Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: AntonellaSpuffy    03/04/2011    2 recensioni
Kristen scruta per la prima volta William dalla sua finestra.
Poi gli occhi di William diventano tutto ciò per cui vivere.
Alcune citazioni:
I suoi occhi fissano il pavimento.
E’semplicemente magnifico.
-Devo cominciare a preoccuparmi?Ti sei infilata dalla finestra?- chiede burbero.
Perfetto. Sospiro e cerco di compiere la mia missione e scappare.
-Senti, non sono qui per spiarti o cosa. Ieri ho fatto una figura pessima. E’vero, ero curiosa e ho cercato in ogni modo di vederti. Il fatto è che ti avevo visto fissarmi dalla finestra...beh, ora so che non mi fissavi dato che non vedi, ma insomma hai capito!
Così ti ho portato i biscotti vecchi di mia nonna. Non li hai mangiati vero?
Gli hamburger sono stati un’idea di mio padre. Il maggiordomo non ti ha detto del suo marsupio vero?
E poi quando mio fratello ha perso la sua macchinina, era vero non l’ho buttata io nel tuo giardino, non arriverei mai a tanto, anche se sono convinta che tu l’hai pensato.
 Ho sbagliato, non avrei dovuto essere così insistente e poi quella storia del non guardarmi in faccia. Come potevi farlo? Sono stata maleducata e perciò ti ho fatto una torta di mele per scusarmi. Non devi mangiarla per forza, ma è commestibile, non come i biscotti e credo che anche gli hambuger lo siano.
Non ho forzato la porta è stata la signora che lavora per te a farmi entrare, ma ti prego non licenziarla!-
Ecco , la mia solita dissenteria verbale! [...]
- Leggi l’ultima frase - mi dice, mentre la luce del sole gli carezza delicatamente il volto.
- "Così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno" - sussurro appena.
E sorride. Di un sorriso bello e fiero.
Dove sei stato. Eri lontano. Eppure eri qui. Ne sono certa.
Perchè non è possibile che io abbia vissuto, respirato, aperto gli occhi ogni mattina senza che tu fossi con me.
Se tu fossi stato lontano non sarebbe accaduto.
E ora la tua presenza mi sta uccidendo. E ora voglio morire tra le tue braccia.
Fammi vedere come si muore.
Va bene. Mi basta. Tutto pur di starti accanto.
Fammi vedere come si muore dentro ai tuoi occhi William.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Nei primi tre capitoli ho sempre postato direttamente, senza lasciare alcun commento. Ora volevo farlo. Premetto che un po' di anni fa scrivevo assiduamente anche se non su questo sito. Poi la vita e i suoi eventi mi avevano fatto abbandonare tutto. Kristen e William mi stanno aiutando nel ricominciare. Ringrazio chi legge e chi mi ha inserito nei preferiti. Mi farebbe sempre piacere avere un vostro commento , passate in molti e solo pochi lo fanno. Ringrazio chi ha recensito ^^

ps.i pensieri che ogni tanto inserisco all'inizio della storia , sono momenti dei capitoli succesivi.

Buona lettura.


 


 

Dove stai andando ?

Ti rendi conto che io verrò con te ?

Ti rendi conto che dovunque andrai , io sarò con te ?

Mi infilerò nella tua vita , fra i giornali che leggi e il profumo che indossi

Perchè non esiste nulla qui, in questo luogo, senza te.

 E allora io verrò con te.

Senza che tu lo sappia. E' inutile andare via.

Dovunque tu andrai.

 

-------------------------------------------------------------------------

 

Fisso Spike che mi guarda speranzoso dal pavimento della cucina.

-Non avrai nulla- lo informo, azzannando il mio sandwich.

-E’già tanto che tu sia in casa, sacco di pulci- ringhio a denti stretti, per non farmi sentire da papà che mangia serenamente le sue caramelle, seduto a tavola.

Spike sconsolato si allontana da me, prima di accucciarsi ai piedi di papà che prontamente gli infla tra le zanne, una caramella alla liquirizia.

-Pensi gli faccia bene?- chiedo a papà che cade dalle nuvole.

-E che male dovrebbe fargli ? Non è mica veleno per topi?-

Gli sembra la cosa più logica del mondo. Pensa che Spike abbia il suo stomaco.

Per lo stesso motivo un giorno gli ha preparato una banana split con del rum e due estati fa , per farsi perdonare del fatto che l’avesse lasciato senza acqua, gli ha propinato una granita al cocco.

