Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: DreamingOfANightmare    29/03/2011    6 recensioni
Ubriaco e senza pensare chiaramente, Dave si accinge a guidare per tornare a casa. In seguito ad un'incidente e cade giù da un ponte. Mentre l'acqua lo sommerge lentamente, pensa ai suoi rimpianti. Si risveglierà, ancora vivo, nel suo corpo da ragazzo pronto a vivere la seconda opportunità della sua vita. [Kurtofsky]
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Kurt Hummel
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sussulto al suono della sveglia sul comodino. Ma, aspetta un momento, il suono è sbagliato; dov’è quel familiare bip con cui mi sveglio ogni mattina prima di andare al lavoro nel mio cantiere edile?

Apro gli occhi, grugnendo verso la luce che entra da una finestra che è dal lato sbagliato della stanza, e spengo la sveglia che continua a suonare. Mi siedo e sbadiglio sonoramente.

Mi stropiccio la faccia – e, hey perché sembra più paffuta del solito?

Mi strofino gli occhi ancora impastati dal sonno – e woah, perché la mia camera è così incasinata?

Sento di avere i postumi di una sbronza. Ero in un bar l’altra notte; lo ricordo perfettamente. Mi sono forse addormentato a casa di un amico? Un sacco di amici di sbronze hanno camere incasinate come questa.
Ma aspetta un secondo…questa stanza è familiare. Io conosco questa camera.

Il panico mi monta nel petto, faccio volare le coperte e raggiungo lo specchio che so essere appeso dietro la porta. Infatti è lì, e nell’istante in cui vedo il mio riflesso lascio andare un urlo di sorpresa.

“Ma che CAZZO..?”

“Tesoro? E’ tutto a posto lì dentro?” sento la voce di mia madre, e lei non mi chiama tesoro da quando sono stato quasi espulso da scuola ai tempi del liceo. Sono riuscito a scampare l’espulsione, ma lei è rimasta così tanto delusa da me da smettere di chiamarmi tesoro.

Tutto questo è così strano. E sbagliato. Impossibile e – e perché non riesco a ricordarmi nulla a parte il bar?

Troppi pensieri invadono la mia testa, e scivolo, appoggiandomi allo stipite della porta. “E’ – è tutto a posto Ma!” urlo in risposta, sperando che la mia voce non le sembri insicura e gracchiante come invece pare a me.

Ho ventitre anni. Lo so. Lo sento, e ricordo ogni singola cosa prima, dopo e durante il college, e tutto negli anni dopo aver mollato il suddetto college. Eppure so che questo non può essere un sogno, perché riesco a percepire tutto troppo chiaramente, nonostante i postumi della sbronza, ma…

Sono tornato nel corpo di quando avevo 16-quasi-17 anni. Sono tornato indietro nel tempo. E’ l’unica spiegazione. Sembra impossibile, ma è l’unica possibilità che abbia senso.

Perché? Come? Chi mi ha rimandato indietro? Dio, o qualcun altro? Sto avendo la mia seconda occasione o cosa? E’ qualcosa come ….Che Vita Meravigliosa o Seventeen Again, è uno scherzo?
C’è forse un angelo con cui devo parlare per avere delle indicazioni, una guida? Solo cosa cazzo sta succedendo?

Tutto questo è troppo assurdo per essere vero. Eppure è reale. Lo so. Riesco a sentire la pelliccia del mio gatto – lo stesso gatto che so morì quando ho fatto diciannove anni – sul mio polpaccio mentre si struscia contro la mia gamba. E riesco a sentire mia madre armeggiare giù in cucina e mio padre commentare le notizie in tv nell’altra stanza. Sento l’odore del caffè appena fatto da dove mia madre lo sta preparando.

Dettagli che nessun sogno riporterebbe così vividi, senza alcuna distorsione. Quindi deve essere vero. E so anche che tutto il resto è vero; una serie di anni vissuti attraverso un sogno? Non credo. So quanti anni ho io, e quanti ne ha questo corpo.

