[GLUTTONY]
Fame.

Non ho provato altro da quando sono venuto al mondo.

Anche ora, mentre guardo dall’alto Central City, il mio stomaco non fa che brontolare e sul mio mento si fa strada una goccia di saliva proveniente dalla bocca semiaperta.
Potrei definirmi un pozzo senza fondo.

Mangio.

Ma non ho neanche il tempo di ripulirmi la bocca che subito ripercepisco dentro di me quel vuoto.

Il vuoto che è l’unico stimolo in grado di darmi la forza e la voglia di continuare a vivere.

Vivo per il mio stomaco, sono il suo schiavo.

La mia lingua non bada neanche al sapore di ciò che macina insieme ai denti, l’organo digerente non glielo permette.

E’ ingordo.

Mentre osservo le persone andare su e giù per le strade non bado a come sono fatte.

Non bado a ciò che in quel momento stanno facendo.

Non m’immedesimo in loro.

L’unica cosa a cui penso è: se le mangiassi, mi sentirei finalmente sazio?

I miei fratelli non mi reputano intelligente, forse perché non ho mai pensato o parlato di altro che non sia stato il cibo.

Posso affermare tranquillamente che non mi considerano nemmeno.

Tutti.

Tranne lei.

Sento la sua tenera mano posarsi sulla mia nuda testa.

Un gesto di affetto, che però sa saziarmi più di quanto non abbia saputo fare tutto quello che ho ingurgitato fino ad ora.

La gola, e la lussuria.

Un’accoppiata perfetta.

Entrambi siamo alla costante ricerca di un sentimento di sazietà, in un’odissea infinita di cui non riesco neanche ad intravedere l’obiettivo.

Quando sarò sazio, cosa farò?

Ma tanto non sarò mai sazio…

I crampi della fame si fanno sempre più laceranti e i miei occhi pregustano già quelli che per me non sono altro che mucchi di carne ambulanti.

Non resisto.

Il mio stomaco ribolle e dalla mia bocca fuoriesce copiosamente l’appiccicosa saliva che ha già iniziato a gocciolare sul terreno.

-Lust, posso mangiarli?

Un sorriso è la sua risposta.

Io contraccambio e dalla mia mastodontica dentatura faccio fuoriuscire l’altrettanta mastodontica lingua segnata dall’emblema del mio peccato.

Si dice che l’ultima cosa che le mie vittime vedano prima del mio stomaco sia proprio quell’uroboro tatuato sulle papille.

Io sono la Gola, e oggi… ho fame.