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Autore: Black Mariah    02/04/2011    6 recensioni
STORIA IN REVISIONE: AL MOMENTO SONO STATI REVISIONATI I PRIMI 5 CAPITOLI
-Sì?- rispose la ragazza.
-Promettimi una cosa...- disse con lo sguardo rivolto verso il cielo celeste.
-Dimmi...- lo esortò lei.
-Non lasciarmi.- disse con una voce magnetica che fece rabbrividire la ragazza. - Non andare via perchè se resti potrei aspettare qui anche per tutta la notte- fece.
La ragazza non colse il vero significato di quelle parole, ma quest'ultime continuavano a rimbombarle nella testa.
“Perchè se resti potrei aspettare qui anche per tutta la notte”.
Anche quella era una frase perfetta per una canzone.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gerard Way, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Ragazze, a che ora è l'appuntamento?- domandò Annie alle sue amiche.
-Sette e trenta- rispose Sarah bevendo un frappè. -Sei sicura che non vuoi un po' di compagnia? Che devi fare da sola per Beverly Hills?- aggiunse.
-No, non mi va di andare a Beverly Hills. Credo di intrattenermi al parco, è una bellissima giornata! E comunque non preoccuparti, non voglio far saltare il vostro riposo quotidiano!- fece Annie. Per quel pomeriggio aveva scelto di andare a distendersi nel parco vicino il loro albergo. Sarebbe andata da sola a meditare un po' e la cosa non le dispiaceva affatto. Le altre ragazze volevano riposare prima del mini concerto che avrebbero tenuto quella sera e ad Annie non andava, lei il pomeriggio non dormiva mai.
-Ok, come vuoi!- rispose la ragazza di fronte a lei. Sarah sapeva quanto fosse cocciuta la sua cantante e sapeva anche quanto le piacesse passare il pomeriggio all'aria aperta per rilassarsi, specialmente prima di uno show.
Quella sera avrebbero suonato in locale, un luogo che alle Helenas era sembrato un po' insolito ultimamente, dato che ormai si stavano esibendo solo in teatri e piccoli stadi. La cosa però le entusiasmava molto.
Suonare dal vivo nei piccoli locali ricordava molto loro gli albori della loro carriera, quando erano ancora un po' impacciate sul palco, e quando ancora la gente non faceva di tutto per starle vicino.
Annie prese la borsa, indossò la sua felpa nera con la cerniera, gli occhiali da sole grandi e scuri, e infine raccolse i lunghi capelli ricci e corvini in un cappello.
Senza nemmeno accorgersene, si ritrovò a camminare per la strada e a guardare come i Dr. Martens ai suoi piedi facevano un passo dopo l'altro.
Per fortuna trovare il parco fu molto facile, dovette solo percorrere il lungo viale su cui si affacciava l'albergo e prendere una traversa. Davanti a lei trovò una grandissima distesa verde attrezzata con panchine, parchi giochi e tanta gente che correva, camminava e prendeva il sole. Si guardò un po' intorno alla ricerca di una panchina libera e, avendone trovata una, si sedette su di essa.
I suoi occhiali da sole non permettevano ai forti raggi di colpirle gli occhi e perciò potè, senza fatica, alzare il capo e stare ad osservare il cielo e gli alberi che la circondavano.
Automaticamente prese il suo Ipod nuovo di zecca e dopo essersi messa la cuffie, iniziò ad ascoltare la musica.
Sentendo le note della prima canzone che era partita, i pensieri iniziarono a fluirle nella testa, e riflettere sugli avvenimenti accadutele in quell'ultimo periodo fu inevitabile.
