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Autore: Mikaeru    04/04/2011    1 recensioni
{genderswap} Potrebbe perdersi per ore a sfiorare con le dita le sue ossa, ad accarezzare la curva bianchissima del bacino e quella delle clavicole, a baciare le scapole e contare le costole, che sono poi sempre quelle, ma ogni tanto bisogna divertirsi con molto poco. È così magra che dovrebbe rimproverarla, non adorare il suo fisico, mentre invece si perde a baciarle le dita lunghissime. Adora la forma delle sue ossa e le sue spalle piccole, l’apparenza fragile e il contrasto infuocato con il resto.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

 

Jane è sicura che se aprisse un’enciclopedia illustrata, alla parola “stranezza”, o qualche sinonimo, troverebbe il cipiglio arrabbiato ed insolente di Sheridan. Oltre a tutti i soliti motivi, quelli ovvi che saltano agli occhi di tutti, c’è la strana ambivalenza con cui tratta il suo corpo. Se da una parte non le importa particolarmente di ferirlo, quando è al lavoro, o di sfruttarlo fino all’ultima goccia di forza, a casa ne ha una particolare cura. Non si mangia mai le unghie, e usa lo smalto rinforzante perché si spezzino il meno possibile (ed è anche uno dei motivi per cui ha sempre i guanti); usa molti impacchi per i capelli perché l’aria di Londra non li danneggi fino all’irreparabile, gli shampoo nella doccia sono i più costosi e ricercati, frutto di ricerche durate anni; non ha assolutamente paura o timore di mostrare il proprio corpo – non sfocia mai nel volgare, ma in casa si fascia di gonne strette (che sa solo lei come trovarle comode) e corre per la città con pantaloni che molto poco lasciano alla fantasia di chi guarda – e quindi a quella di Jane. Non avrebbe mai creduto che potesse essere così femminile, ed è qualcosa che adora, perché ama il contrasto tra lei e se stessa, che non ha mai badato eccessivamente al proprio aspetto fisico. Le piace da matti.

 

Mh?”

Sheridan, appena uscita dal bagno, si ritrova la compagna dietro la schiena, che la stringe in vita. Non ha messo l’accappatoio e gocciola ancora leggermente per la casa. Suppone che l’abbia fermata per obbligarla a tornare in bagno a mettersi qualcosa. Invece la sente mettersi sulle punte per immergere il naso in quella matassa enorme che sono i suoi capelli.

“Che fai?”

Mh, no, niente.”

Jane fa un lungo respiro, come per aspirarne l’essenza. “Sai di buono.”

“Lo so.”

“Lo so che lo sai. Devi asciugarti i capelli.”

Mh, dopo. Ora non mi va. Ora—”

“Ora vieni in bagno con me che te li asciugo io.”

A questa proposta, Sheridan non protesta.

 

II

 

Sheridan ha una pelle bianchissima su cui i nei risaltano bene, come minuscole macchie di inchiostro; ne ha uno sul petto e alcuni sparsi sul collo ma, in particolare, ha una voglia a forma di chicco di caffé all'attaccatura dei capelli; è come il pulsante segreto di un automa, un punto del suo corpo particolarmente sensibile. Jane l'ha scoperto di recente, per caso, sfiorandola mentre le faceva la coda - mentre pensa, Sheridan non è in grado neppure di alzarsi dal divano, figurarsi compiere un'azione così complicata come raccogliersi i capelli. Ha mugolato e Jane, incuriosita, ha continuato a toccargliela, ottenendo lo splendido risultato di vederla contorcersi appena, come una gatta sotto il cielo di luglio.

"Ho scoperto il segreto di Sheridan Holmes, potrei usarlo per ricattarti." ha sogghignato, perché finalmente ha ottenuto una freccia per il proprio arco, di solito così scarso.

"Oh, stai zitta."

