenti ebbe un’impennata di frenesia.
Le dita di Manuel corsero fino alla fine del ventre scivolando in basso immerse nei mormorii sconnessi di lei. Ondate cicliche di calore si espandevano per il suo corpo in armonia con i movimenti della mano di lui affondata tra le cosce. La conosceva al punto da poterla spingere sempre sull’orlo del baratro e riportarla indietro beandosi delle suppliche senza senso che gli mormorava sulla pelle della spalla. E la baciava ogni volta che sfiorava l’orgasmo.
Perché era rimasto lontano da Alice?
Non lo so.
Chissenefrega.
Nulla aveva più significato al di fuori di quella stanza, di quel letto. Nulla che non fosse Alice.
Prese i bordi della sua camicia da notte finiti di nuovo sui fianchi e la liberò da quell’inutile pezzo di stoffa sfoderando una gran fretta. Doveva vederla, toccarla, stringerla, per convincersi di essere lì davvero.
Quando finalmente aveva finito di spogliarla, lei si era sentita nuda in troppi sensi. Troppo inestinguibile era la voglia di lui, troppo il desiderio di essere stretta di nuovo tra quelle braccia forti. Era troppo e basta. Come tutto quello che riguardava lui.
Fu istintivo portarsi le braccia al petto per coprirsi ed evidentemente Manuel non capì.
Lo lasciò perplesso.
L’aveva vista nuda un sacco di volte, conosceva ogni pregio e difetto, ogni virgola della sua pelle chiara e ogni segno sulle ginocchia. Aveva forse cambiato idea?
Le prese un polso senza scostarlo, solo per attirarne l’attenzione in modo che almeno lo guardasse negli occhi.
-E’ passato tanto tempo. Magari tu non..-
Non poteva essere imbarazzo quello che le spezzava la voce, non con Alice Aroldi.
Quella Alice che si era inginocchiata ai suoi piedi nei bagni del BM, quella Alice a cui aveva rotto infinite paia di calze, quella Alice che portava la cicatrice di un suo morso su una coscia.
La zittì prima che potesse finire la frase andando a mettere più forza nella presa sul suo braccio.
Non furono parole ma solo un sibilo roco a farle capire che non aveva da temere, che nulla era cambiato. Cedette. Si lasciò scostare entrambe le braccia e baciare la fronte, le palpebre, gli zigomi, il naso e le labbra.
Subito il ritmo nei movimenti del ragazzo cambiò, non quello frenetico e scostante a cui l’aveva abituata, ma uno più impaziente incatenato con la brama che aveva letto prima nei suoi occhi.
Manuel si buttò a capofitto sulla sua pelle, facendosi scorrere la punta del seno nelle intercapedini tra le dita ed era talmente preso da non accorgersi della forza con cui la mordeva o dell’impeto con cui stringeva le costole, si faceva guidare solo dai suoi gemiti, ad ogni fiato aumentava o calava la presa, assolutamente incapace di ragionare.
Sentì la punta fresca del suo naso scorrere dalla gola al centro dello sterno lasciandole un piccolo bacio sulla sinistra, la dove batteva sordo il cuore.
E tornò a rallentare in maniera irritante, scendeva al centro della pancia, la barba le raschiava la pelle laddove subito dopo era certa avrebbe sentito le sue labbra addolcirne l’irritazione. Le dita scivolarono tra i capelli neri senza che Alice ne avesse previsto i movimenti, e strinse, accarezzò e tirò eppure non lo smosse dal suo percorso.
Qualcosa le diceva di lasciarlo fare, di lasciare che la esplorasse per scoprirla di nuovo come fosse la prima volta; al tempo stesso lo desiderava, non aveva più alcun dubbio, voleva la sua irruenza, la sua passionalità, sentire i baci, i morsi su tutto il corpo ormai non bastava più.
Trattenne il fiato quando la mano del ragazzo raggiunse le mutande nella speranza che le afferrasse e le togliesse con foga com’era sua abitudine anche a costo di romperle. Restò delusa perché le dita di Manuel scivolarono di nuovo sulle natiche afferrandole più saldamente per correre sul retro delle cosce fino alle ginocchia. La trovò più magra di quanto ricordasse, con quei muscoli inesistenti che parevano attaccati alle ossa per una forza misteriosa, mai flaccida, nonostante la magrezza disarmante gli aveva sempre fornito agganci e carne su cui artigliarsi. Tonica e nervosa. Piacevole da toccare, da stringere.
-Dio Ali, cazzo..cazzo!-
Alice sapeva di fresco e di pulito, come i suoi occhi che lo seguivano in ogni mossa, limpidi e puliti anche al buio. Ogni suo gemito sospirato scatenava in lui gli istinti umani più bassi e nascosti.
