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Autore: Lirin Lawliet    02/04/2011    11 recensioni
Ho intenzione di riprendere a breve gli aggiornamenti, abbiate fede!
Ormai, dopo rispettabilissimi diciotto anni vissuti nello spasmodico desiderio di essere baciata (e magari anche sodomizzata, perchè no?) dalla fortuna, era giunta all'inoppugnabile conclusione che qualsiasi progetto avesse tentato di portare a termine sarebbe stato inevitabilmente disturbato da un morboso e sadico inconveniente che l'avrebbe portata a ricominciare tutto daccapo. Era un classico caso di A.S.N.C.M.S.; sigla che, per chi nasceva con la sfiga saldamente avviluppata al patrimonio genetico, aveva un significato quasi profetico: alla sfortuna non c'era mai scampo.
Un soggetto su un milione nasce con l'abbonamento alla sfiga cronica, la peculiarità di ingrassare con l'ossigeno, la dirompenza atletica di un bradipo paraplegico e la tendenza a sviluppare brufoli negli unici giorni in cui sarebbe estremamente gradita la loro assenza... E Nabiki Tsukiyama, franco-giapponese, figlia di mezzo (e perciò, già sfigata di suo!) era nata proprio sotto quella cattiva stella.
[Pairings: MORI X OC / HIKARU X KAORU / TAMAKI X HARUHI X HIKARU]
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Takashi Mori Morinozuka, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.LA BOTTEGA DEI DESIDERI.

 

Primo Ingrediente

Vaniglia, Cioccolato... E travestiti malefici.
 

 

 

Se tutto ti va male, assicurati che continui ad andare male, perchè basta una piccola distrazione e le cose potrebbero andare peggio!

Nabiki nutriva un odio viscerale per il giorno del suo compleanno. Sin dal suo sventurato concepimento, ogni diciassettesimo giorno di ogni dannato mese di aprile si verificava l'inevitabile concentrazione di una serie impronunciabile di disgrazie che, a confronto, avrebbero fatto sembrare Nostradamus il membro onorario del Club degli Ottimisti; e, proprio per il suddetto motivo, Nabiki aveva iniziato a collezionare ferri di cavallo e cornetti napoletani per scongiurare ogni possibile maledizione. Peccato che, con sua somma compunzione, avesse dovuto ammettere a se stessa che neanche un'immersione totale nell'acqua di Lourdes l'avrebbe salvata dalla sfiga; non il diciassette di aprile, comunque!
Inoltre, c'è anche da dire che in realtà Nabiki si riprometteva ogni anno di supplicare il proprio medico curante di imporle un'ipnosi totale e rinchiuderla per ventiquattr'ore in una cella di deprivazione sensoriale, custodita in un bunker sotterraneo della prigione di Azkaban... Ma vuoi perchè Azkaban non esiste, vuoi perchè Nabiki sarebbe riuscita ad ubriacarsi con un'aspirina, vuoi perchè la memoria della suddetta ragazza sfiorava la demenza senile, alla fine, era puntualmente costretta ad arrendersi alla preoccupante prospettiva di affrontare la fatidica giornata no.
E la fatidica giornata no era iniziata proprio nel modo che Nabiki si era aspettata: cioè, male.

Nabiki aveva fretta, e come tutte le volte in cui aveva -appunto- fretta, sapeva che presto o tardi si sarebbero verificati uno o più eventi che l'avrebbero inevitabilmente portata a dover sperare di imparare il teletrasporto nel giro di un ottantesimo di secondo per essere puntuale. Ora, si sa che è stato empiricamente dimostrato che l'evento perturbatore si verifica sempre mentre il miracolo è destinato a non verificarsi mai... Giusto? Peccato che Nabiki non avesse mai imparato la lezione e trascurasse sempre un intrascurabile particolare: ossia che le possibilità che lei avesse una stella avversa erano direttamente proporzionali all'eventualità che gli altri avessero la luna storta.
E, non a caso, Nabiki aveva sempre schifato l'astronomia.