Quanto era cambiata la sua vita da uno a dieci da due anni a questa parte? E quanto sarebbe ancora cambiata? Aveva abbandonato tutto, amici, parenti, e una casa accogliente per rincorrere il sogno della sua vita e sembrava avercela fatta, ma a quale prezzo? Era una cosa che aveva sempre pensato. Anche quando non era nessuno, anche quando era solo una ragazza un po' grassa che sognava ad occhi aperti di cambiare quella misera vita che si ritrovava a vivere. Aveva pianificato tutto, fin dal liceo. Appena diplomata si sarebbe iscritta al college e una volta laureata, prima di intraprendere la specialistica, avrebbe cercato di realizzare il suo sogno, sogno che non aveva mai rivelato a nessuno. Dopo la laurea in psicologia clinica aveva deciso di darsi una mossa. Abbandonare tutto quello per cui aveva lottato fino ad allora, buttare nel cestino la sua laurea a pieni voti e fare la "rockstar". Stentava a crederci. Quella era una parola che ancora non era abituata a sentirsi attribuire. Le rockstar non erano come lei. A suo parere non erano insicure, erano dei fottuti dei che sbalordivano la gente mentre erano sul palco. Erano degli "eroi". Persone in cui ci si può rispecchiare. Persone che ti danno una speranza. Ed era proprio quello ciò che lei voleva diventare mettendosi a capo delle Helenas. Voleva diventare una speranza per tutti quelli che non ce l'avevano. Avrebbe voluto essere un modello che infonde sicurezza e che stimola ed incita ad andare avanti. Quando sognava di diventare la cantante di un gruppo rock, voleva creare canzoni con le quali le persone si potessero consolare, rispecchiare...potessero sognare. Non sapeva se ci fosse riuscita. Non lo sapeva perchè si sentiva ancora piena di dubbi e di complessi, gli stessi dubbi e gli stessi complessi che l'avevano afflitta al liceo, quando era troppo grassa per avere un fidanzato e al college, quando aveva troppa paura di essere umiliata anche se era dimagrita.
Che cosa era cambiato in lei dunque in tutti quegli anni? Era diventata figa, sì. Un grande passo avanti per la sua autostima. In quel momento tutti la seguivano, tutti erano interessati a lei, ogni ragazzo voleva lei ma lei non voleva niente di ciò che le veniva offerto. Voleva solo creare canzoni che diventassero un inno per i giovani che si sentivano insofferenti e disadattati, per questo aveva inventato il personaggio di Kittie, ragazza su cui ruotava tutto l'album d'esordio.
Pensò in maniera quasi naturale a quello stronzo del suo ragazzo. Quel bellissimo stronzo del suo ragazzo. Non si sentivano da una settimana, lui non l'aveva accompagnata nemmeno all'aeroporto prima che partisse per Los Angeles. E quando l'aveva richiamata? La sera del concerto al Globe Theater, quando lei non gli avrebbe potuto rispondere. Le cose fra loro non andavano bene, ma lei cercava di nasconderlo. Faceva finta che andasse tutto bene perchè aveva paura di perderlo. Quel ragazzo, Luis, aveva su di lei un'ascendente unico.
Cambiò canzone e sentendo le prime note del piano che fungevano da intro, lo stomaco sussultò nel suo ventre. La sua canzone preferita. Una canzone che parlava di morte ma allo stesso tempo di speranza, di sofferenza ma allo stesso tempo di superamento del dolore. Era troppo legata a quella canzone per ritenerla tale. Per lei quella non era una canzone, era una persona che nel momento del bisogno ti ascoltava e che con le sue note dolci e forti, malinconiche e incoraggianti, ti dava la forza per andare avanti.
Era la canzone che le ricordava suo padre, ormai scomparso da un po' di tempo. Come avrebbe potuto dimenticare quelle parole di quella stessa canzone che gli scrisse in una lettera di un Natale passato? Lei non era mai stata brava a esternare i suoi sentimenti, ma bastava darle un foglio e una penna in mano che tutto il mondo che aveva dentro, tutto il casino, tutto il dolore e tutto l'amore che provava, venivano impressi sulla carta.
"Perchè il mondo non avrà mai il nostro cuore"
Quello scrisse come ultime frasi.
