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Autore: thewhitelady    29/03/2011    2 recensioni
1993-2009
Come deve essere vivere la storia degli Oasis e della scena rock britannica dagli anni 90' ad oggi? Cassandra Walsh è forse l'unica persona al mondo a saperlo. In più in tutto il caos della sua vita di sex, drugs, and rock n roll sa solo una cosa, che a volte il posto migliore da cui godersi un concerto è da dietro il palco.
Per chi ama gli Oasis e quei due pazzi fratelli, ma anche solo per chi ha sentito una volta nella vita Wonderwall o Don't Look Back In Anger e vuole scoprire chi sono Liam e Noel Gallagher. Per chi ha nostalgia dell'atmosfera degli anni '90, e chi neppure l'ha vissuta davvero. Per chi ama gli aneddoti del rock e della musica. Una canzone per ogni capitolo. Cheers!!
Gruppi/Artisti che compariranno: Oasis, Blur, Pulp, Red Hot Chili Peppers, Radiohead, Kasabian, Paul Weller, The Stone Roses, The Smiths, Travis, Arctic Monkeys (un po' tutti)
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Gallagher, Noel Gallagher, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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You got crazy legs, you got amazing head
You got rings on your fingers and your hair's hot red
You got wit from my tongue, name on the sun
I gotcha going to my breast
Cause you're the only one, who uses school to pleasure

You make me act real gone, you make me trawl along
I had to ravish your capsule, suck you dry
Feel the teeth in your bone, heal ya head with my own
Why if I don't have you home, we'll have to fight alone