Mi siedo di fronte a lui e lo fisso, mentre si rimpinza .

Indossa una tuta acetata che lo rende inguardabile e ha i capelli arruffati in testa, come se non li pettinasse da giorni.

Prima non era così, mi viene da pensare. Prima.

Scuoto la testa.

-Papà ti devo parlare- lo informo. E’in fondo il motivo per cui lo sto facendo tardare al lavoro.

-Dimmi cara- mi fa segno di andare avanti, mentre con l’altra mano, ormai tutta appiccicosa, ciuccia una gelatina. Sembra Homer Simposon.

-Il signor Grace mi ha affidato una nuova attività extrascolastica- gli faccio sapere.

Il pensiero di chi, tra meno di dieci minuti, mi aspetta nella casa di fronte, mi mette i brividi.

-E’un bene, no? Mi hai detto che ti è utile per la borsa di studi. L’ importante è che non tralasci le faccende di casa e Johnny- semplifica lui.

Io sbuffo un po’esausta. Mi guardo attorno.

La casa è un vero casino, ma non è colpa mia. E di certo questo oretta al giorno non peggiorerà le cose.

Ce la metto tutta, ma ho solo diciotto anni, frequento ancora il liceo e mi occupo di un padre immaturo, un moccioso di due anni e un cane spelacchiato.

E' abbastanza. E poi papà non si è mai lamentato del disordine.

Per ora non siamo ancora a rischio epidemia.

-Si, ok- biascico incerta.

-Si tratta di una sola ora al giorno e il professor Grace ne terrà conto. Potrò anche consegnare i suoi compiti in ritardo. Johnny inoltre verrà con me- concludo.

-Non capisco- papà mi dedica un po' di attenzione solo ora.

Mi metto in piedi, preparando le verdure che dovrò solo scaldare al mio ritorno.

-Aiuto William Stratford- gli spiego, facendo segno alla grande villa.

-Aiuti?-

-Lui non viene a scuola e io gli passo compiti, appunti, lo assisto per un po’nel pomeriggio-

Non sono convinta neanche un po’in realtà.

Papà è ancora scettico.

-Papà lui non ci vede, ha bisogno di qualcuno-

Ora che ci penso è decisamente vero. Anche se lui non lo ammetterà mai.

Mio padre sembra capire.

-Non lo sapevo. Quindi è nascosto in quella casa per questo-

Mi sembra serio per la prima volta negli ultimi otto anni.

Poi torna a sorridere. E torna il bambinone di sempre.

-Fammi sapere com’è la casa- sghignazza, tornando alle sue caramelle colorate.

Sospiro e mi vado a guardare allo specchio per la centesima volta.

Ho indossato un paio di pantaloni blu con una polo colorata.

Vorrei apparire carina, invece sembro un arbitro.

Mi sistemo i capelli e oso passarmi un filo di lucidalabbra.

Anche Johnny è tirato a nuovo. Gli ho fatto il bagnetto e infilato un paio di bermuda chiari con una camicia che qualche nostra lontana cugina, ci ha regalato.

L’ abbigliamento stona maledettamente con il suo viso da diavoletto infernale , coronato da riccioli dispettosi.

-Farai il bravo con la signora?- gli chiedo. Lui sembra capire perchè ride divertito.

Pessimo segno.

Questa mattina ho parlato della mia nuova attività anche a Willow e Xander.

-Aiuterò William Stratford il pomeriggio- ho detto, quando per la centesima volta, ho sentito parlottare di lui da qualcuno.

Il fatto che nessuno l’ abbia mai visto, aumenta ancora di più la curiosità degli studenti.

-Potremo sapere com’è, allora- ha esordito Xander a questa notizia. La sua speranza che il nuovo arrivato sia goffo e brutto, non si è mai sopita del tutto.

-Non sapevo nemmeno che conoscessi il suo nome- mi ha stuzziacato Willow , sistemandosi le sue ciocche fulgide. Come al solito è sempre un passo avanti a me.

Mi sono morsa le labbra nervosamente.

-E’stato il signor Grace a comunicarmelo. E’solo perchè non viene a scuola- ho tagliato corto.

Ho seguito sempre il mio schema iniziale: non rivelare a nessuno della situazione di William.

Sono certa che mio padre terrà la bocca chiusa, ma non altrettanto sicura dei miei amici.