Comunque, logica, magia o qualsiasi altra cosa a parte, mi preparo, scendo al piano di sotto e chiedo a mia madre che giorno è oggi.

“Oh David, perdi la cognizione del tempo così facilmente. Tieni, “ mi dice sorridendo e buttando il giornale di oggi sul tavolo davanti a me.
I miei occhi si allargano nel vedere la data. So che giorno è oggi. Come potrei mai dimenticare che questo giorno? Questo è il giorno che ho custodito nella mente per anni.

Questo è il giorno in cui ho baciato Kurt Hummel per la prima e l’ultima volta.

Ho le vertigini, mi gira la testa e ondeggio pericolosamente sui miei piedi.
“David? Tesoro ti senti bene?” mia madre mi chiede dolcemente, con tono preoccupato.

Scuoto la testa. No, non sono lontanamente vicino al “sentirmi bene”. Ma che cosa potrei dirle? Lei non sa che sono tornato indietro nel tempo, nel mio corpo da ragazzo. Lei non sa chi sono io, dove sono stato, o come mi sento dentro. Così forzo un sorriso e le dico “Sto bene. Vado a scuola un po’ prima oggi, ok?”

Sembra ancora preoccupata, ma annuisce “Si, d’accordo. Vuoi portarti qualcosa da mangiare lungo la strada?”

“No, sto bene così. Solo…c’è qualcosa che devo fare.” Mormoro, e subito schizzo fuori dalla porta.


A scuola, tutto è surreale. Sto vivendo questa giornata sapendo tutto quello che le persone diranno e faranno, in una sorta di dèjà vu, prima che gli altri si avvicinino a me. Tutti mi lanciano sguardi interrogativi; e i professori rimangono scioccati quando alzo la mano per rispondere a domande la cui soluzione galleggia nel mio subconscio, notando l’improvviso cambiamento nei miei modi, così diversi dal me che dovevo essere stato fino a ieri.

Non posso sopportarlo. Mi fa venire la nausea essere qui, a rifare tutto da capo un’altra volta.

E quando intravedo Kurt, mi assicuro di non toccarlo. Non una spinta, non un colpo, niente.
Rabbrividisco mi volto dall’altra parte e scappo via.

Ma quando lo vedo sorridere al suo telefono precisamente come la prima volta ( o…no, dal momento che è questa la sua prima volta, adesso, visto che nessun’altro ha scambiato il suo corpo con quello più giovane come ho fatto io) qualcosa in me scatta. Io…io non posso lasciarlo fare così. Ancora non so perché sta sorridendo a quel dannato schermo – un bel messaggio, forse? Non so – ma mi da fastidio essermi comportato da un codardo per tutto il giorno. Così lo faccio di nuovo. Glielo faccio cadere dalle mani. Gli do una botta alla spalla. Ma stavolta non colpisce gli armadietti, e io non mi volto indietro a guardarlo.

So che mi seguirà comunque.

“Qual è il tuo problema?”

Mi irrigidisco, stringendomi nelle spalle quando mi volto a guardarlo. Non voglio insultarlo come invece mi ricordo di aver fatto. Così chiedo semplicemente “Come scusa?”

“Di che cosa hai tanto paura?” esclama, e il mio stomaco si chiude mentre osservo il lieve rossore del suo viso, i piccoli pugni stretti nell’aria, e il modo in cui la camicia modella il suo petto.

E’ uno shock cosi grande rivederlo che inizialmente non so come rispondergli . Ricordo cosa gli dissi originariamente ( “Sei sgattaiolato qui dentro per guardami il pacco?”) ma dirglielo ora non sarebbe giusto. Quello non sono più io, colui che è rinchiuso in questa gabbia sottoforma di corpo più giovane. E Kurt… avevo dimenticato quanto fosse bello. E più si avvicina più mi da alla testa, innalzando a livelli pericolosi la mia emicrania da post sbronza ( o è forse questa la sensazione di un viaggio nel tempo? Non saprei.)