- Non mi avevi detto che tuo fratello faceva parte della band – dissi con tono interessato a Noel, lui scrollò le spalle: - Sarà che a volte provo a dimenticarlo pure io -.
Al che il fratello gli tirò un pugno sulla spalla come vendetta, poi come se niente fosse stato mi allungò la destra che strinsi, - Comunque io sono Liam –
- Molto piacere, Cassandra -
- Nome da principessa, per una principessa – e si esibì in un mezzo inchino.
Ehi però! Allora uno dei due è stato educato in famiglia! Poi però notai l’occhiata lunga che il fratellino m’aveva gettato alla scollatura, dovevo sospettarlo: uomini, impossibili da ammaestrare da millenni… Il ragazzo aveva trovato però pane per i suoi denti, raccolsi la sfida e con una sfacciataggine che in occasioni normali non avrei mai usato gli diedi un sguardo ben poco velato al cavallo dei jeans. Quando infine alzai gli occhi lo trovai con in faccia un’espressione spiazzata, quasi scandalizzata da quel mio comportamento così poco femminile. Gli scoppiai a ridere in faccia e ben presto si unì a me anche Noel che in un primo momento era rimasto basito, il bassista e alla fine pure Liam si lasciò andare ad un sorriso, consapevole d’essere stato battuto sul suo stesso campo. – Tu non sei normale – mormorò scuotendo la testa.
Io di rimando lo fissai negli occhi verdi e ammiccai – E chi ha detto questo debba essere negativo? -. Cominciammo a muoverci verso di un tavolo in un angolo del locale.
- No, però non pensavo esistesse una donna tanto sfrontata -
Mi voltai appena verso di lui, - Dopo anni di uomini che mi lasciano il passo davanti ad una porta solo per potermi poi guardare il sedere, credo d’essere stata investita del diritto divino di comportarmi come se pure voi foste dei bei quarti di manzo -, e gli feci l’occhiolino. A questo punto Audrey, nella mia testa, stava prendendo la rincorsa per poi andare a schiantarsi contro la scatola cranica. Disperatamente impotente innanzi a quei miei comportamenti che andavano contro tutti i suoi preziosi principi della medio borghesia.
Al tavolo presi posto tra Liam, alla mia sinistra, e il bassista che con flebile voce si era presentato come Paul McGuigan, anche se tutti lì lo chiamavano Guigsy. Di fronte a me stava Noel e l’altro chitarrista, Paul Arthurs detto Bonehead a causa di quel suo strano taglio di capelli. Dopo una decina di minuti in cui ascoltai divertita i ragazzi che si scambiavano i pareri sull’esibizione, tra chi faceva suggerimenti su cambi del tempo o un nuovo riff, e in cui Guigsy affermò solennemente d’avermi vista saltare con le mani nei capelli – io arrossi leggermente, e negai fermamente la cosa, anche se a quanto pare il bassista non doveva essere stato l’unico ad aver notato il fatto: Noel in quel momento se la rideva sotto i baffi, che non aveva – decisi d’andare a prendere da bere. Dal tavolo si alzò un’ovazione nei miei confronti, con tanto di fischi, io mi inchinai al mio pubblico e vidi Liam che stava aprendo bocca quando Noel lo precedette dicendo che sarebbe venuto con me.
- Perdona mio fratello per prima – mi disse alzando un po’ la voce per sovrastare la musica e il vociare della gente – Ourkid ogni tanto è proprio un idiota -
- Come hai visto me la so cavare, e poi non è il primo della famiglia ad assumere certi comportamenti – insinuai appoggiandomi al bancone del pub, in attesa di ordinare. Noel alzò un sopracciglio, assomigliava ad una civetta, pensai. – Non crederai davvero… -
Ed ecco il ritorno di Noel Gallagher il tonto! Esclamò una voce nella mia testa, molto simile a quella degli annunci alla radio. – No – sorrisi – e quanto meno tuo fratello è carino, rispetto ai soliti tizi orrendi che tentano di abbordarmi in modi ancora più orrendi di loro -. Altra espressione da civetta, questa volta però indecifrabile.
Mi voltai verso il barman e ordinai sei pinte di birra scura, venendo servita un paio di minuti dopo con dell’ottima Guinness, e pagai per tutti. Io e Noel prendemmo tra le braccia tre boccali a testa, e lui soggiunse – Con questa credo che ti conquisterai la simpatia dei ragazzi a vita -.
- Siete quasi tutti d’origine irlandese, andavo sul sicuro! – esclamai sopra il rumore, e poi citai una frase che dalle mie parti era ben conosciuta – Dio creò gli irlandesi, e il giorno dopo la birra affinché non conquistassero il mondo -.