Si era appena richiusa la porta di casa alle spalle, quando l'orrida figura di Kamazaki-san sbucò dalle profondità dell'inferno e le ostruì la visuale - e con essa l'intestino tenue. Perchè sì, se c'era una sola persona al mondo che Nabiki non riusciva a digerire, quella era proprio la padrona dell'appartamento in cui sfortunatamente viveva! Nabiki odiava poche cose, oltre al proprio compleanno, e due di queste erano i bigotti e gli impiccioni; e la signorina Kamazaki-san, matrona giapponese vecchio stampo, negriera patentata, zitella filonazista, probabilmente bicentenaria, sorda, arcigna e occhialuta, aveva la sfortuna di avere entrambi i requisiti incriminati e la fortuna di non avere paura di usarli... Il che spiegava anche perchè Nabiki l'avesse soprannominata Kakakazzi-san.
Senza contare che c'era da supporre con cognizione di causa che Kamazaki-san avesse origini tedesche, vista la sua splendida coltivazione di baffi scuri (che Hitler le avrebbe certamente invidiato) e la sua innegabile somiglianza con la signora Rottermayer*. Quella donna (!) probabilmente dormiva appesa al soffitto a testa in giù, avvolta nelle proprie ali di pipistrello, probabilmente recitando l'alfabeto greco al contrario; e Nabiki ne era sicura: era un demonio.
O peggio: era l'emissario (dal sesso dubbio) di Madonna Sfiga.

In ogni caso, quando Kamazaki-san era nei paraggi, persino la morte scappava... Solo Nabiki aveva sempre la sfortuna di non cogliere l'attimo.
E l'attimo se n'era appena andato.

Kamidiobuddahallahvisnù, aiutami tu! Se mi salvate da lei, giuro che vado a piedi a Pompei! - pensò Nabiki, fingendo di cercare qualcosa (qualsiasi cosa) nella borsetta.

«Ah, Tsukiyama-san. Stavo cercando proprio lei. Ha un minuto?» gracchiò Kamazaki-san, rischiando di sputare la precaria dentiera.
Eccolo: il male puro con la malvagia proposta indecente...
«Ecco, veramente...» No, brutta stronza, non ce l'ho un cavolo di minuto! «Se è proprio un minuto...»
Gli occhi di Kamazaki-san scintillarono di vittoriosa malignità, tanto che in essi Nabiki lesse chiaramente l'intenzione di farle perdere quanto più tempo possibile, probabilmente per il semplice gusto di aumentare i punti sul suo merdometro giornaliero; come se non ne avesse già accumulati a sufficienza nell'arco di dieci minuti.

Ok! I Kami non funzionano: Scooby-Dooby-Dù, aiutami tu!!!

Kamazaki-san fece appello a tutte le sue forze residue, prese fiato e parlò:
«Bene, Tsukiyama-san... Vorrei ricordarle che è in ritardo con i pagamenti, tanto per cominciare. Lei lo sa che ho accettato di firmare il contratto soltanto perchè suo padre è un uomo importante e rispettabile, vero? Non crede di metterelo in imbarazzo con un simile, sciagurato atteggiamento? Come crede che la gente reagirebbe se si sapesse che la figlia del Ministro della Difesa non paga l'affitto? Per non parlare dei rumori molesti!» gracchiò Kakakazzi, imperterrita «E come se non bastasse, i vicini mi hanno informato che il suo gatto non ha ancora smesso di tendere agguati al povero Pasquino...» Per la cronaca, Pasquino era il ridicolo nome con cui i vicini avevano battezzato il loro grasso canarino «Povera bestiolina, è traumatizzata! Il veterinario ha detto che potrebbe morire di ansia.» scoppiò poi, quasi sull'orlo delle lacrime.
«Ma è Pasquino che istiga Napoleone!» protestò Nabiki, tentando di difendere l'onore del povero felino accusato ingiustamente.
«Signorina Tsukiyama, come osa contraddirmi?!» sbottò la vecchia, oltraggiata «Farò immediatamente rapporto a suo padre. E pretendo di essere pagata entro domenica prossima, mi sono spiegata? Spero che simili incresciose sconvenienze non debbano ripetersi mai più, o mi vedrò costretta ad affittare il mio appartamento ad una persona più consona.»
«In pratica, mi sta minacciando?» chiese Nabiki, soffocando uno sbadiglio.
Kamazaki-san era così allibita che non riuscì a far altro che fissare Nabiki come se le avesse appena confessato di avere una terza tetta sulla schiena.
«Bene, se non c'è altro...»
Così dicendo, Nabiki aggirò la mummia nazista e corse in direzione degli ascensori: uno era in manutenzione, l'altro era occupato. Non fu sorpresa di scoprirlo; dopotutto, l'oroscopo di Urino Suimuri glielo aveva detto... Ma cos'era che aveva detto, di preciso? Nabiki non ricordava.