“Ho paura un sacco di un sacco di cose.” Gli rispondo mugugnando. Mi rigiro verso il mio armadietto e cerco di ricordarmi la combinazione. Non ci riesco. Sono venuto qui solo perché mi ricordo di averlo fatto in precedenza, ma non posso, per qualche ragione, sforzarmi di fingere che ho un motivo valido per essere qui.

“Ma davvero? Ti dispiacerebbe condividerle con me? Perché adorerei rinfacciartele tutte quante, così potresti finalmente sperimentare tutta la paura che provo ogni volta che tu o uno dei tuoi amichetti vi materializzate nelle mie vicinanze!” Kurt ruggisce: la sua sfuriata sui soliti comportamenti dei gay sta per arrivare. Me lo sento. “ Voi omofobi etero siete tutti quanti uguali! Avete l’incubo che noi gay vogliamo molestarvi e convertirvi! Bè indovina un po’? Non è affatto così. Soprattutto Io non sono così. Non ti toccherei neppure con un bastonene lungo dieci metri!”

“Ma davvero?” ribatto, dentro sto bruciando per due ragioni; la prima perché, anche dopo tutti questi anni, penso di provare ancora qualcosa per lui. E la seconda perché, bè…ci risiamo, adesso mi rinfaccerà quanto io sia poco attraente ai suoi occhi, al contrario di quanto invece lui sia dannatamente bello ai miei. “Fammi indovinare: pensi che io non sia il tuo tipo. Giusto?” dico; le mie sopracciglia si alzano nel pronunciare l’ultima parola, mentre digrigno i denti ferito ed offeso, sperando di risultare arrabbiato.

“Ovvio. Non mi piacciono…”

“I ragazzi grassottelli che sudano troppo e diventano pelati all’età di trent’anni?” finisco al posto suo. Aveva iniziato a dire le prime parole con me – ragazzi grassottelli che – ma si era interrotto con uno sguardo sconvolto sul visto quando avevo rubato le esatte parole dalla sua bocca. “Si, lo so. Ti piacerebbe di più avere qualche bel ragazzo di una scuola privata, oppure uno alto e magro come Hudson, o non lo so, qualche fatina simile te. Ho afferrato il messaggio, Hummel.” Sbotto, e mi sento male dentro. Male, per tutte le emozioni che provo e con cui non voglio dover fare i conti.

“Come facevi a…” comincia, ma si interrompe sbuffando “ Sai cosa? Non mi interessa nemmeno. Stammi semplicemente lontano, ok? Piantala con il tuo bullismo perché so che nel profondo tu sei solo un ragazzino codardo che non può accettare quanto straordinariamente ordinario tu sia.” Sussurra con rabbia, invece di urlarmelo in faccia, e si avvicina di più, proprio come ricordo, anche se le sue parole sono leggermente diverse.

Ma non troppo diverse. Non posso sopportarlo un secondo di più. Come l’ultima volta, è troppo. Lui non sa quanto tutto questo sia vero, e quanto mi faccia dannatamente male sentirlo. Quanto normale io sia…un operaio. Un perdente di Lima. Uno che non ha nemmeno finito il college. Aveva ragione su tutto, e questa rabbia scottante mi brucia terribilmente quando lo realizzo.

Così lo faccio di nuovo. Mi lancio in avanti nell’istante in cui dice la parola ‘sia’ e poggio le mie mani ai lati del suo viso; sento il pulsare della sua gola sotto i palmi, fino nella punta delle dita che si poggiano alla base della sua testa. Sento che si irrigidisce, e questa volta lo bacio con meno forza e rabbia, ma con la stessa passione, lasciando le mie labbra parlare al mio posto. Quando mi stacco, tengo gli occhi chiusi e poggio la fronte contro la sua. Percepisco che respira a malapena, e quando sento che spalanca la bocca per la sorpresa, sussurro “Mi dispiace.”