Noel rise nella sua maniera fanciullesca mettendo anche a serio rischio di traboccamento i boccali di bionda. Quando posammo finalmente la birra sul tavolo dopo aver serpeggiato per un bel po’ attraverso la gente come equilibristi con una preziosa reliquia da portare in salvo, un’altra piccola esclamazione di gioia si levò da parte dei ragazzi che quella notte dovevano essere particolarmente euforici.
- Spero che abbiate preso un boccale anche per me! – esclamò ad un certo punto una voce alle mie spalle, mi voltai e rimasi un attimo perplessa. Anche lei era un po’ perplessa, mi fissava con grandi occhi da cerbiatto e un sorriso sfavillante ancora impresso sul volto dalla pelle scura. Un attimo dopo ci stavamo stringendo la mano, io e la ragazza sconosciuta. Aveva una presa salda che mi piaceva.
- Mi chiamo Louise -, pausa con sorriso smagliante, che lavorasse per la Oral-B? – Sono la ragazza di Noel -.
What the fuck…?!a pensarlo non fui io ma la finissima Audrey, la cui la mascella era caduta fin giù per terra. Io invece rimasi impassibile, dato che me lo potevo aspettare, insomma, non m’aveva detto d’avere un fratello – assai figo – quindi era ovvio che non m’avesse mai raccontato nulla della solare Louise. In compenso sapevo che da bambino era stato l’unico trai suoi coetanei a portare i pantaloni lunghi perché aveva sofferto di un’infezione renale… il ragazzo era del tutto privo di qualsivoglia senso delle priorità.
- Io sono Cass, lavoro al negozio di strumenti musicali – risposi riprendendo il posto accanto a Liam che sorseggiava la sua birra e che come in quel momento si divertita a fissare la strana faccia di suo fratello.
- In tal caso dovrei odiarti allora -, si sedette accanto a Noel, - dato che da quando ha di nuovo la sua Ricken-cosa mi tiene sveglia tutte le notti -
-Tranquilla, per come è messa quella chitarra ha ancora poco da vivere –
- Ehi, a me questo non l’avevi detto! – esclamò Noel a metà tra il divertito e il preoccupato.
Io fece di rimando un ghigno malefico, - Business is business. Tu sei un cliente, se t’avessi detto che tra sei mesi quella tira le cuoia di certo non mi avresti fatto cambiare i pick-up –
- Scherzi, vero? – era abbastanza inquietato. Lo sarei stata anche io se la Rickenbacker fosse stata mia.
- Forse – e con fare cospiratorio presi un lungo sorso di birra, che dopo tutto il saltare di mezz’ora prima era un vero toccasana, sia per il corpo assetato che per la mia mente che quella sera, dopo una lunga serie di notte passate claustrofobicamente nella mia stanza, aveva voglia di evadere. Stavo per riprendere il discorso con Noel a proposito delle canzoni che avevo ascoltato quando notai quanto fosse già impegnato in una fitta conversazione con Louise. Con una stretta di spalle spontanea mi girai verso di Liam.
- Tuo fratello non mi ha neppure detto come vi chiamate – buttai lì per lì.
- O-a-sis – scandì con la sua buffa pronuncia Mancuniana – Anche se prima eravamo i Rain, il nome nuovo l’ho scelto io -.
Inclinai un po’ la testa cercando di capire se il nome mi piacesse. Era molto musicale soprattutto come scivolava sul suo palato, poi feci uno sbuffo divertito – Credevo che vi chiamaste qualcosa come Noel Gallagher & his guys, oppure NG Project –
- Hai già notato la tendenza dittatoriale di The Chief, non è così? -.
Io mi immaginai Noel in una divisa militare, vagamente somigliante a Fidel Castro, con un grosso sigaro in bocca… Be’, se avesse usato tutto il fervore che aveva negli occhi quando parlava della sua musica per assoggettare un paese straniero forse ci sarebbe riuscito. Annuii, stringendo tra le braccia una gamba, il piede sulla panca ed una guancia contro il ginocchio scoperto per via di un taglio nei jeans: la mia posa adolescenziale preferita.
Liam continuò, - Lui è nato per fare il so-tutto-io – disse con una vaga smorfia, gettando però un’occhiata divertita a me per vedere se stessi sorridendo.
- Tu per cosa sei nato? -
- A parte per far penare mia madre, la marijuana e fare risse nei bar? -
Questa volta risi, la sua sincerità era disarmante. – Già, a parte quello e tentare di sedurre ragazze –
Lui ammiccò e indicò un punto alle mie spalle, - Per stare lassù –.
Mi voltai e vidi la pedana su cui si erano esibiti poco prima, che ora se ne stava abbandonata ma illuminata da un riflettore dalla luce giallastra, mi girai ancora verso di lui.
