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Autore: Natalja_Aljona    29/03/2011    6 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Uno - George, che sparava alle stelle



Il cielo tremava.

-Uno-

Il tacco dello stivale sbatté contro la terra nera, spaccata, ferita.

-Due-

I capelli ondeggiavano, la ricrescita della barba pareva ancora più scura e nitida su quelle guance consumate dai baci del tempo.

-Tre-

Il ragazzo aveva aperto gli occhi. Occhi scuri, taglienti.

Sul suo volto non passava la luna.

Il cielo piangeva.

Il suo sguardo attraversò l’aere quieto della notte, lo trafisse.

-Venere no, Venere sei tu. Non posso farti piangere, stellina. Non ti posso nemmeno toccare-

Le stelle lo guardavano, il ragazzo dagli occhi neri. Un matto, un illuso.

Erano gli uomini a morire per i begli astri luminosi. Il contrario non succedeva mai.

Parlava tanto, il ragazzo dagli occhi neri. Chissà di cosa parlava.

Era triste, il ragazzo dagli occhi neri. Chissà per cosa.


-Geórgos!-

La voce proveniva dall'accampamento.

Pochi metri lontano da lui, altri uomini dormivano.

Lui no.

Non potevano capire, gli uomini dell'accampamento.

Beati loro.


-Geórgos!-

Il ragazzo non rispose.

Osservò l’ombra del nuovo arrivato muoversi dietro di lui e attese che l’avesse raggiunto.

-Le stelle non cadono, Gee. Posa la pistola e vieni a dormire-

Rise, il ragazzo dagli occhi neri. Non si girò.

-Se mettere la testa a posto volesse dire perderla del tutto, tu cosa diresti? Non avresti parole, proprio come me. Parole no, quelle sono troppo complicate. Ma colpi da sparare sì-

L’uomo esitava. Aveva lineamenti duri e una figura imponente, lucenti occhi grigi e una lunga cicatrice sull’avambraccio.

Era Dekapolites, brigante ed eroe della Grecia libera, compagno di cella e di duelli all’ultimo sangue.

Il ragazzo dagli occhi neri lo sfidò con lo sguardo.

-Kalinýchta, Dekapolites-

L’uomo strinse i denti. I suoi occhi parevano coltelli affilati.

-A te-

Se ne andò con passi lenti, solenni.

Doveva essere stanco, Dekapolites.

Stanco di stanchezza, stanco per davvero.

Eppure anche il ragazzo dagli occhi neri era stanco, stanco da morire. Stanco di amare troppo.

Stanco di amare da lontano, dalla cima del Taigeto, respirando la sua Patria, ma trattenendo il respiro.

Stanco perché amava, lui, eppure non sapeva fare altro che sparare.

Come se avesse potuto sparare all'Amore.

Come se avesse potuto.


Ormai taceva, l'accampamento.

Dormivano tutti, i Kléftes, i suoi compagni di coraggio e speranze, i suoi compagni di sorrisi.

Aveva sorriso tanto, lì a Sparta, lì nella sua terra.

Aveva sorriso anche al cielo, e il cielo aveva sorriso a lui.

E adesso gli sparava a tradimento, adesso non sorrideva più.

Come se avesse potuto far cadere le stelle.

Come se non fossero state le stelle, prime fra tanti, a far cadere lui.

Come se avesse voluto cadere con loro, per poi scoprirsi da solo.

Come se avesse potuto.

Il ragazzo dagli occhi neri non sorrideva più.


Si sedette per terra, la pistola abbandonata ai suoi piedi.

Gli occhi al cielo e il cielo negli occhi.

-Tu sei tanto grande, cielo, ma di tutto quello spazio, poi, cosa te ne fai? Ho incontrato una ragazza, al paese di mio padre, che ha occhi più belli dei tuoi. Se mi strappassi il cuore dal petto e te lo lanciassi con la mia pistola, le tue stelle brillerebbero altrettanto-

Il ragazzo rise al pensiero.