Non che non mi fidi di loro, ma hanno la mia età e propendono ai pettegolezzi, come le api sul miele. E’un assurdità questa menzogna, ma so che lui vorrebbe così.

O almeno lo immagino.

Spero che presto questa storia finisca. Alla fine dell’anno mancano solo due mesi e sono certa che poi di William Stratford non sapremo proprio più niente.

Lo metteranno a capo di qualche importante azienda e la sua vecchia casa ricadrà nel silenzio.

Attraverso la strada con Johnny al seguito e non ho bisogno di bussare. La simpatica donna sta spazzando il piccolo cortile davanti casa e ci accoglie con un sorriso.

-Ciao cara. Il signor Stratford ti aspetta nello studio. Io e Johnny ci divertiremo- lo stuzzica , passandogli una paletta colorata. Spero solo che non rada al suolo il giardino.

-Grazie signora- esito per un istante.

-Rosemary- mi corregge lei con un sorriso. E’di certo la persona più gentile che conosca.

Entro nella casa che mi regala un po' di fresco, rispetto al caldo della strada e mi avvio verso la stanza che da sul giardino. Busso alla porta esitante.

-Entra- fa eco la sua voce.

Per fortuna questa volta la stanza è illuminata.

William è appoggiato alla portafinestra, il volto rivolto verso l’esterno.

Come sempre la sua presenza mi fa il solito straziante effetto.

Quando si volta, deglutisco rumorosamente.

E’solo il suo aspetto, è solo il suo aspetto.

Me lo sono ripetuto e intimato più volte questa notte, nel tentativo di prendere sonno.

E’vero. William Stratford è con molta probabilità la creatura più bella che vive in questo universo, ma questo non deve turbarmi.

So con estrema esattezza che il suo splendore , viene compensato in maniera altrettanto imponente dal suo caratteraccio . Non mi lascerò ammaliare.

Quando si volta verso di me, i capelli scompigliati , gli occhi stanchi, come se non avesse dormito, io però respiro a fatica.

Ok, per il momento lo guarderò il menoo possibile!

-Allora, cominciamo col dire che sei in ritardo- mi rimprovera, sedendosi alla sua scrivania.

-Ritardo?- gli chiedo stralunata. Sono certa di essere uscita in tempo.

Lui, con un dito, mi indica una piccola sveglia argentata. Segna le cinque e quattro minuti.

Come...

Leggendomi nel pensiero pigia un tasto, all’estremità di questa e una voce metallica rileva l’ora.

-Quattro minuti è ritardo ?- lo prendo in giro, sedendomi di fronte a lui e sistemando i miei libri sulla scrivania.

Lo vedo alquanto infastidito dalla mia presenza, tanto quanto dalle mie cose.

- Sei in ritardo- ripete. Naturalmente tutta la mia euforia scompare, come al solito.

Ecco il solito stronzo strafottente che mi fa ribollire il sangue.

- Sono uscita alle cinque in punto- lo correggo.

-E dimmi, hai impiegato quattro minuti per attraversare la strada, lasciare tuo fratello in cortile e entrare in questa stanza- mi sfida lui.

Io digrigno i denti.

-Esatto- concludo.

-Penso che un animale zoppicante avrebbe fatto più in fretta - fa una faccia disgustata.

-In ogni caso, la prossima volta uscirai alle quattro e quarantasei minuti- mi ordina.

Sospiro. Non voglio litigare. Non voglio litigare.

-Ho portato gli esercizi di algebra-

- Non li hai messi su un cd?- mi chiede lui, quando io goffamente, apro i miei quaderni.

-Avrei dovuto ?- gli chiedo. Sono già esasperata. E’peggio di un quiz di matematica!

-La prossima volta fallo, ok?- naturalmente il suo tono è sempre di rimprovero.

-Potresti almeno dire grazie- sussurro io adirata, a denti stretti.

Lui si passa una mano tra i capelli e accende il suo pc portatile.

-Sono certo che non lo stai facendo per nulla- mi stuzzica .

E’rivoltante la sua cattiveria. Sta calma, mi intimo. Un’ora al giorno. Puoi farcela.

-Allora ?- mi chiama.

Comincio a dettare i vari esercizi e lui in pochi secondi scrive e li esegue. Mi sporgo leggermente per guardare lo schermo.

Ogni passaggio è assolutamente perfetto. Il risultato sempre ineccepibile.

