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Autore: Marty_rurulove    26/01/2006    1 recensioni
Partecipante al XVI concorso su EFP. Commento di Erika: Una storia dolce, d'amore per una figlia appena venuta al mondo, con una fine che non dice molto (a meno che non faccia parte di una storia che non conosco, magari ripresa in altre storie dell'autrice). Può sembrare a tratti sdolcinata, ma lo zucchero si accetta volentieri, perché sembrano davvero i pensieri di un neo-padre.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TITOLO: Benvenuta

Benvenuta

di Marty

 

 

 

 

 

TUP TUP

Ehi, piccola, mi vedi?

Sono qui!

No, no, più a destra!

Ecco, sì, quello che ti fa ciao ciao con la mano e sorride come uno scemo…

Scommetto che ti starai chiedendo come mai mi comporto in modo così strano…

Che posso dirti?

Mah, è solo che vedere i tuoi occhi spalancati e curiosi è così bello che vorrei mettermi a ballare!

Però già gli altri mi guardano male, quindi forse è meglio che non lo faccia…

“Mi scusi…secondo lei riescono a vederci?”

Quest’uomo è quasi più sconvolto di me, ha la camicia storta e i capelli tutti schiacciati sul lato che ha appoggiato contro lo schienale della sedia su cui ha dormito.

Gli sorrido complice e poi annuisco.

“Ma certo!”

Io sono sicuro che tu mi veda, piccola.

TUP TUP

Ecco, infatti volti la testa e fissi i tuoi occhi neri sul mio viso pallido e segnato dalle ore che hanno preceduto questo momento.

Abbiamo avuto paura di perderti sai?

La placenta si era bucata e quindi tu ti sei trovata improvvisamente senza ossigeno e senza nutrimento.

In effetti avresti dovuto nascere solo fra ventotto giorni, e ci hai costretto ad una corsa contro il tempo.

Ma ce l’hai fatta, non hai mollato e ti sei guadagnata il tuo biglietto per la vita.

Però distogli di nuovo lo sguardo, e mi sembri agitata.

Sono preoccupato.

Strizzi gli occhi che si riempiono di lacrime e inizi a piangere.

Dio, ma come si può resistere a questo?

Sembra che ti si stia spezzando il cuore!

Forse non stai bene…

Prendo convulsamente l’infermiera per una manica e le chiedo ansioso perché tu sia così disperata e se sia tutto normale.

Lei mi sorride.

“Ma certo, signore, è perfettamente normale che un neonato pianga, anzi, se non lo facesse sarebbe un brutto segno.

Spesso lo fanno per abituarsi a respirare o anche solo per provare la voce…

Quindi stia tranquillo, d’accordo?”

Io annuisco ma devo avere l’aria poco convinta, perché sbuffa e mi tira per un braccio.

“Venga con me”

Mi fa fare il giro della vetrata.

“Aspetti qui” mi ingiunge mentre lei entra.

La sento parlare con qualcuno, un’altra donna si direbbe dalla voce.

Quest’ultima mi viene incontro.

Ha un’aria familiare.

“Senta, lei non può…ehi!

Ma cosa ci fai tu qui?!”

Il cambiamento repentino di tono mi induce ad osservarla meglio.

Sgrano gli occhi.

“Pa…Paola!

Ma sei proprio tu?

Sei la caposala del reparto neonatale?!”

La moretta conferma le mie parole e poi ride vedendo come sono combinato.

“Almeno” dice indicandomi una porta sulla sinistra “datti una ravviata ai capelli e raditi, altrimenti la spaventi!”

Credo di non aver capito.

“Mi stai dicendo che mi permetti di vedere la bambina senza il vetro in mezzo?!”

“Proprio così zuccone, e te la faccio anche prendere in braccio se vuoi, basta che la fai star zitta!

Sta contagiando tutta la sala con le sue strida…” infatti tendendo l’orecchio sento che il coro della disperazione ora conta parecchi componenti.

“Non si potrebbe” aggiunge sventolandomi un dito sotto il naso “ma è notte fonda e mi pare di capire che non smetterai di girovagare qui intorno finché non ti sarai convinto che la tua piccina non corre pericolo…”

Mi trattengo dal dirle che ora che so che c’è lei a controllarla sono ancora più nervoso, ma deve intuire il pensiero dalla mia espressione, perché mi incenerisce con lo sguardo.

Emozionato come un ragazzino al primo appuntamento mi rado la barba di una giornata e mi do una pettinata ai capelli; meno male che dopo averli tagliati una volta li ho sempre portati corti e basta un po’ d’acqua per riacquistare un aspetto presentabile.

Per le occhiaie, purtroppo, non c’è niente da fare.

Torno nell’ingresso col cuore che mi batte forte.

Paola approva.

Mi lascia lì ed entra nella stanza.

E poi…

Eccola.

Eccoti.

Il sorriso di Paola è dolce come non l’ho mai visto mentre ti guarda.

Sei un fantolino bianco avvolta nella morbida coperta trapuntata, regalo dei miei genitori.