"E' vero papà, tu sei solo un uomo, non sei un eroe, ma sei il mio eroe".
Suo padre morì qualche tempo dopo.
Quando ascoltava quella canzone oltre che a suo padre, pensava inevitabilmente a quando vide per la prima volta in concerto il gruppo artefice di quella canzone.
Anche loro erano i suoi eroi. Se allora si ritrovava a fare la cantante di un gruppo che si chiamava Helenas lo doveva solo a loro, solo a lui, a Gerard. Era la sua band preferita in assoluto, i migliori a suo avviso. Loro le avevano trasmesso quella voglia e quel desiderio di diventare qualcuno per gli altri, di diventare una speranza, perchè loro erano una speranza. Loro erano una speranza per lei. E lui era il suo eroe. Il suo bellissimo eroe.
Le sembrava ieri quando andò ad un loro concerto, il suo primo concerto. Aveva fatto la fila per accaparrare i posti dalle nove di mattina fino alle sette e mezzo di sera. Nello stadio poi aveva combattuto contro centinaia di persone per non cadere, si era aggrappata ovunque pur di non farsi male e per non perderli di vista. Per non perdere di vista loro che si dimenavano sul palco. Per non perdere di vista lui che esisteva davvero. Ricordava che la sua gola rimase secca per tutto il concerto, che non aveva le forze di saltare, di urlare, di cantare ma che per qualche ragione si sentiva costretta a farlo. Non pianse. E fu meravigliata di ciò. Prima di partire per il concerto aveva immaginato tantissime volte di incontrali e aveva immaginato altrettante volte quale sarebbe stata la sua reazione. Lei credeva che sarebbe sicuramente scoppiata in lacrime, che il cuore le sarebbe scoppiato nel petto, che le gambe avrebbero iniziato a tremare. Durante il concerto sentiva solo il suo cuore battere forte. Quando Gerard salì sul palco era rimasta cinque minuti imbambolata a guardarlo. Esisteva davvero. L'uomo dei suoi sogni, il suo eroe. Esisteva. Era diverso dalle foto. Era più paffuto e meno esile, era bellissimo. I suoi occhi verdi e brillanti le si erano stampati nella mente, e la sua voce, quella sua meravigliosa e angelica voce, sembrava l'avesse marchiata a fuoco.
Chissà se anche qualcun'altro provava le stesse cose nei suoi confronti. Forse era un po' presto. Non era ancora molto longeva musicalmente.
Chissà come lei l'avrebbe presa sapendo che esiste qualcuno che non si conosce, totalmente devoto nei tuoi confronti. Totalmente ossessionato. Fece un sorriso. Chissà cosa avrebbe pensato Gerard sapendolo. Forse gli avrebbe dato fastidio e il suo mondo l'avrebbe schiacciata completamente. In tutto questo tempo che frequentava le scene musicali non aveva mai avuto la fortuna di incontrarli, nemmeno ai vari festival e alle cerimonie di premiazione. Non sapeva se avessero partecipato ai Grammy e in cuor suo lo sperava, almeno avrebbe avuto l'occasione della sua vita di dirgli ciò che immaginava dovergli dire da sempre.
 
**
-Stasera siamo impegnati ragazzi!- Esclamò Frank a gran voce nella stanza d'albergo.
-Con chi?- fece Bob che stava giocherellando con le sue bacchette.
-Bryan ha prenotato dei biglietti per un locale in cui c'è musica live, il Dakota.- ricordò Frank, così come gli aveva riferito il suo manager.
-Chi suona?- chiese Gerard impegnato a disegnare. Stava dando vita ad una specie di ragazzo violino.
-Mmm...non saprei, Bryan non me l'ha detto. Ci sono diversi gruppi, se non sbaglio tre. Il biglietto è costato 100 dollari quindi non dovrebbero essere male!-
-Caspita! 100 dollari?- Mikey si era intromesso nella conversazione -Chi ha deciso cosa?- Che diavolo! Cento dollari per l'ingresso ad un locale!