Dalle gambe risalì verso il ventre arrampicandosi con le labbra su ogni centimetro, pian piano tornò fino alla piega dell’inguine nella quale affondò col volto per morderla. Finalmente le arpionò le mutande sfilandole in un unico gesto, senza esitazioni, la aiutò a liberarsi dell’intimo che finì lanciato fuori dal letto.
Era strano come si sentisse imbarazzata e al tempo stesso con la voglia di aggrapparsi a lui per tutta la notte e oltre. Nemmeno la prima volta erano stati così cauti, ne ricordava la frenesia, la voglia di essere di nuovo guardata da quegli occhi neri di lussuria e i vestiti che volavano. Intanto Manuel riprese la posizione di prima, con le ginocchia accanto ai suoi fianchi e per un lunghissimo minuto rimase immobile a scrutarla in viso accarezzandole i capelli.
Fu lei a spingerlo al passo successivo. Gli afferrò la spalla per avvicinarlo e baciarlo su una guancia lasciva, dopodiché dedicò tutta la sua attenzione ai boxer blu che ancora indossava, senza indugi li abbassò facendogli capire le sue intenzioni, Manuel cambiò posizione per facilitarle le operazioni ma non mosse un dito nemmeno quando Alice gli prese la mano riportandola al suo petto per fargli sentire il battito del suo cuore sordo e veloce sotto le ossa.
Di nuovo il ritmo dei movimenti ebbe un’impennata di frenesia.
Le dita di Manuel corsero fino alla fine del ventre scivolando in basso immerse nei mormorii sconnessi di lei. Ondate cicliche di calore si espandevano per il suo corpo in armonia con i movimenti della mano di lui affondata tra le cosce. La conosceva al punto da poterla spingere sempre sull’orlo del baratro e riportarla indietro beandosi delle suppliche senza senso che gli mormorava sulla pelle della spalla. E la baciava ogni volta che sfiorava l’orgasmo.
Mai avrebbe
scordato i baci di Manuel,
sempre uguali sempre pieni di parole non dette: con
quell’inizio
lento e profondo che l’accarezzava prima di leccarle il
labbro
inferiore e catturarlo tra le labbra.
Il corpo le pulsava, cercava di vezzeggiare anche il suo ma i movimenti non trovavano coerenza in quel tripudio di piacere e scintille.
-Dio quanto sei bella, Ali-
Quel tono di preghiera la fece sorridere e di nuovo ritrovò la lucidità per agire. Gli scostò a forza la mano costringendolo a guardarla negli occhi mentre alzava le gambe per allacciarle ai fianchi del ragazzo e avvicinarlo al suo bacino. Fu un segnale inequivocabile.
-Aspetta aspetta, devo metterlo- mormorò quasi in imbarazzo per essere costretto a interrompere quel silenzio che sapeva di sacro.
Di nuovo strinse la presa delle gambe e lo tirò a se: -Non c’è bisogno, prendo la pillola da aprile-
Si trovò spaesato, ancora più eccitato di prima.
Il corpo le pulsava, cercava di vezzeggiare anche il suo ma i movimenti non trovavano coerenza in quel tripudio di piacere e scintille.
-Dio quanto sei bella, Ali-
Quel tono di preghiera la fece sorridere e di nuovo ritrovò la lucidità per agire. Gli scostò a forza la mano costringendolo a guardarla negli occhi mentre alzava le gambe per allacciarle ai fianchi del ragazzo e avvicinarlo al suo bacino. Fu un segnale inequivocabile.
-Aspetta aspetta, devo metterlo- mormorò quasi in imbarazzo per essere costretto a interrompere quel silenzio che sapeva di sacro.
Di nuovo strinse la presa delle gambe e lo tirò a se: -Non c’è bisogno, prendo la pillola da aprile-
Si trovò spaesato, ancora più eccitato di prima.
Se era stato
lento ed accorto fino a
quel momento non era stato solo per lei, ma in parte era lui ad
averne bisogno, voleva godersela, voleva respirare Alice fino
all’ultimo quella notte. Non voleva perdere un centimetro ne
un
soffio di lei. Aveva atteso e cercato di dimenticare al tempo stesso,
decidere di separarsene volontariamente era stato un dolore che non
avrebbe potuto immaginare, ed ora poteva averla di nuovo, ed era un
sogno.
Ora la voleva. Tutta.
Le passò un braccio sotto la schiena e uno dietro la nuca e la strinse a se in un abbraccio di forza, incurante di schiacciarla o farle male. Alice non respirava.
Di nuovo lei fu il suo sole e la sua luna, il giorno e la notte, l'acqua e l'aria, l'amore e l'odio, la vita e la morte.
La strinse fino a perdere il confine con il proprio corpo, millimetro dopo millimetro la imprimeva nella memoria per non dimenticare mai più il modo in cui con solo un abbraccio gli placava l’animo e disperdeva ogni sua nebulosa preoccupazione.