Però non l'ha scacciata, e Jane si è divertita a farla mugolare. Ha scoperto anche quanto coccolarla la rilassi – non ha mai avuto un gatto, ma suppone si provi la stessa sensazione di riuscire a dominare una bestia per metà selvatica.

Ha scoperto alla fine che non stava pensando a nulla di particolarmente importante - cosa avrebbe voluto che Jane le preparasse per cena – e che si è trattato semplicemente del solito sfruttamento quotidiano.

 

"Lestrade è un deficiente, ci ha preso gusto, sembra che mi prenda in giro, al diavolo!"

È furiosa, imbronciata, nervosissima, elettrica: uno spettacolo comune a cui Jane è riuscita ad abituarsi presto - fortunatamente per entrambe ha un forte spirito di adattamento.

"Lestrade non è di certo il tuo babysitter, Sheridan, e neppure i criminali lo sono, non stanno di certo a pensare al crimine più ingegnoso della storia per intrattenere l'intrattabile signorina Holmes." sbuffa la dottoressa, le cui mani odorano ancora dell'inchiostro che un bambino le ha versato addosso dalla stilografica del padre. Butta la borsa alla rinfusa su una sedia della cucina – il disordine cronico di Sheridan l’ha contagiata; ha provato a opporre resistenza, ma è stato tutto vano. Tutto, in lei, è come un virus liquido.

"Non sto dicendo questo, però potrebbe smetterla di chiamarmi per i casi inutili."

"Ti lamenteresti comunque."

Jane sospira e si siede sul divano, trascinandola con sé per un braccio. “Stai buona.”, le intima costringendola in un abbraccio. Con una mano la tiene per la vita e con l’altra, velocissima come un segreto, va a grattarle la nuca, poco sopra il neo; da quella minuscola voglia, esplosa come una macchia di caffè, c’è tutta una zona che funziona, per Holmes, come un placebo. Quando i motivi della sua ira sono così futili, Jane non fa altro che prenderla e accarezzarla come un gatto, e lei inspiegabilmente, sorprendentemente, si scioglie. Appena un po’, ma quel tanto che basta perché si calmi il giusto per far sì che Jane non la spezzi – sottile com’è non dovrebbe neppure essere difficile.

No, non è affatto Lestrade il suo babysitter, ma lei stessa, pensa mentre Sheridan si abbandona appena contro di lei, facendosi placidamente accarezzare il polso e le dita.

“Lo vedi? Sei una bambina. Ti bastano due coccole per dimenticarti tutto.”

“Oh, stai zitta.”

Ancora una volta non se ne va ma lascia che la stretta si faccia più forte, che la risata soffice di Jane le arrivi alle orecchie; mugola ancora una volta, sbuffa una qualche lamentela che Jane mette a tacere tirando un ricciolo, e non protesta più fino all’ora di cena.

 

III

 

Potrebbe perdersi per ore a sfiorare con le dita le sue ossa, ad accarezzare la curva bianchissima del bacino e quella delle clavicole, a baciare le scapole e contare le costole, che sono poi sempre quelle, ma ogni tanto bisogna divertirsi con molto poco. È così magra che dovrebbe rimproverarla, non adorare il suo fisico, mentre invece si perde a baciarle le dita lunghissime. Adora la forma delle sue ossa e le sue spalle piccole, l’apparenza fragile e il contrasto infuocato con il resto.

“Che strani feticismi che hai.”, la prende in giro Sheridan (non che Jane le abbia mai confessato nulla, ma è chiaro che Sheridan deve averlo capito in mezzo millimetro di tempo) mentre la compagna le accarezza la schiena e passa il dito su ogni costola, baciandola e facendola rabbrividire.

“Sono la compagna di una che andava in giro parlando con un teschio, non devo essere tanto normale neppure io.”, ammette, e Sheridan ridacchia appena.

