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Autore: Lizzyluna    04/04/2011    5 recensioni
Durante le lezioni di Lumacorno un attimo di distrazione può essere fatale...e ad avere la peggio stavolta è il povero James: come se la caverà nei panni di una bimba?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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4-Oh capitano, mio capitano…

Il professor Vitious era evidentemente ben informato sulla disgrazia: entrò in classe lanciando solo un’occhiata distratta a James ed attaccò subito con l’argomento di quel giorno.
Geminio, ragazzi!” squittì, colpendo la matita di Peter con la bacchetta e creandone una copia identica, compresi i segni di masticatura intorno alla gomma. “Un utile incantesimo, quando si tratta di duplicare qualcosa che non sia un compito in classe… perché, mi duole dirlo, non avreste alcuna possibilità di farla franca. Produce una copia identica all’oggetto in questione, fin nei minimi particolari come macchie d’inchiostro” e toccò il fazzoletto di Mary, “strappi sui bordi” e fece apparire un secondo libro sul banco di Katie Lou, “e calligrafia sui bigliettini di pettegolezzi… che, signorina Doolin, non andrebbero condivisi in classe!” concluse, gettando nell’imbarazzo una Corvonero al penultimo banco. “L’incantesimo funziona solo con oggetti inanimati, dunque vi sconsiglio di sperimentarlo sul compagno di banco o sul vostro animale domestico. Chi vuol provare a descrivere gli altri limiti di questa formula? Dimmi, Black!”
Sirius, che in realtà si stava stiracchiando, rimase di sasso. “Ehm, forse… che riproduce solo l’aspetto e non quello che c’è dentro? Come la Pozione Polisucco?” tentò.
“Avresti potuto formularla meglio, Black, ma la risposta è esatta” approvò il professore. “L’incantesimo non riproduce le proprietà magiche di un oggetto, bacchette comprese, e non è una buona idea neppure usarlo per duplicare il denaro: ciò che otterreste sarebbero due monete con lo stesso numero di serie, e quindi inutilizzabili. Ma ora basta con le parole: fuori le bacchette e facciamo un po’di esercizio”
“Mi dai la mia, Remus?” pigolò James.
“Fai attenzione, hai sentito cosa ha detto Lumacorno” raccomandò il ragazzo, prendendo la bacchetta di James dalla propria borsa.
“I professori si aspettano sempre disastri da me!” si lagnò il giovane Potter.
“Già, chissà perché…” commentò la Evans, seduta al banco dietro il suo. Scoprire che quella non era una povera creatura indemoniata non l’aveva affatto rassicurata; anzi, continuava a tormentarsi la gonna della divisa come se temesse che un topo (o una bimba?) le zampettasse su per la gamba.
“La nostra prima cavia” stava spiegando intanto il professore, “sarà un pezzo di pergamena. Ne avrete tutti uno, suppongo… no, Caldwell, non serve un foglio intero, per oggi un pezzettino basterà. Posatelo sul banco, prendete la bacchetta e compiendo questo semplice movimento” e mosse lentamente la bacchetta perché tutti vedessero, “dovreste ottenerne un altro identico, macchie incluse. Forza, cominciate”
Tutta la classe si mise al lavoro: per i primi dieci minuti, gli unici eventi degni di nota furono piccoli incendi o fughe improvvise delle pergamene causate da colpi di tosse dei proprietari. Man mano che la lezione proseguiva, gli studenti più svegli cominciarono a padroneggiare l’incantesimo e produrre inizialmente pallidi fantasmi di pergamena che svanivano subito, poi copie via via più consistenti; normalmente James Potter sarebbe stato uno dei primi a riuscirci, ma quel giorno dalla sua bacchetta non usciva neppure una scintilla.
Geminio! Geminio! Accidenti a te, stupida bacchetta!”
“Non occorre urlare, James: la bacchetta ci sente benissimo” disse Sirius, il cui banco era ormai coperto da frammenti di appunti sulla storia dei troll. Un ottimo lavoro, considerando che, oltre ad esercitarsi nell’incantesimo, doveva anche sorvegliare una bimbetta in piedi sulla sedia che agitava un bastoncino di mogano con frustrazione crescente.