Unica opzione: scale... Quarantatrè piani di ripidissime scale di marmo, così scivolose ed unte da far pensare che avessero l'acne esse stesse. Quarantatrè piani di ripidissime scale, per un totale di ottocentosessanta gradini che Nabiki avrebbe dovuto percorrere in modalità missile terra-aria, alla velocità di Pietro Mennea*, per sperare di arrivare in orario in pasticceria. Ma ovviamente, se c'era una cosa a cui Nabiki era mortalmente allergica, quella era lo sforzo fisico: non per niente aveva fatto del proprio sport -il divanesimo agonistico- una sorta di culto religioso. In parole povere, dopo quasi settecento gradini, Nabiki aveva già il fiatone, le ascelle commosse e la frangetta così appiccicata alla fronte da far pensare che avesse tentato di suicidarsi nella gelatina nell'estremo tentativo di non elettrizzarsi.
In ogni caso, c'erano circa novantanove possibilità su cento che Nabiki inciampasse proprio nell'ultimo, tanto agognato, scalino...

«E se proprio dovete uscire, attente alle scale, care Arieti; evitate di intraprendere strade diverse dal solito e non fidatevi del primo che si offrirà di darvi una mano!»

«Oh cazzo! Ecco cos'aveva dett....Whoaaaaaaah!» strillò, scivolando immancabilmente sull'ultimo gradino, slittando sul tappeto dell'ingresso e fiondandosi sul portone proprio nel momento esatto in cui la vicina del piano superiore stava rientrando dal supermercato. La collisione della sua fronte con lo spigolo del portoncino era inevitabile, così come sarebbe stato inevitabile lo sviluppo di un livido grande quanto la Corsica sulla sua già malandata fronte.

SBONG!

...Perchè sì: se tutti i cristiani del mondo facevano SDENG e STUDD quando colpivano qualcosa, la testa vuota di Nabiki aveva l'assurda abilità di fare SBONG; ma, in ogni caso, lei non se ne rese conto, dal momento che giaceva immobile, con lo sguardo perso nel vuoto, nell'estasi mistica di aver scoperto cosa provasse la marmellata ogni volta che veniva spalmata su un crostino.
Solo che lei, più che una marmellata, si sentiva un patè. E lei odiava i patè.

«Ommiodio! Ommiodio! Lo sapevo, lo sapevo che oggi sarebbe stato meglio non uscire! Ho ucciso qualcuno!» strillò la vicina, sull'orlo di strapparsi tutti i capelli.
«Sonoh... Shono vivah...» tentò di rassicurarla Nabiki, cercando di capire come alzarsi senza provocare altre catastrofi epocali.
«Era così giovane, ancora nel fiore degli anni, con tutta la vita dinanzi a sè...» piagnucolò la vicina, estraendo un fazzoletto da non si sa dove «Ed ora è morta!»
«Tiè!!!»
Nabiki agitò un paio di pugni con gli indici e i mignoli alzati, nel gesto universalmente conosciuto come "scongiuro"
Solo allora, Kano Moroboshi, ansiosa vicina quarantenne, sembrò notare che la morta non solo respirava, ma aveva anche sufficiente energia per mandarla a cagare.
«Miracolo! E' viva!» cinguettò esilarata e metaforicamente più leggera di dieci chili.
«Ancora per poco, mi sa...» mugugnò Nabiki, finalmente in piedi, facendo per uscire dal portone del palazzo, fiduciosa di trovare la salvezza al di là del cortile...

Ok, non dico che mi aspettavo di vedere gli uccellini che cinguettano, l'arcobaleno all'orizzonte e il tappeto rosso ad aspettarmi... Ma questo!?