Lei ti tende verso di me, ed io ti accolgo tra le mie braccia.

Poi mi siedo poco distante, prima di scostare appena gli angoli della coperta e guardarti.

Ciao.

Benvenuta nel mondo.

Tiri ancora su con il naso, ma non piangi più.

Ti guardi intorno curiosa, e non ti lasci stringere più di tanto; sei già una ribelle, eh?

Proprio come il tuo papà.

E sento la commozione crescere, mentre sento le tue piccole dita stringere la stoffa della mia camicia.

Sono papà, il tuo papà.

Non sai quanto io sia felice di esserlo.

Certo, all’inizio non è stato facile accettare di cambiare la mia vita, il mio modo di essere, le mie abitudini.

Ma alla fine ero più entusiasta io che lei, per il tuo arrivo.

L’ho coperta di attenzioni ogni momento, e ho già speso una fortuna per comprare bambole, pelouches e tutto quanto può fare la felicità di una bambina.

Sì, perché io non ho mai avuto dubbi sul fatto che saresti stata una “lei”.

Non vedo l’ora di sentire la tua voce che mi chiama e mi riempie di domande, lambiccarmi il cervello per decidere cosa dirti e cosa no, mettendoti a disposizione tutto quello che so, anche se poi le risposte potrai dartele solo tu stessa, perché solo tu saprai cosa scegliere e quali percorsi seguire.

Non lasciare mai che siano gli altri a decidere per te.

Fin dall’inizio dovrai fronteggiare problemi, non finirai mai di imparare e di fronteggiare ostacoli, primo fra tutti la falsità e l’ipocrisia della gente, che non si farà scrupoli pur di ottenere ciò che vuole.

Mi chiedi perché lo so?

Semplice: l’ho fatto anch’io.

Sono stato così per tanto tempo, sai?

Nel tentativo di crescere in fretta mi sono avvicinato alla gente sbagliata, lasciandomi condizionare e condurre.

Poi però ho incontrato chi mi ha rimesso a posto e la mia vita ha assunto nuovamente un senso.

Non aver fretta di crescere, rimani piccola più che puoi, e anche quando non sarà più possibile cerca di mantenere un po’ della bambina che sei stata dentro di te: solo così diventerai un’adulta di cui potrò essere orgoglioso.

Fa in modo che i compleanni non siano mai una tappa obbligata, ma una meta del tuo cammino, e contemporaneamente un nuovo punto di partenza, una possibilità di cambiare la tua vita se com’è stata fino a quel momento non ti piace.

E non vergognarti di commuoverti, se vedrai i volti delle persone che ti vogliono bene intorno a te quando ne avrai bisogno ma non avrai il coraggio di andarli a cercare.

Ma io forse dovrei evitare di mettermi a piangere, ora, altrimenti che razza di esempio ti darei?!

Paola si siede accanto a me.

Sorride.

“Ciao piccola” dice rivolta a te “temo che tu non ti renda conto di quale terribile sciagura pesi sul tuo capo…”

“Ehi!” ribatto piccato.

Ma lei arriccia il naso e riprende imperterrita, guardandoti ed enumerando sulle dita.

“Il tuo papà è un bambino…inizia mille cose senza portarne mai a termine nessuna, dorme fino a tardi, non è mai in orario agli appuntamenti importanti, crede di essere i migliori al mondo in tutto quel (poco) che fa, si mette sempre nei guai…”

Poi mi fa la linguaccia e ti accarezza una guancia.

“Però potrai sempre contare su di lui, sulla sua sincerità e sull’amore che proverà per te. Non ti lascerà mai sola e ti proteggerà con tutte le sue forze, per sempre. E quando il mondo ti volterà le spalle e ti chiederà di vendere te stessa per andare avanti, lui non lo farà. Ti aiuterà a credere nei tuoi sogni e a cercare di realizzarli, anche quando sembra una follia, e ti spingerà a non arrenderti, e ad essere orgogliosa di te stessa…”

Dannazione, adesso sì che rischio di frignare sul serio…

Paola si alza dandoci le spalle.

“E sai perché lo so?” sussurra. “Perché lo conosco da una vita…”

“Paola…”

“No, senti, non dire niente. Non serve. Hai già detto tutto al momento opportuno. Va bene così. E poi, guardandoti con lei…” si volta verso di me e sorride di nuovo, ma vedo che ha gli occhi lucidi.

“…Capisco che hai fatto la scelta giusta.”

Fa qualche passo verso il suo studio, ma quando ha già la mano sulla maniglia si ferma.

“Portala a conoscere sua madre e il suo splendido sorriso…”

Entra e si chiude la porta alle spalle.

Poi all’improvviso la spalanca di nuovo, e con due balzi mi è di nuovo accanto, e mi colpisce in testa con la cartelletta delle prescrizioni.

“E fatti vedere ogni tanto, hai capito, idiota?! Sono passati cinque anni da quando mi hai rifiutato! Quando pensi di ricominciare a considerarmi parte della tua vita?!”