“La magia c’è, devi solo riuscire a incanalarla” disse Remus da dietro la propria pila di foglietti. “Concentrati, sentila nella tua mano… Geminio!”
“D’accordo, adesso ci riprovo” sospirò James chiudendo gli occhi per concentrarsi. “Geminio!”
Il suo sforzo fu premiato: quando guardò di nuovo, un secondo quadrato di pergamena spiccava sul legno del banco. “Sirius, guarda, ce l’ho…”
“Ehm… è la mia” intervenne Peter arrossendo. “Mi è volata via, scusa”
“Le pietose bugie non si usano più?” sbuffò James. “Uffa… geminio!”
“Non ti preoccupare, Potter: è normale che tu faccia fatica” lo rassicurò Vitious. “Non scuotere la bacchetta, concentrati e mantieni la calma; magari prova prima con qualcosa di più semplice, va bene?”
James inspirò profondamente, puntò la bacchetta verso la pergamena e disse: “Wingardium leviosa
Non accadde nulla.
Wingardium leviosa!” strillò di nuovo, battendo il piedino sulla sedia con le guance paonazze, e questa volta ebbe successo: tutti i banchi e le sedie dell’aula decollarono verso l’alto con gli studenti sopra, e Vitious fece appena in tempo a trasformare il soffitto in un materasso prima che l’intera classe, lui compreso, prendesse una zuccata colossale. Ci vollero due Finite incantatem per riportare i giovani maghi con i piedi per terra, e un terzo per spegnere un principio d’incendio causato da un movimento scomposto di James; seguì l’immediato sequestro della bacchetta colpevole, con relative proteste del proprietario, che non voleva rassegnarsi a lasciarla alla custodia di Gazza (“Ma professore… lui mi odia, prenderà la mia adorata in ostaggio e la torturerà per vendicarsi!”).
Il giovane Potter passò il resto della lezione a dondolare stizzosamente la gambetta paffuta, guardando i compagni che si esercitavano, e neppure l’offerta di pace di Vitious, che decise ‘in via del tutto eccezionale’ di incantare la sua piuma perché prendesse appunti da sola, riuscì a migliorarne l’umore.

“Come faccio senza la mia bacchetta?” si lamentò James attraversando il parco verso il campo da Quidditch. “Sono come un Boccino senza ali, una piuma senza inchiostro, un… una crostata senza marmellata!”
“A me basta essere un Sirius senza bernoccolo” rispose l’amico, passandosi un braccio sulla fronte. “Mi è arrivato il banco in testa, accidenti a te!”
“Non capisco proprio perché non volete ridarmela!” insistette James. “Non serve che Minnie lo sappia, potete dire che l’ho rubata mentre dormivate!”
“Ti ho detto che non ce l’abbiamo!” sbottò Sirius esasperato. “Vitious l’ha data a Remus e Remus l’ha portata a Minnie, quindi dacci un taglio. E poi, cosa te ne fai di una bacchetta che non riesci a controllare?”
“E me lo chiedi?” si stupì il giovane (piccolo, in verità) Potter. “Sirius, non hai proprio fantasia? Potrei scagliare una maledizione su Mocciosus e farlo sembrare un incidente!”
“Tu hai un’ossessione per quel ragazzo, James” replicò Sirius con un sorrisetto. “Beh, adesso che sei donna puoi farti avanti, no?”
L’interessato non lo pestò solo per non provocare il crollo della massa di bagagli trasportati dall’amico, che aveva due scope in spalla e un sacca per mano, dato che James era troppo debole e Remus e Peter si erano rifiutati di farsi schiavizzare. Fortunatamente il campo era ancora deserto, così nessuno assistette all’entrata trionfale della strana coppia; Sirius passò dagli spogliatoi per cambiarsi e James rimase solo in compagnia della sua Comet da corsa.
Il giovane Potter amava dire che lui e la sua scopa erano praticamente una cosa sola, ma a quanto pareva le cose erano cambiate: invece di galleggiare a mezz’aria pronta a ricevere il pilota, la Comet resistette a tutti i tentativi di alzarla da terra e quando Sirius uscì sul campo di gioco il manico lucido era ancora immobile sotto la manina di bimba che lo chiamava.
“Ti aiuto io, James: su!” ordinò il ragazzo, e il manico di scopa schizzò in alto rischiando di staccare il naso al legittimo proprietario. “Riesci a salire?”