Dire che diluviava era un eufemismo.
Pioveva che Dio la mandava, il traffico congestionato dell'ora di punta saturava l'aria di smog e lo strombazzare dei clacson avrebbe fatto invidia all'intera sezione fiati del concerto di Capodanno. E Nabiki non aveva un ombrello, non aveva un jet privato e non aveva neanche un flauto per suonarsi un requiem da sola. In parole povere, Nabiki disse addio all'asciutto, al taxy e al residuo di umanità che le era rimasto, e percorse velocemente i tre chilometri che la separavano da Bunkyo, ossia dal quartiere in cui suo padre aveva acquistato la pasticceria in cui lei lavorava. Non aveva mai percorso quella strada, non a piedi almeno, e si ricordò improvvisamente del perchè: era lunga. Terribilmente lunga. Infatti, fu costretta a fermarsi per tre volte, nella disperata impresa di non farsi scoppiare la milza; e tutte e tre le volte, qualcuno trovò assolutamente opportuno fermarsi... Ma non per sincerarsi che la povera pulzella non avesse bisogno di un aiuto (di una benedizione? di un'ambulanza? di un personal trainer?), ma per chiederle quanti soldi avrebbe voluto per una botta e via.
Così, dopo varie bestemmie ed imprecazioni che avrebbero umiliato persino uno scaricatore di porto, Nabiki fu costretta a fermarsi per la quarta volta: quella sbagliata.

«Ehi! Ehi, tu!» gridò una voce maschile.
Nabiki non si voltò e continuò imperterrita a camminare, tra l'altro sbagliando strada, ma colui che la stava chiamando (presumibilmente un maniaco) non aveva intenzione di demordere.
«Ehi, stai andando nella direzione sbagliata! Fermati!»
Nabiki affrettò il passo per distanziare il maniaco.
«Accidenti, Nacchan, ma sei sorda o cosa?!?»

Soltanto allora, Nabiki si rese conto di tre fattori piuttosto ovvi:

PRIMO FATTORE: il maniaco l'aveva chiamata con un diminutivo affettuoso.
DEDUZIONE: il maniaco conosceva il suo nome completo.
SECONDO FATTORE: il maniaco sapeva che stava sbagliando strada.
DEDUZIONE: il maniaco sapeva persino dove lavorava.
TERZO FATTORE: il maniaco l'aveva insultata.
CONCLUSIONE: il maniaco doveva essere eliminato.

Nabiki si voltò, rossa in viso, pronta a gridare aiuto (o fare qualsiasi altra cosa che aveva visto fare nei telefilm e nei manga) ma quando mise a fuoco l'immagine della persona che l'aveva chiamata si rese finalmente conto del quarto ed ultimo fattore: lei conosceva il maniaco. E no, non era un maniaco: era Ryoji Fujioka, meglio conosciuto come Ranka-san, bisessuale attraente, vedovo e fumatore incallito. L'aveva conosciuto subito dopo essersi trasferita a Tokyo, dal momento che lavorava in un gay-bar vicinissimo alla sua pasticceria, e soltanto in seguito Nabiki aveva scoperto che Ranka-san non abitava neanche troppo distante da casa sua. In ogni caso, in più di un'occasione si era ritrovata a chiacchierare con lui, trovando anche in qualche modo piacevole la compagnia di quello strambo travestito dai capelli ramati che, se non ricordava male, le aveva anche detto di avere una figlia della sua età... O qualcosa del genere, insomma: di solito Ranka-san era troppo brillo per discutere; motivo per il quale Nabiki non prendeva mai molto sul serio i suoi strampalati discorsi.

«Ranka-san, sei tu! Mi hai fatto prendere un colpo!» sfiatò Nabiki, riacquistando un colorito meno preoccupante.
«Questo dovrei dirlo io! Ma guardati, insomma... Che c'è? Hai fatto un incidente? Ti ha investito un camion?» chiese Ranka-san, parcheggiando il proprio motociclo sul ciglio del marciapiede «E cos'hai in fronte? E' un tatuaggio, quello?» continuò, indicando il livido che sicuramente si stava espandendo sulla sua fronte.
«No, è solo la sfiga.» tagliò corto Nabiki, con il morale sotto le scarpe. Ranka-san aveva sempre l'abilità di distruggere irrimediabilmente l'autostima delle persone, tanto è vero che Nabiki era assolutamente certa che il travestito malefico non avrebbe resistito all'opportunità di vomitarle addosso un'altra vagonata di graziosi insulti. Ma, inaspettatamente, Ranka-san si sciolse in un adorabile sorriso materno.
«Brutta giornata, eh?» chiese, facendole spazio sul sellino del motorino «Salta su, dai. Ti dò uno strappo fino alla Bottega dei Desideri.»
Nabiki si ritagliò qualche secondo per valutare quante possibilità ci fossero di non finire spalmata contro qualche volante della polizia, ma poi accettò con gratitudine quel gesto d'aiuto. In fondo era stanca, pioveva, e aveva disperatamente bisogno di qualcuno con cui condividere la propria cattiva sorte.