-No, cielo, cosa stai pensando? Il cuore mi serve per lei-

Sospirò, stringendosi le ginocchia al petto.

-Niente di personale-

Il suo sguardo era diventato di colpo gentile, infantile, quasi.

-E’ bella, sai? Bella e pericolosa. E’ tutta fuoco, lei. E’ con la luce dei suoi capelli, cielo, che mi sono bruciato le mani-

Aveva un bel sorriso, George.

Un sorriso da guardare in silenzio, un sorriso da rivedere la sera, nella luce dei sogni, da infilare fugacemente in una tasca del cuore.

Un sorriso che cambiava con il tempo, che si spostava con le nuvole.

Non aveva l'aria del ragazzo arrendevole, non l'aveva mai avuta.

Sparta marchiava a fuoco i suoi figli, l'aveva fatto anche con lui.

Quel fazzoletto di cielo l'aveva visto dormire tante volte, tra i ciuffi d'erba scomposti, senza nemmeno una coperta.

A sognare.

Sogni troppo arditi, sogni che aveva cercato di soffocare con i colpi della sua pistola.

Li aveva fermati, come si ferma il sangue tamponando la ferita.

Peccato che il sangue perduto, ormai, non lo poteva recuperare più.

-Ha gli occhi grigi, lei. Grigi come la lama di una spada. Le spade fanno male, cielo. Soprattutto quando ti entrano dentro. C’è il rischio che non escano più, e quando arriva il sole, poi, potresti aver già reso l’anima all’Ade. Non si è mai abbastanza pronti, bel cielo mio. Non lo si è mai-

Era pronto, lui?

Il giorno del suo settimo compleanno, suo nonno gli aveva regalato una pistola.

Quella pistola.

Non capiva, George.

Come si poteva essere pronti a sparare e non ad essere colpiti?

-Mi ha calpestato, cielo. Con i suoi bei piedini e le scarpette azzurre. In prigione era più facile, sai? La galera consuma il corpo. Lei vuole l’anima, cielo. La cucirebbe sul suo vestito migliore e sarebbe sempre vestita a festa. Per me-

Gli occhi del ragazzo brillavano.

Cosa c'era di più bello delle illusioni?

Forse, solo il cielo.

-Sai, ripenso spesso ai suoi capelli. Devono essermene rimasti alcuni sulla camicia. Vai a chiamare il Sole, cielo. Chiedigli se è così che sono i suoi raggi. Ora che ci penso, cielo mio, con la barba potrei averle graffiato le guance. Forse gliele ho strette troppo, le sue belle mani. Forse lei non mi sogna più, cielo. Non vorrei averla fatta piangere, sai, quando me ne sono andato. Lei è il mio sogno, cielo, morirei per ogni sua lacrima-

Aveva pianto per lui, la ragazza dagli occhi grigi?

Non si era fermato a guardare. Non si era voltato indietro.

Aveva pianto, lui lo sapeva.

Era così, lei.

Dolce.

Fragile no, la ragazza dagli occhi grigi non lo era.

Erano dolci, le sue lacrime, George lo sapeva.

Gli sarebbe piaciuto voltarsi a guardarla. Non l'aveva fatto.

Aveva finito i colpi di pistola, la sua ragazzina.

Con le sue lacrime, erano cominciati i suoi.

Era giovane, lei. Giovane fuori e dentro, giovane davvero.

Abbastanza intelligente per non fidarsi di lui, ma non abbastanza coraggiosa per tirargli il colpo di grazia.

Peccato. Fino a prova contraria, in quel momento, quello con la pistola in mano era lui.