James guardò la Comet, sospesa più o meno all’altezza delle sue ascelle, e gratificò Sirius con un sorriso ottimista. “Certo che sì, Felpato: stai a vedere!”. Afferrato il manico, si issò bocconi sulla scopa con un goffo saltello e cercò di mettersi a cavalcioni come al solito, ma prese troppo slancio e ruzzolò giù dall’altra parte proprio mentre Oliver Becker usciva dagli spogliatoi.
“’Sera, capitano!” salutò il nuovo arrivato. “Ehi, quelli erano orsetti?”
“Le mutande del capitano non c’entrano con gli allenamenti!” dichiarò Sirius, riuscendo eroicamente a restare serio. “E comunque erano coniglietti, quelle con gli orsetti sono ver...”
“Siiiirius!” ringhiò James, con il viso verde di rabbia e di erba.
Il Portiere accorse a rialzarlo e lo installò premurosamente sulla scopa, benché James insistesse che ce l’avrebbe fatta benissimo da solo; dopodiché, con Oliver che lo sosteneva da una parte e Sirius che lo sorreggeva dall’altra, il capitano di Grifondoro poté accogliere il resto della squadra in sella al suo bolide come si conveniva ad un campione, effetto solo in parte guastato dalle chiazze di terra che aveva ancora sulla fronte.
Quando anche Sabrina, la ritardataria per eccellenza, si fu presentata a centrocampo, James si schiarì la voce per ottenere l’attenzione di tutti. “Bene!” cominciò con aria solenne. “La partita si avvicina e sarà meglio che...”
“Ehi, è il capitano, un po’ di rispetto, gente!” lo interruppe Oliver, scoccando un’occhiataccia a Louis e Sabrina che ridacchiavano nelle retrovie.
“Scusa, capitano, ma quelle calzette sono deliziose!” si giustificò la Battitrice. “Cosa stavi dicendo?”
“Oh, al diavolo!” sbottò James indispettito. “Cosa parlo a fare se voi teste di legno… In sella alle scope, muovetevi!”
“James…” obiettò Oliver esitante. “Tu… ce la fai?”
“Naturale, Oliver!” rispose James. “Fate largo, truppa!”
Tutti si affrettarono a fare spazio e la Comet decollò con la sua leggendaria rapidità, ma lo scatto disarcionò il povero James, che finì ancora una volta a fare compagnia alle cicorie.
“Sei troppo leggero, James” valutò Melanie afferrando al volo la scopa. “Sara meglio legarti, a quel manico, se vuoi restare in sella”
Tutta la squadra collaborò con entusiasmo: dieci minuti dopo James, incastrato in una complicata imbragatura di sciarpe, cinture, cravatte e fazzoletti, riuscì finalmente a prendere quota e dare il via all’allenamento. “Cominciamo dai passaggi!” esclamò. “Kats, la Pluffa! Sabrina, Louis, venite anche voi!”
“Al volo, capitano!” strillò allegramente Katie Lou, e neanche a farlo apposta la Pluffa che lanciò finì dritta sulla fronte di James.
“Cavolo, questo sì che è un passaggio!” commentò Louis prendendo al volo il rimbalzo. “Sabri, è tua!”
“Cosa aspetto a uccidervi tutti?” grugnì James tastandosi un altro bernoccolo.
I successivi dieci minuti procedettero più o meno allo stesso modo: James riusciva a prendere la Pluffa con due manine, anche se faticava a lanciarla più lontano di un metro, ma i compagni di squadra, Sirius compreso, sembravano trovare molto più comodo bersagliarlo con la palla in modo che rimbalzasse verso gli altri giocatori, con la scusa (era sicuro che fosse una scusa) che i loro passaggi erano calibrati su una persona più alta. Quando i due Battitori svolazzarono via per esercitarsi in quello che Louis definiva trattamento Bolidi, anche le due pesanti sfere mostrarono una certa propensione a bersagliare il più piccolo componente della squadra, e dopo mezz’ora di allenamento James si ritrovò a sperare che almeno Melanie e il Boccino non ce l’avessero con lui.