Mi fulmina con lo sguardo e poi torna a chiudersi in studio.

Io resto per un istante a guardare l’ingresso scuro dove è appena sparita.

Non mi porta rancore.

Anzi.

CI vuole bene.

Il mio cuore si alleggerisce, liberato dal peso che lo aveva oppresso per tanto tempo.

Ti stringo un po’ al petto, e stavolta non ti divincoli.

Mi guardi.

Non devi fidarti degli uomini, piccola. Ma questo non te lo dirò mai. Perché tanto, che senso avrebbe?

Farei solo tremare quella fiamma che ti illuminerà gli occhi quando ti innamorerai per la prima volta.

Quindi non dirò niente.

Ma ti offrirò la mia spalla per piangere quando ti farà soffrire (e poi prenderò una grossa mazza da baseball e andrò a spaccargliela in testa, naturalmente).

Mi alzo piano, per non farti subire scossoni, e mi avvio piano verso la stanza dove c’è mia moglie.

La tua mamma.

Cinque anni che stiamo insieme, e sei mesi che siamo sposati.

È vero.

Non me ne rendo ancora conto.

Con lei ogni giorno è un anniversario, una gioia, una sorpresa.

Per questo che ringrazio il cielo ogni notte per avermela fatta incontrare.

È stato un capodanno che ho capito quanto significava per me sentire addosso quello sguardo dolce che si accontentava di guardarmi da lontano senza mai avvicinarsi troppo.

È stato quando finalmente i suoi grandi occhi neri si sono specchiati nei miei che ho sentito vibrare una corda dentro di me.

Mi ha aiutato a proseguire, a non arrendermi quando qualcosa andava storto: mi proponeva continuamente traguardi da raggiungere, spingendomi a sfidare me stesso ed i miei limiti, perché ogni giorno avessi qualcosa per cui sorridere, senza accorgersi che pian piano stava diventando lei quel qualcosa.

Siamo arrivati.

Socchiudo piano la porta e la vedo lì, addormentata.

Le ciocche scure dei suoi capelli sparse sul cuscino, le sue guance arrossate dal sonno, come una bambina, morbida e pallida, ma dotata di una forza insospettabile.

Poi guardo te, che sbadigli stanca accoccolandoti meglio nel mio abbraccio.

E mi sento fortunato.

È vero, ho perso la mia libertà.

Ho barattato le mie serate al pub con pannolini da cambiare e cene da preparare, sto rischiando di passare in bianco tutte le notti in cui tu deciderai di tenermi sveglio, e sto per salire sulla giostra dei dubbi e degli interrogativi che tutti i giovani padri si pongono. Non solo su di te e su di me, ma anche su di lei. Fino ad ora è stata il mio angelo, ma ora dovrà essere anche il tuo. Come cambierà il nostro rapporto? Saprò sopportarlo? Lei continuerà ad amarmi?

Non lo so.

Ma non mi importa.

La tua presenza qui, con me, il vederla quando si addormenta serena al mio fianco, la possibilità di creare con lei qualcosa di così meraviglioso…valgono tutto il resto.

Varranno per me le giornate in cui mi sentirò di troppo, mentre voi ve ne andate per negozi o semplicemente parlate di cose che io non devo sapere.

Varranno per te i momenti in cui ti sembrerà che non ti capiamo o quelli in cui sarai tu a sentirti sola.

Varranno per lei il dolore che proverà quando dirai che vuoi andartene, e i ricordi di tutti i momenti felici che ha passato con te la assaliranno.

Varranno le piccole e grandi bugie che ci dirai e ti diremo, pensando di fare il tuo bene, varranno i nostri ed i tuoi errori, varranno tutte le lacrime che verseremo per motivi diversi.

La tua manina afferra piano la mia camicia, mentre mi siedo accanto al suo letto.

“Ciao, mamma…” sussurro cercando di non svegliarla troppo bruscamente.

Ma lei sorride ancora prima di aprire gli occhi.

“Ciao, Fabio. Ehi,tu…” la sua voce si addolcisce ulteriormente quando ti vede.

Lascio che sia lei a prenderti in braccio, per poi aprirsi la camicia da notte e lasciarti bere qualche sorsata di latte.

Io mi godo la scena più bella che esista al mondo.

Ti sei quasi addormentata quando la porta si apre per lasciar entrare una ragazza alta dai lunghi capelli neri.

“Ciao! Come ti senti?”

“SSSSSSSSSSSSSSSSSH!” la zittiamo subito.

Lei arrossisce, poi prende una sedia e si accomoda silenziosamente accanto al letto.

Stringe affettuosamente il braccio della mia compagna, sorridendole, e poi ti guarda. Accarezza appena la tua testolina che spunta dalla coperta in cui sei avvolta.

Poi si volta verso di me.

“Come la chiamerete?”

“Beh” rispondo voltandomi a mia volta verso la nuova mamma, che mi sembra più bella che mai “Questo spetta a te deciderlo, Liliana.”

  
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