E poi scappo via dallo spogliatoio; lo stesso singhiozzo che esce dalle mie labbra come l’ultima volta, solo che il motivo è completamente diverso.

Ragazzi, ho mandato di nuovo tutto all’aria. Mi chiedo quali saranno le conseguenze stavolta?



Mi si avvicinano sulle scale in giorno dopo. E’ come l’altra volta, ma l’atmosfera sembra…diversa. Il ragazzo fighetto dell’altra scuola – non ho mai imparato il suo nome - mi si avvicina sbarrandomi la strada. “Ti chiedo scusa, ma io e Kurt vorremmo scambiare due parole con te, ti dispiace? Magari in privato?”

Bè, per lo meno stanno affrontando la questione meglio dell’ultima volta. Invece che cercare di farmi dichiarare la mia sessualità in pubblico, sono molto più gentili ed educati. Probabilmente perché ho detto a Kurt quelle due magiche parole che morivo dalla voglia di dirgli sin da quando…

Stavo per morire. Morire. Ora ricordo: stavo morendo. Ero morto. Ma poi mi sono svegliato, e mi sono ritrovato di nuovo in questo corpo.

Scaccio via il pensiero con una scrollata di spalle, annuisco piano “Come vi pare. Dove?”

“La stanza del coro è vuota.” Kurt se ne esce con la sua solita voce tranquilla.

“Allora muoviamoci, Signorine. Non ho tutto il giorno.” Sbotto, sorpassando quello in divisa e stando molto attento a non sfiorare nemmeno Kurt. So dove si trova la stanza del coro, così mi incammino senza nemmeno voltarmi a controllare se sono seguito dalla coppia. Posso udirli, tuttavia; sento le loro scarpe costose risuonare sul cemento e sulle piastrelle, e i loro lievi sussurri. Kurt sembra agitato dall’alzare e abbassare del suo tono di voce, E Pretty Boy sembra invece rassicurarlo con il suo tono pacato.

Quando ci ritroviamo nella stanza del coro, Kurt chiude la porta e Fighetto si siede indicandomi il posto davanti a lui. Kurt si siede al suo fianco. Rigiro la sedia e incrocio le braccia sullo schienale facendogli un cenno con la testa.

“Allora di che si tratta?” dico, anche se so perfettamente di cosa si tratta.

“Mi hai baciato.” Sbotta Kurt, imbarazzato proprio come ricordo, ma grazie a Dio stavolta siamo da soli.
Dietro di lui il suo amico annuisce. “Ehm.” Si schiarisce la gola “Si, questa è la ragione del perché vogliamo parlare con te, David. Posso chiamarti David? Kurt mi ha detto che ti chiami Dave Karofsky, così ho immaginato che un nome rispettabile per te sarebbe stato…”

“Non voglio fraternizzare con te, amico. Non so nemmeno chi diavolo sei.” Gli ricordo con una smorfia.

“Oh. Sono terribilmente spiacente, dove sono finite le mie buone maniere? Sono Blaine. Sono un amico di Kurt. E come potrai immaginare, non vengo a scuola qui.”

“Non sono stupido.” Rispondo “ So che indossi l’uniforme della Dalton. Uno dei miei cugini va a scuola lì. Ora, che cosa volete esattamente voi due da me?”

“Solo parlare.” Blaine risponde semplicemente, con un sorriso di plastica stampato in faccia. Non mi fido di questo ragazzo. Sembra così…superficiale. Condiscendente. Totalmente il tipo di Kurt. E questo mi rende molto più che infastidito: definitivamente geloso! Anche se mi sento un po’ strano ad avere la mentalità di un ragazzo di ventitre anni e trovarmi in corpo più giovane. O forse sono io il più giovane; per lo meno di questo Blaine. Si comporta come un adulto.