-In pratica Bryan conosce il proprietario del locale che stasera ha registrato il pienone. Era rimasto solo un tavolo da otto e il prezzo dei biglietti era lievitato naturalmente...-
-E certo, su queste cose ci marciano- riflettè ad alta voce Gerard.
-Già, e in pratica questo tavolo è stato prenotato, ma i tipi sono venuti meno così ce l'ha rivenduto a meno prezzo- sintetizzò Frank.
-Ok- fece Ray -Non mi dispiace. A che ora inizia?-
-Le dieci, ma Bryan vuole andare più tardi perchè dice che alla fine mettono sempre il gruppo più bello e che non vuole sorbirsi i novellini inziali- e sorrise pronunciando questa frase. Certe volte lui, a Bryan, non lo capiva proprio.
-E’andata per la serata live!- concluse Mikey entusiasta. Era da un sacco che non sentiva un band live che non fossero loro e soprattutto era da un sacco che non sentiva una band live in un locale e non in una arena.
La prima parte della serata la trascorsero a cena, dal McDonald, trovarono anche un localino abbastanza suggestivo prima di andare al Dakota, e dato che si intrattennero molto perchè alcuni ragazzi gli avevano riconosciuti, arrivarono verso mezzanotte.
-Bryan! Brutto figlio di puttana da quant'è che non ci vediamo?- Esclamò il proprietario del locale quando i ragazzi arrivarono all'entrata del club.
-L'ultima volta che ti ho visto non avevi tutti questi tatuaggi!- rispose Bryan che stava contemplando il disegno artistico sul braccio dell'amico.
-Eggià! Mi sono adeguato all'ambiente! Questi dovrebbero essere i tuoi pupilli, eh?- fece poi rivolto ai cinque ragazzi.
-Io preferisco definirli il mio stipendio!- scherzò il manager e tutti risero. Dopo le presentazioni che furono d'obbligo, Gerard chiese a Scott informazioni sulla serata.
-Ehi, chi ha suonato fino ad ora? Mica siamo arrivati a fine serata?-
-No, no tranquillo, ha iniziato a suonare l'ultimo gruppo cinque minuti fa. Allora all'inizio c'erano gli Shoots, un gruppo di Los Angeles che la settimana scorsa ha aperto il concerto dei Red Hot, poi hanno suonato gli All Time Low, e ora ci sono...-
-Ehi però entriamo dentro, eh? Mi sto congelando le palle!- interruppe Bryan.
-Sì infatti!- annuirono gli altri e tutti si avviarono verso la doppia entrata del locale.
-Quindi mi stavi dicendo?- fece Gerard a Scott riprendendo il discorso interrotto.
-Ah sì- rispose l'uomo. Appena aprì la seconda porta la sua voce fu travolta da una musica assordante, da una batteria che sembrava stesse per esplodere e da una voce forte e limpida. Gerard alzò la testa per vedere chi c'era nel locale. Era gremito ed erano tutti in piedi a ballare e a cantare.
-Ora ci sono le Helenas!- urlò Scott all'orecchio di Gerard.
Il ragazzo quasi si sentì mancare. Erano qui? Era destino, maledizione.
Who's sleeping on my side of bed tonight...
Sentiva cantare. Quella voce, sentita e risentita...
Have you ever cried so hard, baby you'll just die...
-Wow! Gerard!- urlò Ray al suo fianco -Queste sono quelle di cui abbiamo letto sul giornale! Sono brave!-
Gerard era rimasto immobile. Cercava di trovare il corpo da cui provenisse quella voce. Vedeva tutte le ragazze. La chitarrista bionda, la bassista tatuata, la batterista con i capelli arancioni che suonava su una pedana e l'altra chitarrista ancora, che stava suonando letteralmente in reggiseno. Ma lei, Annie, non riusciva a vederla. Era coperta dalle mani della piccola folla davanti a sè.