La trovò calda e accogliente e gli parve d’immergersi in un mare di lava morbida, quelle sensazioni nuove e devastanti minarono il suo autocontrollo tanto quanto i gemiti e le parole sconnesse di Alice. Come se fosse tornato alla prima volta, l’emozione era troppa per essere contenuta in un solo corpo, tutta lì nei polmoni. L’odore dei suoi capelli era ovunque, insieme al calore del suo corpo che pian piano risaliva dal ventre fino alla gola e al cervello.
Ora la voleva. Tutta.
Le passò un braccio sotto la schiena e uno dietro la nuca e la strinse a se in un abbraccio di forza, incurante di schiacciarla o farle male. Alice non respirava.
Di nuovo lei fu il suo sole e la sua luna, il giorno e la notte, l'acqua e l'aria, l'amore e l'odio, la vita e la morte.
La strinse fino a perdere il confine con il proprio corpo, millimetro dopo millimetro la imprimeva nella memoria per non dimenticare mai più il modo in cui con solo un abbraccio gli placava l’animo e disperdeva ogni sua nebulosa preoccupazione.
La trovò calda e accogliente e gli parve d’immergersi in un mare di lava morbida, quelle sensazioni nuove e devastanti minarono il suo autocontrollo tanto quanto i gemiti e le parole sconnesse di Alice. Come se fosse tornato alla prima volta, l’emozione era troppa per essere contenuta in un solo corpo, tutta lì nei polmoni. L’odore dei suoi capelli era ovunque, insieme al calore del suo corpo che pian piano risaliva dal ventre fino alla gola e al cervello.
Perso, si
muoveva con l’inerzia dei
suoi ormoni impazziti e del sangue che pulsava nelle tempie.
Forse le confessò segreti impronunciabili o parole dolci che in altri momenti non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle, il giorno dopo non avrebbe saputo dirlo; era perso, assolutamente fuori di senno, perché Alice era Alice per lui e quando la baciava e lei lo guardava negli occhi quasi gli veniva voglia di piangere.
Non lo fermò mai, anche se all’inizio fu costretta a stringere i denti finché il bruciore lentamente non si trasformò in una sensazione appagante che ad ogni spinta diventava uno spasmo di piacere vero e proprio. Non lo fermò mai perché era perfetto e modellata al suo corpo gli andava incontro senza sapere bene dove sarebbero finiti.
Sentiva caldo, e poi freddo, poi di nuovo caldo.
E la mano di Manuel si insinuò lì dove i loro corpi sembravano perdere un confine.
La incalzava sorreggendole la nuca per tenera più vicina a sé, fin quando non arrivò al limite fisico della sua resistenza.
-Cazzo…Cazzo!- ansimò con la bocca premuta contro il suo sterno: -Ali per favore non ce la faccio..- strinse le palpebre e la mano con cui le avvolgeva la spalla al punto da farle male.
Non gli rispose. O forse si ma senza rendersene conto; perché era lì, sul bordo del precipizio. Ancora una spinta, e cadde a occhi chiusi.
Forse le confessò segreti impronunciabili o parole dolci che in altri momenti non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle, il giorno dopo non avrebbe saputo dirlo; era perso, assolutamente fuori di senno, perché Alice era Alice per lui e quando la baciava e lei lo guardava negli occhi quasi gli veniva voglia di piangere.
Non lo fermò mai, anche se all’inizio fu costretta a stringere i denti finché il bruciore lentamente non si trasformò in una sensazione appagante che ad ogni spinta diventava uno spasmo di piacere vero e proprio. Non lo fermò mai perché era perfetto e modellata al suo corpo gli andava incontro senza sapere bene dove sarebbero finiti.
Sentiva caldo, e poi freddo, poi di nuovo caldo.
E la mano di Manuel si insinuò lì dove i loro corpi sembravano perdere un confine.
La incalzava sorreggendole la nuca per tenera più vicina a sé, fin quando non arrivò al limite fisico della sua resistenza.
-Cazzo…Cazzo!- ansimò con la bocca premuta contro il suo sterno: -Ali per favore non ce la faccio..- strinse le palpebre e la mano con cui le avvolgeva la spalla al punto da farle male.
Non gli rispose. O forse si ma senza rendersene conto; perché era lì, sul bordo del precipizio. Ancora una spinta, e cadde a occhi chiusi.
Mille
scintille bianche esplosero
silenziose nel vuoto e le sembrò come di essere inglobata
dal
materasso con lui in qualcosa di morbido e bollente.
Di nuovo non seppe cosa uscì dalla sua bocca, se grida sussurri parole o gemiti.