Ad ogni modo, Blaine sta cercando di rifilarmi lo stesso discorso dell’altra volta, qualcosa riguardo al fatto che non devo sentirmi solo – humph anche questo tizio è gay quindi – e come il provare ad accettarmi sia una cosa che naturalmente mi spaventi ect.etc.etc.

Alzo gli occhi al cielo “Ascoltate” dico a entrambi “Non ho bisogno della vostra pietà, o aiuto, o qualsiasi cazzo di cosa pensate che sia ‘buona’ per me. Me ne sono già fatto una ragione ok? Ho detto a mia madre l’altra sera che ho baciato Kurt, che mi piacciono i maschi, e tutta questa roba qui. All’inizio ha dato di matto, ma dopo che le ho ricordato che sono sempre la stessa persona e tutto quello che avevo fatto era smettere di mentirle, l’ha presa bene e ha perfino deciso di dirlo a mio padre al posto mio. Ancora non so la sua reazione, ma non mi importa. So che mi amerà in ogni caso. Ha…” sto per dire che l’ultima volta ha funzionato, ma suonerebbe semplicemente assurdo se gli raccontassi la verità su come avevo saputo affrontare così in fretta con i miei genitori la questione della mia sessualità. “ Ad ogni modo non ho intenzione di uscire allo scoperto a scuola. Ve lo potete scordare. Az diventerebbe un gran bastardo nei miei confronti, e nessuno nella squadra di hockey mi rivolgerebbe più la parola; il liceo fa semplicemente schifo quando sei gay. Quindi me lo tengo per me fino al college, grazie.”

Blaine sembra preso in contropiede, e Kurt semplicemente mi fissa, in modo stupefatto, in effetti non molto diverso da quando aveva visto Sue Sylvester nel ruolo di preside per la prima volta.

“Ottimo allora” dice Blaine con un mezzo sorrisetto sulle labbra e un sopracciglio triangolare alzato “Non so nemmeno perché mi sia preoccupato tanto! Sembra che tu abbia la situazione sotto controllo molto meglio di un qualsiasi frustrato e represso omosessuale non dichiarato quale credevo che fossi. Complimenti, David.” Si volta verso Kurt dandogli un leggero colpetto col gomito “Vorresti aggiungere qualcosa?”

Kurt si alza, improvvisamente rosso in faccia, e io alzo distrattamente lo sguardo per inchiodare i miei occhi nei suoi “Tu…!” sbotta, e a questo punto non sono tanto sicuro di quello che sta per dire. Potrebbe fare qualsiasi cosa adesso. Con quello che deve essere un rossore di vergogna urla “ Mi hai rubato il mio primo bacio, e te ne stai elegantemente lavando le mani come se non fosse un grosso problema? Ma che razza di persona sei Karofsky?”

Mi alzo di botto, tremando leggermente. In mezzo a noi, Blaine ci osserva con interesse, probabilmente aspettando di vedere se riusciamo a cavarcela da soli, o altrimenti pronto ad intervenire. “So che cosa sto facendo, d’accordo? Ho imparato molto di recente, e so che sono stanco di mentire ai miei genitori; ma non voglio essere preso di mira a scuola. Non sono come te, ok? Non sono coraggioso o a mio agio con me stesso la metà di quanto lo sei tu. Quindi fatti da parte, vuoi? Perché ho intenzione di fare le cose a modo mio.” Urlo in risposta.

“Allora perché mi hai baciato?” sibila Kurt, piegandosi in avanti e puntandomi un dito contro il petto. “Perché sono un bersaglio facile? Perché sono l’unico gay dichiarato? O forse perché, nella tua mente malata, era un modo per chiedermi scusa e per farmi capire che tu fossi gay o qualcosa del genere?”

“Forse.” Sbuffo, incrociando le braccia sul petto “ O forse non è per nessuna di queste ragioni. Potrebbe essere che pensavo mi avresti capito, oppure volevo zittirti, ma più probabilmente è solo perché mi piaci, Fatina.”