«Nacchan?» fece poi Ranka-san, dopo qualche secondo.
«Sì?»
«Ho finito la benzina. Non è che mi aiuteresti a spingere il motorino fino al prossimo distributore?»
Nabiki sospirò.
«E immagino di sapere chi dovrà pagare la benzina...»
«Adoro la tua perspicacia, Nacchan!»

Venti minuti più tardi, venti litri di pioggia più tardi e venti chilometri più tardi (venti, sì, perchè la strada più breve -quella che Ranka-san aveva stoicamente giurato di conoscere- si era poi rivelata essere molto più lunga ed accidentata della Salerno-Reggio Calabria) Nabiki e il travestito malefico parcheggiarono davanti ad una saracinesca chiusa, quella della Bottega dei Desideri. Il nome della pasticceria era tutto un programma, soprattutto per chi come Nabiki aveva come unico desiderio quello di farsi iniettare la panna direttamente per via endovenosa; peccato che Nabiki fosse perennemente a dieta. Da quando era nata aveva dovuto convivere con il complesso della dieta, probabilmente a causa del fatto di essere l'unico membro della famiglia che non fosse nè alto nè magro come un grissino; nonchè l'unica figlia ad aver ereditato tutte le caratteristiche peggiori sia degli orientali che degli occidentali. E sicuramente il fatto che sua sorella Sayuri fosse una famosa modella non l'aveva di certo aiutata nella sua coraggiosa battaglia contro le calorie; anzi, per dirla tutta, Nabiki era stata una ragazzina piuttosto cicciottella ... No, ok, siamo sinceri: Nabiki era stata una cicciabomba, in passato, ma grazie ad una dieta ferrea e alla volontà di camminare ogni giorno era riuscita ad entrare in una comoda quarantadue, che però minacciava di tornare ad essere una cinquanta al primo passo falso.

...Dunque, addio panna per endovena!

Questo, e molti altri fattori, avevano fatto sempre sì che Nabiki non riuscisse a sentirsi protagonista di nulla. Tutte le protagoniste vengono naturalmente progettate ed addestrate per essere sempre splendide, bionde e brave sia negli studi che negli sport, no? Beh, lei aveva sempre sudato per avere almeno la media del sette e l'unico sport in cui eccelleva era la masticazione. Insomma, per Nabiki, crescere con una sorella maggiore bellissima ed una sorella minore intelligentissima non era stato proprio il massimo in cui sperare. Ma poco male: tanto le vedeva un paio di volte all'anno, e nei sei mesi che dividevano il Natale dal compleanno di sua madre aveva tutto il tempo per inventarsi un paio di scuse credibili per mancare all'appuntamento all'ultimo secondo.
Comunque sia, Nabiki stava armeggiando con la borsa, alla ricerca del giusto mazzo di chiavi.

«Ma perchè quando mi serve una cosa con urgenza è sempre in fondo a tutto il resto???» brontolò Nabiki, trovando finalmente la chiave che stava cercando. Quindi, si abbassò per aprire il lucchetto, ma proprio nel momento in cui si piegò sulle ginocchia, un rumore preoccupante, un rumore tipico di qualcosa che si straccia, le giunse forte e chiaro. Nabiki attese in silenzio di sentire le risate di Ranka-san, che infatti arrivarono più che puntuali.
«Non ci posso credere!» biascicò, fra una risata e l'altra «Ti si sono rotti i jeans!!!»
«Piantala, idiota! Ho un ricambio in magazzino, per fortuna.» brontolò Nabiki, sollevando la porta di ferro.
«Ma hai le mutande con i panda!» protestò Ranka-san, come se con quest'affermazione avesse potuto giustificare un segreto di Fatima.
«E tu sei vestito da donna, quindi fammi la cortesia di tacere.» ribattè l'altra, andando ad accendere le luci «Dai, vieni, ti offro un caffè.»
«Lo fai solo perchè è il primo della giornata, e sai che ti viene bruciato e sciacquato.» scherzò Ranka-san, accomodandosi al bancone.
Nabiki per tutta risposta gli fece una pernacchia.
Era più forte di lei: con il travestito malefico era impossibile tenere il broncio. Quell'uomo, donna, alieno, o qualunque cosa fosse, aveva lo strano potere di metterla di buon umore, e tanto le bastava. Inoltre, non si era ancora presentato nessuno per sostenere il colloquio, quindi poteva anche permettersi di perdere un po' di tempo.