Have you ever cried so hard, have you ever cried so hard...
Lei si spostò, o meglio la folla si spostò e lui la vide. Sembrava una bruna divinità con quei capelli nero corvino. Il microfono in mano che premeva sulle sue labbra, quella mano che scivolava sul suo corpo così femminile e pericoloso...era davvero bella. Quel vestito di pizzo poi le metteva in risalto le curve. Le calze a rete strappate, gli anfibi neri, era tutta così aggressiva, rock, sexy. Si passò una mano tra i capelli spostandoseli dal viso. Aveva di nuovo gli occhi truccati di nero.
-Gerard! Oh Gerard! Andiamoci a sedere!- fece Frank riportando il ragazzo nel mondo reale dove Annie era davanti a lui che cantava.
-Sì scusa, non ti avevo sentito!- rispose. Frank fece un sorriso.
Gerard e anche gli altri non riuscivano a staccare gli occhi da quelle cinque ragazze. Era pazzesco come si presentavano sul palco e come si atteggiavano. L'assolo di chitarra partì e Ray andò in escandescenza.
-Dio, che signore!- urlò tutto euforico sulla sedia.
Sarah iniziò a far scorrere le dita sulla tastiera della chitarra e le note vennero da sè. Si sentiva invincibile.
Seguirono a ruota altre canzoni, una dopo l'altra stremarono la folla fino a quando anche le ragazze si riposarono. Rimasero sul palco solo Annie e la chitarrista bionda che aveva preso una chitarra acustica e l'aveva imbracciata.
Annie vedeva la folla davanti a sè muoversi lentamente, era riuscita a trasmettergli la calma che esprimeva la melodia della canzone. Iniziò a cantare. Chiuse gli occhi. Tutto intorno a lei svanì, c'erano solo lei e Sarah, lei e il suo testo.
Riaprì gli occhi. E quasi non credeva all’immagine davanti a sé.
Fino ad allora aveva sempre guardato la gente sotto il piccolo palco, mai quella seduta ai tavoli. Fu come un flash. Non riusciva a capire se fosse frutto della sua immaginazione o realtà. Vide davanti a lei qualcuno che assomigliava a...Forse era Luis che le aveva fatto una sorpresa, doveva essere Luis perche lui era uguale come una goccia d'acqua a Gerard Way. E non poteva essere Gerard Way perchè lui di certo non avrebbe frequentato quei locali. Non sarebbe venuto a sentire le piccole e misere Helenas.
Quegli occhi. Gli stessi occhi che lei aveva visto quando si trovava in mezzo alla folla. Erano di un verde dorato, di una luminosità unica. I capelli nero corvino. Il nasino così dolce. Non poteva essere lui. Guardò chi avesse intorno. C'era uno che non conosceva, poi un altro ragazzo, molto magro, con i capelli davanti, un'altro con i capelli ricci e folti. Spostò lo sguardo. Quello doveva essere Frank...e Bob. Ritornò a guardare il ragazzo al centro. Gerard.
Il cuore le si fermò per un istante per poi ricominciare a battere all'impazzata. La gola le si prosciugò. Le salì l'ansia. Era lui. Non poteva essere.
Quando realizzò che quello che aveva davanti era Gerard e che c'erano anche Frank, Bob, Mikey e Ray, la voce le si bloccò in gola.
Sarah la guardò malissimo. Spaventata. Con gli occhi la esortò a cantare ma Annie non batteva ciglio, era immobile che guardava fisso di fronte a lei.
La chitarrista in preda ad una crisi di panico totale, cercò di salvare la scena. Iniziò a cantare nel secondo microfono.
Gerard era lì, di fronte ad Annie. Annie lo guardava e Gerard ricambiava il suo sguardo.
Gerard la stava ascoltando. Gerard la stava guardando…Gerard.

 
   
 
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