“Tu cosa…?” fa un verso strozzato e balza all’indietro.

Blaine improvvisamente sorride “Oh Dio, guarda che svolta inaspettata che hanno preso gli eventi!”

Grugnisco qualcosa di incoerente in risposta e mi volto, scappando fuori dall’aula. Non ho bisogno di questo adesso. Questa è la mia seconda occasione di vivere e io la sto solo incasinando ogni secondo che passa. E’ come se una parte di me pensa ancora che questa è tutta un’illusione, e presto mi sveglierò morto per davvero in Purgatorio, o all’Inferno o in qualsiasi altro posto dove vengono spedite le checche dopo la morte.

Forse un po’ lo spero, tuttavia. Perché se davvero non fosse così, sto decisamente mandando a quel paese la possibilità di recuperare qualcosa.



Il giorno seguente, Kurt arriva e si siede al mio tavolo in mensa, davanti ai miei amici. Quelli subito iniziano a chiamarlo con orribili soprannomi- che comprendono la mia al momento più odiata parola con la f-, senza dubbio l’appellativo più popolare da sempre per quelli come noi- e io li zittisco immediatamente alzandomi dal tavolo, e facendo un gesto a Kurt di seguirmi.

Svuoto il contenitore del vassoio nella spazzatura, poi lo poggio sulla pila accanto al secchio, mi ficco le mani in tasca e mi volto. “Vai a finire il tuo pranzo. Io resterò qui intorno. Sono sicuro che la tua bocca intelligente ha qualcosa da dire che non mi scorderò molto facilmente, quindi datti una mossa e togliamoci il problema.”

Lui fa una faccia strana – una che non riesco a decifrare – e annuisce. Si allontana tranquillamente e raggiunge i suoi compagni, mangiando il suo pranzo e lanciandomi occhiate di tanto in tanto per assicurarsi che non vado da nessuna parte; probabilmente sta dicendo anche qualcosa sui di me ai suoi amici. Scommetto che lo sanno tutti che sono gay. Kurt ha mantenuto il segreto per paura l’ultima volta, ma adesso? Non c’è nulla di cui aver paura. Non gli ho fatto del male fino dal mio salto indietro nel tempo. Non gli dato motivo di aver paura di me, per cui, di mantenere il segreto.

Quando Kurt ritorna, c’è uno strano sorrisetto sulle sue labbra “Biblioteca?” suggerisce.
Io scrollo le spalle e lo seguo fuori dalla mensa, lungo il corridoio. Dopo un lungo silenzio, e dopo che entrambi ci siamo ben nascosti dietro ad uno scaffale così da non poter essere disturbati dalla bibliotecaria e dall’unico ragazzo presente che sta al computer, Kurt sussurra “Eri….intendevi davvero quello che mi hai detto ieri?”

“Cosa, che mi piaci?” chiedo tranquillamente. Il mio cuore batte all’impazzata nel petto, facendo a pugni col mio tono pacato. “Certo. Non lo avrei detto se non fosse stata la verità. Mi dispiace di essere stato un coglione nei tuoi confronti, ma era il mio strano modo di mostrarti i miei sentimenti senza mostrare i miei sentimenti per davvero, capisci cosa intendo?”

Scuote la testa “Più o meno. Ma lo sai, le basi del corteggiamento sono facili. Posso capire che non ti andava di dirlo apertamente……ma hai mai sentito parlare di fiori anonimi?”

“Non è il mio genere.” Rispondo leccandomi le labbra nervosamente. Fisso il tappeto colorato consumato da centinaia di piedi di persone che lo hanno calpestato in cerca di libri. Rastrello le unghie sulle sue macchie di colore disordinate mentre ammetto “ Comunque hai ragione, avrei dovuto fare le cose diversamente. Quindi ci proverò da adesso. Ti ho già detto che mi dispiace e come mi sono sentito, giusto? È già qualcosa.”