«Ehi, ma cos'è questo cartello?» chiese Ranka-san, notando per la prima volta il cartello che citava espressamente "personale cercasi"
«Si chiama 'annuncio'» ironizzò l'altra, porgendogli una tazza fumante «E' scritto con pennarello indelebile su carta comune, ed ovviamente, se non te ne fossi accorto, è scritto nella tua lingua madre; lingua che non dovresti avere particolari problemi a comprendere.»
«Baka!* Intendevo dire, perchè cerchi un aiutante?»
Nabiki meditò sulla risposta mentre estraeva i vassoi carichi di dolci dai frigoriferi del retrobottega. Li sistemò ordinatamente sul bancone e si concentrò così tanto sulla loro disposizione che quasi dimenticò di rispondere al suo ospite.
«Ho bisogno di soldi.» disse in fine, senza mezzi termini. In fondo, Ryoji non poteva sapere che suo padre era un politico, così come non poteva sapere quanto lei si ostinasse a non farsi mantenere da lui «Da domani inizierò a rifrequentare una scuola privata, l'Ouran, non so se la conosci. Ho studiato lì alle elementari, e ne ho un pessimo ricordo... C'erano un paio di gemelli che me ne combinavano di cotte e di crude perchè proprio non riuscivo a distinguerli. E con quello che guadagno vendendo i miei dolci non riuscirei a pagare sia l'affitto che le tasse scolastiche, capisci? Quindi, se frequentassi le lezioni ogni mattina non potrei più mandare avanti la pasticceria... E se non mando avanti la pasticceria, Kakakazzi-san mi butta fuori di casa. Entiendes?»
Ranka-san sorrise ed annuì, comprensivo.
«Ti capisco. Anch'io sto cercando un secondo lavoro per aiutare mia figlia... Sai, Haruhi vuole diventare un avvocato come lo era sua madre.»
Nabiki fiutò odore di pericolo.
«La risposta è no.»
«Cosa???» sbottò l'altro, aggrappandosi teatralmente al bancone.
«Non ti assumerò, se è quello che stavi cercando di ottenere.»
«Ma come???» gli occhi di Ranka-san si riempirono di false lacrime «Io sono un uomo affidabile!» dichiarò con orgoglio, battendosi un pugno sul petto imbottito.
Sei una fregatura affidabile!
«Perdonami, ma con quella gonna a fiori non sei molto convincente!»
«Lavorerò sodo! Spazzerò i pavimenti! Luciderò i cucchiaini! Scodellerò gelati! Farò tutto ciò che vorrai, te lo giuro.»

Nabiki ci pensò su; in effetti Ryoji le sembrava sincero...

«Mhh... NO.»
«Sadica!»
Nabiki sbuffò, contrariata.
«Almeno, saresti in grado di scrostare i forni?» chiese Nabiki, esasperata.
«Assolutamente no.»
«Sei capace di prendere le ordinazioni e di annotarle su un block notes?»
«Troppo faticoso.»
«Ultima possibilità: ce la fai almeno a servire ai tavoli senza farti venire una sincope?»
«Andata!» esultò Ranka-san «Quanto mi paghi?»
«Tremila yen* alla settimana, dalle otto di mattina alle quattro del pomeriggio, inclusi i weekend.»
«Ma è una miseria!»
«Prendere o lasciare...» sogghignò Nabiki, sadicamente.
«E va bene, va bene, accetto. Ma sia chiaro che lo faccio solo per Haruhi, non per te, piccola, sadica, intrigante nanerottola con i jeans strappati e le mutandine con i panda!!!»

