Epilogo
Passarono diversi giorni da
quando Lupin e i suoi amici erano tornati dal Giappone e si erano ripresi dalla
loro ultima e pazzesca avventura. Tutti si erano bene o male ripresi dalle
brutte esperienze senza danni permanenti: l’ispettore Zenigata all’ospedale
risultò non avere assolutamente niente stando a giudicare dal fatto che il
secondo giorno i medici lo dimisero, ma forse questo era dovuto al fatto che il
giorno prima aveva scatenato una feroce ricerca tra i medici e infermieri prima
che tutti si rendessero conto che l’oggetto della loro ricerca aveva
letteralmente cercato di tagliare la corda travestendosi da inserviente rubando
l’uniforme tra l’altro ad un povero diavolo che aveva avuto poi bisogno urgente
di un ricovero e tutto questo adducendo che fosse per dare la caccia “a quel
maledetto ladro”.
Walter e Oscar avevano
continuato a fare carriera in polizia ma non più a New York preferendo tornare
alla loro città d’origine rispondente al nome di Chicago. Stavano bene, felici
e piano piano il passato stava cominciando a diventare meno oppressivo nelle
loro menti.
Di Kate Pycal non si seppe
più niente, a parte il fatto che non morì della sua malattia poiché un
benefattore ignoto le spedì una cassetta con sopra incisa quella che si rivelò
il Canto di Apollo. Kate non seppe mai il nome del suo salvatore, il quale le
aveva spedito anche un pacchetto con disegnato sopra a mo di firma il viso di
un uomo somigliante ad una scimmia che sembrava intenta a fare linguacce.
Il sole entrava dolcemente
dalla finestra illuminando la stanza in cui un uomo con indosso un kimono stava
seduto su un divano in meditazione. Goemon si stava riprendendo
dalla morte del suo nipote Raffaele, a cui il dojo minore della Terra aveva
deciso di chiamare il colpo naturale Proiettile di pietra con il nome Colpo di
Raffaele, per ricordare il giovane samurai che aveva sconfitto il più
pericoloso nemico del Grande Segreto con quel colpo. Goemon al ricordo suo
malgrado sorrise riconoscente all’indirizzo della donna di nome Fujiko Mine, la
quale aveva si tradito i suoi compagni alleandosi con i nemici ma aveva imposto
che la ricompensa includesse anche la salvezza degli allievi e maestri dei dojo
minori e Kanemoti aveva acconsentito, come aveva spiegato lei stessa quando
Goemon era ritornato dal Giappone stupito per avere incontrato allievi dello
stile Hikari ancora vivi. Vicino al divano stava un
tavolo a cui stava seduto un uomo con una giacca rossa e con una faccia
descrivibile con una sola parola: scimmiesca. Questi guardava preoccupato
l’uomo che stava guardando dalla finestra senza realtà vedere niente, pensando
continuamente al passato, a Kaoru e ,si, anche ad Alexis. “Jigen ,iniziò Lupin
lentamente e scegliendo con cura le parole, capisco che ogni mia parola
potrebbe essere inutile ma devi farti forza. Non puoi vivere prigioniero dei
ricordi, devi continuare la tua vita anche per Kaoru ,si fermò per vedere la
sua reazione ma attese invano in quanto Jigen continuava a guardare fisso
davanti a sé, ricordi ciò che ti ha detto Karen? Che non devi cedere al dolore
e continuare la tua vita portando i ricordi delle persone che hai amato dentro
di te perché così loro non ti abbandoneranno mai. Una persona ,Jigen, muore
solo quando viene dimenticata.” quelle parole scesero nel cuore sia di Goemon
che di Jigen, soprattutto in quest’ultimo che dopo dieci minuti passati a
fissare la finestra immobile sembrò riscuotersi dalla sua apatia. Si toccò la
tesa del cappello, si prese con calma una sigaretta e fece due anelli di fumo
prima di voltarsi verso i suoi amici per chiedere a Lupin, con un sorriso
complice “Qual è il nostro nuovo obbiettivo, Lupin?” a quelle parole, Lupin
sorrise felice scambiandosi un occhiata molto significativa con Goemon prima di
scervellarsi per il nuovo colpo: sentiva che la loro vita poteva riprendere le
antiche abitudini, anche se avrebbero sempre ricordato quella straordinaria
avventura che avevano vissuto e portato nel cuore tutti coloro che avevano
incontrato sul loro cammino.