 

IV

 

Sheridan Holmes è la donna più insopportabile dell’universo: è infantile, litigiosa, isterica, permalosa, assolutamente incapace di empatia,  boriosa, socialmente inadatta (Jane si chiede spesso cos’abbia fatto di male al mondo per trovare così irresistibilmente adatta a se stessa). Litigarci è la cosa più semplice che ci sia almondo e, per quanto la dottoressa Watson si sforzi di tirare fuori la pazienza spremendosi da ogni parte, è impossibile arrivare alla fine di una settimana senza aver discusso – la cosa che più fa arrabbiare Jane è che per la maggior parte delle volte sono sciocchezze, inezie che la signorina Holmes potrebbe fare senza problemi, se avesse un minimo di accortezza, come evitare che il latte scada sempre lasciando la bottiglia senza tappo, o lavare dove cadono i suoi esperimenti, oppure degnarsi di fare la spesa, ogni tanto.

“Sheridan! Se la cucina è piena, butta via tutto quello che è vecchio e i fallimenti, non usare la mia stanza, per la miseria, te l’ho detto un milione di volte! Sheridan, ascoltami, non fare finta di non sentirmi! Sheridan!!”

Per di più, chiunque sia delle due a litigare, è Holmes a prendersela di più, a rinchiudersi a bozzolo finché Jane, spazientita, non esce di casa a sbollire la rabbia e la frustrazione.

Da qualche settimana, però, Sheridan ha preso un’abitudine per farsi perdonare senza doversi abbassare a chiedere scusa.

Quando sa che Jane sta tornando (e se ne accorge perché sta appollaiata alla finestra, attendendo), si mette a suonare il violino, cercando di adattare al meglio possibile la sua ultima ossessione musicale. Ora che è libera dalla guerra e da tutto ciò che ad essa è collegato, almeno fisicamente, Jane passa molto tempo su internet ad ascoltare tutto quello che può, e quello che più la colpisce lo canticchia con voce sottilissima mentre prepara da mangiare o mentre fa la doccia. Così Sheridan le fa uno spettacolino privato per metterla in pace con il mondo e con lei stessa.

Solitamente ci riesce.

 

I

 

Ogni tanto, ancora impercettibilmente, trema. Ogni tanto sbarra gli occhi per una frazione di respiro, come se fosse terrorizzata, come se non si ricordasse di dove si trova, come se si risvegliasse in un luogo oscuro e sconosciuto. Jane, allora, smette – non la bacia più, toglie le dita, la riveste, stende il lenzuolo sopra entrambe e aspetta il consenso per poterla abbracciare. Ci sono ancora indelebili minuscole tracce di lei che non si fidano, cellule maligne che ancora non vogliono che il suo corpo si mostri, ancora quella paura e quella vergogna nel mostrarsi nuda e vulnerabile.

Sheridan si avvicina come per baciarla e non lo fa, e allora Jane sa che può stringerla, sa che la compagna non farà storie e per una volta sarà docile e muta. Non parla e non lo fa neppure la dottoressa, semplicemente attende di sentire qualcosa, di sentire un sospiro impaurito – Sheridan non lo ammetterebbe mai, ma Jane ormai sa tradurla bene – per stringerla più forte e rassicurarla. Stanno zitte e si aspettano.

Sheridan, per anni, prima di farlo, ha creduto che il sesso fosse una bestia strana che trasforma le persone. Non ha subito traumi in quel senso, non è mai stata forzata a farlo – è stata Jane la prima a farla sospirare –, ma non si è mai voluta avvicinare, non ha mai voluto sfiorare il suo carico enorme. Pronta com’è sempre stata a non fidarsi di chi fosse in grado di usare un cervello per tradire e distruggere, scoprire che esiste qualcuno che è in grado di capirla con una sola occhiata, che è in grado di aspettare non facendo altro che respirare, la fa sentire in un qualche modo tranquilla, come sopra ad una zattera su un mare liscissimo, su una piccola nave sicura, attaccata al molo con un filo eterno e lunghissimo che la fa navigare ma, al contempo, sa tirarla a riva quando ha bisogno.

  
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