- E non intendo solo il palco del Boardwalk Club, intesi? -
- Precisamente dove, allora? – replicai con un’altra domanda.
Liam fece una buffa espressione arricciando le labbra, come se la scelta che stava prendendo fosse particolarmente complicata. – Diciamo tra John Lennon e Dio -.
Fece un ghigno da sopra il ginocchio – Modesto… -, non c’era malignità nella mia voce però.
- Non per forza in quell’ordine però, mi va bene pure tra Dio e John Lennon -
L’ottimismo a quanto vedevo doveva essere di famiglia, ma quello di Liam era diverso da quello del fratello maggiore. Nel suo sguardo leggevo proprio l’assenza della modestia, il puro e semplice credere in se stessi, forse il ragazzo che avevo davanti aveva un ego così grande che era quasi impossibile che riuscisse a starci tutto nella piccola sala che era il pub, eppure sapevo che gli sarebbe servito se mai avesse dovuto davvero salire su di un pedana più grande. Avevo visto troppe rockstar esibirsi sul palco di uno stadio per non capire cos’era che riusciva a mantenerli in piedi, ovvero quel credere d’essere più grandi di tutto, dello stadio stesso, credere d’essere immortali. La gente lo capiva quando lo pensavano davvero e anche per questo li ammiravano. Io li ammiravo perché erano talmente grandi dal reggere uno stadio intero. Cosa te ne fai della modestia quando hai il rock n roll?
Nella mia testa avveniva tutto questo ragionamento, ma intanto continuavo a parlare con Liam: il discorso inevitabilmente si era spostato su John Lennon. Dico inevitabilmente perché con molte probabilità su quella panca stavano sedute due delle persone che più avevano innalzato Lennon a dio nella propria gioventù, a quanto pare non ero stata l’unica ad innamorarmi del genio di Liverpool.
Ecco, ora sarebbe il tempo di una riflessione perché qui si apre un gap nella serata, ma non penso ci siano spiegazioni psicologicamente accettabili per spiegare quanto segue. Stavamo parlando di Lennon. Un attimo dopo… Stavo a cavalcioni su Liam, il mio corpo appiccicato al suo, spinto da chissà quale forza che mi impediva di staccarmene, tanto vicina da sentire prima il torso magro e sotto le costole il cuore. La sua lingua guizzava in anfratti della mia bocca che neppure immaginavo esistessero. Le mie mani gli stavano tormentando i capelli, lisci sotto le dita, mentre le sue giocavano avide con i passanti del retro dei miei jeans e la pelle circostante.
Non avevo né il tempo né la voglia di accertarmi se gli altri al tavolo ci stessero guardando. So solo che dovevamo essere l’immagine dell’indecenza e della libidine. Presi una attimo d’aria sorridendo appena a fior delle labbra di Liam, che mi tirò un pizzicotto su una coscia, solo per riprendere un secondo dopo in maniera più approfondita il bacio. Anche se dubitavo che ciò fosse anatomicamente possibile.
Passò un battito di ciglia o forse l’eternità, tanto quelli mani sembravano capaci di annullare il tempo nei miei pensieri, quando alle mie orecchie arrivò Anarchy in the UK mi irrigidii leggermente. Le mani di Liam si fermarono sulla mia schiena contratta.
- Che c’è? -
- Odio questa musica, questa voce -
- Ehi, la mia voce assomiglia a quella di John Lydon! – esclamò indignato, ma abbastanza buffo da farmi dimenticare il sottofondo.
- Sì, ma tu non fai parte dei Sex Pistols -, dovetti aver usato un tono abbastanza serio perché lui intrecciò le sue dita con quelle della mia mano sinistra e mi condusse lontano dal tavolo, senza dire una parola. Io lo seguii come in trance, le parole di Johnny Rotten che mi affollavano la mente, facendomi condurre nei meandri del pub. Liam con in bocca una Benson appena accesa spalancò una porta di legno scricchiolante, e mi lasciò passare avanti, nel mentre alzò la testa al soffitto ed emise una nuvola di fumo.