Riaprì gli occhi mentre Manuel ancora ansimava muto nascosto tra i suoi capelli, strinse le gambe e le braccia per avvolgerlo tutto. E sentì il suo cuore rimbalzare come un forsennato tra loro due.
Per un lungo minuto nessuno dei due si mosse, stretti l’uno contro l’altra nessuno trovò la forza di reagire.
Era davvero tardi quando si accorse che il suo cuore era rientrato nel petto e finalmente poteva respirare, si mosse sfiorandole l’orecchio con la punta del naso, inspirò ancora il suo odore andando incontro alla resa dei conti.
Alice gli impedì di cambiare posizione, sempre ancorata a lui che la premeva sul materasso, quindi capì che quello era il momento per dirle tutto. Avrebbe voluto guardarla negli occhi, eppure non aveva abbastanza coraggio.
-Non sai quanto mi sei mancata…- tirò dentro aria desiderando una sigaretta con tutto il cuore. Alice tremò.
-Tu sei qualcosa di… strano e.. caldo, che mi fa sentire vivo, e bene-
Che stava dicendo? Si sentì un pirla, non poteva costruire una frase di senso compiuto, con parole che sembrassero almeno di un adulto? No, quella cosa che gli era uscita era arrivata dal nulla.
-Ho provato a starti lontano, a ignorarti, a sostituirti. Avevo paura perché io questa cosa non posso controllarla e di nuovo sono scappato.-
Tentò di scostarlo per vederlo in faccia, ma si trovò a lottare con un fascio di muscoli che non poteva contrastare.
-Aspetta, io devo..- Di nuovo non seppe cosa uscì dalla sua bocca, se grida sussurri parole o gemiti.
Riaprì gli occhi mentre Manuel ancora ansimava muto nascosto tra i suoi capelli, strinse le gambe e le braccia per avvolgerlo tutto. E sentì il suo cuore rimbalzare come un forsennato tra loro due.
Per un lungo minuto nessuno dei due si mosse, stretti l’uno contro l’altra nessuno trovò la forza di reagire.
Era davvero tardi quando si accorse che il suo cuore era rientrato nel petto e finalmente poteva respirare, si mosse sfiorandole l’orecchio con la punta del naso, inspirò ancora il suo odore andando incontro alla resa dei conti.
Alice gli impedì di cambiare posizione, sempre ancorata a lui che la premeva sul materasso, quindi capì che quello era il momento per dirle tutto. Avrebbe voluto guardarla negli occhi, eppure non aveva abbastanza coraggio.
-Non sai quanto mi sei mancata…- tirò dentro aria desiderando una sigaretta con tutto il cuore. Alice tremò.
-Tu sei qualcosa di… strano e.. caldo, che mi fa sentire vivo, e bene-
Che stava dicendo? Si sentì un pirla, non poteva costruire una frase di senso compiuto, con parole che sembrassero almeno di un adulto? No, quella cosa che gli era uscita era arrivata dal nulla.
-Ho provato a starti lontano, a ignorarti, a sostituirti. Avevo paura perché io questa cosa non posso controllarla e di nuovo sono scappato.-
Tentò di scostarlo per vederlo in faccia, ma si trovò a lottare con un fascio di muscoli che non poteva contrastare.
Per un momento titubò incapace di aprir bocca, poi lo abbracciò sempre più forte con braccia e gambe e la stretta venne ricambiata con altrettanta forza.
Immobili, in
silenzio. Entrambi.
Fu
un sussurro che la strappò dal torpore in cui stava
precipitando
dolcemente, dapprima pensò di averlo sognato,
spalancò gli occhi
ascoltando il silenzio della stanza, poi si accorse di essere l'unica
a star respirando. Per questo richiuse gli occhi accoccolandosi in
quell’abbraccio prima di lasciarsi andare e rispondergli
piano:
-Si, anch’io-
“I
lean against the wind, pretend
that i am weightless and in this
moment i am happy.”
Incubus
that i am weightless and in this
moment i am happy.”
Incubus
Dopo mille baci, infinite carezze e altrettanti sospiri c'era stata altra passione e le lenzuola erano finite tutte sul pavimento. Poi erano rimasti abbracciati, nudi con l'alba che scacciava lentamente l'oscurità dalla stanza e dai loro cuori.
C'erano ancora tante tantissime cose da mettere a posto e Alice lo sapeva bene. Ma le sue braccia erano esattamente dove avrebbero dovuto essere e il suo respiro regolare la cullava nel limbo del dormiveglia. Lo sentiva tranquillo, sperava che avrebbero potuto rimandare tutto a tempo indeterminato, o che magari quella notte bastasse a mettere in chiaro ogni cosa: sopra ogni dubbio aveva risposto all'unica domanda che gli aveva fatto il giorno prima, davanti a un paio di grammi di cocaina.