Concludiamo il lavoro di trenta minuti in meno di dieci .

Il suo viso è una maschera di risentimento, mentre batte i tasti , fissando lo schermo che non vede.

-Ora?- mi chiede spazientito alla fine.

Afferro il libro di letteratura esitante.

- Si tratta di un saggio. Il signor Grace ci sta facendo affrontare il tema dell’amore in vari romanzi. Siamo a Jane Eyre- gli spiego esitante.

Di fronte a lui mi sembra anche di dimenticare la lingua che conosco da quando avevo due anni.

- Quello sono libero di scriverlo da solo?- mi chiede, ancora con il suo solito amaro sarcasmo

-Certo, certo - balbetto io.

-Magari potremo almeno parlarne. Solitamente è così che facciamo in classe prima di ogni saggio. Un piccolo dibattito- gli spiego, mentre lui fa una strana smorfia con la faccia.

Ci sto provando, ma lui non collabora minimamente.

-Non mi stai aiutando- gli comunico al limite.

Si mette in piedi e comincia a camminare lentamente per la stanza. Ha una dimistichezza assurda nel muoversi.

- Non ho mai detto che l’avrei fatto- dice stringendosi le tempie.

-Allora ?- mi chiede.

Io lo guardo esitante.

-Dimmi cosa pensi della concezione dell’amore di Charlotte Bronte in Jane Eyre- mi canzona.

La sua presa in giro è evidente. Fisso l’orologio . Altri quaranta minuti e questo martirio sarà finito. Puoi farcela.

- Jane Eyre mi piace- dico sicura.

-E’un ottimo romanzo. La figura del Signor Rochester è decisamente affascinante-

Lui pare sorridere per un istante. E’solo un attimo.

-Ma la sua visione dell’amore non è la mia preferita- concludo.

-Perchè ?- mi chiede lui. Ha la sua solita faccia sarcastica.

-Lei va via quando scopre della moglie. Se lo amasse totalmente non lo farebbe. Insomma, lo abbandona in un momento critico -

A questo punto lui comincia a ridere. Una risata bella e profonda. Che mi da decisamente i nervi!

-E quindi avrebbe dovuto vivere con la moglie pazza che girava per il palazzo appiccando incendi?- mi chiede divertito.

-Beh- comincio io.

-Se lo amasse veramente- ripete le mie parole precedenti, prendendomi in giro.

- Ci sono dei limiti Kristen, li vediamo ogni giorno davanti a noi. La Bronte mette in luce solo quelli di un tempo . Tra l’altro poi, stupidamente , lei torna e se lo tiene storpio-

Da sfoggia del suo cinismo con estrema maestria e distrugge un capolavoro in pochi istanti.

-Ci sono, ma se ci sia ama veramente non esistono- concludo io stizzita.

Non sono mai stata una persona particolarmente romantica e ho sempre avuto i piedi per terra. E’proprio per questo che ritengo che alcune differenze siano assolutamente assurde che spesso molti ostacoli possano essere superati con un po’di sforzo.

- Quindi tu mi stai dicendo che qualsiasi persona a questo mondo potrebbe amarsi ?- mi chiede.

Non so perchè, ma si sta decisamente innervosendo.

Il suo umore sta peggiorando, se è possibile.

-Certo- dico risoluta io.

E' l’unica speranza che io ho ancora, mi viene da dire.

In questo mondo che mi ha spezzato i sogni e li ha inceneriti, in una notte di otto anni fa.

Perchè vuoi distruggere anche questo?

-Quindi anche noi due potremmo amarci?- mi chiede di scatto, facendomi trasalire.

E’immobile a pochi passi da me. Guarda verso di me. Sempre leggermente troppo in alto.

E questa volta, questo particolare, mi da i brividi. I suoi occhi mi danno i brividi.

Sono decisamente imbarazzata per la sua domanda troppo intima e assurda.

-In un certo senso è vero- ammette lui. So che sta per darmi la staccata finale.

E’solo questione di attimi e gode in questo.

-Forse noi , in modo diverso, siamo nella stessa situazione. Ai margini, entrambi. Quindi potremmo amarci -

La sua voce è piatta. Non so dove voglia arrivare.

-Io sono un maledetto cieco - mi spiega con semplicità.

Le sue parole sono fatte di dolore e angoscia. Posso percepire tutto.