Mi ritrovai in un antibagno angusto con una tremula luce al neon, m’appoggia ad una parete, Liam all’altra e mi fissava. La musica da lì si percepiva appena. Fece un ultimo tiro poi tenendo il filtro della sigaretta tra pollice e medio la gettò dietro di sé, ancora fumante. Ancora una volta non so di preciso come accadde, ma mi ritrovai incollata al suo corpo. Caracollammo in quell’antibagno come un groviglio di carne, vestiti e desiderio, stretti l’uno all’altra. Gli levai la t-shirt che indossava e lui fece lo stesso con la mia canotta lanciandola chissà dove, si fermò solo un istante per aprire la porta di una delle tre cabine bagno, intanto però io non perdevo tempo e gli sbottonavo i jeans. Altro taglio di scena che la mia mente ubriaca di birra ma ancor più di lussuria non riuscì a registrare. Mi ritrovai appoggiata al piccolo davanzale della finestra che c’era in quel bagno, Liam che mi sorreggeva per i fianchi. Avrei voluto dire che stavamo facendo l’amore, ma la parola sesso rendeva molto meglio la cosa. Perché come altro li descrivi due esseri furiosi, avvinghiati spasmodicamente tra loro, senza nessun altro pensiero in testa se non quello di volere di più da quell’ebbrezza?
Per un istante mi guardai attorno, i respiri rotti miei e Liam che avevo cancellato da tempo la voce di John Lydon. Ero circondata da piastrelle biancastre e sporche, rotte qua e là, nell’angolo stava un lavandino con uno specchio incrinato. Era tutto davvero molto squallido non c’era che dire, adatto ad una consumazione come la nostra. Io mi sentivo squallida? Diedi un’occhiata allo specchio che ci rifletteva ed ebbi un’illuminazione, che per fortuna fu scacciata via immediatamente dall’estasi, un piacere caldo e avvolgente.
Per prima cosa sentii Liam sotto di me venir fatto preda della stessa sensazione, e poi come lontano mille miglia un rumore di passi. Un cigolio, la porta del bagno accanto al nostro che si apre e si chiude. Guardai Liam alzare la testa in ascolto, le orecchie tese.
Il suono preciso di acqua (?) che precipita in altra acqua.
- Guigsy, brutto coglione! – esclamò a quel punto Ourkid, basito.
- Che c’è?! – ribatté una voce acuta, infastidita pure, da oltre la parete.
- Dovevi cambiare proprio ora l’acqua al pesce? -
- Ehi, quando scappa scappa! – rumore di sciacquone, rumore di zip che viene tirata su – E mi raccomando raccattate tutti i vestiti! -. Si sentì lo scroscio di acqua corrente in un lavandino, infine Guigsy se ne ritornò da dove era arrivato.
Liam mi guardò un po’ sconsolato, gli occhi verde azzurri oltre il velo della birra vagamente mortificati. Io ricambiai lo sguardo e dopo avergli scostato una ciocca madida di sudore, appoggia la mia fronte alla sua. – Eddai, guarda il lato positivo: se non altro si è lavato le mani! – mormorai facendolo scoppiare in una sonora risata, poi mi baciò velocemente, in un gesto amichevole del tutto differente dalla passione di pochi minuti prima, infine mi prendendomi per la vita mi fece rimettere i piedi per terra.
Qualche minuto più tardi, ritrovato ogni singolo capo del mio abbigliamento, stavo seduta ancora sul davanzale, messa di lato, Liam questa volta però era dietro di me, la mia nuca appoggiata contro il suo petto. Tutto era quieto, non silenzioso, il che per me era una piccola ma sostanziale differenza, infatti c’erano i nostri respiri, il suono acuto di un allarme antifurto che risuonava in lontananza ed infine il suono vago della voce di David Bowie che cantava Velvet Goldmine, peccato che Bowie probabilmente si stesse riferendo ad un uomo quando l’aveva scritta altrimenti sarebbe stata davvero la canzone perfetta per quella notte.
Guardai un’ultima volta lo squallido bagno in cui ci eravamo rintanati, poi chiusi gli occhi e presi un tiro dalla Benson che Liam mi aveva passato. Che cosa mi importava d’andare in paradiso, finché c’erano le sigarette all’inferno?

Velvet Goldmine, you stroke me like the rain
Snake it, take it, panther princess you must stay
Velvet Goldmine, naked on your chain
I'll be your king volcano right for you again and again
My Velvet Goldmine
(Velvet Goldmine)

Spend the night-life table-hopping
And trying to keep that bag of bones in trim

I don't mind not being immortal
'Cos it ain't all that as far as I can tell
I don't mind not going to heaven
As long as they've got cigarettes
As long as they've got cigarettes in hell

And by the time we start getting used to it
The dope that's forming on the windowsill
Now we know we've got ourselves into the cage
(As Long As They've Got) Cigarettes In Hell

Doppia canzone per un capitolo più lungo del solito :) La prima Velvet Goldmine è, come già scritto, di Bowie http://www.youtube.com/watch?v=EfRgd9REzAs
Mentrela seconda è una B-side degli Oasis (As Long As They've Got) Cigarettes In Hell da Go Let It Out http://www.youtube.com/watch?v=JmOfEYBIuKQ
Cheers^^ and enjoy music




   
 
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