Eppure era bello stare lì senza pensare a nulla, senza porsi il problema di ciò che sarebbe successo di lì a breve, o di cosa avrebbero fatto usciti da quella stanza.
Alle dieci avevano appuntamento con il resto del gruppo per andare al lago, mancavano si e no cinque ore e l'unica cosa che sembrava impegnare Manuel in quel momento era cercare di prendere sonno.
Non si sarebbe certo aspettata di sentire la sua voce così presto. E così chiara, non arrochita dal sonno o dall'inutilizzo prolungato, parlò con poche pause senza darle la possibilità di fermarlo e tenendola stretta contro il suo fianco delicatamente. Dopo non ci fu quasi più nulla da mettere a posto.
-E’ cominciato tutto per scherzo.
Dopo l’infortunio mi sentivo uno straccio e gli antidolorifici sedavano il male solo per sforzi minimi. Correre, saltare mi mozzava il fiato in gola dal dolore, quindi mi fu chiaro da subito che non sarei tornato in campo tanto presto. Però c’era il campionato e volevo assolutamente vincere e farmi vedere in forma in modo che qualcuno della serie B mi notasse, avrei fatto di tutto pur di riuscire a fare il salto di qualità. Mio padre non desiderava altro che un figlio professionista da seguire, ed io in quel periodo non desideravo altro che la sua attenzione.
Incontrai Cheru al BM, ovviamente lo conoscevo, a scuola era già un personaggio noto a tutti e sappiamo entrambi perché; quella sera la gamba mi martoriava, quasi non riuscivo a stare in piedi nemmeno con la stampella, fu lui ad avvicinarmi vedendomi seduto ai divanetti in disparte. Sapeva tutto dell'infortunio, mi chiese delle terapie e dell'operazione poi mi chiese cosa prendessi per il dolore. Io mi lamentai dicendo che mi davano roba di merda e che all'ospedale stavo molto meglio, la gamba pulsava e il ginocchio era gonfio come un melone. Lì mi propose le anfetamine.
L’idea non mi entusiasmava granché ma ero disposto a tutto per tornare a giocare e feci il tentativo.
Mi informai
su internet sulle dosi e
sulla tossicità, pensavo che la dipendenza potesse essere
tenuta a
bada con la volontà, in fondo non mi ero mai piegato al fumo
perché
avrei dovuto fallire con quelle.
I giorni successivi pensavo di
aver risolto tutti i miei problemi. Le anfetamine mi davano
una
gran carica, non sentivo la fatica e il dolore, potevo correre per
una partita intera senza problemi. A quel punto mi convinsi di non
aver più bisogno del fisioterapista e convinsi l'allenatore
a farmi
rientrare in squadra. Ero instancabile, facevo allenamenti su allenamenti e miglioravo giorno dopo giorno, mi sentivo un Dio. L’effetto calmante sul dolore durava poco, lo bruciavo in fretta in campo, quindi aumentai le dosi gradatamente, pensavo di potermi controllare tenendo d’occhio in maniera precisa le pasticche. Andai avanti qualche mese, mio padre era felicissimo anche se l’ortopedico continuava a non spiegarsi la mia ripresa, eppure io correvo più di prima e avrei anche potuto partecipare ai provini della Benetton.
Il mio problema si presentò dopo qualche mese perche l’effetto delle anfetamine pian piano non mi durava più per una partita intera, quindi chiesi a Cheru qualcosa che avesse effetto più lungo, e tentammo la coca. Ci sentivamo due scienziati durante un test: sperimentavamo le dosi e la durata dell'effetto per diminuirle o aumentarle o mischiarle con altro. E lui era un genio della chimica.
Ho cominciato con un quarto di dose solo per giocare le partite, ma alla fine della scuola mi facevo quasi tutti i weekend e anche per gli allenamenti infrasettimanali. Ero sempre più invincibile, il ginocchio quasi non lo sentivo e non portavo più nemmeno il tutore per far bella figura ai provini.
Pian piano ho cominciato a usarla per tenermi sveglio per studiare, per uscire la sera a volte anche per scopare, e sempre in dosi maggiori.
Pagare quella
era molto più
complicato, mi finivano i soldi della settimana senza che me ne
accorgessi, quindi Cheru mi propose di ripagarlo vendendo qualcosina
a scuola e allo Zefirus.
A quel punto il basket era passato in
secondo piano, fallii il provino alla Benetton e non arrivammo
nemmeno ai playoff in campionato. Senza farmi in campo non duravo
cinque minuti e fatto invece ero fin troppo euforico per concentrarmi
sono sulla partita, mi innervosivo e finivo sempre fuori. Quando il
coach cominciò a lasciarmi in panca mollai tutto.Mio padre pensava che tutti i soldi che chiedevo fossero per le riparazioni della moto, le feste, il poker, computer e altre cazzate, perdevo peso molto velocemente, spesso mi scordavo addirittura di mangiare, mi bocciarono per le troppe assenze e ovviamente mio padre smise di parlarmi.