-Tu la ragazza povera che passa le giornate a cambiare pannolini e cucinare. Con il padre che la mette in imbarazzo e costretta a stare in questa stanza con una persone che detesta , per avere una speranza di futuro - mi cataloga con disprezzo. Sento la sua pena per me.

Scatto in piedi e raccolgo le mie cose.

Mi sento umiliata da lui e dalle sue parole .

Ho voglia di piangere. Non accadeva da quando avevo dieci anni.

Non accadeva da quella notte.

 Non lo farò. Non lo farò, per lui. Tiro su col naso e stringo i pugni.

-Basta- ansimo per zittirlo. La mia voce esce soffocata. Mi sembra di affogare.

-Dove vai ?- mi chiede lui divertito. Si avvicina a me. E’la prima volta che lo fa.

Io faccio un passo indietro e rimango bloccata dalla scrivania alle mie spalle.

E’ad un soffio da me. Posso sentire il suo profumo.

Che mi inebria per un istante. Che sa di mare. Di oceani profondi e in tempesta.

Lui è la tempesta.

Odio, rabbia , disgusto e desiderio. Tutto mescolato. Perfettamente. Nella mia gola.

-Non è così ? Pensi che se tu fossi ricca e popolare saresti qui a farmi la carità- dice con disprezzo.

Il suo viso è vicinissimo. Non so se ne rende conto. La sua ira violenta.

E’splendido ma...non basta. Non basta ad anestetizzarmi.

La sua immagine è sovrastata da tutto il suo essere spregevole.

 E io ho paura. Ho paura qui. In questa stanza.

Con uno sconosciuto scultoreo e dannatamente violento

Che odia se stesso e la sua vita. Che odia me .

Che mi umilia, per umiliare se stesso.

-Lasciami passare- sibilo sulle sue labbra, deglutendo rumorosamente.

-Altrimenti ?- mi chiede, con un sorriso amaro.

Lo strattono esasperata con un gomito e mi libero, mentre lui ride forte.

Quando afferro l’ultimo libro, le mie mani tremano.

Ho la gola secca e sono senza parole.

E’la prima volta che capita in tutta la mia vita.

Mi avvio verso l’uscita, sconvolta , consapevole del fatto che non metterò assolutamente mai più piede in questa casa che non guarderò mai più quegli occhi chiari e senza luce.

E fa male. E non so perchè. E lo odio. E non basta.

-Ci vediamo domani Kristen- mi canzona lui.

E allora accade.

In quel momento tutte le mie barriere cedono, insieme ai miei freni, insieme alla mia angoscia, insieme al baratro che ha scavato in me questo pomeriggio , cercando di farmi male.

Mi volto lentamente, lui si accorge che mi sono fermata.

-Per chi mi hai preso William Stratford?- gli chiedo.

 Finalmente si toglie dalla faccia quel sorriso del cazzo.

-Pensi che sia un tuo domestico, qualcuno che paghi per sopportare la tua pazzia e le tue stronzate?- gli chiedo con disprezzo.

Lui sembra accusare il colpo. Abbassa gli occhi, le braccia lungo i fianchi.

-E’vero- ammetto.

-Tu sei cieco, io la figlia di un uomo che frigge patatine all’angolo senza un soldo in tasca e con i vestiti usati- dico battendomi un mano sulla maglietta di pochi soldi.

-Ma non siamo uguali- sibilo.

-Non troverai mai qualcuno che ti ami - lo informo con risolutezza.

Lui deglutisce guardandomi. Per un attimo ho l’impressione che mi veda.

Per un attimo ho l’impressione che la pensi esattamente come me.

-Ne una ragazza splendida e popolare , ne una che si fa il culo per tirare avanti -

Ho il fiato mozzato, le mie labbra tremano leggermente.

 -E non è perchè sei cieco-

Ora so perchè sei tanto splendido William .

Perchè la tua bellezza è disumana e senza limiti. Compensa tutto il vuoto che sei.

-E’perchè hai il buio dentro- dico voltandomi.

E in pochi giorni mi hai stravolto. E in pochi giorni mi hai fatto del male.

E cosa accadrebbe a starti ancora accanto?

 Il tuo buio vuole già risucchiarmi. E ne è capace. E ci riesce.

La mia anima ne sente già l’odore.

E brucia la carne.

Lui è immobile. Gli occhi senza luce bassi sul pavimento e le mani strette in due pugni.

Bello, dannatamente bello e nient altro. 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: AntonellaSpuffy