“Immagino di si, ma…non puoi aspettarti che ricambi i tuoi sentimenti, Karofsky. Dopo tutto, tu…”

“Sono stato il tuo bullo per anni. Già, lo so. Come ho detto al tuo amato Blaine, non sono uno stupido. So che mi odi di brutto, e che siamo troppo diversi, che non sono il tuo tipo e roba così. Non voglio niente da te Hummel. Ti ho baciato, è vero, in un momento puramente impulsivo, ma non capiterà di nuovo, ok? Non ti obbligherò a farmiti piacere o roba del genere. Ho forse fatto qualcosa dopo il bacio? No. Quindi lasciami solo, e io lascerò solo te.” Gli dico semplicemente. Finito il discorso mi alzo dal pavimento e mi avvio con calma verso l’uscita della biblioteca.

Tuttavia sento Fatina seguirmi di corsa e sussurrare un acuto “Aspetta!”.

Mi afferra per un braccio quando sono già in corridoio, la maggior parte dei ragazzi sono ancora a mensa o nelle classi, quindi è deserto. “Che ti è successo? È come se mi avessi baciato e subito…fossi un’altra persona.”

“Immagino di si. Quindi?” grugnisco; non riesco a guardarlo negli occhi quando mi tocca in questo modo.

“E’…un bel cambiamento, ecco tutto. E nonostante ancora non mi piaci, non ti odio più come prima. Io e te potremmo diventare amici, credo. Noi gay dobbiamo fare fronte comune, giusto?” ammicca, e giuro che non so se prenderlo a schiaffi o baciarlo un’altra volta.

Mi lascio sfuggire una risata amara. “Noi? Amici? Fatina sai che è impossibile. Siamo nati per litigare in continuazione. Il che, se ci pensi, è un’altra ragione per cui non potremmo funzionare sotto il profilo romantico, e non conta quanto mi piaci. Quindi no, amico; questa checca non ha intenzione di fare fronte comune con nessuno. Voglio solo sopravvivere al liceo e provare a finire il college e poi andarmene via e trovarmi un lavoro decente che non comprenda cantieri.”
Lui non capisce ovviamente, riesco a vederlo dalla sua espressione confusa sul viso; ma io non mi aspetto che lo faccia. È solo una cosa mia, una piccola nota mentale di come posso cambiare le cose. Credo che sia questo il motivo per cui sono qui in fondo: correggere i miei sbagli. Ho già rimediato a qualcuno di quelli, più o meno.

Lascia cadere la sua mano dal mio braccio, permettendomi di riportarlo vicino al mio fianco. Cerco di ignorare quanto sia freddo il mio polso senza il calore delle sue dita attorno.

“Non hai più indossato la tua letterman da quando mi hai baciato.”

“E? Qual è il punto?” dico riprendendo a camminare. Lui continua a seguirmi come un cagnolino abbandonato fa con l’unica persona che conosce vagamente tanto da girarci assieme.

“Il punto è che questo è un segno. Non ti vuoi più nascondere dietro l’immagine di cattivo ragazzo appartenente ad un gruppo. “

“Haha. Questo si che è divertente. Tu sei divertente Hummel. “ sibilo in risposta. Ma non è vero. Ci sono un sacco di giorni in cui non metto quella giacca. Oggi e ieri sono solo due di quelli.”

“Oh.” Probabilmente sta cercando di ricordare altri giorni in cui non indosso quella maledetta cosa. “Bè” mormora “Vuol dire comunque qualcosa.”

“No, davvero. Tu leggi troppo tra le righe.” Borbotto. Ma essere analitici porta ad essere drammatici, e Hummel è definitivamente una regina del dramma.

Si acciglia mentre gli lancio un’occhiata senza fermarmi, lui continua a trotterellarmi dietro, senza riuscire a tenere il passo perché le sue gambe non sono lunghe come le mie. “Karofsky” ritenta, mentre la campanella improvvisamente suona nel corridoio. “Non ho intenzione di lasciar perdere questa faccenda con te. Forse sono solo un ingenuo, e tu potresti essere un caso senza speranza, ma voglio provare a capirti.”