Una manciata di lividi più tardi, un capitano visibilmente provato suggerì una partitella per ripassare gli schemi di gioco in vista dell’incontro; tutti i giocatori, meno Melanie che continuava a svolazzare dietro al Boccino, si riunirono nella metà campo presidiata da Oliver per fare ciò che il loro ruolo richiedeva. Il divertente esercizio terminò bruscamente un quarto d’ora prima del previsto: nel corso di un’azione concitata, l’orologio di Oliver si impigliò nella sciarpa di Katie, che si trovava ovviamente intorno alla vita di James, e cercando di liberarsi il giovane Potter sciolse accidentalmente il nodo sbagliato.
Non finì in tragedia solo perché James fu lesto nel ripararsi il cranio con un braccio, slogandosi la spalla invece di fracassarsi l’osso frontale nell’impatto con il suolo, ma l’infortunio fu sufficiente a creare scompiglio tra i Grifondoro; madama Chips arrivò di corsa, chiamata dalla fenice Fanny che in quelle occasioni stazionava sempre nei pressi del campo, e spese altri dieci minuti litigando con James per convincerlo a farsi dare un’occhiata (“Non è niente, razza di troll! Sei appena caduto da dieci metri!”) e scoraggiando Sabrina dal tentare un incantesimo di guarigione che aveva imparato guardando sua nonna. Tra una cosa e l’altra il tempo passò; ben presto giunsero le sei, calò il buio e i Grifondoro dovettero sgombrare il campo.

“Stai bene, James?” chiese Melanie prima di entrare nello spogliatoio.
“Come nuovo, Mel, ma starei meglio con un altro po’di allenamento” mugugnò James. “Quasi quasi domani all’alba…”
“Oh, James, ti prego!” supplicò Sabrina. “Siamo fortissimi, siamo preparati e Corvonero non ha una sola possibilità, perché non pensi positivo?”
“È vero, James, dacci fiducia per una volta!” la appoggiò Sirius. “Vieni a cambiarti, ti prenderai qualche malanno a uscire così sudato”
“Non ho una divisa di ricambio, genio” gli ricordò James glaciale.
“Lo so, zuccherino… per fortuna c’è il tuo Sirius che pensa a tutto!” gongolò l’amico scortandolo nello spogliatoio maschile; prese la sacca di James dall’armadietto e ne estrasse una salvietta… “…e il pigiamino!” esclamò trionfante. “Così vedranno tutti come sei adorabile, Jamie!”
James fissò il migliore amico come se volesse incenerirlo, e fu una fortuna che Louis riuscisse a fiondarsi nella doccia e aprire l’acqua prima di sghignazzare in modo incontrollabile.

Il Cacciatore in miniatura assicurò che era perfettamente in grado di svestirsi, così Sirius lo lasciò solo e si godette l’acqua calda senza i consueti richiami dell’amico che lo esortavano a sloggiare e fargli posto; quando, in maniche di camicia e con i capelli umidi, tornò a vedere come se la stava cavando, lo trovò seduto sulla panca ancora vestito di tutto punto, che lottava con il cinturino della scarpa che non voleva slacciarsi. Sospirando con rassegnazione, si inginocchiò di fronte a lui e lo aiutò a liberarsi della divisa, armeggiando con mani goffe e inesperte con lacci, bottoni e maniche lunghe e cercando di toccarlo il meno possibile, mentre Oliver e Louis fingevano di essere impegnatissimi ad asciugarsi i capelli.
Quando anche la camicia fu piegata alla bell’e meglio e buttata sopra gli altri indumenti, Sirius tese di nuovo la mano ma James lo respinse. “Basta così, faccio da solo” dichiarò, chinando la testolina in un’adorabile manifestazione di timidezza.
“James, la gente normale non si fa la doccia in mutande e canottiera” sbuffò Sirius afferrando l’orlo della maglia di cotone. “Dai, alza le braccia, cercherò di non tirarti i capelli”
James si strinse le ginocchia al petto, nascondendo le guance che avevano assunto una delicata sfumatura color pesca. “Neanche per sogno! Io non mi spoglio davanti a te!”
“Resistere alle tue curve mozzafiato sarà una vera tortura, ma farò uno sforzo” ribatté il giovane Black cercando di mantenere la calma. “Smettila di fare la damigella timida, Ramoso”
“Puoi togliermi questa” concesse James senza guardarlo, “e poi aprirmi l’acqua e lasciarmi lavare da solo. Non sono una neonata, Felpato”
“Affare fatto” annuì il ragazzo.