L’anno
dopo finii in classe con quei
deficienti degli Zonin che erano già stati segati
l’anno prima e
Charlie, tempo un mese e non li sopportavo più.
Fortunatamente anche
loro mi stavano più o meno alla larga perché
sapevano che
frequentavo Cherubini e Dave; l’unico che mi parlava e
tentava
sempre di trascinarmi fuori con loro era Jack.
Scoprirono come
stavano esattamente le cose perché Lori, Lorenzo il fratello
della tua amica pazza bionda, mi trovò fuori dal BM
strafatto e le avevo pure prese
da uno a cui Cheru mi aveva mandato a chiedere soldi, e mi
portò al
pronto soccorso.
Io conoscevo
Lori perché giocavamo
insieme un paio d'anni prima, e fu lui a chiedere a sua sorella di
avvisare qualcuno perché sapeva che anch’io
frequentavo le Stimate
e pensava ci conoscessimo. E lei ebbe la brillante idea di chiamare
Filo e Jack.
Quei due mi trascinarono a casa senza chiamare mio
padre e in camera trovarono tutta la roba che dovevo dar via per
Cheru, e per confermare ulteriormente la loro idiozia, buttarono
tutto nel cesso lasciandomi quasi seicento euro da ripagare. Da lì ho smesso.
Vedere le facce con cui mi guardavano mi fece imbestialire, ritrovai l’orgoglio e la volontà perché mi facevo schifo. Non potevo tollerare che Filo mi guardasse come un povero mentecatto incapace di tenersi in piedi.
Confessai tutto a Sonia implorandola di fare da intermediario con mio padre giurando a entrambi che avrei smesso, la mia fortuna fu che il corpo ancora non aveva sviluppato una vera e propria dipendenza, il cervello invece si. Promisi che mi sarei fatto aiutare e avrei ripagato da solo i debiti, non persi l’anno solo perché al centro per tossicodipendenti mi permettevano di andare a scuola la mattina e stare là il resto della giornata.
Ci passai
quattro mesi, da Natale a
fine aprile, gran posto di merda. Fu atroce, all'inizio nemmeno me ne
rendevo conto: stavo bene, pensavo che sarebbe passata velocemente,
invece se non avessi avuto quei due pirla degli Zonin a riportarmi
sempre là sarei scappato dopo il primo mese!
Quando tornai a casa
Filo mi aiutò a smontare tutto il vendibile dalla moto, e
vendemmo
un sacco di roba, diventammo due imprenditori di e-Bay. I pezzi con
più valore li vendevamo per comprarne altri più
scarsi da mettere a
posto per salvare la moto perché io non ho mai voluto usare
la
vecchia auto di mia madre.
Vendevamo e
compravamo di tutto pur di
far soldi perché Cheru, per tenere la bocca chiusa col
Preside, mi
chiese altri soldi. Se a scuola si fosse saputo mi avrebbero buttato
fuori, conosci la loro politica per queste cose, e se mi fossi fatto
bocciare di nuovo mio padre mi avrebbe spedito a lavorare.
Stasera
comunque ho finalmente estinto tutto, e mi sono pure preso un pugno.-
Fece una
pausa per sistemarsi meglio il
cuscino, la prima dall'inizio del racconto.
-L’unica nota
positiva è che ho imparato a giocare benissimo a poker pur
di
spillare più soldi possibile…- emise una risata
bassa contro la
spalla di Alice senza una vera nota di divertimento. -Perché non hai chiesto i soldi a tuo padre, avresti potuto chiudere prima la faccenda!- gli domandò a bruciapelo.
-E’ stata Sonia ad impormelo! Quella donna è una negriera: disse che avevo bisogno d'imparare dai miei errori e a riparare le cose con le mie mani. Ed aveva ragione, come sempre.
Credo che sarebbe stata un’ottima madre.-
Sospirò
passandole la mano tra i
capelli alla base del collo. -Ti ho lasciata andare quando mi hai
chiesto di più perché temevo la tua reazione
davanti a questa
storia. Ora so di aver commesso l’ennesimo errore per colpa
della
mia inettitudine; mi ero illuso che tu potessi capire e stare meglio
senza di me, che ti avrei portato solo dentro i miei casini e non lo
meritavi.
Ai miei occhi
sei sempre stata così
pulita e perfetta non volevo intaccare il tuo candore.-
-Non sono
così delicata ne senza macchia come mi vedi tu…- -Infatti ora sei qui, non sei scappata. Ed io sono qui- le baciò la pelle morbida dietro l’orecchio: -Nudo, per la prima volta nel tuo letto- di nuovo rise senza divertimento e le soffiò contro parole che non si sarebbe aspettata.