“Perché te ne dovrebbe importare qualcosa?” sbotto, fermandomi di colpo e voltandomi a guardarlo, con un’espressione tra lo scocciato e il sorpreso.

Kurt quasi mi sbatte addosso, ma si ferma in tempo prima di un vero contatto. Fa un passo indietro, riportandosi a debita distanza, grazie a Dio, perché averlo così vicino mi manda fuori di e non riesco a controllare i miei bisogni impulsivi.

“Mi importa perché, a parte Blaine, tu sei l’unico…” si ferma, buttando un occhio alle persone che improvvisamente ci circondano nel corridoio, schiarendosi la gola per sottintendere cosa vuole dire “che conosco. E tu hai un disperato bisogno di un cambiamento; no, non guardarmi in quel modo, non mi stavo riferendo all’apparenza, ma di un cambiamento interiore. Penso che posso aiutarti con quello proprio come di solito aiuto gli altri a cambiare look. Quindi, per favore Karofsky, lasciami essere tuo amico. Posso avere una buona influenza su di te. E…diciamo che me lo devi dopo quello che mi ha rubato.”

“Ma io non ti preso il…” ma mi blocco in tempo. Di certo lui non intende il topper della torta. L’ho preso all’incirca due settimane dopo il bacio ( che è stato solo due giorni fa) , quando i genitori di Kurt e di Hudson stavano per sposarsi. Realizzo quindi che, al posto di quello, lui intende il suo primo bacio. Cedo “Ok, d’accordo. Diciamo che te lo devo, dal momento che non ho nient’altro da darti in cambio. Ma se ti è di qualche consolazione, era il primo anche per me.”

“Ho immaginato che lo fosse.” Sussurra, sembrando stranamente sincero. Scuote la testa e arrossisce di nuovo. “Allora siamo d’accordo?” esordisce, sistemandosi la borsa e fermandosi sulla soglia di una classe vicina, la sua prossima lezione, immagino. Merda farò tardi per la mia. È dall’altra parte della scuola e ho solo un minuto e mezzo per raggiungere l’aula.

“Su cosa?” chiedo vagamente, evitando i suo occhi dannatamente belli ancora una volta.

“Che io e te ci vedremo molto più spesso, e con molta meno violenza.” Mi informa “Non come amici, ma come buoni conoscenti.”

“Certo, come vuoi.” Concordo, cercando di non fargli capire quanto mi piace l’idea. Non potremmo mai stare insieme nel modo che vorrei – con lui che mi dice quanto mi ama, lui che si contorce sotto di me per il piacere, io e lui che camminiamo mano nella mano nello stesso college – ma penso di poter scendere a compromessi. Essere quasi amici. Confidenti almeno, dal momento che ho sinceramente bisogno di qualcuno con cui parlare della mia omosessualità. Non mai avuto davvero l’occasione di esplorarla, neppure a ventitre anni: la mia conoscenza deriva da film, tv e porno online.

“Fantastico.” Kurt sorride e scompare nella classe. Sospirando, mi giro e mi incammino verso la mia prossima lezione, ancora in attesa che la segreteria mi dia la combinazione del mio armadietto; a loro non piacciono gli studenti che aprono gli armadietti di altri facendo finta che siano i loro, così hanno bisogno di un po’ di tempo per assicurarsi che io stia dicendo la verità. Quindi non ho nessun tipo di materiale scolastico, fatta eccezione della poca roba nella mia macchina che avevo preso per fare i compiti prima di scambiare il mio corpo.

Sto iniziando a chiedermi se quello che sto facendo sia giusto. Alzare i voti a scuola, conversare con Kurt e roba così. È questo quello che devo fare? Come faccio a sapere se ho imboccato il sentiero giusto nel riscrivere la mia storia?
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: DreamingOfANightmare