-Sono un avanzo di galera, cielo mio. Ho avuto giorni da scontare laggiù, il mio nome ha accarezzato il patibolo e sui miei polsi incombe ancora l’ombra dei nefasti cerchi di metallo. A lei non importa, cielo. Dice che ognuno ha i suoi problemi, ognuno ha le sue camicie da sudare. Io per lei suderei anche la tunica di Nasso, tu lo sai che è vero. Rideva sempre, quando c’ero io. Mi trovava buffo, sai, un buffo avanzo di galera. Del resto, non mi sono mai reputato pericoloso. Soltanto, incompatibile con la legge. E’ svelta di comprendonio, lei. Deve averlo capito-

La legge, bell'invenzione.

Chissà quali leggi seguiva lei, con gli occhi grigi e i capelli biondi spettinati.

Chissà quali carceri aveva frequentato.

Chissà quali leggi seguiva lei, con la neve fino alle ginocchia e le calze bucate, il sorriso spavaldo e gli occhi attenti, che sembravano gli occhi del cielo, grandi, infiniti.

Chissà quali sbagli avevano consumato quegli occhi.

Non abbastanza, George ne era sicuro. Non abbastanza per non innamorarsi di lui.

Sperava.

Aveva uno strano modo di essere sicuro, lui, con gli occhi chiusi e le dita incrociate.

Illuso.

Aveva uno strano stile di vita, lui, che viveva solo per se stesso e in fondo al cuore moriva per gli altri.

Sincero.

Un tonfo sordo, la pistola era rotolata ai suoi piedi, scarica.

L'aveva sentito, il colpo di grazia. L'aveva sentito anche da lì.

Complimenti, ragazza dagli occhi grigi.

George guardava il cielo ad occhi sgranati, senza fiato.

Erano finite, le illusioni.

La pistola era scarica.

Tra le mani non gli rimaneva che l'ombra delle mani di Natal'ja.

Stava perdendo colpi, George. Uno dopo l'altro.

Natal'ja.

Proprio come un colpo al cuore.

Maledizione.

Venere brillava più che mai.

Era accecato, George, accecato dalla stella a cui aveva cercato di sparare.

-Quella ragazza, cielo, io la porterò qui. La sposerò qui sul Taigeto, perché è qui che sono nato. Devi esserci anche tu-

Un'ora dopo, il ragazzo dormiva.

Sereno, finalmente.

Le palpebre erano calate sui suoi occhi neri, benevolmente vegliati dal cielo di Sparta, silenzioso confidente delle sue pene d’amore.

Il cielo sognava con lui.


Note


Kalinýchta (greco): buonanotte.

Kléftes: dal greco,
letteralmente, ladri. Erano considerati briganti, ma soprattutto partigiani. Ai tempi della Guerra d'Indipendenza vivevano sulle montagne, in accampamenti.

Tunica di Nasso: secondo il mito greco, era la tunica avvelenata che causò la morte di Eracle tra agonie ed atroci tormenti.

Is paying the devil his due (sottotitolo): Il diavolo sta pagando il suo debito. New Faces, The Rolling Stones.


Veniamo quindi al nostro giovane Spartano ;)

E' difficile amare, per George.

E' difficile assai, per lui, pragmatico Spartano, cresciuto tra i briganti e gli eroi dell'Indipendenza, tra l'Egeo in tempesta e il Taigeto verdeggiante e assolato.

E' difficile amare, sotto il cielo di Sparta.

Questo capitolo, abbastanza introduttivo anch'esso, vuole appunto delineare alcune sfaccettature della sua personalità -della quale, però, queste pagine non sono che un preludio- soprattutto per quanto concerne le cosiddette “questioni romantiche”, alle quali George, considerandole quasi dei "duelli all'ultimo sangue", fatica ad aprirsi completamente.

Le affronta come ha sempre affrontato la vita, con la pistola, il cielo e le illusioni.

George, come si sarà capito, sarà uno dei personaggi principali, oltre che uno di quelli -se non quello- a cui tengo di più.

Spero quindi di essere riuscita a dare una buona impressione di lui, per la “buona impressione” che un brigante incallito -per quanto relativamente innocuo- può dare! ;)

Al prossimo capitolo!

Martina


  
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