-Non c’è pietà, ne compassione ne disprezzo nel modo in cui mi guardi, quindi per favore, ti prego, dimmi quello che stai pensando prima che impazzisca a scervellarmici sopra-
Alice prese fiato e si voltò verso la finestra per cercare di capire che ora fosse dalla luce.
-Non ti ho detto perchè ho cominciato a prendere la pillola qualche mese fa.- non era una domanda, ma il preludio per una rivelazione.
-Da
più di un anno sono sottopeso. Non è che non
mangi per una
questione d'immagine, o che voglia dimagrire, solo che il cibo non
vuole saperne di entrare, se mangio troppo mi sento scoppiare e sto
male, per questo ho ridotto le razioni.
Questo
ha portato a una progressiva perdita di peso, di tono muscolare dello
stomaco e inoltre avevano smesso di venirmi le mestruazioni. Si
chiama amennorea e in pratica vuol dire che il mio corpo mi stava
dicendo che devo rimettermi in sesto perchè lui da solo non
ce la
fa. Così mi sono sforzata di mangiare almeno un piatto di
pasta a
pranzo e proteine la sera il tutto accompagnato da un bel po di
condimenti per la gioia di mia madre e ho preso subito un paio di
chili. A febbraio mi sono tornate e Edo prese malissimo la cosa
perchè la associava al fatto che fossi ingrassata, e poi ho
incontrato te.
La
ginecologa mesi fa mi ha proposto la pillola per mantenere un ciclo
regolare e ho subito accettato visto come si stavano mettendo le cose
tra noi.
Quando ho incontrato te cercavo la
salvezza, qualcuno che mi facesse sentire viva e bella pur con tutti
i miei difetti. Ma ho trovato tutto tranne il principe
azzurro…-
-Che vorresti dire??-
-Che tu non
fingi. Sei te stesso e
va bene così. Mi sono rotta di avere intorno gente che non
è quella
che credo. Qualsiasi cosa succeda tra noi non mi porterai mai fuori
per farti perdonare ne mi scriverai messaggini mielosi la sera prima
del compito in classe. Se starai con me sarà solo
perché lo vuoi
davvero, non perché ti servo. Mi hai aiutata quando non ero
in grado
di badare a me stessa e ti sei preso cura di me. Non fingi, non sei
un leccaculo, se vuoi qualcosa te la prendi, ma mi guardi negli occhi
e pretendi il mio consenso. Non mi scoperai mai in una vasca da bagno
in casa d’altri per placarti le voglie senza il mio consenso
e per
poi lasciami lì mezza svenuta.-
-Ti ho già detto che mi sono
arreso.- -E questo mi basta-
Manuel si
allungò meglio nel letto,
come se finalmente qualcosa si fosse sciolto nelle sue articolazioni.
In quel letto in ferro battuto bianco con lenzuola azzurre a
nuvolette rosa, tra le braccia dell'unica persona che gli avesse
fatto dimenticare se stesso per risalire al primo posto tra le sue
priorità, finalmente, dopo tanto tempo sentì di
essere a casa. Nel
posto giusto e fatto apposta per lui.
Passarono
istanti di stallo in cui
entrambi gongolavano nel limbo della ritrovata serenità.
Avevano
combattuto per quel momento, si erano insultati e umiliati, erano
fuggiti per poi ritornare, si erano persi in loro stessi ma alla fine
eccoli lì, molto più lontano della notte
molto più in alto
del giorno, nell'abbagliante splendore del loro
primo amore.
-Quindi non
vuoi… che so…
definire i termini di questo accordo??-
Alice sbuffò, più
divertita che altro, e gli rifilò un pizzicotto nel costato:
-Non è
un contratto Manu- -No, ma non sei la prima donna con cui ho a che fare, quindi so per esperienza che con voi prevenire è meglio che curare.-
Sarebbe stata dura con lui, Alice già lo sapeva, non era affatto certa di farcela ma era sicura di volerci provare fino in fondo.
-L’unica cosa che pretendo è la fedeltà, per il resto te l’ho detto, sei tu e ti accetto per quel che offri.-
Mai una ragazza l’aveva fatto sentire così. In orbita.
Si prese
qualche altro secondo prima di
risponderle per godersi l'effetto di quella frase.
-E tu cosa
vorresti?- riprese Alice prendendolo in contropiede. Tentennò un attimo, poi si rivoltò a pancia ingiù con le lenzuola a coprirlo fino al bacino, e lei lo seguì con lo sguardo mentre appoggiava le braccia e il mento sulla sua pancia.
-Ora come ora vorrei poter tornare indietro a qualche mese fa e non cedere quella sera alle tue grazie.- le rispose con la mente altrove intenta a creare mille possibili scenari, diversi da quello, in cui si sarebbero potuti trovare.