“Non così, però!” puntualizzò James, strappandogli la canottiera dalle mani e voltandogli le spalle. “Ecco, adesso puoi”
“D’accordo. Su le braccia, adesso” sospirò Sirius.
“E non guardare!”
“Va bene”
Finalmente il capo in questione finì nel mucchio insieme agli altri e James, rosso in viso e con le braccia magre strette al petto, lasciò che un Sirius altrettanto imbarazzato – e grato a Louis ed Oliver che gli risparmiavano commenti salaci e prese in giro – lo prendesse in braccio e lo depositasse vicino alla doccia, dove Oliver aveva steso una salvietta perché il capitano non posasse i piedini scalzi sul pavimento. “Puoi andare, Sirius. Farò in fretta” assicurò.
“Solo un attimo, James” rispose l’amico; si sporse per aprire il rubinetto, poi afferrò di nuovo la bimba per le ascelle e la piazzò con decisione sotto il getto d’acqua.
La veemente protesta di James fu soffocata dai litri di liquido che gli si riversarono addosso, togliendogli vista, udito e parola; Sirius rimase impassibile di fronte ai suoi tentativi di divincolarsi e lo tenne sotto l’acqua finché non giudicò che fosse fradicio a sufficienza, dopodiché lo sorresse con un braccio e si dedicò a strofinarlo vigorosamente con la saponetta.
“Questa… sput… me la paghi, Felpato!” sputacchiò James inviperito.
“Resisti, coniglietto: un po’di pazienza e sarà tutto finito” replicò Sirius serafico, versando una manata di shampoo sulla chioma di James e spedendogliene un bel po’ in bocca.
Ci vollero quattro risciacqui e un’altra passata di sapone prima che James fosse pulito e profumato come voleva Sirius; finalmente, il Malandrino dichiarò che poteva bastare e riportò trionfalmente l’amico furibondo alla panca, avvolgendolo in una salvietta gigantesca, apparentemente senza notare la propria camicia fradicia e lo sbaffo di schiuma che decorava i propri capelli. Temendo che la situazione gli sfuggisse di mano, Oliver si fece avanti per assistere il compagno di squadra e riuscì a produrre un Incantesimo Asciugante abbastanza ben fatto da togliere un po’di umidità dalla buffa biancheria intima del capitano. “Lascia che lo vesta io, Sirius” si offrì. “Do sempre una mano alla mia sorellina”
Il ragazzo accettò, con grande sollievo di James, che cercava ancora di nascondersi allo sguardo impertinente del suo migliore amico; in poco tempo canottiera, pigiama e scarpine furono indossati, e Louis completò l’opera raccogliendo in due graziose treccine i capelli corvini del compagno. Usciti dallo spogliatoio, i giovanotti trovarono ad attenderli le compagne di squadra, curiose di vedere come se la fossero cavata; naturalmente si produssero in gridolini estasiati nel vedere James con quel curioso abbigliamento, e si contesero l’onore di tenerlo in braccio nel tragitto fino alla scuola.
“Forse non è poi così male essere una bambina” mormorò più tardi  il giovane Potter, varcando l’ingresso sulle robuste spalle di Sabrina (che l’aveva preso in consegna da una riluttante Katie Lou più o meno a metà strada).
“Cosa hai detto che c’era in quella pozione?” indagò Louis scoccandogli uno sguardo invidioso.


Ieri ero particolarmente pessimista sulla sorte dell'umanità (il mio paese ospita certi adolescenti talmente maleducati, sboccati e fondamentalmente inutili che perfino Attila esiterebbe a riconoscerli come figli) e ho sentito la necessità di comunicare con persone di maggiore e più profonda intelligenza. Ho così trovato lo stimolo per collegare l'inizio e la fine degli allenamenti, già chiari nella mia mente contorta, con qualche scenetta di colore locale e aggiungere finalmente il quarto capitolo.
Ringraziando lettori e recensori, auguro a tutti buona lettura, e agli idioti della panchina di imbattersi in un Piton di pessimo umore e in un Macnair particolarmente sadico.

   
 
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