Il caso volle che proprio in quel momento un paio di individui a caso, discutibili, ed indiscutibilmente graziosi, varcassero la soglia della Bottega dei Desideri, venendo istantaneamente sommersi dalla valanga di apprezzamenti che Ranka-san aveva saggiamente deciso di riversare sulla povera Nabiki. Normalmente, Nabiki sarebbe andata a nascondersi in Papuasia (dopo essersi documentata su dove accidenti fosse la Papuasia!) e avrebbe cambiato nome ed indirizzo, nonchè pagato un chirurgo plastico perchè le cambiasse i connotati... Ma si dà il caso che quella non fosse una situazione normale: non era normale, perchè i due sopracitati individui erano due divinità scese in terra. Il più minuto aveva i capelli color miele, luminosi occhioni castani ed una simpatica spruzzata di lentiggini color caffè ad incipriargli il visetto tenero. Nabiki pensò che potesse avere quattordici o quindici anni. Il suo compagno invece era incredibilmente alto, abbronzato e moro; ma ciò che più di lui colpiva era lo sguardo: affilato come una scaglia di diamante e delicato come il velluto. Lui, pensò, doveva avere ventidue o ventitrè anni. Il cherubino e l'arcangelo Gabriel... Ehm... Quei due ragazzi erano profondamente diversi, sia nell'aspetto che nel portamento, ma per qualche assurdo motivo la loro vicinanza finiva per esaltarli entrambi.

Come vaniglia e cioccolato, pensò Nabiki.

Difficilmente in vita sua Nabiki aveva visto due bellezze come quelle che erano appena approdate nel suo inferno personale, e mai, mai, mai si sarebbe augurata di incontrarle proprio in un momento imbarazzante come quello. In ogni caso, il suo imbarazzo era emigrato in Tibet insieme alle sue capacità di partorire un semplice "Yokoso!*" di benvenuto, accuratamente sostituito con una serie preoccupante di boccheggiamenti e versi orangotangheschi, degni di un gargarista di professione.
Fortuna volle che i due arrivati non avessero perso neanche un attimo del loro tempo per notare Nabiki.
Infatti, stavano entrambi guardando Ranka-san con un'espressione stupita e, al contempo, divertita.

Perfetto! - pensò Nabiki - Ora persino il travestito malefico fa più conquiste di me! Beh... In effetti, Ranka-san ha charme da vendere.

«Heilà, ragazzoni! Anche voi da queste parti?» cinguettò Ranka-san, prodigandosi in un inequivocabile occhiolino «Che ne direste di farmi compagnia?»

Ci sta provando! E nel mio locale, per giunta!

«Ranka-san! Ranka-san, buongiorno!... Con piacere!» dichiarò il più minuto dei due, cercando di accoccolarsi al fianco di Ryoji, puntualmente seguito dall'amico alto quanto una sequoia (che probabilmente si stava chiedendo se per caso anche Nabiki fosse un travestito, a giudicare dallo sguardo perplesso che le riservò).

E ci sta anche riuscendo! E' inaccettabile! Con un ragazzino, poi...

«Allora, Ranka-san, come sta? Anche lei è qui per gustare una buona torta? Ci hanno detto che in questo posto servono le migliori della città, vero Takashi?» continuò il biondino, stringendosi al petto un coniglio di peluche.

«Sì.» rispose semplicemente l'altro, aiutando l'amico a sistemarsi sull'alto sgabello.

E si conoscono pure! Questo vuol dire ...Che questo ragazzino frequenta club per adulti? Ma è legale questa cosa? Forse dovrei avvertire la polizia...

«No, Honey-chan, in realtà sono qui per lavorare. La negriera mi ha appena assunto e non vede l'ora di mettermi sotto, in tutti i sensi presumo...»
Fu allora che entrambi i ragazzi fecero scivolare i loro sguardi stupiti da Ranka-san ad una rossa, rossissima, furibonda Nabiki (che ormai per i due sconosciuti era ufficialmente un trans).
«Tuuuu, dannato porco mentecatto stupratore di peluche innocenti! Come accidenti ti permetti di darmi della negriera?!» sbottò Nabiki, battendo furiosamente un pugno sul bancone «E poi, come osi amoreggiare con i miei clienti, sotto i miei occhi, nel mio locale? Per di più, così giovani? Sii un po' più professionale! Anzi, no, sii un po' più legale!»
A quel punto, Nabiki si ritrovò con tre paia di occhi puntati su di lei, e tutti e tre stavano guardando la stessa cosa: ossia che Nabiki, nella foga di battere i pugni sul bancone, aveva affondato la mano in un grosso bignè alla crema, riuscendo a schizzarne il contenuto nel raggio di cento chilometri.
Nabiki se ne rese conto solo in quel momento e pregò che un varco dimensionale si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse per sempre...