-Adesso col
senno di poi, avrei voluto
il tempo per fare come tutti: corteggiarti, riempirti di sms,
portarti fuori. O non confondere il primo bacio con la prima volta
che ti ho vista nuda o la prima volta che ti ho accarezzata.
Scoprirti piano e godere del piacere della conquista. Detta
così
magari può sembrare una cosa sadica ma per certe cose ci
vuole calma
e pazienza.-
-E magari mi avresti voluta pure vergine?-
Fortunatamente l'ironia di Alice stemperò un po' l'atmosfera carica di rimpianti che albergava in entrambi riportandoli a ridere l'uno sulla pancia dell'altra.
-A dire il
vero si, però saremmo
dovuti tornare indietro al giurassico, non mi sembra pratico!- la
prese in giro ghignando al pugno che ricevette su un braccio e alla
smorfia risentita sul volto spruzzato di lentiggini.
-Ci sono un sacco di cose che cambierei se potessi tornare indietro, immagino che tu capisca.. Prima di tutto spaccherei la faccia a Edo in maniera preventiva così da evitare ogni tua tentazione, e magari eviterei di riempirmi di merda per un fottuto ginocchio.-
-Non disprezzare il passato, in fondo ti ha portato da me- Alice si alzò in ginocchio sul letto pronta a scavalcarlo per scendere: -Se Edo non mi avesse trattata male non ti avrei nemmeno dato l’attenzione che quella sera meritavi!-
-Troppi se e ma in questa conversazione… torniamo con i piedi per terra!- la prese per la vita per trascinarla su di se e riprendere da dove si erano interrotti.
-Ci sono un sacco di cose che cambierei se potessi tornare indietro, immagino che tu capisca.. Prima di tutto spaccherei la faccia a Edo in maniera preventiva così da evitare ogni tua tentazione, e magari eviterei di riempirmi di merda per un fottuto ginocchio.-
-Non disprezzare il passato, in fondo ti ha portato da me- Alice si alzò in ginocchio sul letto pronta a scavalcarlo per scendere: -Se Edo non mi avesse trattata male non ti avrei nemmeno dato l’attenzione che quella sera meritavi!-
-Troppi se e ma in questa conversazione… torniamo con i piedi per terra!- la prese per la vita per trascinarla su di se e riprendere da dove si erano interrotti.
“forgetting
all the hurt inside
you've learned to hide so well,
pretending someone else can come
and save me from myself,
i can't be who you are”
Linkin Park
you've learned to hide so well,
pretending someone else can come
and save me from myself,
i can't be who you are”
Linkin Park
Abusivo spazio autrice:
Allora?
Ci ho messo un po' lo so ma mi sono successe alcune cose belle che mi hanno distratta
Ora:
che dite di questo capitolo?
So che lo aspettavate tutte con ansia, ora VOGLIO sapere che ne pensate assolutamente!!
L'ultima volta abbiamo battuto ogni record con 10 recensioni!
Rimaniamo su queste lunghezze dai ragazze!!!
Ho inserito una citazione da una poesia di Prevert che nel periodo della mia vita in cui si trovano ora Manuel e Alice, era per me molto importante.
Le canzoni citate sono: Incubus - Wish you were here, Linkin Park - Leave out all the rest
Un ringraziamento particolare come al solito alla beta perchè stavolta davvero senza di lei non sarei riuscita a combinare nulla!
Grazie mille
a chi legge e recensisce
a chi legge e si emozione
e a chi legge e basta,
a chi spera di vedere un mio aggiornamento nelle seguite
alle mie concittadine bolognesi
e a tutte le mie adorate lettrici!
1bacio. Vale
Allora?
Ci ho messo un po' lo so ma mi sono successe alcune cose belle che mi hanno distratta
Ora:
che dite di questo capitolo?
So che lo aspettavate tutte con ansia, ora VOGLIO sapere che ne pensate assolutamente!!
L'ultima volta abbiamo battuto ogni record con 10 recensioni!
Rimaniamo su queste lunghezze dai ragazze!!!
Ho inserito una citazione da una poesia di Prevert che nel periodo della mia vita in cui si trovano ora Manuel e Alice, era per me molto importante.
Le canzoni citate sono: Incubus - Wish you were here, Linkin Park - Leave out all the rest
Un ringraziamento particolare come al solito alla beta perchè stavolta davvero senza di lei non sarei riuscita a combinare nulla!
Grazie mille
a chi legge e recensisce
a chi legge e si emozione
e a chi legge e basta,
a chi spera di vedere un mio aggiornamento nelle seguite
alle mie concittadine bolognesi
e a tutte le mie adorate lettrici!
1bacio. Vale