Invece, l'unico risultato che ottenne fu una serie infinita di risate. Persino il ragazzo arrapant... alto dall'aria seria aveva stretto così tanto le labbra (presumibilmente, per evitare di scoppiarle a ridere in faccia) da farsele sbiancare... E Nabiki sarebbe rimasta per ore ad ammirare il modo in cui i suoi occhi scintillavano d'ilarità, se non fosse stato che il motivo di tanto divertimento era proprio lei.

«Ok, Nacchan...» sfiatò Ranka-san, tenendosi lo stomaco con entrambe le mani «Forse è il caso che ti spieghi un paio di cose...»
«Sentiamo.» approvò Nabiki, sconfitta. Ormai, cos'altro poteva accaderle di peggio? Era un disastro: vestita male, pettinata ancora peggio, sporca di crema dalla testa ai piedi, con un jeans strappato, le mutande con i panda e un travestito malefico che lavorava nel suo locale. E, ah, sì, giusto: aveva appena fatto una figuraccia davanti ai ragazzi più belli del sistema solare. Poteva forse andare peggio?
La risposta era ovvia.
«Ho il piacere di presentarti Haninozuka Mitsukuni,» disse, indicando il ragazzo biondo «E Morinozuka Takashi.» continuò, indicando il Marcantonio con i capelli scuri «Sono rispettivamente i campioni nazionali di arti marziali e di kendo, nonchè ricchissimi discendenti di due fra le famiglie più importanti di tutto il Giappone.» aggiunse «E, inoltre, sono anche i senpai di mia figlia Haruhi, ma questo lo avresti scoperto lo stesso molto presto...»
«E... E perchè?» riuscì solo a chiedere Nabiki, sconvolta.
«Perchè anche loro frequentano l'Ouran. Non è fantastico?»

Vo... Voglio morire. Una volta che la vita mi dà l'opportunità di respirare la stessa aria di due esseri di sesso maschile belli da far venire un triplo infarto, riesco a ricoprirmi di ridicolo -e di crema chantilly- nel giro di minuto. E come se tutto ciò non bastasse, rideranno di me nei secoli dei secoli, perchè il mondo dell'Ouran è spietato con quelli come me... Con quelli che hanno i jeans strappati e i capelli appiccicosi.

L'aveva detto, Urino Suimuri: le Arieti avrebbero fatto bene a farsi rinchiudere nel caveau di una banca svizzera.

Sarà un anno terribile...

 

 

NOTE

*Rottermayer: la governante di Heidi.

*Pietro Mennea: famoso velocista.

*Baka: scemo/idiota in giapponese.

*Tremila yen: circa 25 euro.

*Yokoso: è uno dei modi con cui si può dire "benvenuto", in giapponese.

Ed eccoci qua. Dal prossimo capitolo la storia entrerà nel vivo... Scusate se mi sono presa un po' di tempo per introdurre il personaggio di Nabiki, ma non mi andava di iniziare la storia con lei che approdava magicamente nell'aula di musica n°3. Mi sapeva di "già visto". Comunque sia, la sfiga di Nabiki colpisce ancora (e continuerà a colpire, questo è sicuro!), anche perchè, da come avrete capito, Nabiki era la bambina che alle elementari non riusciva a distinguere Hikaru da Kaoru (mi sa tanto che i nostri gemellini non la prenderanno tanto in simpatia >_>). Ho voluto inserire a tutti i costi il papà di Haruhi (LO AMO!) e volevo chiedervi una cosa: sapete quanti anni ha Ranka-san?

Ringrazio le 4 persone che hanno inserito la Bottega dei Desideri nell'elenco delle storie seguite: Virgy90, Argentea, PichShrooms e Shining Aurora.

Ringrazio le 2 persone che hanno inserito la Bottega dei Desideri nell'elenco delle storie preferite: AsaYuni e Kiriku.

Ringrazio le 6 persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Myrose (doppio grazie!), Smooth Criminal, Shining Aurora, Argentea, Kiriku e Stray Cat Eyes.

E ovviamente ringrazio anche chi ha semplicemente letto

PS: L'immagine di Takashi e Mitsukuni è ripresa dall'anime.

   
 
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